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4 aprile 2023
Potatura in alta quota: responsabili i proprietari del giardino per l’infortunio occorso al giardiniere in nero

I proprietari del giardino erano anche committenti dei lavori di giardinaggio, dunque titolari di una posizione di garanzia cui spettava l'onere di prevedere i rischi insiti nel lavoro commissionato “in nero” al pensionato, il quale era privo di esperienza e di attrezzatura idonea.

di La Redazione

La Corte d'Appello di Bologna confermava la pronuncia con la quale il Tribunale di Forlì aveva assolto i due imputati dal reato di lesioni personali gravissime. L'imputazione loro ascritta consisteva nel fatto che essi, in cooperazione tra loro e nelle vesti di proprietari dell'abitazione e del pertinente giardino nonché di committenti dei lavori di giardinaggio commissionati alla persona offesa, cagionavano a quest'ultima lesioni personali gravissime poiché egli, scendendo dalla scala ove si trovava per dei lavori di potatura in quota, veniva colpito dalla caduta di un ramo. Lo stesso era infatti privo di qualsivoglia dispositivo di sicurezza o attrezzatura tecnica adeguata, oltre al fatto che il lavoro era stato svolto “in nero”.
In tale contesto, i Giudici di primo e di secondo grado avevano escluso la responsabilità degli imputati, ritenendo non esigibile una condotta alternativa da parte loro in quanto l'utilizzo di un casco o di altri presidi antinfortunistici non avrebbe comunque evitato il trauma lesivo della vittima.
Contro la decisione di secondo grado, propone ricorso per cassazione la parte civile costituita.

Con la sentenza n. 10089 del 10 marzo 2023, la Corte di Cassazione dichiara fondato il ricorso proposto dalla parte civile vertente sui dedotti vizi inerenti alla mancata adeguata valutazione della titolarità da parte degli imputati della posizione di garanzia, in quanto committenti dei lavori, nonché della prevedibilità da parte degli stessi del rischio e della pericolosità intrinseci nel lavoro affidato alla vittima, con conseguente configurabilità nei loro confronti di una culpa in eligendo.
Il lavoro commissionato alla persona offesa, infatti, era stato svolto in quota, con i conseguenti pericoli connessi alla precipitazione di cose dall'alto, oltre al fatto che egli era sfornito di casco e di dispositivi di protezione e utilizzando tecniche ritenute ormai desuete. Inoltre, gli Ermellini ritengono corretta l'affermazione della parte civile laddove la Corte territoriale avrebbe illogicamente omesso di conferire rilievo al fatto che egli si era inizialmente rifiutato di effettuare il lavoro poiché, vista l'altezza, andava utilizzata apposita piattaforma, da lui non posseduta, accettando poi di eseguire la potatura per via della particolare insistenza.
A fronte di ciò, la mancata presa di coscienza dei rischi connessi all'intervento è una tematica non sufficientemente approfondita dalla Corte d'Appello, considerato che assume rilievo ai fini della valutazione della sussistenza di una culpa in eligendo nella condotta riferibile agli imputati.
Alla luce di tali argomentazioni, la Cassazione annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia per un nuovo giudizio al giudice civile competente.

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