L'assenza di una norma transitoria induce la Cassazione ad adottare un ragionamento più prudente che assicuri l'affidamento della parte processuale nell'immutabilità delle regole di un procedimento già avviato.
Con la sentenza n. 12072 del 22 marzo 2023, la Cassazione è chiamata a risolvere, in via preliminare, un quesito interpretativo derivante dall'introduzione, ad opera dell'
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Milano riformava la pronuncia del 15 dicembre 2020 del Tribunale di Monza, dichiarando estinto il reato di lesioni personali aggravate contestato al capo c) per intervenuta prescrizione (confermando per tale capo le statuizioni civili) e assolvendo l'imputato (omissis) (omissis) (omissis):11 reato di cui all'art. 572 cod. pen., ascrittogli al capo a) - per il quale il prevenuto era stato condannato con la pronuncia di primo grado - contestato per avere, dall (omissis) con permanenza, maltrattato la moglie (omissis) (omissis) (omissis)
Rilevava, in particolare, la Corte territoriale come le prove acquisite non avessero dimostrato, con la certezza necessaria per confermare una condanna, che gli episodi verificatasi tra i due coniugi a partire dall'(omissis) cioè dal momento in cui la (omissis) aveva comunicato al marito l'intenzione di separarsi, pur inquadrabili in una fase di intensa conflittualità familiare e di rottura degli equilibri coniugali e genitoriali, avessero integ1-ato gli estremi del reato di maltrattamenti: dato che i limitati periodi di incontro tra i coniugi e la libertà di cui la donna aveva goduto in quell'arco temporale facevano ragionevolmente dubitare che le condotte ingiuriose e denigratorie dell'uomo avessero acquisito i caratteri della abitualità e sistematicità, e, soprattutto, che avessero provocato nella parte civile quello stato di avvilimento e soggezione psicologica necessario per la configurabilità dell'indicato delitto.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso, ai fini civili, la parte civile (omissis) (omissis) (omissis) con atto sottoscritto dal suo difensore e procuratore speciale, la quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione all'art. 572 cod. pen., e il vizio di motivazione, per contraddittorietà, manifesta illogicità e travisamento della prova, per avere la Corte distrettuale errnneamente assolto l'imputato dal reato di maltrattamenti in famiglia; in particolare, per avere assertivamente sostenuto:
- che prima dell’1 (omissis) i rapporti tra i coniugi fossero stati caratterizzati da isolati episodi di intemperanze verbali e occasionali percosse ad iniziativa dell'imputato, omettendo di valutare le numerose e diverse indicazioni fattuali offerte dalla persona offesa nel corso del suo esame dibattimentale;
- che nel periodo dall'1 I, quando aveva lasciato la casa coniugale, il (omissis) non avesse tenuto condotte abitualmente maltrattanti capaci di creare nella moglie uno stato di soggezione, senza adeguatamente considerare le specifiche e analitiche contrarie indicazioni fornite dalla parte civile in ordine alla sistematicità delle iniziative maltrattanti dell'imputato e al grave turbamento psichico che in quel periodo ella aveva patito;
- e che nel periodo dal I , successivo al momento di uscita dell'imputato dalla casa coniugale, la deposizione della persona offes21 circa le condotte maltrattanti subite non avessero trovato riscontro nelle prove documentali e nelle deposizioni dei testi (omissis) e (omissis) mancando di valutare attentamente la credibilità della versione della (omissis) travisando il contenuto delle · dichiarazioni dei due citati testimoni e omettendo di valutare la deposizione della teste (omissis)(omissis)(omissis) madre della parte civile.
3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da numerose successive disposizioni, da ultimo dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come introdotto dall'art. 5-duodecies del decreto legge 31 ottobre 20.22, n. 162, convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.
Motivi della decisione
1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse della parte civile (omissis) (omissis)(omissis)vada accolto.
2. L'esame dell'atto di impugnazione comporta, in via preliminare, la necessità di risolvere un quesito interpretativo derivante dall'introduzione, ad opera dell'art. 33, comma 1, lett. a), n. 2, del d.lç:is. 10 ottobre 2022, n. 150 - entrato in vigore il 30 dicembre 2022, giusta la previsione dell'art. 99-bis inserito nel d.lgs. cit. dal decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, nel testo convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 - nell'art. 573 cod. proc. pen. del nuovo comma 1-bis, secondo il quale «Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile».
La questione, rilevante nel caso di specie nel quale il ricorso è stato proposto dalla parte civile ai soli effetti civili, è se,, in assenza di una specifica norma transitoria, la nuova disposizione sia applicabile solo nei procedimenti relativi ad impugnazioni presentate contro sentenze emesse a far data dal 30 dicembre 2022, oppure se essa sia applicabile anche nei procedimenti di impugnazione - come il presente - pendenti a quella data, perché concernenti sentenze emesse e atti di impugnazione proposti prima del 30 dicembre 2022, ovvero anche nei procedimenti pendenti relativi ad impugnazioni presentate in epoca successiva ma contro sentenze emesse in epoca anteriore a quella data.
La definizione della questione ha effetti di non poco momento, perché l'applicazione del nuovo art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pe11. impone al giudice penale dell'impugnazione di limitarsi a verificare l'ammissibilità del ricorso e, in caso di esito positivo dell'esame, di rimettere le parti dinanzi al giudice civile o (nel caso di ricorso per cassazione) alla sezione civile della stessa Cassazione per la decisione delle questioni civili; se, invece, la nuova disposizione si ritenesse non operante negli indicati procedimenti pendenti alla data del 30 dicembre 2022, il giudice dell'impugnazione deve esaminare nel merito le doglianze formulate dalla parte ai sensi dell'art. 573, comma 1, cod. proc. pen.: sicché, nel caso di ricorso per cassazione il Supremo Collegio deve decidere se dichiarare la inammissibilità o rigettare il ricorso, oppure annullare la sentenza gravata, con rinvio, ove occorra, al giudice civile competente per valore in grado di appello ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen.
Non vi è dubbio che, in assenza di una apposita disposizione transitoria, per definire i problemi di diritto intertemporale dovuti al considerato fenomeno di successione di norme di natura certamente processuale, si debba far riferimento al principio "tempus regit actum": occorre, perciò, verificare - trattandosi di norma afferente ai giudizi di impugnazione - se l"'aictum" cui riferire cronologicamente, a mente dell'art. 11 disp. prelim. cod. civ., l'operatività di quella norma sia la sentenza impugnata, !''atto di impugnazione o la decisione che il giudice del grado superiore è chiamato a adottare.
Questo Collegio reputa, a tal fine, di poter valorizzare le indicazioni offerte in questa materia dalla Sezioni Unite della Corte di cassazione che - dovendo risolvere, tra le altre, le questioni di diritto iintertemporale conseguenti all'entrata in vigore dell'art. 9 della legge 20 febbraio 2006 n. 46, che aveva abrogato l'art. 577 cod. proc. pen., che riconosceva alla persona offesa costituita parte civile il potere di impugnare anche agli effetti penali la sentenza emessa nei procedimenti relativi a reati di ingiuria e diffamazione, nonché dell'entrata in vigore - hanno avuto modo di chiarire che la formula "tempus regit actum" condurrebbe a esiti irragionevoli se letta nel senso che occorra riferirsi alla legge del tempo in cui l'atto, isolatamente considerato, è compiuto: perché una modifica legislativa che dovesse riguardare il diritto ad impugnare intervenuta durante il decorso del relativo termine per proporre l'impugnazione determinerebbe inaccettabili disparità di trattamento tra soggetti posti in posizione sostanzialmente analoga.
Da tanto se ne è dedotto che «il regime di impugnabilità cli una sentenza non può essere condizionato da elementi meramente aleatori, come quelli affidati alla tempestività o meno del deposito della stessa ovvero alla puntualità degli adempimenti di cancelleria o ancora alla iniziativa più o meno tempestiva della parte interessata; tanto si verificherebbe, ove si avesse riguardo al momento di presentazione dell'atto di impugnazione»: aggiungendo che «per ovviare agli inconvenienti cui innanzi si è fatto cenno, il regime delle impugnazioni va ancorato, in base alla regola intertemporale di cui all'art. 11 delle preleggi, non alla disciplina vigente al momento della loro presentazione ma a quella in essere all'atto della pronuncia della sentenza, posto che è in rapporto a quest'ultimo actus e al tempus del suo perfezionamento che vanno valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, i modi e i termini per ese1-citarla. Non è fuori luogo fare richiamo, al riguardo, all'esigenza di tutela dell'affidamento maturato dalla parte "in relazione alla fissità del quadro normativo". L'affidamento, come valore essenziale della giurisdizione, che va ad integrarsi con l'altro - di rango costituzionale - della "parità delle armi", soddisfa l'esigenza di assicurare ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritti eventualmente già maturati, senza il timore che tali diritti, pur non ancora esercitati, subiscano l'incidenza di mutamenti legislativi improvvisi e non sempre coerenti col sistema, che vanno a depauperare o a disarticolare posizioni processuali già acquisite [...] Il potere d'impugnazione trova la sua genesi proprio nella sentenza e non può che essere apprezzato in relazione al momento in cui questa viene pronunciata, con la conseguenza che è al regime regolatore vigente in tale momento che deve farsi riferimento, regime che rimane insensibile a eventuali interventi normativi successivi, non potendo la nuova legge processuale travolgere quegli effetti dell'atto che si sono già prodotti prima dell'entrata in vigore della medesima legge,. né regolare diversamente gli effetti futuri dell'atto» (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, in motivazione).
Tali criteri interpretativi appaiono applicabili anche nel caso oggi in esame: nel quale il problema della definizione dell'ambito temporale dell'applicazione della nuova disposizione dettata dal comma :1.-bis dell'art. 573 cod. proc. pen. sembrerebbe non attenere propriamente alla facoltà di impugnazione ovvero alla estensione e ai termini per il suo esercizio., quanto alle conseguenze valutative dell'atto di impugnazione da parte del 9iudice penale del grado superiore, dunque ai moduli decisori a quest'ultimo spettanti; con la conseguenza che la nuova disposizione introdotta dalla c.d. Riforma Cartabia dovrebbe considerarsi applicabile a tutti i procedimenti di impugnazioni pendenti alla data del 30 dicembre 2022 in cui la decisione del giudice superiore deve essere ancora adottata, anche se riguardanti sentenze emesse prima di quella data (essendo ininfluente, come si è visto, il momento di presentazione dell'atto di impugnazione, perché legato a fattori meramente aleatori)
Tuttavia, è proprio la valorizzazione di quel principio di affidamento, immanente nel nostro ordinamento giudiziario, che induce più prudentemente a ritenere che lo sviluppo argomentativo contenuto nella richiamata sentenza della Sezioni unite 'Lista' possa -valere a risolvere in termini esattamente contrari la questione in esame. E ciò perché la presentazione da parte del soggetto interessato di una impugnazione contro una sentenza penale ai soli effetti civili comporta la necessaria formulazione di un atto di impugnazione di contenuto e tenore diverso a seconda che esso debba essere valutato dal giudice penale dell'impugnazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 573, comma 1, e 622 cod. proc. pen., oppure a mente del nuovo art. 573, comma 1-bis, dello stesso codice di rito: dovendo la parte impugnante sapere come deve calibrare il contenuto del proprio atto di impugnazione, la successione delle leggi processuali nel tempo finisce per incidere sul modo di esercizio della relativa facoltà.
Ed infatti, se la parte impugnante - soprattutto se autore di un ricorso, che mezzo di impugnazione a critica vincolata - sa che il suo atto sarà valutato ai sensi del nuovo art. 573, comma 1-bis cod. proc. pen., anziché degli artt. 573, comma 1, e 622 dello stesso codice di rito, essa è 'costretta' a redigere quell'atto con motivi conformi tanto alle regole processuali penali, alle quali il giudice penale deve uniformare la sua preliminare verifica sulla non inammissibilità del gravame, quanto alle regole processuali civili applicabili dal giudice civile dinanzi al quale le parti potrebbero eventualmente rinviate per il prosieguo del giudizio di impugnazione.
Di talché, "per garantire ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritti eventualmente già maturati" ed evitare che le modifiche della disciplina dell'impugnazione "medio tempore" intervenute possano determinare irragionevoli disparità di trattamento, appare più corretto, nel considerato caso di successione di leggi processuali nel tempo (in assenza di una norma transitoria), far riferimento alla disposizione vigente nel momento in cui è stata emessa la sentenza oggetto dell'impugnazione: con la conseguenza che l'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., è applicabile solo nei procedimenti di impugnazione relativi a sentenze emesse a partire dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore di quella nuova disposizione.
Diversamente ragionando, la parte che avesse redatto l'atto di impugnazione per i soli interessi civili contro una sentenza penale emessa prima del 30 dicembre 2022, quando non era ancora entrato in vigore il nuovo comma 1-bis dell'art. 573 cod. proc. pen., e che avesse cioè 'calibrato' il modo di esercizio della sua facoltà facendo affidamento sul fatto che l'atto sarebbe stato valutato dal giudice penale a norma degli artt. 573, comma 1, e 622 cod. proc. pen., si vedrebbe ingiustificatamente pregiudicato dall'applicazione della nuova disposizione che impone la prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice civile chiamato a compiere una nuova verifica dell'ammissibilità dell'atto di impugnazione sulla base di regole, quelle del codice di procedura civile, che la parte impugnante non aveva affatto considerato.
3. Ritenuto, dunque, esaminabile nel merito il ricorso proposto nella fattispecie dalla parte civile, va rilevata la fondatezza del motivo dedotto.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichi21rativa decisiva (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430).
Di tale regula iuris la Corte di appello di Milano non ha fatto corretta applicazione, avendo sostenuto, in maniera talora apodittica e, per certi versi, anche lapidaria, di non poter condividere le conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado e che l'imputato dovesse essere assolto dal delitto di maltrattamenti ascrittogli in quanto gli elementi di conoscenza a disposizione facevano dubitare che nel periodo in contestazione le condotte ingiuriose e denigratorie tenuto dal ai danni della (omissis) fossero abituali e sistematiche, e comunque che fossero state tali da determinare nella vittima quello stato di avvilimento e soggezione psicologica che rappresenta elemento caratterizzate il reato in questione.
La Corte territoriale, però, si è sostanzialmente limitata ad un generico riferimento alle prove a disposizione, senza esaminare in maniera analitica gli specifici dati informativi valorizzati nella sentenza appellata né le argomentazioni giuridiche poste a base delle relative statuizioni.
Il Tribunale di Monza aveva considerato partitamente le prove dichiarative assunte in primo grado e chiarito come la (omissis) avesse parlato di abituali condotte prevaricatrici e violente che "quasi quotidianamente" il marito aveva tenuto nei suoi riguardi anche negli anni precedenti al 2013; di come tali iniziative maltrattanti si fossero intensificate dal 2013 e di come ella si fosse determinata a denunciare il coniuge solo dopo aver maturato l'intenzione di separarsi, affidando la cura dei suoi interessi ad un legale. Il Tribunale aveva, altresì, sottolineato come le indicazioni della persona offesa fossero risultate riscontrate dalla documentazione sanitaria relativa agli specifici episodi di aggressione fisica che avevano reso necessarie cure mediche (episodi sui quali il giudice ha ritenuto di non effettuare alcuna valutazione, trattandosi di fatti integranti illeciti oramai prescritti); nonché dalle dichiarazioni rese dai genitori della (omissis) dai testi (omissis) e (omissis) le cui affermazioni sono state valorizzate nella sentenza di primo grado e richiamate in termini dettagliati nel ricorso per cassazione, a fronte di sbrigativi riferimenti contenuti nella sentenza gravata.
Elementi di fatto e ragioni con le quali la Corte di appello ha sostanzialmente omesso di confrontarsi, giustificando la riforma della sentenza gravata con notazioni di dissenso alquanto generiche, senza cioè riesaminare il materiale probatorio vagliato dal primo giudice "per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che desse adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte."
4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen. con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, che provvederà, se ve ne saranno le condizioni, anche alla liquidazione - richiesta dal relativo patrocinatore con memoria trasmessa via pec - delle spese di difesa sostenute dalla parte civile in questo grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rimette gli atti al giudice civile competente per valore in grado di appello.