Con l'ordinanza in commento, la Cassazione risponde al quesito.
In un giudizio avente ad oggetto la domanda di risoluzione del contratto di locazione di un immobile per inadempimento della conduttrice, quest'ultima ricorre in Cassazione riferendo quando segue: la controparte le intimava lo sfratto per morosità sul presupposto che dal mese di ottobre 20120 la stessa avrebbe corrisposto l'importo di 200euro...
Svolgimento del processo
1. M. G. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1035/18, dell'll dicembre 2018, della Corte di Appello di Messina, che - respingendone il gravame avverso la sentenza n. 134/15, del 24 aprile 2015, del Tribunale di Patti - ha accolto la domanda, proposta da T. e A. G., di risoluzione, per inadempimento della conduttrice, del contratto di locazione ad uso abitativo relativo ad un immobile sito in (omissis), contratto concluso giusta scrittura privata del 12 ottobre 2009 e registrato in data 11 ottobre 2010.
2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di essere stata convenuta in giudizio dai G., i quali le intimavano sfratto per morosità, sul presupposto che dal mese di ottobre 2010 la medesima avrebbe corrisposto, a titolo di canone locatizio, solo l'importo di € 200,00 mensili, mentre la suddetta scrittura privata del 12 ottobre 2009, registrata 1'11 ottobre 2010 (sostitutiva di quella datata 15 ottobre 2009, registrata il successivo giorno 16) prevedeva un canone di€ 400,00 mensili, omettendo, pertanto, la conduttrice di versare il dovuto, per un importo complessivo di € 1.400,00.
La G., costituitasi in giudizio, si opponeva alla convalida, deducendo che la locazione aveva avuto inizio, in realtà, il 12 aprile 2009 (riportando il contratto, per un mero errore, la data del 12 ottobre dello stesso anno), come comprovato dalla decorrenza del rapporto dal 1° maggio 2009, e fino al 30 aprile 2013, per un canone mensile di € 400,00. Tuttavia, la rilevata presenza - nel settembre 2009 - di vizi della "res locata", che ne limitavano l'utilizzazione, aveva indotto le parti a sottoscrivere un nuovo contratto, quello del 15 ottobre 2009, registrato il giorno successivo, prevedendosi un minor canone di € 200,00.
Disposto il mutamento del rito, i G. deducevano che, in realtà, la volontà delle parti era sempre stata quella di prevedere un canone di € 400,00, essendo stata, dunque, attuata una simulazione relativa, attraverso una successiva scrittura, quella del 15 ottobre 2009, registrata il giorno a seguire. Poiché, però, la G. si era sottratta al pagamento del canone effettivamente pattuito, essi avevano proceduto, nell'ottobre del 2010, alla registrazione della scrittura del 12 ottobre 2009, che prevedeva, per l'appunto, tale canone.
Accolta dall'adito Tribunale la domanda di risoluzione per inadempimento, la decisione veniva confermata in appello, sebbene con diversa motivazione, escludendo il secondo giudice esservi stata novazione del contratto, ritenendo, invece, che le parti avessero concluso, il 12 aprile 2009, un contratto di locazione per l'importo di€ 400,00 mensili quale canone effettivo, dando, invece, vita - dovendo procedere alla registrazione - ad una successiva pattuizione (quella del 15 ottobre 2009) assolutamente simulata, ai fini di eludere il fisco, pattuizione da ritenersi pertanto nulla, esclusa, invece, ogni illiceità della causa concreta del primo contratto.
3. Avverso la sentenza della Corte peloritana ha proposto ricorso per cassazione la G., sulla base - come detto - di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo è denunciata - ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 1417, 2697, 2733 e 2735 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata per aver escluso valenza confessoria all'affermazione - contenuta nella comparsa di costituzione in appello dei G. - secondo cui era "assolutamente veritiera la circostanza che tra le parti del presente giudizio vi sia stata una dissimulazione del contratto per motivi fiscali", così come, del resto, già in una memoria depositata in primo grado, essi avevano fatto riferimento ad una logica simulatoria.
3.2. I motivi secondo e terzo, svolti unitariamente, denunciano - ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione dell'art. 13 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, oltre che dell'art. 1418, comma 1, n. 3), cod. civ., nonché degli artt. 1343 e 1344 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata per aver escluso che il secondo contratto (quello del 15 ottobre 2009) integrasse un'ipotesi di simulazione relativa, avente ad oggetto il "quantum" del canone, ravvisando, invece, una simulazione assoluta dello stesso, in quanto stipulato in presenza di un altro, precedente, contratto, geneticamente perfetto. Su tali basi, dunque, essa ha escluso l'operatività dell'art. 13 della legge 431 del 1998 (che sancisce la nullità di ogni pattuizione che determini un importo di canone superiore a quello risultante dal contratto registrato), sul ' rilievo che la fattispecie contemplata da tale norma presupponga che le parti dichiarino espressamente le proprie intenzioni elusive "con una chiara pattuizione a latere", dalla quale "emerga l'intento comune dei contraenti di modificare l'assetto degli interessi negoziali riportati nel contratto simulato".
Così facendo, però, la Corte territoriale dimostrerebbe "di ignorare la prassi in ambito di dissimulazione del canone locatizio che, per l'appunto, viene effettuata con la stipula di due contratti di eguale tenore con canone differenziato", come si assume essere stato chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (è citata, principalmente, Cass. Sez. Un., sent. 17 settembre 2015, n. 18213).
4. Sono rimasti intimati i G..
5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
6. La ricorrente ha depositato memoria, come pure gli intimati, corredando la stessa di procura speciale, rilasciata all'Avvocato G.S..
7. Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo Sostituto, ha presentato conclusioni scritte, nel senso dell'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
8. In via preliminare, va dichiarata l'inammissibilità della memoria depositata dagli intimati, corredata da procura speciale, esito che s'impone ai sensi dell'art. 370, comma 1, secondo inciso cod. proc. civ., in base al quale, in difetto di notificazione del controricorso, la parte controricorrente non può presentare memorie.
9. Ciò premesso, il ricorso va accolto, nei limiti di seguito precisati.
9.1. Il primo motivo, infatti, non è fondato.
9.1.1. Sul punto, deve ribadirsi che, sebbene "le ammissioni contenute nella comparsa di risposta - così come in uno degli atti processuali di parte indicati dall'art. 125 cod. proc. civ. - siccome facenti parte del processo, possono assumere anche il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 228 e 229 cod. proc. civ., è tuttavia necessario che la comparsa, affinché possa produrre tale efficacia probatoria, sia stata sottoscritta dalla parte personalmente, con modalità tali che rivelino inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell'atto", sicché "è inidonea a tale scopo la mera sottoscrizione della procura scritta a margine o in calce che, anche quando riportata nel medesimo foglio in cui è inserita la dichiarazione ammissiva, costituisce atto giuridicamente distinto, benché collegato" (Cass. Sez. 1, sent. 1° dicembre 2016, n. 24539, Rv. 642806-02).
9.2. I motivi secondo e terzo sono, invece, fondati.
9.2.1. Errata è la ricostruzione che la Corte territoriale offre dei due contratti di locazione, il primo - quello concluso il 12 aprile 2009, poi registrato il 12 ottobre 2010 - come contenente "la previsione di un canone realmente convenuto di Euro 400 e realmente corrisposto", il secondo (quello del 15 ottobre 2009, registrato il giorno successivo) come "assolutamente simulato", in quanto diretto a "eludere il fisco", non potendo configurarsi la simulazione relativa del prezzo, secondo la sentenza impugnata, vuoi in ragione "del rilevante lasso temporale - sei mesi - intercorso tra le stipule delle due scritture", vuoi dell'assenza, nella prima, "di qualunque riferimento ad un successivo contratto da registrare con un simulato canone inferiore".
9.2.2. Al riguardo, deve muoversi dalla constatazione che il primo contratto - quello concluso il 12 aprile del 2009 - era nullo, per violazione dell'art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
A stretto rigore, detta nullità avrebbe potuto essere sanata dalla tardiva registrazione, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 9 ottobre 2017, n. 23601, Rv. 645468-01). Nella specie, però, la registrazione avvenne solo il 12 ottobre 2010, dopo che le parti avevano provveduto a concludere (e a prontamente registrare, questa volta, il giorno successivo alla stipulazione) un secondo contratto, quello del 15 ottobre 2009, contratto che contemplava un minor canone di locazione.
Ciò detto, va inoltre evidenziato che le Sezioni Unite di questa Corte - con il già citato arresto del 2017 - hanno qualificato quella in esame come nullità funzionale "per inadempimento" all'obbligo di registrazione, sicché essa, proprio in ragione di tale sua peculiare natura, può essere elisa dal tardivo adempimento dell'obbligo fiscale. Da tale premessa, dunque, deve trarsi - alla stregua di corollario - la conseguenza che, nel caso di specie, la registrazione del 12 ottobre 2010 non potesse determinare alcun effetto sanante del contratto originario, perché, altrimenti, il tardivo adempimento dell'obbligo fiscale verrebbe ad operare, con una vera e propria eterogenesi dei fini, a danno del conduttore, cioè proprio della parte contrattuale a salvaguardia della cui posizione detta nullità è, invece, prevista.
D'altro canto, posto che la registrazione è comportamento che costituisce requisito - sebbene "sui generis" - di validità del contratto, si deve ritenere che l'avvenuta stipulazione di un secondo contratto (15 ottobre 2009), questa volta con immediata registrazione (16 ottobre 2009), debba essere apprezzata come condotta di automatica rinuncia a registrare la prima pattuizione contrattuale, e quindi a sanarla retroattivamente.
La Corte territoriale afferma che la stipulazione del secondo contratto diede luogo ad un atto nullo, ma a tale esito perviene in modo del tutto apodittico, senza chiarire perché dovesse essere tale un contratto stipulato validamente e registrato tempestivamente (e, dunque, con l'integrazione del requisito fiscale di validità), sol perché al momento della sua conclusione le parti avevano già dato vita ad un precedente contratto senza registrarlo, realizzando, così, una fattispecie improduttiva di effetti.
Corrobora, viceversa, la tesi della validità del secondo contratto quanto ritenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, "se in caso di omessa registrazione del contratto contenente la previsione di un canone non simulato ci si trova di fronte ad una nullità testuale ex art. 1, comma 346, I. n. 311/2004, sanabile con effetti ex tunc a seguito del tardivo adempimento all'obbligo di registrazione, nel caso di simulazione relativa del canone di locazione, e di registrazione del contratto contenente la previsione di un canone inferiore per finalità di ( elusione fiscale, si è in presenza, quanto al cd. «accordo integrativo», di una nullità virtuale insanabile, ma non idonea a travolgere l'intero rapporto - compreso, quindi, il contratto reso estensibile dalle parti a seguito della sua registrazione" (così Cass. Sez. Un., sent. n. 23601 del 2017, cit., in particolare al § 25).
Invero, se la sanatoria per registrazione tardiva della pattuizione contenente il canone inferiore non può - secondo il citato arresto delle Sezioni Unite - avere effetto salvifico del contratto effettivo dissimulato, si deve reputare che, a maggior ragione, una tardiva registrazione del contratto contenente la previsione di un canone maggiore, rispetto a quello contemplato in un centrato successivo che le parti abbiano invece prontamente registrato, non possa avere l'effetto di sovrapporre, in relazione alla misura del canone, il contratto originario, oggetto di tardiva registrazione, a quello successivo antecedentemente registrato.
10. Il ricorso va, dunque, accolto quanto ai motivi secondo e terzo e la sentenza va cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Messina, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, decisione da assumersi alla stregua del seguente principio di diritto:
"in materia di locazione immobiliare ad uso diverso da quello abitativo, qualora le parti concludano un primo contratto, senza provvedere alla sua registrazione, ed uno successivo, immediatamente registrato, che contempli un minor canone locatizio, la tardiva registrazione del contratto originario (che segua quella del secondo contratto) non può avere l'effetto di sanarne l'invalidità, restando, dunque, il solo contratto posteriore quello idoneo a regolare il rapporto corrente tra le parti".
P.Q.M.
La Corte dichiara non fondato il primo motivo di ricorso mentre accoglie il secondo e il terzo e, per l'effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Messina, in diversa sezione e composizione, per la decisione sul merito e sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.