Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo davanti al giudice di pace di Genova, A.C., premesso che aveva ricevuto precetto con cui lo si invitava a pagare una somma di danaro per spese condominiali afferenti al Condominio (omissis) in Genova, di cui si assumeva fosse condòmino, che, in alcune occasioni, aveva partecipato alle spese di manutenzione della strada non come condòmino, ma come titolare di un diritto di servitù di passaggio e non per tutto il percorso, ma soltanto per il primo tratto utile per il raggiungimento delle sue proprietà (una casa e due box) e che il condominio aveva ultimamente preteso di addebitargli spese relative a un tratto su cui non esisteva alcuna servitù, chiese la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Costituitosi in giudizio, il Condominio evidenziò che il supercondominio, avente ad oggetto la strada privata di via (omissis), era stato costituito in seguito a delibera assembleare del 4 novembre 1999 e ribadito in occasione dell’assemblea del 12 aprile 2006, alle quali aveva partecipato lo stesso A.C., nel primo caso personalmente e nel secondo per delega, votando favorevolmente, e che, nel corso di altre assemblee condominiali, era stato approvato, sempre alla presenza del medesimo opponente che nulla aveva obiettato, il regolamento d’uso della strada e le tabelle millesimali di ripartizione delle spese, sicché legittimamente erano state poste a suo carico le spese riguardanti il consuntivo per l’esercizio 2014-2015 e relativo riparto e il preventivo per l’esercizio 2015-2016 e relativo riparto.
Con sentenza n. 862/17 del 13-21 aprile 2017, il giudice di pace accolse la proposta opposizione, revocando il decreto ingiuntivo opposto.
Il giudizio d’appello, incardinato su iniziativa del Condominio (omissis) avverso la predetta sentenza, esitò nella sentenza n. 634/2018, pubblicata il 2 marzo 2018, con la quale il Tribunale di Genova accolse il gravame e, in riforma della sentenza del giudice di pace, confermò il decreto ingiuntivo opposto, dichiarandolo definitivamente esecutivo e condannando il A.C. alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio in favore del condominio.
Contro la predetta sentenza A.C. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati anche con memoria. Si difende con controricorso, illustrato anche con memoria, il Condominio (omissis) in Genova.
Motivi della decisione
1.1 Col primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito sostenuto che il supercondominio si fosse formato in ragione della presunzione di comproprietà della strada ai sensi dell’art. 1117-bis cod. civ., non vinta dai titoli di acquisto, e fondato così la decisione su argomentazioni (quella della comproprietà) mai svolte dal condominio in nessuno dei gradi del giudizio, così da impedire il diritto di difesa. Il ricorrente ha, sul punto, affermato che, al momento dell’acquisto dei propri immobili, non esistevano né la strada privata, all’epoca ancora in costruzione, né tutti gli edifici posti in fondo alla medesima, realizzati con diversi progetti nei successivi quarant’anni, sicché non era neppure prevedibile che, in futuro, quella strada avrebbe avuto la funzione di accesso per i predetti caseggiati; che il proprio titolo di acquisto non contemplava anche la strada privata; che la sua proprietà era posta nel punto della stessa più vicino alla strada pubblica e che il suo transito attraverso quella privata era avvenuto a titolo di servitù, come evidenziato anche dal condominio.
1.2. Il motivo è infondato.
Come si legge nella sentenza impugnata, il condominio si era difeso in giudizio affermando la qualità di condòmino del supercondominio di via (omissis) del ricorrente, la quale implica in sé la deduzione della comproprietà del bene, oggetto di contestazione.
Il supercondominio sorge, infatti, ipso iure e facto senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tantomeno di approvazioni assembleari, allorché plurime unità immobiliari o più edifici ovvero più condomìni di unità immobiliari abbiano in comune ex art. 1117 cod. civ. talune cose, impianti e servizi legati, attraverso una relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e perciò appartenenti pro quota ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei fabbricati, salvo che il titolo o il regolamento non dispongano altrimenti (Cass., Sez. 2, 15/11/2017, n. 27094), atteso che la natura specificamente condominiale risiede nella relazione di accessorietà tra la parte comune servente e la pluralità di immobili serviti, a prescindere dalla circostanza che questi ultimi integrino un condominio unitario ovvero più condomini, e che il supercondominio unifica più edifici, costituiti o meno in distinti condomini, entro una più ampia organizzazione condominiale, legata dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati, sì da essere soggetto alla disciplina del condominio e non a quella della comunione (Cass., Sez. 2, 14/11/2012, n. 19939).
In sostanza, la qualificazione supercondominiale replica al plurale la qualificazione condominiale, postulando anch'essa una relazione funzionale di accessorietà necessaria, per non essere il bene in (super)condominio - diversamente dal bene in comunione - suscettibile di godimento autonomo (in questi termini, Cass., Sez. 2, 10/12/2019, n. 32237).
Ciò significa che, ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere ipso iure et facto, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti, trattandosi di una fattispecie legale in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione (Cass., Sez. 2, 14/11/2012, n. 19939, cit.).
In ragione di ciò, deve allora sostenersi che i giudici di merito, allorché hanno ritenuto che la strada utilizzata dal ricorrente fosse posta a servizio necessario di una pluralità di edifici anche condominiali e di costruzioni varie (autorimesse, posti auto etc.), che tale situazione di fatto fondasse l’esistenza di un supercondominio ai sensi dell’art. 1117-bis, cod. civ. e che le delibere condominiali avessero ratificato una situazione già esistente di fatto e per legge, non abbiano affatto affrontato una questione nuova, né inciso sul fatto sotteso alle deduzioni del condominio, dando luogo alla necessità di svolgere indagini differenti e minando, in tal modo, il diritto di difesa del ricorrente, atteso che il richiamo ai contenuti del ridetto art. 1117-bis cod. civ. era già compreso negli scritti difensivi delle parti.
Ne consegue l’infondatezza del motivo.
2. Con secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117-bis cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito affermato che il terreno di proprietà del venditore-costruttore costituisse una parte comune del supercondominio, soggetta alla presunzione di comproprietà da parte di coloro che ne avevano il godimento, potendo la stessa ravvisarsi in relazione alla situazione e/o destinazione del bene in un momento successivo rispetto alla data del titolo di acquisto. Il ricorrente ha, sul punto, obiettato come la strada non potesse soggiacere alla presunzione di condominialità ex art. 1117-bis cod. civ., sia in quanto l’area di sedime su cui era sorta non era stata contemplata nell’atto di acquisto, ma indicata come confine, sicché era rimasta nella proprietà esclusiva del venditore, sia in quanto, al momento dell’acquisto non esisteva alcuna strada, né edifici ai quali questa potesse servire, mentre la presunzione implicava che natura e destinazione del bene esistessero al momento dell’acquisto.
3. Col terzo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere il giudice di merito omesso di considerare il fatto che, al momento dell’acquisto, non esistessero né la strada, all’epoca in costruzione, né i fabbricati oggi situati lungo il tratto della stessa successivo alla propria unità immobiliare, che queste circostanze, decisive per escludere la presunzione di condominialità di cui all’art. 1117-bis cod. civ. affermata dal giudice, non fossero neppure all’epoca prevedibili e che il proprio titolo di proprietà non contemplasse la stessa nel suo oggetto.
4. Col quarto motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. e ss. e comunque delle norme interpretative dei contratti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per avere il giudice di merito interpretato non correttamente il contratto in forza del quale erano stati acquistati abitazione e box auto, senza considerare che l’area di sedime in cui è sorta la strada non era contemplata nel titolo di acquisto, prevedente la sola comproprietà della zona di manovra antistante i box, ma era indicata come confine, che la strada era dotata di identificativi catastali autonomi non citati nell’atto, che l’area di sedime della stessa non costituiva pertinenza dell’immobile, che la servitù di passaggio si era formata per destinazione del padre di famiglia o per usucapione e che, dunque, dall’atto erano evincibili dati contrari rispetto alla presunzione di cui all’art. 1117-bis cod. civ..
5. Il secondo e terzo motivo, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono fondati.
Va innanzitutto premesso che, come già affermato da questa Corte, la domanda di accertamento della qualità di condomino, ovvero dell'appartenenza, o meno, di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, in quanto inerente all'esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 cod. civ., non va proposta nei confronti della persona che svolga l'incarico di amministratore del condominio medesimo, ma impone la partecipazione di tutti i partecipanti al condominio in situazione di litisconsorzio necessario (vedi Cass., Sez. 6-2, 25/6/2018, n. 16679; Cass., Sez. 6-2, 17/10/2017, n. 24431), sicché tale questione, quando si inserisca nel giudizio di impugnazione di delibera assembleare, nel quale legittimato passivo è l’amministratore del condominio, come nella specie, può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell'atto collegiale, ma privo di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli (arg. da Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612; Cass., Sez. 6- 2, 25/6/2019, n. 17022).
Ciò detto, si osserva come i giudici di merito abbiano ritenuto che la situazione materiale esaminata fosse proprio quella «che porta alla costituzione di un supercondominio, per cui le delibere cui fa riferimento la difesa dell’appellante non hanno che ratificato una situazione già esistente di fatto e per legge», in quanto «si tratta di una strada che necessita ai vari frontisti per raggiungere le rispettive proprietà e ciò vale pacificamente anche per il sig. A.C.», sostenendo, altresì, che le cose, impianti e servizi legati da un vincolo di accessorietà con altre costruzioni appartengono pro quota ai proprietari della singole unità immobiliari se il titolo di acquisto non dispone altrimenti, che gli atti di acquisto non dicevano niente sulla strada, se non l’attribuzione in comproprietà di una piccola porzione, né costituivano una servitù di passaggio sulla stessa, e che, pertanto, in assenza di statuizioni contrarie, non vi erano motivi per escludere la presunzione di comproprietà di cui alla predetta disposizione.
Tale statuizione, partendo dall’assunto secondo cui la prova della comproprietà non è necessaria laddove si tratti di cose che per loro natura costituiscano parti comuni del condominio o del supercondominio, come espressamente stabilito dall’art. 1117 cod. civ., trascura però il fatto che la previsione in esso dettata, superabile dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio - ossia dal primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto e dal conseguente frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali, senza che rilevi quanto stabilito nel regolamento condominiale se non allegato, come parte integrante, al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (Cass., Sez. 2, 6/7/2022, n. 21440) -, non possa configurarsi quando, al momento della costituzione, manchino i presupposti della nascita del condominio (Cass., Sez. 2, 25/6/2019, n. 17022), ossia l’unitaria conformazione del compendio (Cass., Sez. 2, 23/9/2011, n. 19490) e, dunque, il collegamento tra opere comuni funzionalmente asservite alle proprietà individuali e, nella specie, tra strada e fabbricati di proprietà esclusiva, restando escluso che sia determinante il collegamento sorto successivamente.
Al fine di affermare la natura condominiale di un bene non basta, in sostanza, valutarne il collegamento funzionale con una o più proprietà esclusive o la sua accessorietà ad esse, essendo necessario che le condizioni di tale contitolarità siano sussistenti nel momento in cui il soggetto acquisti beni in proprietà esclusiva, atteso che la proprietà condominiale costituisce una particolare declinazione della comunione, che si caratterizza per il collegamento funzionale del bene con le proprietà esclusive, senza prescindere dalla comproprietà di esso.
Ciò significa che, in sede di accertamento di tali condizioni, non può trascurarsi lo stato di fatto dei luoghi esistente al momento della formazione del titolo, potendo esso incidere sulla stessa operatività del ridetto art. 1117 cod. civ., escludendola, allorquando a quella data manchi addirittura il fabbricato (o i fabbricati in caso di supercondominio), sul quale possano venire a coesistere, anche potenzialmente, proprietà esclusive e proprietà accessorie e complementari ad esse, destinate a rimanere in comunione pro indiviso per necessità pratiche derivanti dall’uso o dall’utilità o dal godimento per tutti (Cass., Sez. 3, 16/7/1962, n. 1887), con la conseguenza che, in tali casi, non può che assumere efficacia dirimente l’atto costitutivo del condominio.
Nella specie, i giudici di merito hanno dato per assodato che il solo utilizzo comune della strada privata fosse motivo sufficiente per ritenere integrata la previsione di cui all’art. 1117 cod. civ., mentre hanno del tutto omesso di accertare come l’asserito (super)condominio si sarebbe costituito e di esaminare, dunque, l’atto che ne avrebbe determinato l’insorgenza; cosa tanto più rilevante, nella specie, ove si consideri che nell’elenco contenuto nella predetta disposizione non sono contemplate le strade.
Ne consegue la fondatezza delle censure.
7. L’accoglimento dei predetti motivi comporta l’assorbimento del quarto, in quanto relativo all’interpretazione del titolo di proprietà del ricorrente, il quale segue e non precede la questione della verifica dei presupposti di applicabilità degli artt. 1117 e 1117-bis cod. civ.
8. In conclusione, rigettato il primo motivo, accolti il secondo e terzo e assorbito il quarto, la sentenza deve essere cassata con rinvio al Tribunale di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, respinge il primo e assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.