Palazzo Spada conferma la sanzione dell'Agcom irrogata ad un'emittente televisiva per non aver adottato precise precauzioni tecniche durante la trasmissione di contenuti inadatti ai minori.
L'Agcom irrogava una sanzione amministrativa ad un'emittente televisiva per aver mandato in onda, nel corso di un programma televisivo trasmesso in fascia oraria "protetta", un servizio che coinvolgeva un minore, prelevato dalle forze dell'ordine ed allontanato dalla famiglia. Tale filmato veniva successivamente riproposto, in brevissimi stralci, anche dal telegiornale.
L'emittente proponeva appello dinanzi al TAR, il quale accoglieva il gravame e annullava la sanzione ritenendo insussistenti le violazioni del Codice di autoregolamentazione tv e minori nonché dell'
La controversia giunge dinanzi al Consiglio di Stato. In via preliminare, il Consiglio ribadisce che l'
Ciò comporta che ai fini dell'integrazione della fattispecie sanzionata, occorre un duplice accertamento: il primo relativo alla concreta minaccia per il bene oggetto di tutela, desumibile dal contesto fattuale; il secondo, invece, incentrato sul bilanciamento tra la necessità di proteggere il minore e la libertà di espressione, da effettuarsi secondo il principio di proporzionalità che deve tenere conto delle concrete circostanze del caso.
Nel caso in esame, osserva il Consiglio, «ciò che l'Autorità ha inteso perseguire è non tanto la tutela dei minori coinvolti dal filmato quanto piuttosto l'impatto per i minori potenziali telespettatori, in considerazione dell'orario di trasmissione».
Prosegue poi il Consiglio esaminando le norme che impongono alle trasmissioni televisive e radiofoniche inadatte ai minori l'adozione di precise precauzioni tecniche, volte a impedirne la visione o l'ascolto: si tratta della scelta dell'orario di trasmissione (dalle 23,00 alle 7,00), della segnalazione acustica propedeutica alla messa in onda e dell'apposizione di un simbolo visivo facilmente riconoscibile.
Quest'ultimo elemento, non presente durante la messa in orda del servizio televisivo di cui si discute nel caso in esame, evidenzia la sussistenza della violazione contestata dall'Autorità.
Prosegue il Collegio: «come correttamente rilevato dall'Autorità, la circostanza per cui si faccia questione di programma specificatamente destinato all'informazione del pubblico adulto sui fatti di cronaca, anche particolarmente sanguinari o impressionanti, non rappresenta una causa di giustificazione della condotta concretamente tenuta, bensì costituisce il presupposto di applicazione degli accorgimenti tecnici delineati dalla disciplina normativa e dal Codice di autoregolamentazione per la trasmissione dei programmi di informazione».
In tale ipotesi, il delicato bilanciamento tra diritto di cronaca ed esigenze di tutela del minorenne è garantito dalla disciplina di legge e dal Codice di autoregolamentazione mediante la prescrizione di speciali cautele a carico delle emittenti televisive. Cautele che nel caso di specie non risultano rispettate, con particolare riferimento alla mancanza di un simbolo visivo chiaramente percepibile durante tutto il corso della trasmissione, così come imposto dall'art. 34 comma 2 cit..
Per questi motivi, il Consiglio di Stato accoglie l'appello con sentenza n. 554 del 17 gennaio 2023.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza (ud. 12 gennaio 2023) 17 gennaio 2023, n. 554
Svolgimento del processo
Con l’originario provvedimento di cui alla delibera 54/13/csp, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni adottava nei confronti della società RAI – Radio Televisione Italiana s.p.a., odierna appellata, una ordinanza-ingiunzione per violazione dei paragrafi 1 e 2.3 del Codice di autoregolamentazione tv e minori (procedimento 2464/sm - Rai Tre).
Con la sentenza oggetto del presente gravame il Tar Lazio accoglieva il ricorso proposto dalla stessa società odierna appellata, annullando la sanzione irrogata; in particolare venivano reputate fondate le censure in merito all’assenza di violazione, nel caso in esame, delle disposizioni del Codice di Autoregolamentazione TV e minori paragrafi 1.2 e 2.3, in combinato disposto con l’articolo 34, comma 3, del D.lgs. 2005, n. 177 come invece ritenuto dall’Autorità; infatti, dai rilievi formulati in sede di gravame e dalla documentazione acquisita in giudizio, è emerso che l’emittente televisiva si è premurata di trasmettere le immagini garantendo l’assoluto anonimato del minore interessato e la relativa irriconoscibilità.
Avverso tale sentenza l’Autorità propone l’appello in esame, deducendo i seguenti motivi:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 34, commi 2 e 6, del TUSMAR, in combinato disposto con il Codice di autoregolamentazione TV e Minori, omessa, o comunque insufficiente ed illogica motivazione su punti decisivi della controversia.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2023 la causa passava in decisione.
Motivi della decisione
1. L’esame dell’unico ordine di motivi di appello dedotto avverso la sentenza di accoglimento del ricorso di prime cure presuppone il riassunto della fattispecie sottesa, correttamente ricostruita, nelle linee generali, dal Tar.
1.1 La sanzione irrogata ha ad oggetto la trasmissione di scene ad alto contenuto drammatico, con il coinvolgimento di un bambino, durante la fascia oraria di c.d. “Televisione per tutti” (7.00 - 22.30) in assenza di idonei accorgimenti tecnici propedeutici ad escluderne la visione da parte dei minori 1.2 In dettaglio, risulta che in data 10 ottobre 2012 andava in onda in prima serata, sulla emittente televisiva Rai Tre, il programma “Chi l’ha visto?”, nel corso del quale veniva trasmesso un filmato riguardante la presa in consegna, da parte delle forze dell’ordine, di un minore mediante il suo allontanamento dal proprio nucleo familiare. Nel suddetto filmato si mostrava come le forze dell’ordine prelevassero il bambino contro la sua volontà, sollevandolo per le mani e le gambe, e trascinandolo via dell’edificio scolastico ove si trovava, tra le contestazioni dei presenti e della zia che filmava la scena con il telefono cellulare.
In data 13 ottobre 2012 il filmato veniva riproposto, in brevissimi stralci, dal TG3 nella edizione delle 19, nel corso di un servizio giornalistico durato dalle 19.25 alle 19.27.
1.3 L’Autorità odierna appellante, rilevando che la messa in onda dei suddetti filmati integrasse la violazione dei paragrafi nn. 1 e 2.3 del Codice di autoregolamentazione TV e minori, in combinato disposto con l’art. 34, commi 2 e 6, d.lgs. n. 177/2005, con delibera n. 54/13/CSP, sanzionava la Rai e le ingiungeva il pagamento della sanzione amministrativa di euro 100.000,00.
2. Così riassunta la fattispecie, va esaminato l’articolato motivo di appello che risulta fondato sotto il profilo della violazione di cui all’art. 34 cit.
2.1 In generale, il Codice di autoregolamentazione e, più in generale, l’impianto normativo recato dal D. Lgs. n. 177/2005 (avuto riguardo alle previsioni riferite alla tutela dei minori) intendono assicurare un equilibrato bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero (suscettibile di declinarsi, altresì, nella libertà di espressione e di informazione) e la tutela dello sviluppo fisico, morale o psichico del minore, bene giuridico cui accordare comunque prevalente protezione; ciò, a prescindere dalla circostanza per cui sia ipotizzabile un collegamento rispetto all’efficacia territoriale della legge italiana.
2.2 La giurisprudenza di questa Sezione, con plurime pronunce (ex multis, nn. 2300 del 2020 e 2299 del 2020), ha chiarito che l'art. 15, comma 10, l. n. 233/1990, secondo il quale: "è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità", nel fare riferimento ai programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, prevede una fattispecie di illecito di pericolo concreto.
Ciò comporta che ai fini dell'integrazione della fattispecie sanzionata, occorre l'accertamento della effettiva esposizione a pericolo del bene tutelato dalla norma violata, desumibile da specifiche e rilevanti circostanze concretamente occorse. Orbene, tale valutazione va coordinata con altra verifica che, sulla scorta della disciplina europea e dei precetti costituzionali, si atteggia sotto forma di bilanciamento tra l'esigenza di tutela del minore e la garanzia della libertà di espressione, da effettuare secondo un parametro di proporzionalità che deve tenere conto delle concrete circostanze del caso.
2.3 Nel caso in esame la trasmissione ha avuto ad oggetto un episodio di rilevanza tale da dar luogo alla serie di interventi, anche di carattere istituzionale, richiamati da parte appellata. Peraltro, ciò che l’Autorità ha inteso perseguire è non tanto la tutela dei minori coinvolti dal filmato quanto piuttosto l’impatto per i minori potenziali telespettatori, in considerazione dell’orario di trasmissione.
2.4 Nella fattispecie, l’Autorità ha fatto applicazione dell’art. 2.3 del codice di comportamento, in combinato disposto con la norma di legge.
In dettaglio, ai sensi dell’art. 34 commi 2 e 6, vigenti ratione temporis, “le trasmissioni delle emittenti televisive e delle emittenti radiofoniche, non contengono programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori e film vietati ai minori di anni 14, a meno che la scelta dell'ora di trasmissione fra le ore 23,00 e le ore 7,00 o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minori che si trovano nell'area di diffusione vedano o ascoltino normalmente tali programmi; qualora tali programmi siano trasmessi, sia in chiaro che a pagamento, nel caso di trasmissioni radiofoniche devono essere preceduti da un'avvertenza acustica e, nel caso di trasmissioni televisive, devono essere preceduti da un'avvertenza acustica e devono essere identificati, durante tutto il corso della trasmissione, mediante la presenza di un simbolo visivo chiaramente percepibile”; inoltre, “le emittenti televisive, anche analogiche, diffuse su qualsiasi piattaforma di trasmissione, sono tenute ad osservare le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione media e minori approvato il 29 novembre 2002, e successive modificazioni”.
A sua volta, il punto 2.3 del codice di comportamento statuisce altresì, in termini rilevanti ai fini di causa, che “Le emittenti televisive, anche analogiche, diffuse su qualsiasi piattaforma di trasmissione, sono tenute ad osservare le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione media e minori approvato il 29 novembre 2002, e successive modificazioni”.
2.5 Se tale disposizione assume rilievo nel caso di specie, nei termini correttamente evidenziati circa la finalità informativa perseguita e la risonanza dell’episodio proprio in relazione alla necessaria tutela dei minori (cfr. rassegna stampa prodotta in relazione ai giorni 11 e 12 ottobre 2012), la trasmissione del servizio in oggetto risulta effettivamente essere stata anticipata da un espresso avviso della conduttrice (Federica Sciarelli), in ordine alle seguenti circostanze: sarebbe stato sottoposto all’attenzione degli spettatori un drammatico filmato “che ci deve far riflettere”; si sarebbe trattato di un filmato scioccante poiché riguardante “un bambino” il quale a causa dell’evento pare “aver subito un trauma” (così testualmente, la conduttrice); la conduttrice ha, altresì, motivato la decisione del programma di mandare in onda tale filmato alla luce della grande rilevanza sociale e di interesse pubblico che riveste il tema in oggetto, sintetizzandone le finalità nel seguente interrogativo: “è mai possibile prendere un bambino in questo modo per portarlo in una casa famiglia?”.
2.6 Se da un canto tale avviso integra gli elementi imposti dal punto 2.3 predetto, da un altro canto occorre verificare altresì il rispetto dei parametri imposti dal predetto art 34 comma 2; a quest’ultimo riguardo, se l’avviso del conduttore integra gli estremi dell’avviso acustico, ciò che risulta essere mancato è l’ulteriore elemento del simbolo visivo chiaramente percepibile per tutta la durata della trasmissione.
2.7 Nel caso di specie la mancanza – già nella prima trasmissione, avvenuta nel corso del programma chi l’ha visto - di uno dei due elementi espressamente imposti dalla norma a protezione del bene tutelato, evidenzia la sussistenza della violazione contestata dall’Autorità.
Inoltre, il successivo passaggio al TG3 non risulta accompagnato da nessuno dei due elementi imposti dalla norma di legge predetta, senza che al riguardo l’eventuale notorietà del fatto – peraltro derivante anche dal primo passaggio già avvenuto con modalità in violazione dell’art. 34 cit. – sia sufficiente al fine di consentire una deroga alle misure di bilanciamento (acustiche e visive) imposte dalla legge.
2.8 Come correttamente rilevato dall’Autorità, la circostanza per cui si faccia questione di programma specificatamente destinato all’informazione del pubblico adulto sui fatti di cronaca, anche particolarmente sanguinari o impressionanti, non rappresenta una causa di giustificazione della condotta concretamente tenuta, bensì costituisce il presupposto di applicazione degli accorgimenti tecnici delineati dalla disciplina normativa e dal Codice di autoregolamentazione per la trasmissione dei programmi di informazione.
2.9 In siffatte ipotesi, il delicato bilanciamento tra diritto di cronaca ed esigenze di tutela del minorenne è garantito dalla disciplina di legge e dal Codice di autoregolamentazione (su cui si fonda il provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado), mediante la prescrizione di speciali cautele a carico delle emittenti televisive. Cautele che con risultano rispettate, nel caso di specie, nei termini ben evidenziati da parte appellante, con particolare riferimento alla mancanza di un simbolo visivo chiaramente percepibile durante tutto il corso della trasmissione, così come imposto dall’art. 34 comma 2 cit.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello è fondato e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza
impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa