Dopo le modifiche apportate dal Codice rosso, sussiste una continuità normativa tra l'abrogata circostanza aggravante dell'avere commesso il fatto in danno al minore di anni 14 e la nuova aggravante di cui all'art. 61, n. 11-quinquies, c.p..
Il GIP, nelle vesti di Giudice dell'esecuzione, dichiarava inefficace temporaneamente l'ordine di carcerazione emesso a carico dell'interessato sul presupposto che la pena da eseguire rientrasse tra quelle per le quali andava disposta la sospensioneex
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 28/9/2022 il GIP del Tribunale di Salerno, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha dichiarato l'inefficacia temporanea dell'ordine di carcerazione emesso a carico di F. R. - disponendone la scarcera zione, al fine di consentire al condannato di avanzare richiesta di misure alternative - sul presupposto che la pena da eseguire, per titolo e per entità, rientrasse tra quelle per le quali andava disposta la sospensione prevista dal quinto comma dell'art. 656 cod. proc. pen.
L'ordine di esecuzione per la carcerazione era stato emesso - senza contestuale decreto di sospensione - dal Pubblico ministero in relazione alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione riportata dal R. per il reato di cui all'art. 572, aggravato ai sensi dell'art. 61 n. 11 quinquies cod. pen., con specificazione testuale da parte del giudice dell'esecuzione che "la (diversa) fattispecie di cui all'art. 572, comma 2, cod. pen. è annoverata tra i reati ostativi alla sospensione dell'ordine di esecuzione, secondo la previsione dell'art. 656, comma 9, cod. proc. pen.". Si è inoltre sottolineato che nella specie l'unica circostanza aggravante contestata al R. era quella di avere commesso il fatto in presenza del minore, da non confondere con il dato che il minore sia stato anche parte offesa del delitto di maltrattamenti commesso direttamente ai suoi danni.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Salerno, deducendo - ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. - la violazione di legge con riferimento all'art. 656, comma 9, lett. a), cod. proc. pen., in rapporto all'art. 61 n. 11 quinquies cod. pen.; si censura inoltre la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
2.1. Il ricorrente denuncia che l'impugnata ordinanza abbia erroneamente ritenuto che la condanna non sia stata estesa ai maltrattamenti aggravati subìti dal figlio minore dell'imputato, circostanza espressamente richiamata sia nel titolo giuridico, costituito dall'indicazione dell'art. 61 n. 11 quinquies cod. pen., sia dall'esposizione in fatto dell'imputazione sub 1), oltre che ampiamente motivata in tali termini da entrambe le sentenze di merito.
Pertanto, essendovi continuità normativa tra l'abrogata circostanza aggravante dell'avere commesso il fatto in danno di minore degli anni quattordici, di cui al precedente art. 572, comma 2, cod. pen., e l'aggravante di nuovo conio ex art. 61 n. 11 quinquies cod. pen., per quanto attiene al profilo qui di interesse - maltrattamenti in danno di minore - è erronea la statuizione di non ostatività della condanna del R. alla sospensione dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 656, comma 9, lett. a), cod. proc. pen., affermata dal giudice dell'esecuzione.
2.2. Consegue a tale impostazione che la motivazione dell'impugnata ordinanza sia illogica e contraddittoria, laddove ha riconosciuto che il figlio minore dell'imputato è persona offesa in via diretta dai maltrattamenti commessi in suo danno, ma ha negato che ciò integri la forma aggravata del delitto, ai sensi dell'art. 61 n. 11 quinquies cod. pen., pure richiamato in fatto e in diritto nella contestazione di reato.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale chiede l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, rilevando che il titolo di condanna è quello evidenziato dal ricorso del Pubblico ministero di Salerno.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve trovare accoglimento nei termini che seguono, avuto riguardo al tempus commissi declicti, che nella specie è riferito a condotte di maltrattamenti accertate in date antecedenti e successive al 20/10/2017.
1.1. È stato già affermato da questa Corte che esiste continuità normativa tra l'originaria forma aggravata del reato di maltrattamenti ex art. 572, secondo comma, cod. pen., e quella introdotta dalla Legge 19 luglio 2019, n. 69, nei limiti che si andranno a specificare.
Invero, la previsione di cui all'art. 572, comma 2, cod. pen. ha subito negli ultimi anni plurimi interventi modificativi, di cui si deve tenere conto per valutare la sussistenza delle condizioni legittimanti la misura sospensiva: inizialmente la norma era stata abrogata per effetto dell'art. 1, comma 1-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119. Deve essere qui ribadito che l'abolizione del comma 2 dell'art. 572 cod. pen., operata con quell'intervento, era stata solo apparente, perché il provvedimento legislativo che aveva eliminato tale comma aveva contestualmente introdotto la previsione dell'art. 61, comma 1, n. 11-quinquies, cod. pen., stabilendo una continuità normativa tra le due disposizioni, che presentano identica formulazione testuale, ad eccezione del limite di età del minore, elevato da quattordici a diciotto anni (Sez. 1, n. 10373 del 29/01/2021, Vitali, Rv. 280739), nonché del rilievo attribuito anche alle condotte commesse alla presenza del minore (Sez. 1, n. 12653 del 24/01/2019, Sanna, Rv. 274989; Sez. 1, n. 47041 del 16/11/2021, P., Rv. 282320).
1.2. Peraltro, nel caso di specie, il tempus commissi delicti si situa intera mente nel raggio di applicabilità dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 11- quinquies cod. pen., testualmente richiamata nell'imputazione.
Detta aggravante, sempre a tenore dell'imputazione, risulta riferita sia ai maltrattamenti subìti dal minore in prima persona - dunque "in danno di un minore" - come diffusamente emerge dalla descrizione del fatto ivi contenuta, sia per avere l'imputato agito "alla presenza di minorenni", come riporta la parte finale della contestazione di reato.
Non è dunque corretta la distinzione abbozzata dal giudice dell'esecuzione laddove specifica che non si potrebbe sovrapporre il diverso profilo dell'essere stato commesso il reato di maltrattamenti anche nei confronti del minore, quale persona offesa dal reato, con la non contestata aggravante di avere commesso il fatto "in danno del minore". Al contrario, deve ritenersi che l'editto accusatorio sia stato rivolto a contestare entrambi i profili dell'aggravante ex art. 61 n. 11- quinquies cod. pen.: quello "in danno" illustrato in fatto nella descrizione delle vessazioni subìte dal figlio minore dell'imputato, quello "in presenza" richiamato nella parte finale dell'imputazione.
1.3. Si deve poi affermare che il riconoscimento di circostanze attenuanti - ritenute nella specie prevalenti rispetto a dette aggravanti - non incide sull'applicabilità della norma esecutiva di cui all'art. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen. Invero, il rinnovato inserimento del secondo comma dell'art. 572 cod. pen. nel testo vigente, introdotto dall'art. 9, comma 2, lett. a) della Legge 19 luglio 2019, n. 69, pur essendo accompagnato dalla trasformazione dell'elemento aggravante, che al momento consente di incrementare gli effetti punitivi a carico del responsabile quale circostanza a effetto speciale e non più, come in precedenza, quale circostanza ad effetto comune, non ha incidenza sulla disciplina della sospensione dell'esecuzione. Sia all'epoca di commissione del reato (ottobre 2017), sia nel momento attuale in cui si è dato corso alla esecuzione, la condanna per il delitto di maltrattamenti in danno di persona infraquattordicenne ha sempre ostacolato la sospensione dell'esecuzione agli effetti e nei termini previsti dall'art. 656, comma 9, cod. proc. pen. senza che l'inasprimento del trattamento punitivo, conseguente all'ultima novellazione dell'art. 572, assuma rilievo e possa influenzare la decisione (Sez. 1, n. 10373 del 29/01/2021, Vitali, Rv. 280739, citata).
Parimenti, il bilanciamento di circostanze di segno opposto, avvenuto nel caso di specie, non muta il titolo di reato per il quale è intervenuta la condanna, che si connota per essere ostativo ai sensi dell'art. 656, comma 9, cod. proc. pen. Infatti, è risalente il principio per cui il giudizio di comparazione può comportare l'elisione delle aggravanti solo quoad poenam, ma non le esclude dalla fattispecie criminosa, della quale esse fanno parte come elementi acciden tali tipizzanti la condotta dell'agente (Sez. 2, n. 3731 del 28/06/2000, Grasso, Rv. 217096; Sez. 1, n. 36318 del 19/09/2012, PmT in proc. Chilelli, Rv. 253784; Sez. 1, n. 20796 del 12/04/2019, Bozzaotre, Rv. 276312).
1.4. Chiarita tale situazione, si rileva che sussiste l'ostatività del titolo di reato, così come accertato nella sentenza di condanna, alla sospensione dell'ordine di carcerazione, dovendosi nella specie ribadire il seguente principio di diritto: "In tema di sospensione dell'ordine di esecuzione di pene detentive, anche a seguito della modifica dell'art. 572, comma 2, cod. pen., introdotta dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, art. 9, che ha trasformato l'ipotesi in circostanza aggravante ad effetto speciale, la commissione del reato in epoca antecedente l'entrata in vigore della legge stessa costituisce titolo ostativo alla sospensione, già previsto come tale dall'art. 656, comma 9 lett. a), il cui testo è rimasto sempre immutato".
2. In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, dandone comunicazione al Pubblico ministero procedente ai fini dell'esecuzione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Si comunichi al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Salerno.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D. Lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.