Si tratta, infatti, di risorse economiche che devono essere tenute in considerazione ai fini della quantificazione dell'assegno divorzile, non solo nel caso in cui siano state acquisite nel corso della convivenza, ma anche quando siano il frutto di miglioramenti successivi della situazione economica dell'obbligato.
L'attore originario si rivolgeva al Tribunale di Milano per ottenere la dichiarazione di cessazione degli effetti del matrimonio contratto con l'attuale ricorrente, dal quale erano nati due figli. Il Tribunale assegnava la casa familiare alla moglie fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica della figlia, ponendo a carico del marito le spese condominiali e le utenze. Inoltre, il...
Svolgimento del processo
1. M. L. con ricorso del 3.8.2016 si è rivolto al Tribunale di Milano per ottenere la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il 22.9.1990 con S. B., da cui erano nati i figli G. e R., e l’emanazione dei provvedimenti consequenziali, opposti nel merito dalla resistente. Con sentenza del 5.12.2018 il Tribunale di Milano ha assegnato la casa familiare a S. B. sino all’autosufficienza economica della figlia R., gravando M. L. delle relative spese condominiali e di utenza; ha revocato il contributo imposto a M. L. per il figlio G.; ha gravato M. L. di un assegno di € 300,00 mensili, rivalutabile, in favore della figlia R., oltre spese di studio e mediche nonché di un assegno di € 1.500,00 mensili, rivalutabile, in favore di S. B..
2. Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello S. B. con riferimento all’importo dell’assegno di mantenimento disposto in suo favore, a cui ha resistito l’appellato M. L., che ha fatto constare che nel frattempo il Tribunale di Milano, adito per la modifica delle condizioni di divorzio, aveva revocato sia i contributi previsti in favore della figlia R. per la sua sopravvenuta indipendenza economica, sia l’attribuzione della casa coniugale a S.B. e l’accessorio accollo delle spese relative.
La Corte di appello di Milano con sentenza del 9.9.2020 ha accolto parzialmente il gravame, aumentando l’entità del contributo posto a carico di M. L. e in favore di S. B. sino alla somma di € 2.500,00 mensili dal febbraio del 2020, a spese compensate.
A questa pronuncia la Corte di appello si è indotta avendo ravvisato una evidente disparità di condizioni economiche delle parti, a svantaggio della sig.ra B., accresciuta dalla recente eredità paterna conseguita dal L. e non influenzata in modo permanente dalla temporanea crisi degli introiti del L. provocata dalla emergenza epidemiologica COVID; al contrario, la signora B. aveva perso l’assegnazione della casa coniugale, acquisita dal L., che ora poteva metterla a reddito, e aveva dovuto reperire un immobile in locazione per abitarvi; infine il L. era stato sgravato anche dalle spese di mantenimento e studio della figlia R..
3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 6.3.2021 ha proposto ricorso per cassazione S. B., svolgendo cinque motivi.
Con atto notificato il 14.4.2021 ha proposto controricorso M. L., chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360,n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art.5, comma 6, della legge n.898 del 1970 perché in sede di quantificazione dell’assegno divorzile la Corte di appello aveva valutato la situazione economica del L. con riguardo ai soli redditi in senso stretto e cioè alle risultanze delle dichiarazioni fiscali, in cui non figuravano né le numerose partecipazioni societarie nel settore della ristorazione, né i cespiti immobiliari.
5. Il motivo è fondato, nei limiti di cui in appresso, e va accolto.
La Corte di appello, pur dando atto di un evidente squilibrio patrimoniale e reddituale fra i due ex coniugi, a tutto vantaggio del sig. L., ha considerato, sia pur genericamente, nel patrimonio del controricorrente anche la componente immobiliare direttamente posseduta, ivi compresi anche gli immobili rivenienti dall’eredità paterna, ma ha del tutto ignorato le partecipazioni nelle società familiari indicate analiticamente alle pagine 7 e 8 del ricorso e richiamate a pagina 13, già oggetto di puntuale deduzione da parte della ricorrente nel giudizio di merito.
Tali cespiti, in difetto di distribuzione di dividendi, possono sfuggire alla rilevazione reddituale attraverso le dichiarazioni dei redditi ma esprimono evidentemente una capacità patrimoniale assolutamente rilevante.
Perciò giustamente la ricorrente invoca il principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui ai fini dell'accertamento del diritto all'assegno di mantenimento e della sua determinazione occorre considerare la complessiva situazione di ciascuno dei coniugi e, quindi, tener conto, oltre che dei redditi in denaro, di ogni altra utilità economicamente valutabile (Sez. 1, n. 19291 del 3.10.2005).
Si è detto altresì che nell'accertamento della capacità economica dell'obbligato il giudice di merito non può limitarsi a prendere in considerazione gli introiti collegati allo svolgimento di attività lavorativa o imprenditoriale o quelli derivanti dal godimento di trattamenti pensionistici o assistenziali, ma deve estendere la propria indagine all'eventuale titolarità di beni patrimoniali ed attività finanziarie, la cui disponibilità assume rilievo non solo sotto il profilo statico, per l'immobilizzazione di capitali che tali forme d'investimento comportano, ma anche sotto il profilo dinamico, per le potenzialità economiche di cui costituiscono indice l'acquisto e la vendita, oltre che per il godimento di redditi diversi da quelli retributivi o pensionistici testimoniato dal loro possesso. Si tratta infatti di risorse economiche che, al pari dei redditi e di ogni altra utilità economicamente valutabile, devono essere tenute in conto ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, non solo nel caso in cui siano state acquisite nel corso della convivenza, ma anche quando siano il frutto di miglioramenti successivi della situazione economica dell'obbligato, purché il loro conseguimento si configuri come uno sviluppo naturale e prevedibile dell'attività svolta a quell'epoca (Sez.1, n.7984 del 4.4.2014).
L’art.5, comma 6, della legge n.898 del 1970, allorché impone al giudice di tener conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e di valutare tutti i suddetti elementi in rapporto altresì alla durata del matrimonio, esige anche la considerazione delle rispettive capacità patrimoniali e non solo nel loro immediato profilo reddituale, comunque espressive in senso lato della «ricchezza» del soggetto.
Da ultimo, a conferma della rilevanza anche degli aspetti patrimoniali, questa Corte ha recentemente affermato che ai fini dell'attribuzione dell'assegno divorzile secondo il parametro assistenziale e perequativo-compensativo, è indispensabile il previo accertamento di un significativo squilibrio delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, rilevando a tal fine anche la suddivisione del patrimonio operata dal marito durante il matrimonio e dopo la separazione, in favore della moglie (Sez. 1, n. 28936 del 5.10.2022).
6. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art.5, comma 6, della legge n.898 del 1970 per l’omesso esame del motivo di impugnazione relativo alla componente perequativo- compensativa dell’assegno divorzile.
7. La censura è infondata.
La Corte territoriale ha considerato il citato profilo del motivo di appello della signora B. ed anzi l’ha sostanzialmente recepito, laddove (a pagina 6, sub § 8, terzultimo capoverso), sia pur molto sinteticamente, ha dato atto che la ricorrente non aveva mai lavorato, si era dedicata alla cura della casa e della famiglia per tutta la durata del matrimonio (25 anni) «secondo scelte evidentemente concordate» tra i coniugi e ha anche implicitamente riconosciuto l’incidenza causale di queste circostanze pregresse sulla attuale impraticabilità dell’inserimento della sig.ra B., a 58 anni e in carenza di specifiche professionalità, nel mondo del lavoro.
8. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art.5, comma 6, della legge n.898 del 1970 e dell’art.115 cod.proc.civ. per l’omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti e cioè l’omessa quantificazione dei cespiti mobiliari e immobiliari mediante c.t.u.
9. Il motivo è formulato sub specie di violazione di legge ex art.360 n.3 cod.proc.civ. ma sembra dedurre invece un omesso esame di fatto decisivo.
In ogni caso l’omesso esame dei cespiti immobiliari del sig. L. non è riscontrabile per quanto osservato in precedenza nel § 5.
Quanto invece alle partecipazioni societarie, la censura resta assorbita per effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
10. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art.5, comma 9, della legge n.898 del 1970 per l’omesso accertamento tributario reso necessario dall’assoluta incompatibilità fra redditi dichiarati dal L. nel triennio 2014-2016 e gli esborsi da lui sostenuti per circa € 6.000,00 mensili.
Il motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.
11. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione degli artt.91 e 92 cod.proc.civ. con riferimento all’integrale compensazione, delle spese, nonostante l’accoglimento della sua impugnazione, che non poteva definirsi parziale.
Il motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.
12. Per le ragioni esposte la Corte, accolto il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, respinto il secondo, assorbiti il terzo, il quarto e il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Occorre inoltre disporre che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nell’ordinanza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, respinto il secondo, assorbiti il terzo, il quarto e il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nell’ordinanza.