Lo ha ribadito la Cassazione con l'ordinanza in commento, ricordando che la solidarietà attiva non si presume in quanto non espressamente prevista. Pertanto, chi ha presentato distinte comparse e memorie ha diritto al rimborso.
Una società locataria di un immobile ad uso commerciale chiamava in giudizio gli eredi del locatore al fine di sentire accertare il proprio diritto di prelazione sul cespite locato e pronunciare la sentenza
Il Tribunale rigettava la domanda, conseguendone...
Svolgimento del processo
La C. di ID & C. s.a.s., locataria di un immobile ad uso commerciale, evocava in giudizio innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, Sezione distaccata di Marcianise, OMISSIS eredi del locatore DL, al fine di sentir accertare il proprio diritto di prelazione sul cespite locato, e sentir conseguentemente pronunciare sentenza ex art. 2932 c.c. che producesse gli effetti della vendita alle condizioni pattuite nel contratto di locazione.
Nella resistenza alla domanda di OMISSIS (che si costituivano tramite il procuratore speciale Avv. AA), nonché delle minori DA e DS (che si costituivano in persona della genitrice IT ), il Tribunale rigettava la domanda.
Sul gravame proposto dalla locataria, la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza n. 4029/2021, confermava la pronuncia di prime cure e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado, liquidate in euro 19.160,00 oltre accessori in favore di DS DG e DB (costituite in appello con un unico difensore) e, nei limiti di quanto richiesto nelle rispettive note spese, in euro 6.780,00 oltre accessori ciascuna in favore di OMISSIS (le ultime due costituite con distinte comparse seppur con il medesimo procuratore).
Per la cassazione di detta decisione propone ricorso la C, affidandosi ad un unico motivo.
Resistono con separati controricorsi IT e IDS. OMISSIS e l'Avv. AA, quale procuratore speciale di CP, non hanno svolto difese nel presente giudizio di legittimità.
Motivi della decisione
Con l'unico articolato motivo di ricorso, la C censura la sentenza della Corte d'Appello nella parte in cui, a dire della ricorrente: 1) ha liquidato le spese del grado in favore di ciascun erede o gruppo di eredi del locatore prendendo in c0nsiderazione l'intero valore della causa, anziché le relative quote di spettanza come risultanti dalla denuncia di successione allegata al ricorso per cassazione; 2) ha applicato i parametri medi di tabella, laddove la semplicità del giudizio avrebbe giustificato il ricorso ai parametri minimi; 3) ha liquidato in favore di DS, DG e SB anche i compensi per la fase istruttoria, non curata in appello; 4) non ha duplicato la liquidazione delle spese in favore del procuratore di DS e IT cui sarebbe al contrario spettato un unico compenso, in ragione della identità di posizione processuale delle parti assistite; 5) ha liquidato le spese in favore di DS con distrazione al nuovo difensore antistatario, costituitosi nelle more del gravame, anche colf riferimento a fasi processuali che quest'ultimo non avrebbe patrocinato.
Le censure sono in parte inammissibili, in parte infondate.
Quanto al profilo relativo all'individuazione del valore della causa, la ricorrente si duole, in sostanza, che la çorte d'Appello non avrebbe tenuto conto delle quote ereditarie spettanti a ciascun erede o gruppo di eredi del locatore, come risultanti dalla denuncia di successione "ab intestato", di cui viene prodotta copia con il ricorso per cassazione. Sennonché, dalla lettura del ricorso non risulta che tale documento sia stato prodotto nelle precedenti fasi di merito. La relativa produzione è dunque inammissibile in questa sede: infatti, "Per il disp0sto dell'art. 372 cod. proc. civ. è inammissibile nel giudizio di Cassazione la produzione di documenti non prodotti nelle precedenti fasi del processo, costituenti nuovi elementi di prova diretti a corroborare le censure di errori in "iudicando" prospettate nel ricorso" (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 361 del 17/01/1994, Rv. 485002; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 6849 del 13/12/1982, Rv. 424493). Ne consegue l'inammissibilità della censura in commento, siccome basat su un presupposto di fatto risultante da un elemento di prova non sottoposto all'esame del giudice di merito.
Ad ogni buon conto, la censura è anche infondata, risultando inconferente il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, invocata dalla ricorrente, secondo cui, in caso di successione di una pluralità di eredi all'originaria unica parte processuale, ove questi non si costituiscano unitariamente, il valore della causa non può essere calcolato per intero per ciascun erede o gruppo di eredi, ma in relazione alle rispettive quote di spettanza (così Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17393 del 13/07/2017, Rv. 644851). Infatti, nel caso di specie, i convenuti non sono succeduti ad un'originaria unica parte processuale, ma sono stati individualmente evocati in giudizio sin dall'introduzione del primo grado. Il governo delle spese di lite da parte del giudice di seconde cure risulta quindi conforme al principio di diritto, cui si intende dare continuità, second0 cui "La pronuncia di un'unica condanna alle spese di causa, con liquidazione cumulativa delle medesime, è consentita a carico di più' parti soccombenti, secondo la previsione del/,'art. 97 caci. proc. civ., ma non anche in favore di più parti vittoriose, cbe siano state assistite da difensori diversi. Infatti, 1a solidarietà attiva non essendo espressamente prevista non si presume, per cui la responsabilità delle parti soccombenti comporta che ciascuna delle controparti, ove abbia presentato distinte comparse e memorie, abbia diritto al proprio rimborso, tanto più se la difesa sia stata espletata da difensori diversi" (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 663 del 25/01/1999, Rv. 522599; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. 6- 3, Ordinanza n. 18256 del 24/07/2017, Rv. 645154).
Quanto al profilo relativo all'applicazione dei parametri medi in luogo di quelli minimi, le censure del ricorrente sono inammissibili sia perché generiche, sia perché non si confrontano con il principio secondo cui' n tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo" (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/21021, Rv. 661839; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12537 del 10/05/2019, Rv. 653760).
In ordine, poi, al dedotto mancato svolgimento della fase istruttoria, per la quale a dire della ricorrente non avrebbe potuto essere liquidato il compenso alle appellate DS, DG e DB , la censura risulta inammissibile, in primo luogo perché la disposizione di cui al D.M. n. 55 del 2014 e s.m.i. non prevede alcun compenso per una specifica fase istruttoria, ma un compenso unitario per la fase di trattazione, che comprende anche l'eventuale attività istruttoria. Detto compenso, di conseguenza, spetta al procuratore della parte vittoriosa anche a prescindere dall'effettivo svolgimento, nel corso del grado del singolo giudizio di merito, di attività a contenuto istruttorio, essendo sufficiente la semplice trattazione della causa.
Inoltre, la censura difetta anche di specificità. Premesso, infatti, che "In materia di spese di giustizia, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per la fase istruttoria, rilevano non solo l'espletamento di prove orali e di ctu, ma anche le ulteriori attività difensive che l'art. '4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014 include in quetta fase, tra cui pure le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande già proposte" (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 4698 del 18/02/2019, Rv. 652600), nulla viene dedotto nel ricorso in ordine al mancato espletamento di tali ulteriori attività in sede di gravame.
Pera tro, dalla lettura della sentenza impugnata, risulta che l'appello non venne immediatamente definito all'esito della prima udienza, essendo stata disposta dapprima l'integrazione del contraddittorio agli appellati non costituiti, ed essendosi in seguito proceduto alla ricostruzione dei fascicoli smarriti, con fissazione di apposite udienze per la cura dei suddetti incombenti. Vi è dunque stata, nell'ambito della fase di trattazione, un'attività difensiva ideona a giustificare la liquidazione del compenso previsto, per la predetta fase processuale, dalla tariffa in vigore.
È ancora infondato il motivo di ricorso nella parte in cui si censura la duplicazione della liquidazione del compenso in favore del procuratore di IT e di DS, sul presupposto che quest'ultima sarebbe subentrata alla genitrice, con il compimento della maggiore età, nella medesima posizione processuale. Infatti, come risulta dalla lettura della sentenza impugnata, IT ebbe a costituirsi in appello al fine di eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva in ragione della maggiore età medio tempore raggiunta dalle figlie, mentre DS si costituì con separata comparsa, a seguito di ordine di integrazione del contraddittorio, resistendo nel merito al gravame della C.
Difetta, quindi, il presupposto della identità di posizioni processuali che avrebbe giustificato la liquidazione di un solo compenso al procuratore delle parti.
Per quanto concerne, infine, la distrazione delle spese disposta in favore del nuovo procuratore di DS, deve darsi continuità al principio secondo cui "La parte soccombente non ha interesse ad impugnare il provvedimento di distrazione delle spese emesso a favore del difensore della parte avversa, trattandosi di un provvedimento che incide esclusivamente sui rapporti tra detta parte vittoriosa e il suo difensore" (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11746 del 24 06/2004, Rv. 573881. In senso conforme, cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 234 del 18/01/1990, Rv. 464862).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza e vanno distratte, quanto alla posizione processuale di IT, in favore dell'avv. GA, dichiaratasi antistataria, e quanto alla posizione processuale di DS in favore dell'avv. GB, egualmente dichiaratosi antistatario.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna di esse, in € 5.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge. Dispone la distrazione di dette spese in favore, rispettivamente:
1) dell'avv. GA quanto alla posizione processuale di IT
2) dell'avv. GB, quanto alla posizione processuale di DS
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte d I ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.