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23 marzo 2023
Sul bilanciamento tra esigenze di tutela del minorenne nel settore delle telecomunicazioni e diritto di cronaca

Palazzo Spada conferma la sanzione dell'Agcom irrogata ad un'emittente televisiva per non aver adottato precise precauzioni tecniche durante la trasmissione di contenuti inadatti ai minori.

La Redazione

L'Agcom irrogava una sanzione amministrativa ad un'emittente televisiva per aver mandato in onda, nel corso di un programma televisivo trasmesso in fascia oraria "protetta", un servizio che coinvolgeva un minore, prelevato dalle forze dell'ordine ed allontanato dalla famiglia. Tale filmato veniva successivamente riproposto, in brevissimi stralci, anche dal telegiornale.
L'emittente proponeva appello dinanzi al TAR, il quale accoglieva il gravame e annullava la sanzione ritenendo insussistenti le violazioni del Codice di autoregolamentazione tv e minori nonché dell'art. 34 D.Lgs. n. 177/2005. Dai rilievi formulati in sede di gravame e dalla documentazione acquisita in giudizio, era emerso che l'emittente televisiva si è premurata di trasmettere le immagini garantendo l'assoluto anonimato del minore interessato e la relativa irriconoscibilità.

La controversia giunge dinanzi al Consiglio di Stato. In via preliminare, il Consiglio ribadisce che l'art. 15 L. n. 233/1990, nel fare riferimento ai programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, prevede una fattispecie di illecito di pericolo concreto.
Ciò comporta che ai fini dell'integrazione della fattispecie sanzionata, occorre un duplice accertamento: il primo relativo alla concreta minaccia per il bene oggetto di tutela, desumibile dal contesto fattuale; il secondo, invece, incentrato sul bilanciamento tra la necessità di proteggere il minore e la libertà di espressione, da effettuarsi secondo il principio di proporzionalità che deve tenere conto delle concrete circostanze del caso.
Nel caso in esame, osserva il Consiglio, «ciò che l'Autorità ha inteso perseguire è non tanto la tutela dei minori coinvolti dal filmato quanto piuttosto l'impatto per i minori potenziali telespettatori, in considerazione dell'orario di trasmissione».

Prosegue poi il Consiglio esaminando le norme che impongono alle trasmissioni televisive e radiofoniche inadatte ai minori l'adozione di precise precauzioni tecniche, volte a impedirne la visione o l'ascolto: si tratta della scelta dell'orario di trasmissione (dalle 23,00 alle 7,00), della segnalazione acustica propedeutica alla messa in onda e dell'apposizione di un simbolo visivo facilmente riconoscibile.
Quest'ultimo elemento, non presente durante la messa in orda del servizio televisivo di cui si discute nel caso in esame, evidenzia la sussistenza della violazione contestata dall'Autorità.
Prosegue il Collegio: «come correttamente rilevato dall'Autorità, la circostanza per cui si faccia questione di programma specificatamente destinato all'informazione del pubblico adulto sui fatti di cronaca, anche particolarmente sanguinari o impressionanti, non rappresenta una causa di giustificazione della condotta concretamente tenuta, bensì costituisce il presupposto di applicazione degli accorgimenti tecnici delineati dalla disciplina normativa e dal Codice di autoregolamentazione per la trasmissione dei programmi di informazione».
In tale ipotesi, il delicato bilanciamento tra diritto di cronaca ed esigenze di tutela del minorenne è garantito dalla disciplina di legge e dal Codice di autoregolamentazione mediante la prescrizione di speciali cautele a carico delle emittenti televisive. Cautele che nel caso di specie non risultano rispettate, con particolare riferimento alla mancanza di un simbolo visivo chiaramente percepibile durante tutto il corso della trasmissione, così come imposto dall'art. 34 comma 2 cit..

Per questi motivi, il Consiglio di Stato accoglie l'appello con sentenza n. 554 del 17 gennaio 2023.