Il vizio relativo al mandato speciale rileva sotto un duplice profilo, quello dello ius postulandi e quello del ricorso nullo per mancanza di sottoscrizione. Con il parere in commento, il CGA Sicilia analizza le possibili conseguenze.
L'attrice impugnava con ricorso straordinario l'ordinanza con la quale il Comune le irrogava una sanzione per inottemperanza dell'ingiunzione alla demolizione di opere abusive.
Investito della questione, il CGA Sicilia rileva che la presenza in atti di una copia della procura alle liti con firma analogica, non supportata da valida attestazione di conformità, mancando dell'apposizione di firma digitale. Sussiste, pertanto, il viziorelativo al mandato speciale reso al difensore. A tal proposito ribadisce che «anche se non è prescritta l'assistenza di un difensore per la presentazione del ricorso straordinario, la sottoscrizione del ricorso straordinario da parte del solo difensore incide sull'individuazione del soggetto che ha presentato la domanda».
Il vizio relativo al mandato speciale rileva sotto un duplice profilo, quello dello ius postulandi e quello del ricorso nullo per mancanza di sottoscrizione.
Entrambi i profili risultano superabili non solo in ragione dell'indirizzo che si va affermando nella giurisprudenza sulla base degli
In particolare, quanto al primo vizio, il Consiglio menziona l'
Per quanto riguarda il vizio della procura al difensore che ha sottoscritto il ricorso straordinario, esso si riflette direttamente sulla validità dello stesso, «a meno che sussistano elementi idonei a individuare con certezza il soggetto cui si riferisce l'atto».
Per il CGA Sicilia, «il vizio della sottoscrizione dell'atto prevale rispetto al vizio della procura, e non trova applicazione in tal caso l'
Pertanto, il vizio della procura non dà luogo a sanatoria, ma bisogna valutare se sussiste la sicura riferibilità del ricorso alla parte; tale verifica, inoltre, diversamente dal caso della sanatoria, non incide sulla perentorietà del termine per la proposizione del ricorso, «atteso che la riferibilità di quest'ultimo al ricorrente è oggetto di una valutazione allo stato degli atti che non richiede un'attività successiva allo spirare del termine».
Alla luce di tali osservazioni, con il parere n. 146 del 7 febbraio 2023, il CGA Sicilia ritiene che il ricorso straordinario in esame debba essere respinto.
CGA Sicilia, Adunanza delle Sezioni riunite, parere 7 febbraio 2023, n. 146
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con il ricorso straordinario in esame la signora Carmela Nicastro ha impugnato, previa sospensione, dell'ordinanza n. 597 del 20 luglio 2020, con la quale il Comune di Gela ha irrogato la sanzione di euro 20.000 per l'inottemperanza alla precedente ordinanza n. 474 del 9 settembre 2015 di ingiunzione alla demolizione di opere abusive realizzate nell'immobile sito a Gela in Via Ghirlandaio n. 49, censito in catasto al fg. n. 149, p.lla 2610.
2. Deduce in fatto che l'abuso edilizio oggetto dell'azione repressiva del Comune resistente consiste in «una copertura in lamierino non in CLS a copertura parziale del lastrico solare, per ripararsi dalle infiltrazioni di acque meteoriche e che tale azione è conseguente ai sopralluoghi di accertamento del locale Comando di Polizia Municipale» e lamenta:
- quale primo motivo la violazione dell'art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, nonché dei principi generali sul procedimento amministrativo e del principio di proporzionalità fra pena irrogata e valore dell'immobile oggetto di demolizione: «il Comune resistente ha irrogato la misura massima di 20.000 euro della sanzione pecuniaria in argomento, pur trattandosi di un'opera abusiva — composta da un solo vano coperto di mq. 152 consistenza volumetrica di mc. 442, allo stato grezzo e senza alcuna divisione interna, né infissi o impianti tecnologici realizzata al secondo piano per salvaguardare il piano sottostante da infiltrazioni d'acqua e non avente scopo abitativo, il cui valore economico è di € 12.924,32».
- quale secondo motivo la violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990 per omessa motivazione, atteso che il provvedimento impugnato risulta supportato solo dall'indicazione degli atti precedenti;
- quale terzo motivo la violazione dell'art. 14, commi 1 e 2, Cost. per violazione del diritto al domicilio.
3. Visti la relazione e gli atti depositati, il Collegio osserva quanto segue.
4. In via pregiudiziale si rileva che, ai sensi dell’art. 136, comma 2-ter, c.p.a., «(q)uando il difensore depositi con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attesta la conformità della copia al predetto atto mediante l'asseverazione di cui all'art. 22 comma 2 del d.lgs. n. 82 del 2005».
Ai sensi di detta disposizione le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
«Nel compimento dell'attestazione di conformità di cui al presente comma i difensori assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali» (art. 22, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 82 del 2005).
L’art. 2.1.1. della determina del 9 settembre 2020, n. 407/2020, che ha sostituito il d.P.C.M. 13 novembre 2014, adottato in attuazione dell’art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005, ha disposto che, in caso di acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico, acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico, «l’immodificabilità ed integrità sono garantite da una o più delle seguenti operazioni mediante: - apposizione di una firma elettronica qualificata, di una firma digitale o di un sigillo elettronico qualificato o firma elettronica avanzata; - memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee misure di sicurezza in accordo con quanto riportato al § 3.9; - versamento ad un sistema di conservazione».
La firma digitale è «un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare di firma elettronica tramite la chiave privata e a un soggetto terzo tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici» (art. 1, comma 1, lett. s) del d.lgs. n. 82 del 2005).
La definizione di firma elettronica qualificata di cui all’art. 1, comma 1, lett. r) del d.lgs. n. 82 del 2005 è stata soppressa.
L’art. 3 del regolamento eIDAS, richiamato a fini definitori («Ai fini del presente Codice, valgono le definizioni di cui») dall’art. 1, comma 1-bis, del d.lgs. n. 82 del 2005, definisce la firma elettronica qualificata come la «firma elettronica avanzata creata da un dispositivo per la creazione di una firma elettronica qualificata e basata su un certificato qualificato per firme elettroniche».
Il documento informatico è «il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti» (art. 1 del d.lgs. n. 82 del 2005)
Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, si rileva che nella presente controversia è versata in atti una copia della procura alle liti con firma analogica, non supportata da valida attestazione di conformità, mancando dell'apposizione di firma digitale. Sussiste, pertanto, il vizio relativo al mandato speciale reso al difensore.
Il dato è rilevante poiché, anche se non è prescritta l’assistenza di un difensore per la presentazione del ricorso straordinario, la sottoscrizione del ricorso straordinario da parte del solo difensore incide sull’individuazione del soggetto che ha presentato la domanda. La validità del ricorso resta infatti condizionata dalla circostanza che il difensore sia munito di mandato (Cgars, parere n. 74 del 2018).
Il vizio della rappresentanza tecnica è quindi apprezzabile in una duplice prospettiva, quella dello ius postulandi e quella del ricorso nullo per mancanza di sottoscrizione.
Si anticipa che detti profili risultano superabili, così modificando un precedente orientamento di questo Consiglio (fra gli altri, pareri nn. 159 del 2021, 271 del 2020, 257 del 2020 e 177 del 2020, nonché parere n. 74 del 2018), non solo in ragione dell’indirizzo sostanzialistico che si va affermando nella giurisprudenza sulla base degli artt. 156, comma 3, e 182 comma 2 c.p.c., ma anche in ragione delle coordinate sottese al d. lgs. n. 149 del 2022.
Ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge di delega n. 206 del 2021 i principi informatori della riforma sono, tra gli altri, che «i provvedimenti del giudice e gli atti del processo per i quali la legge non richiede forme determinate possano essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo, nel rispetto dei princìpi di chiarezza e sinteticità, stabilendo che sia assicurata la strutturazione di campi necessari all'inserimento delle informazioni nei registri del processo, nel rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti con decreto adottato dal Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense” (lettera d) e “il divieto di sanzioni sulla validità degli atti per il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma, sui limiti e sullo schema informatico dell'atto, quando questo ha comunque raggiunto lo scopo, e che della violazione delle specifiche tecniche, o dei criteri e limiti redazionali, si possa tener conto nella disciplina delle spese» (lettera e).
È quindi evidente, in uno con il portato dell’art. 156, comma 3, c.p.c. («la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato»), la ratio semplificatrice e sostanzialistica delle regole sulla forma degli atti, finalizzate a garantire la parte e non a ostacolarne la domanda di giustizia, attuata dal d. lgs. n. 149 del 2022 in molteplici aspetti, fra i quali, per quanto qui di interesse, la modifica all’art. 46 delle disp. att., in base al quale il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non ne comportano l’invalidità, e la modifica dell’art. 120 c.p.c., che amplia le possibilità di sanatoria dello ius postulandi.
In tale prospettiva ed evoluzione del sistema processuale possono essere affrontati i due profili vizianti richiamati sopra (vizio dello ius postulandi e della sottoscrizione del ricorso).
Quanto al primo profilo, l'art. 182, comma 2, c.p.c. dispone che «(i)l giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi. Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione».
La disposizione rende obbligatorio per il giudice che rilevi uno dei vizi dello ius postulandi ivi contemplati di stimolarne la sanatoria. La giurisprudenza lo ha affermato in particolare nel caso in cui il profilo viziante sia sollevato d’ufficio, come nel presente caso. È una sanatoria retroattiva che opera in caso di procura nulla (Cass. civ., sez. II, ordinanza 15 febbraio 2022, n. 4932).
A seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 149 del 2022 (il 28 febbraio 2023) è stata espressamente ampliata la portata della fattispecie sanante anche in caso di totale mancanza della procura al difensore (la cui riconducibilità nell’alveo dell’art. 182, comma 2, c.p.c. è stato oggetto di una ordinanza di rimessione alle Sezioni unite, la n. 4932 del 2022), con una modifica che, pur non impattando sul caso di specie (dove è presente una procura seppur viziata), è indicativa di un’evoluzione generale del sistema processuale volta a sottolineare la rilevanza dei vizi formali solo in quanto espressione della lesione di prerogative della parte e del giudizio.
Ne deriva che la nullità della procura è sanabile.
In ogni caso (e venendo al secondo profilo), le conseguenze, cioè il superamento del vizio, non cambiano se si considera il particolare ruolo svolto dal rappresentante tecnico nell’ambito del giudizio originato da ricorso straordinario, nell’ambito del quale i vizi del mandato conferito al difensore unico sottoscrittore del ricorso non si riverberano sulle prerogative della difesa tecnica, non obbligatoria per il sistema e, quindi, di per sé, non invalidante della domanda di giustizia, ma direttamente su quest’ultima, atteso che, in assenza di mandato speciale, il ricorso non risulta sottoscritto dalla parte (Cgars, sez. riun, 16 ottobre 2018 n. 74).
In termini generali quindi il vizio della procura al difensore che ha sottoscritto il ricorso straordinario si riverbera direttamente sulla validità dello stesso.
Nondimeno il difetto di sottoscrizione è escluso tutte le volte in cui sussistono elementi idonei a far comprendere il soggetto cui si riferisce l’atto. «Il difetto di sottoscrizione - cui va equipara la sua accertata falsità è escluso solo nel caso in cui la riferibilità dell'atto processuale di costituzione sia desumibile da altri elementi "risultanti o individuati nell'atto stesso" e che consentano di superare ogni incertezza sulla sua provenienza, come quando consti l'indicazione - nella relazione dell'ufficiale giudiziario - che la notifica dell'atto è stata effettuata ad istanza di quel difensore o quando risulti la firma del difensore con cui venga certificata l'autenticità della sottoscrizione per il rilascio del mandato ad opera della parte, tutte ipotesi che non ricorrono nel caso di specie (Cass. 9490/2007; Cass. 8042/2006; Cass. 6225/2005; Cass. 22025/2004; Cass. 13395/2001)» (Cass., sez. II, 24 dicembre 2021, n. 41484).
In particolare, «quel che infatti rileva, ai fini del raggiungimento dello scopo d'un atto affetto da nullità per difetto di sottoscrizione, è non già la sua conoscibilità (come ritenuto dalla Corte d'appello), sebbene la sua riferibilità alla persona che ne appare l'autore» (Cass., sez. VI, 15 maggio 2018 n.11793).
Sul punto la giurisprudenza ha affermato che la mancanza della sottoscrizione del difensore «non ne comporta la nullità, quando dalla copia dell'atto di citazione notificato, pur priva della firma del difensore, sia possibile desumere, sulla scorta degli elementi in essa contenuti, la provenienza da procuratore abilitato munito di mandato» e che «Tra gli elementi idonei a consentire la sicura riferibilità dell'atto alla persona indicata come suo autore, quando manchi la sottoscrizione, questa corte ha già più volte affermato che può assumere rilievo anche l'indicazione, nella relazione di notificazione, che quest'ultima è stata effettuata ad istanza del difensore indicato come autore dell'atto (ex permultis, Sez. 3, Sentenza n. 802 del 28/01/1987)» (Cass., sez. VI, 15 maggio 2018 n. 11793).
Nel caso di specie il ricorso reca nell’epigrafe l’indicazione della ricorrente e del difensore, il ricorso straordinario è sottoscritto da quest’ultimo, reca un mandato che, sia pur viziato, indica in modo chiaro mandante e mandatario, oltre al fatto che è stato apposto il visto dell'ufficiale giudiziario, che «è di per sé idoneo a documentare che la richiesta di notifica è avvenuta ad istanza dell'avvocato indicato come l'estensore dell'atto di citazione» (Cass., sez. VI, 15 maggio 2018 n.11793).
Detti elementi consentono di raggiungere lo scopo di identificare la parte che ha sottoscritto l’atto, così rendendo attuale la regola di cui all’art. 156, comma 3, c.p.c., in base alla quale non può essere dichiarata la nullità di un atto se ha raggiunto lo scopo cui è destinato.
Nel solco già tracciato dalla giurisprudenza di legittimità si è poi inserita la già richiamata legge di delega e la riforma di cui al d. lgs. n. 419 del 2022, entrata in vigore in termini generali il 28 febbraio 2023, che ha ampliato le possibilità di superamento dei vizi formali, in particolare attraverso la modifica dell’art. 46 delle disp. att. circa la non invalidità degli atti che non rispettano le specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e i criteri e limiti di redazione dei medesimi.
Anche il profilo relativo alla mancanza di un’idonea sottoscrizione del ricorso straordinario è quindi superabile, peraltro senza necessità di chiedere un’apposita sanatoria, come invece richiesto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione per il difetto di ius postulandi.
A tale ultimo riguardo il Collegio ritiene altresì che prevalga, con riferimento al ricorso straordinario sottoscritto dal difensore, il profilo da ultimo esposto, relativo al vizio della sottoscrizione dell’atto, rispetto al vizio della procura. E ciò in quanto non trova applicazione in tal caso l’art. 44, comma 1, lett. a), c.p.a, in considerazione della non necessità della difesa tecnica e del favor per l’accesso al rimedio giustiziale, sì da rendere recessivo l’eventuale vizio dello ius postulandi.
Sicché, nel caso di specie, neppure dovrebbe darsi luogo a sanatoria, dovendosi semplicemente valutare la sicura riferibilità del ricorso alla parte. Non si pongono pertanto tematiche di rispetto del termine di decadenza per la presentazione del ricorso, atteso che la riferibilità dello stesso al ricorrente è valutata senza richiedere un’attività successiva allo spirare del termine (che invece sarebbe richiesta in caso di sanatoria).
5. Detto ciò in merito ai profili pregiudiziali il Collegio ritiene di poter soprassedere da ogni decisione in ordine alla necessità di sanare il ricorso straordinario, considerato l’esito del presente giudizio e le conseguenti ragioni di economia processuale.
6. Affrontando il merito del giudizio si rileva, quanto all’entità della sanzione (primo motivo e in parte terzo motivo), che la misura sanzionatoria adottata pari a 20.000 euro risulta conforme alle prescrizioni del regolamento comunale, che detta criteri di determinazione della sanzione che tengono conto delle tipologie costruttive e delle entità degli abusi (in termini di superficie o di volume delle opere abusive) che non sembrano discostarsi da un criterio di ragionevolezza e proporzionalità. Né pare irragionevole la circostanza che in detti criteri non rilevi il valore venale del manufatto abusivo oggetto della sanzione pecuniaria in questione, considerata la natura afflittiva della misura e la deterrenza che la medesima comporta.
Del resto l’art. 11 della legge n. 689 del 1981 individua i criteri di quantificazione della sanzione, fra il minimo e il massimo, nella gravità della violazione, nell'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché nella personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche. Laddove la nozione di gravità è stata declinata dal Comune considerando tipologie costruttive e delle entità degli abusi (in termini di superficie o di volume delle opere abusive), in una prospettiva che non appare irragionevole, né difforme dalle indicazioni legislative, che fanno riferimento genericamente alla gravità della violazione e quindi ben possono essere intese nel senso di riferirsi all’entità del manufatto abusivo. E ciò anche se non ha considerato il valore venale della costruzione illecita, rispetto alla quale, peraltro, potrebbe ritenersi non sufficiente quantificare il valore del manufatto abusivo in sé ma anche l’aumentato valore dell’intero immobile.
In particolare, ai sensi dell'art. 3 del regolamento comunale approvato con delibera del Commissario straordinario n. 17 del 2019, agli interventi di nuova costruzione con una volumetria compresa «oltre 300 mc.» si applica la sanzione massima.
In tale fascia volumetrica ricade il manufatto abusivo di che trattasi: nel provvedimento qui gravato si evidenzia inoltre che il manufatto riguarda un volume pari a 320 mc., con un accertamento che non risulta contestato da parte ricorrente, che, anzi, afferma che l’immobile ha una «consistenza volumetrica di mc 442».
La censura non può, quindi, essere accolta.
7. Anche il secondo motivo, relativo all’asserito vizio di motivazione, non è meritevole di accoglimento.
Esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale che ammette la motivazione per relationem mediante rinvio ad atti procedimentali configurabili come logico presupposto del provvedimento definitivo (Cgars, sez. giur., 11 gennaio 2021, n. 24).
Posto che il richiamo agli atti richiamati e il tenore del provvedimento gravato, che comunque riassume i presupposti della decisione, evidenziano il percorso logico-giuridico alla base della determinazione assunta, all’esigenza di maggiore comprensione delle ragioni del provvedimento sopperiscono le regole sulla trasparenza dell’agire pubblico e sull’accesso (di cui alla legge n. 241 del 1990 e al d. lgs. n. 33 del 2013), che consentono di prendere visione degli atti ivi citati.
Del resto, la giurisprudenza afferma che «ai fini della motivazione per relationem è sufficiente che siano indicati gli estremi o la tipologia dell'atto richiamato, mentre non è necessario che esso sia allegato materialmente o riprodotto, dovendo piuttosto essere messo a disposizione ed esibito ad istanza di parte» (Cons. Stato, sez. V, 4 agosto 2017, n. 3907).
8. Con riferimento al terzo motivo il profilo relativo alla quantificazione della sanzione pecuniaria è già stato trattato sopra congiuntamente allo scrutinio del primo motivo di ricorso mentre il profilo relativo alla (in tesi) violazione del diritto di abitazione è inammissibile, atteso che avrebbe dovuto essere dedotto avverso la presupposta ordinanza di demolizione, che ha individuato l’oggetto della misura repressiva, asseritamente coincidente con la casa di abitazione del ricorrente.
9. In considerazione delle superiori osservazioni, il Collegio è dell’avviso che il ricorso straordinario in esame debba essere respinto, con assorbimento dell’esame dell’istanza cautelare.
P.Q.M.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana esprime il parere che il ricorso straordinario in esame debba essere respinto, con assorbimento della istanza cautelare.