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12 aprile 2023
Il caso processuale: incapienza contributiva del datore e condanna dell’INPS nei confronti dei lavoratori
Il datore di lavoro, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento del TFR, può eccepire l'attivazione di incapienza contributiva e, di conseguenza, la condanna dell'INPS?
di La Redazione
L’oggetto del processo: opposizione a decreto ingiuntivo per mancato versamento del TFR ai lavoratori

ilcaso

La Società cooperativa proponeva opposizione avverso i decreti ingiuntivi con i quali, rispettivamente su domanda di Tizio e Caio, le era stato ingiunto il pagamento del trattamento di fine rapporto maturato dai suddetti lavoratori. Evidenziava la Società Cooperativa di avere versato le relative quote al Fondo di Tesoreria e di avere attivato la procedura di incapienza contributiva, sicché solo l'INPS doveva ritenersi obbligato. Instauratosi ritualmente il contraddittorio, gli opposti si costituivano in giudizio, allegando di aver aderito al Fondo Complementare Pensionistico e di avere, quindi, delegato il datore di lavoro a versare il TFR al Fondo. In ogni caso, i lavoratori contestavano l'incapienza contributiva dedotta dalla controparte, anche ponendo in rilievo l'assenza di prova circa la tempestiva attivazione del procedimento, indispensabile per l'intervento diretto da parte dell'INPS.

La normativa risolutiva

legislazione

Il meccanismo di adesione a fondi di previdenza complementare va configurato alla stregua di una delegazione di pagamento ex art. 1269 c.c. Difatti, secondo la disposizione in commento, se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo, questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l'abbia vietato (il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l'incarico, ancorché sia debitore del delegante; sono salvi gli usi diversi). Di conseguenza, trova spazio il successivo art. 1270, comma 1, c.c., secondo cui il delegante può revocare la delegazione sino a quando il delegato non abbia assunto l'obbligazione nei confronti del delegatario, o non abbia eseguito il pagamento.

La procedura

esempio

Nel caso in cui non risulti espressamente assunta un'obbligazione da parte del datore di lavoro rispetto al Fondo, né consti che il pagamento sia avvenuto, la richiesta giudiziale di pagamento del controvalore non versato, da parte del lavoratore, deve essere valutata alla stregua di una implicita revoca della delegazione di pagamento (Trib. Milano, sez. lav., 6 aprile 2020, n. 540). Nella specie, da un lato, la società non aveva assunto obbligazioni nei confronti del Fondo (rimasto tra l'altro ignaro del nuovo rapporto lavorativo), né aveva eseguito pagamenti in favore della previdenza complementare dei propri dipendenti; dall'altro lato, Tizio e Caio, mediante la proposizione di ricorso monitorio, avevano agito direttamente nei confronti della società opponente, così implicitamente revocando la delegazione di pagamento.

La soluzione del giudice

ildiritto

Secondo il Tribunale, la liquidazione del TFR e delle relative anticipazioni al lavoratore viene effettuata sulla base di un'unica domanda, presentata dal lavoratore al proprio datore di lavoro secondo le modalità stabilite da apposito decreto, da parte del Fondo, nei limiti della quota corrispondente ai versamenti effettuati, mentre per la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro. Ebbene, nel caso di specie, l'INPS non aveva contestato, ma – anzi - aveva espressamente riconosciuto l'integrale ricezione delle quote di TFR maturate in relazione ad entrambi i lavoratori opposti. Pertanto, in conformità ai chiari orientamenti della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. lav., 2 maggio 2019, n. 11536; Cass. civ., sez. lav., 6 luglio 2021, n. 19150), tale aspetto aveva costituito fatto estintivo della pretesa dei lavoratorinei confronti del datore di lavoro. Inoltre, si era verificata una situazione di incapienza contributiva; a seguito di ciò, l'INPS, dopo aver riscontrato tale invio, si asteneva dal versamento del dovuto, solo rilevando l'intervenuta adesione al Fondo. Dunque, il Fondo, lungi dal sollevare obiezioni circa lo stato di incapienza contributiva, ma anzi implicitamente riconoscendolo, ravvisava, quale unico ostacolo, la persistenza della scelta di corresponsione dell'intero TFR alla previdenza complementare. Dunque, se è vero che la previdenza complementare costituisce alternativa inconciliabile con le modalità ordinarie di accantonamento del TFR, è anche vero che tale relazione di esclusione viene meno allorquando – come nella specie – i versamenti siano già stati tutti eseguiti all'INPS ed i lavoratori non abbiano sollevato rimostranze sul punto. In tali frangenti, la fattispecie ordinaria era da ritenersi perfezionata ed il Fondo non poteva che liquidare il trattamento di fine rapporto. 

In definitiva, essendo pacifico che la cooperativa opponente aveva versato al Fondo tutte le somme – di volta in volta – maturate per trattamento di fine rapporto ed essendo stata altresì acquisita agli atti la prova dell'esclusione dell'obbligo di anticipazione a carico del datore di lavoro, ne discendeva: l'infondatezza della pretesa monitoria rivolta dai lavoratori nei confronti della società cooperativa; la condanna dell'INPS al pagamento delle somme nei confronti dei lavoratori, con la conseguente possibilità per gli opposti, una volta soddisfatti dall'INPS, di destinare queste stesse somme al Fondo.