Laddove il ricorso contenga elezione di domicilio presso un difensore, chi propone opposizione può validamente notificare l'atto di citazione presso il domicilio eletto.
La vicenda trae origine dal ricorso proposto dall'attuale ricorrente ai fini del riconoscimento dell'usucapione speciale per la piccola proprietà rurale
Le controparti proponevano opposizione, notificando l'atto di...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La vicenda al vaglio può riassumersi, per quel che ancora rileva, nei termini seguenti: (omissis) (omissis) (omissis) propose ricorso per il riconoscimento dell'usucapione speciale per la piccola proprietà rurale, ai sensi dell'art. 1159 bis cod. civ., introdotto dalla l. n. 346/1976;
- (omissis) e (omissis) (omissis) nella qualità di eredi di (omissis) (omissis) proposero opposizione, notificando l'atto di citazione al domicilio eletto nel ricorso dal (omissis) presso lo studio del di lui difensore;
- il Tribunale rigettò la domanda del (omissis)
- la Corte d'appello di Cagliari, investita dall'impugnazione di (omissis) (omissis) (omissis) rigettò l'impugnazione.
2. L'appellante ricorre avverso la sentenza della Corte cagliaritana sulla base di due motivi. (omissis) (omissis) resiste con controricorso, in seno al quale propone ricorso incidentale subordinato sulla base di due motivi.
3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 137 e segg., 170, 141, 165, 166 cod. proc. civ., 47 cod. civ., 3, co. 3, l. n. 346/1976.
Questo, in sintesi, l'assunto impugnatorio.
La sentenza d'appello, che aveva condiviso quella di primo grado, meritava censura per avere reputato che la notifica dell'opposizione fosse stata validamente notificata presso il difensore del (omissis)invece che presso la di lui residenza. Non poteva condividersi l'analogia posta con il decreto ingiuntivo, poiché in quel caso viene notificato alla parte il provvedimento, con il quale, appunto, viene ingiunto il pagamento e, quindi, in quel caso, trattasi di un atto destinato a sfociare in un contraddittorio seppure eventuale. Nel mentre, nel caso in esame, si è in presenza di una enunciazione di parte, pubblicata nei modi di legge e notificata agli intestatari risultanti dai registri immobiliari, quindi, di un atto avente natura sostanziale e non processuale.
La notifica, pertanto, effettuata presso il domicilio del difensore doveva considerarsi inesistente e non sanabile per raggiungimento dello scopo, stante che la notifica ex art. 141 cod. proc. civ. andava considerata un'eccezione rispetto alla disciplina di cui all'art. 47 cod. civ., eccezione che qui non ricorreva per le ragioni sopra esposte, stante che l'elezione di domicilio doveva reputarsi avere esaurito il suo scopo con la conclusione della fase extragiudiziale.
3.1. La doglianza è manifestamente destituita di giuridico fondamento.
Non è necessario confrontarsi con la disciplina del procedimento per ingiunzione, peraltro significativamente assimilabile, almeno in parte (non appare avere quel significato dirompente che gli attribuisce il ricorrente il fatto che nella procedura di cui alla legge n, 346/1976 il provvedimento monitorio risulta subordinato alla mancata opposizione, al contrario dell'ingiunzione per decreto, nel quale il provvedimento del giudice viene emesso inaudita altera parte, ma soggetto all'opposizione eventuale).
Quel che appare dirimente è che il (omissis) lesse espressamente e inequivocamente domicilio presso lo studio del proprio difensore. Il combinato disposto degli artt. 141 cod. proc. civ. e dell'art. 47 cod. civ., al contrario di quel che sostiene il ricorrente, imponeva agli opponenti di notificare l'opposizione proprio presso il luogo eletto. Ciò per due ordini concorrenti di ragioni. Da un punto di vista del diritto sostanziale, l'art. 47 citato, conduce a una tale conseguenza, versandosi in presenza di elezione di domicilio, perfettamente valida e cogente, in quanto effettuata per iscritto. L'art. 141, di poi, non può che portare alla stessa conclusione: proprio perché l'atto notificato ha lo scopo di sollecitare il contraddittorio, e solo in assenza di contrasto, consente al giudice l'emissione del provvedimento, ben può recare elezione di domicilio presso il difensore.
In conclusione, deve essere enunciato il seguente principio di diritto: <<ove il ricorso al giudice, al fine di ottenere il riconoscimento dell'usucapione speciale per la piccola proprietà rurale, di cui alla legge n. 346/1976, contenga elezione di domicilio presso un difensore, coloro che propongono opposizione validamente notificano l'atto di citazione nel predetto domicilio eletto>>
4. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1141, co. 2, 1144, co. 2 e 1164 cod. civ., nonché del combinato disposto degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2943 cod. civ.
4.1. La doglianza è inammissibile.
La Corte d'appello ha escluso che il ricorrente avesse posseduto "animus domini" il bene di cui si tratta; lo Stesso (omissis) infatti, aveva ammesso di essere in possesso delle chiavi per espressa disposizione del proprietario, il quale ivi trascorreva le vacanze estive, vivendo altrove, e ciò aveva trovato conferma nell'escussione testimoniale. Di conseguenza il (omissis)aveva goduto della mera detenzione, avente fonte nella volontà del proprietario; mancava, quindi, un atto d'apprensione "ad usucapionem"; non era rimasto dimostrato godimento della cosa in aperto contrasto con il proprietario, dovendosi concludere per un uso per tolleranza, stante i buoni rapporti familiari. A tutto concedere, solo dopo un litigio intervenuto nel 2001, avrebbe potuto ipotizzarsi un atto di mutamento della detenzione in possesso, ma da quel momento alla domanda d'usucapione erano trascorsi appena sei anni.
All'evidenza, il ricorrente invoca, in questa sede un diverso e inammissibile apprezzamento di merito, peraltro, a fronte di motivazione chiara ed esaustiva.
Invero, la ricostruzione probatoria, come noto, anche qualora sostenuta dall'asserita violazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., non può essere contestata in questa sede, poiché, noto, l'apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non è, in questa sede, sindacabile, neppure attraverso l'escamotage dell'evocazione dell'art. 116, cod. proc. civ., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299). Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente (sent. n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021), essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Rv. 659037). E inoltre che per dedurre la violazione dell'art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'art. 116 c.p.c. (Rv. 659037).
È del tutto evidente che attraverso la denunzia di violazione di legge il ricorrente sollecita - non determinando essa, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l'accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all'evidenza, occorrente che l'accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente - un improprio riesame di merito (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459).
5. Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d'inammissibilità, che può rilevare ai fini dell'art. 334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell'art. 348-bis cod. proc. civ. e dell'art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell'esonerare la Suprema Corte dall'esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi "inconsistenti".
6. Il ricorso incidentale, in quanto subordinato non deve essere esaminato.
7. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo.
8. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.