Svolgimento del processo
- (omissis)propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di L'Aquila, depositata il 13 gennaio 2021, di reiezione del suo appello per la riforma della sentenza di primo grado che aveva respinto le sue domande di accertamento della illegittimità del provvedimento con il quale il Responsabile dei Servizi Demografici
del comune di (omissis) quale ufficiale dello Stato civile, aveva disposto la cancellazione del suo nominativo dai registri dell'anagrafe del comune e di condanna dello stesso alla reiscrizione del medesimo nominativo nei registri comunali e al risarcimento dei danni;
- la Corte di appello ha dato atto che il locale Tribunale aveva disatteso le domande evidenziando l'assenza dell'attrice nell'abitazione di residenza in occasione dei ripetuti sopralluoghi effettuati, nonché l'inidoneità degli elementi di prova offerti dall'attrice a sostegno dell'allegazione della effettiva, stabile e permanente residenza nel comune di
(omissis)
- ha, quindi, respinto il gravame condividendo la valutazione del Tribunale in ordine alla mancata dimostrazione da parte dell'attrice del presupposto fattuale necessario per l'iscrizione nel registro dell'anagrafe del comune di (omissis) il ricorso è affidato a quattro motivi;
- nessuno degli intimati spiega difesa;
Motivi della decisione
- va preliminarmente disattesa la richiesta di interruzione del giudizio avanzata dall'avv. (omissis) in ragione del sopravvenuto decesso della propria assistita, odierna ricorrente, atteso che nel giudizio di cassazione, dominato dall'impulso d'ufficio, non trova infatti applicazione l'istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 c.p.c. ss., sicché, una volta instauratosi il giudizio, il decesso, come nella specie, di uno dei ricorrenti, comunicato dal suo difensore, non produce l'interruzione del giudizio (cfr. Cass. 28 dicembre 2022, n. 37898; Cass. Cass. 21 febbraio 2021, n. 3630; Cass. 3 dicembre 2015, n. 24635);
- ciò posto, con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, e 11 d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, per aver la sentenza impugnata ritenuto che la mancata dimostrazione da parte dell'attore dei fatti costitutivi del diritto soggettivo asseritamente leso ostasse all'accoglimento delle domande senza rilevare il mancato rispetto del procedimento amministrativo, puntualmente censurato, che aveva condotto all'adozione del provvedimento contestato;
- evidenzia, in particolare, che il provvedimento era stato adottato senza previa convocazione dell'interessata;
- con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4 l. 15 maggio 1954, n. 1228, e 10, 11 e 15 d.P.R. n. 223 del 1989, per aver la Corte d'appello ritenuto non dimostrato il presupposto dell'effettiva residenza dell'attrice nel comune di (omissis) senza considerare che: i sopralluoghi effettuati, valorizzati nella decisione impugnata, erano stati eseguiti tutti tra le 10,00 e le 12,00 di giorni feriali e, dunque, in concomitanza con lo svolgimento dell'attività lavorativa; era iscritta presso il consiglio dell'ordine di (omissis) con indicazione dello studio proposta del luogo in cui risiedeva, individuato in (omissis) anche in occasione dell'apertura della partita Iva era indicato (omissis) quale luogo di residenza; l'ufficiale dell'anagrafe non le aveva notificato l'avvio del procedimento per la cancellazione dai registri dell'anagrafe civile quindi era all'oscuro dell'intenzione dell'ente locale; l'effettività della residenza non veniva meno laddove la persona si assentava, per periodi limitati, per motivi di lavoro; era proprietaria dell'immobile indicato quale sede della sua residenza ed era amministratore del condominio ove si trovava tale immobile;
- con il terzo motivo si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., allegando la apparenza della motivazione sul punto della insussistenza della prova del danno lamentato, individuato nella mancata possibilità di esercizio del diritto di voto alle elezioni dell'anno 2008;
- con l'ultimo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., per apparenza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata dimostrazione dell'effettività della sua residenza nel comune di (omissis)
- quest'ultimo motivo, esaminabile prioritariamente per motivi di ordine logico-giuridico, è infondato;
- la Corte di appello ha affermato che l'appellante non avesse «fornito adeguata prova del requisito indispensabile all'accoglimento della sua domanda, ossia dell'effettiva residenza nel comune di (omissis) non evincibile, a fronte delle chiare risultanze dei ripetuti accertamenti effettuati, né dalla documentazione offerta (certificato di apertura di partita i.v.a., riferito all'anno 2002) né dalla prova orale articolata, correttamente valutata come inammissibile»;
- ha, quindi, illustrato le ragioni di tale inammissibilità ed evidenziato che la parte avrebbe potuto dimostrare la sua effettiva costante frequentazione dell'abitazione sita in (omissis) in termini compatibili con lo svolgimento dell'attività lavorativa, anche mediante la documentazione di coerenti consumi delle utenze domestiche;
- una siffatta motivazione consente di individuare l'iter argomentativo seguito dal giudice, privo di contraddizioni che inficiano il rispetto dell'obbligo costituzionale della motivazione delle sentenze, e per tale motivo si sottrae alla censura prospettata;
- il primo motivo è inammissibile;
- la parte si duole del mancato rispetto delle regole che presiedono al procedimento di cancellazione dai registri anagrafici, in particolare, la violazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento;
- omette, tuttavia, di considerare che, in ragione della natura vincolata dell'attività dell'ufficiale dello stato civile e del fatto che la stessa è dettata nell'interesse diretto della popolazione residente, la relativa disciplina non contiene norme sull'azione amministrativa, ma è composta da norme di relazione che disciplinano rapporti intersoggettivi e che, dunque, coinvolgono situazioni di diritto soggettivo (cfr. Cass., Sez. Un., 1° aprile 2020, n. 7637; Cass., Sez. Un., 19 giugno 2000, n. 449);
- pertanto, correttamente la sentenza di appello ha escluso la sussistenza del diritto della ricorrente all'iscrizione del suo nominativo dei registri dell'anagrafe del comune di
mancata prova dei relativi fatti costitutivi;
- sotto altro aspetto, si osserva che se è vero che la preventiva comunicazione di avvio del procedimento va assicurata anche al destinatario di un provvedimento vincolato, dalla relativa inosservanza non consegue l'illegittimità del provvedimento laddove - come nel caso in esame - non sia offerta prova che una siffatta comunicazione avrebbe consentito al privato di dedurre le proprie argomentazioni idonee a determinare l'emanazione di un provvedimento con contenuto diverso (cfr. Cons. St., sez. III, 14 settembre 2021, n. n. 6288);
- anche il secondo motivo è inammissibile;
- la parte lamenta che gli accessi effettuati dai Vigili Urbani, valorizzati nella decisione impugnata, erano stati eseguiti tutti tra le 10,00 e le 12,00 di giorni feriali e «lontano dai periodi notoriamente festivi», e, dunque, in concomitanza con lo svolgimento dell'attività lavorativa e che per tale ragione non era stata rinvenuta nella residenza dichiarata;
- si duole, altresì, del fatto che i giudici di merito non hanno tenuto conto del fatto che un soggetto può svolgere l'attività lavorativa in comuni doversi da quello di residenza e di assentarsi dal luogo di residenza anche per periodi lunghi, sempre che nel Comune di
residenza mantenga la propria abitazione, vi abiti quanto possibile mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali;
- ciò posto, deve osservarsi che, come recentemente affermato da questa Corte, la residenza di una persona, stando all'art. 43 cod. civ., è determinata dall'abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, che si caratterizza per l'elemento oggettivo della permanenza e per l'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali (cfr. Cass. 15 febbraio 2021, n. 3841; Cass. 1° dicembre 2011, n. 25726);
- è stato evidenziato che tali considerazioni assumono una valenza ancor più pregnante nell'epoca attuale che è caratterizzata da una pluralità di centri di interesse personali, da una più agevole e rapida possibilità di spostamento da una località all'altra e da nuove e alternative modalità di svolgimento della prestazione lavorativa;
- tuttavia, la verifica dell'effettività della residenza dichiarata - ossia l'accertamento che un soggetto abbia realmente stabilito la propria dimora abituale in una determinata località e che non vi si rechi solo nei periodi dell'anno in cui il soggiorno si caratterizzi come più conveniente, ma vi torni abitualmente, in modo sistematico, una volta assolti gli impegni lavorativi o di studio - impone il ricorso a controlli che, se da un lato, devono essere svolti in modo non incompatibile con l'esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni (che, come accennato, non necessariamente devono avere un radicamento nel luogo in cui si è deciso di stabilire la propria residenza), dall'altro, non necessariamente richiedono che siano previamente concordati con l'interessato, in quanto, diversamente, si vanificherebbe la ratio della norma;
- come evidenziato nella richiamata decisone n. 3841 del 15 febbraio 2021, «affinché siano contemperate, da un lato, l'esigenza del Comune di poter svolgere i propri controlli nel modo più idoneo, e anche a prevenire ogni possibile abuso, e, dall'altro, quella del cittadino di poter attendere serenamente alle proprie occupazioni nei termini sopra illustrati, vi deve essere una leale collaborazione tra i due soggetti, caratterizzata dall'onere del richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i momenti in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di programmare i propri controlli "a sorpresa" in quelli residui»;
- da ciò consegue che non è plausibile la tesi secondo cui l'unica modalità con cui il Comune può esercitare il proprio potere di controllo del requisito della residenza sia quella del previo accordo con il richiedente in ordine al momento di esecuzione dell'accesso;
- pertanto, poiché la ricorrente non ha dedotto di aver indicato all'ente locale i momenti di sua assenza dalla propria abitazione, la doglianza di presenta priva della necessaria concludenza;
- del pari inammissibile è il terzo motivo, in quanto, indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sussistenza di una motivazione rispettosa del «minimo costituzionale» richiesto dall'art. 111, sesto comma, Cost., la questione sottesa, attenendo alla conseguenziale domanda risarcitoria, presuppone necessaria l'accertamento di una condotta illecita che la Corte di appello ha escluso;
- per le suindicate considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
- nulla va disposto in tema di spese processuali in assenza di valida attività difensionale delle parti vittoriose
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.