
L'evidente difetto di coordinamento dell'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000 con il novellato art. 582 c.p. trova composizione sistematica attraverso la voluntas legis, che attribuisce la competenza penale al giudice di pace.
La Corte di Appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale, condannando l'imputato alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa, per le lesioni personali volontarie cagionate alla persona offesa, oltre al risarcimento dei danni nei confronti di quest'ultima che si era costituita parte civile.
Contro tale decisione, l'imputato...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bologna ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città - che aveva riconosciuto N. L. colpevole di lesioni personali volontarie (prognosi di giorni 33), condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa, e al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato G. B., che si affida a tre motivi.
2.1. Violazione dell'art. 131-bis cod. pen., anche per motivazione apparente, dolendosi del
mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità pur in presenza di lesioni lievi, in assenza di circostanze aggravanti, anzi, essendo stata riconosciuta l'attenuante della provocazione, e non annoverando l'imputato alcun precedente, tale da far pensare alla abitualità del comportamento.
2.2. Vizio della motivazione - solo apparente - in ordine al diniego della circostanze attenuanti generiche.
2.3. Violazione dell'art. 175 cod. pen. per totale carenza di motivazione sul punto dell'appello con cui era stato chiesto il riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Motivi della decisione
1. E' fondato il terzo motivo e, sotto tale profilo, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al giudice di merito. Nel resto il ricorso deve essere rigettato.
2. Il primo motivo, con il quale ci si duole del mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., è infondato.
2.1. La sentenza impugnata ha fondato la propria valutazione su una complessiva considerazione del fatto, alla luce delle conseguenze che ne sono derivate per la persona offesa, evidenziando, oltre al dolo particolarmente intenso, la oggettiva consistenza del danno a quest'ultima cagionato, in ragione della natura e della gravità delle lesioni subite, quali elementi ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, "non ricorrendo, nel caso di specie, il presupposto oggettivo dell'esiguità del danno o del pericolo".
2.1. Giova ricordare che, secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, l'aggressione avvenne nel corso di un confronto tra l'imputato e la persona offesa, sulle modalità di rilascio di una asseverazione peritale necessaria per ottenere un finanziamento in favore di un cliente dell'imputato, che questi aveva richiesto al D.; di fronte rimostranze di quest'ultimo, circa l'approccio superficiale del L., che pretendeva il rilascio dell'asseverazione a prescindere da accertamenti ritenuti necessari dal D., l'imputato reagì colpendolo più volte al volto con pugni, provocandone la caduta rovinosa al suolo, e cagionandogli le lesioni refertate dal locale ospedale, giudicate guaribili in 33 giorni complessivi (trauma cranico facciale, frattura ossa nasali ed edema retinico).
2.2. Non può disconoscersi, allora, la plausibilità della argomentazione posta a giustificazione della valutazione di insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non punibilità, certamente coerente con l'insegnamento delle Sezioni Unite 'Tushaj', le quali hanno chiarito che il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa che ha a oggetto le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133 cod.pen. primo comma, richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, e non solo di quelle attinenti alla entità dell'aggressione del bene giuridico protetto, e tanto sul fondamentale rilievo che il disvalore penale del fatto per assegnare allo stesso l'attributo della particolare tenuità, dipende dalla concreta manifestazione del reato, che ne segna perciò il disvalore. L'art. 131-bis cod.pen., infatti, fa riferimento testuale alle modalità della condotta, da tanto potendosi inferire - continuano le Sezioni Unite - che tale disposizione non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo alle modalità di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione delle componenti soggettive della condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Occorre pertanto avere riguardo - ai fini della applicabilità della causa di non punibilità - al fatto storico, alla situazione reale e irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall'agente, perchè non è in questione la conformità al tipo ( la causa di non punibilità presuppone un fatto conforme al tipo e offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere la necessità di pena), bensì l'entità del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva ( Sez. U. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). Pertanto, il giudizio finale di particolare tenuità dell'offesa postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per l'integrazione della fattispecie - che l'art. 131-bis cod. pen. correla ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile, dell'entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai profili di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen. ; cosicchè, i criteri indicati nel primo comma dell'art. 131-bis cod.pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell'offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, e alternativi quanto al diniego, nel senso che l'applicazione della causa di non punibilità in questione è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (infatti , secondo il tenore letterale dell'art.-131-bis cod.pen. nella parte del primo comma, qui rilevante, la punibilità è esclusa quando per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa è di particolare tenuità ( Sez. 3 n. 893 del 28/06/2017, Rv. 272249; Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Rv. 273678; Sez. 7 - , Ord.n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044).
2.3. Non coglie, dunque, nel segno, la deduzione difensiva che si concentra sulla circostanza che le lesioni siano risultate giuridicamente lievi - dal momento che, come si è visto, non è in discussione la fattispecie astratta ma il fatto storico nella concreta modalità realizzativa – e sull'incensuratezza dell'imputato per sottolineare l'assenza di abitualità del comportamento, essendo invece preclusa l'applicazione della causa di non punibilità in questione dalla valutazione negativa anche di uno solo dei criteri legali indicati dall'art. 131-bis cod. pen.
3. II secondo motivo, con cui ci si duole del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche censurando la motivazione come insufficiente, è inammissibile. In primo luogo, perché l' insufficienza della motivazione del provvedimento impugnato non è un vizio contemplato dalla disposizione di cui all'art. 606 comma 1 lett. e) che consente il ricorso per cassazione per "mancanza, contaddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati", ma non anche per insufficienza della motivazione." Va, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduce soltanto il vizio di insufficienza della motivazione del provvedimento impugnato (Cass. n. 2933/1990, Rv. 185451,; conf. (Sez. 6, n. 46308 del 12/07/2012 Rv. 253945). In ogni caso, la motivazione del diniego delle circostanze in questione poggia, in particolare, sulla mancata acquisizione, da parte dell'imputato, della consapevolezza della gravità delle condotte, e dalla presenza di precedenti giudiziari a suo carico, e ciò è sufficiente a giustificare la decisione sul punto, dovendo ricordarsi che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), sicchè anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 2 - , n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 - 02)
4. Come premesso, il terzo motivo è fondato. Con l'appello il ricorrente aveva specificamente censurato la decisione del primo giudice "che ha erroneamente mancato di concedere al L. il beneficio della non menzione della condanna nel certificato giudiziale di cui all'art. 175 cod. pen. sebbene appaia evidente che nel caso di specie, non sussista alcun elemento di segno negativo, tale da giustificare l'omessa applicazione del ridetto beneficio, concedendosi invece la sospensione condizionale della pena, tanto che sul punto non viene sviluppata in sentenza motivazione alcuna". Analogo vizio - omessa motivazione - sconta la sentenza della Corte di appello che, pur avendo dato atto, nella parte narrativa della sentenza, del relativo motivo di appello, ha, poi, mancato di fornire alcuna motivazione dell'implicito rigetto. E' vero che il diniego del predetto beneficio può essere tratto anche, implicitamente, dalla motivazione con la quale il giudice di merito neghi ad esempio le circostanze attenuanti, richiamando i profili di pericolosità del comportamento dell'imputato, (Sez. 4 n. 34754 del 20/11/2020, Rv. 280244 - 05) ovvero, pur riconoscendo le attenuanti generiche, ritenga di dovere applicare la recidiva contestata all'imputato (Sez. 3 n. 19648 del 27/02/2019 Ud. (dep. 08/05/2019 ) Rv. 2757489), dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen.. Tuttavia, nel caso di specie, già il Giudice di primo grado aveva riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena inflitta, pari a mesi sei di reclusione.
4.1. Ora, è pacifico che il giudice di merito, nell'esercizio del suo potere discrezionale incidente sulla valutazione delle circostanze di cui all'art. 133 cod. pen., possa concedere alcuni benefici di legge ed escluderne altri, in considerazione della diversa natura e finalità dei benefici stessi. In particolare, secondo costante insegnamento di questa Corte di legittimità, il beneficio della non menzione persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l'eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, mentre la sospensione condizionale della pena ha l'obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un'efficace remora ad ulteriori violazioni della legge penale. Non è dunque in sé contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell'altro (Sez. 3, n. 56100 del 09/11/2018, Rv. 274676). Tuttavia, ove venga concesso uno dei benefici, come nel caso in esame, in cui è stata disposta la sospensione condizionale della pena, individuando una serie di elementi valutabili in senso favorevole all'imputato, e venga invece negato l'altro, tale determinazione discrezionale deve essere sorretta da una motivazione congrua e puntuale, che esponga le ragioni per le quali gli elementi valutabili favorevolmente per la concessione dell'uno non siano meritevoli di fondare la concessione dell'altro beneficio, oppure sottolineando l'emergere di altri elementi di segno negativo nell'ottica del beneficio da negarsi.( Sez. 4 n. 32963 del 04/06/2021, Rv. 281787). Tale onere motivazionale non risulta rispettato nella sentenza gravata, che, come premesso, ha del tutto obliterato la motivazione del diniego del beneficio di cui all'art. 175 cod. pen., pure espressamente sollecitato con l'appello, cosicchè resta inesplicato perché le ragioni a fondamento della concessione della sospensione condizionale della pena non possano risultare efficaci anche nell'ottica della non menzione.
5. L'epilogo del presente scrutinio di legittimità è, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto della non menzione della condanna, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
6. Un'ulteriore riflessione si rende necessaria, in conseguenza dell'entrata in vigore, in data 30 dicembre 2022, del D.L.gs n. 150 del 2022, che ha comportato la procedibilità a querela della persona offesa del reato di lesioni personali (art. 2 d. lgs. 150 del 2022), guaribili tra il ventunesimo e il quarantesimo giorno, con alcune eccezioni correlate alla presenza di circostanze aggravanti.
6.1. Infatti, nell'art. 582:
1) al primo comma, dopo le parole: «è punito» sono inserite le seguenti: «a querela della persona offesa,»;
2) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 61, numero 11-octies), 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell'articolo 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità.»
La novella opera un capovolgimento, quanto al regime di procedibilità, del rapporto regola/eccezione, nel senso che la regola diviene la procedibilità a querela (primo comma), mentre l'eccezione diviene la procedibilità d'ufficio (secondo comma, con un"'eccezione dell'eccezione" correlata all'art. 577 cod. pen.).
6.2. Ora, secondo la formulazione vigente dell'art. 4, d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274, comma 1, lett. a), è attribuito alla competenza del giudice di pace l'art. 582 cod. pen. «limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'articolo 577, secondo comma, ovvero contro il convivente», previsione che non è stata attinta dall'intervento riformatore di cui al d. lgs. n. 150 del 202. In assenza di coordinamento tra la modifica dell'art. 582 e la disciplina dettata dall'art. 4 d. lgs. n. 274 del 2000, si pone il tema della disciplina - in particolare, sanzionatoria - relativa ai fatti di lesioni volontarie posti in essere prima dell'entrata in vigore del d. lgs. n. 150 del 2022, ma giudicati successivamente. Invero, poiché il secondo comma dell'art. 582 (richiamato in via esclusiva dall'art. 4 d. lgs. n. 274 del 2000) riguarda, ora, le ipotesi di procedibilità d'ufficio, occorre verificare se rientrino nella competenza del giudice di pace solo le fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 582 cod. pen. procedibili a querela in deroga alla procedibilità d'ufficio cui ora è dedicato il secondo comma ( ossia a) le ipotesi di cui all'art. 577, primo comma, n. 1, cod. pen.; b) le ipotesi di cui all'art. 577, secondo comma, cod. pen.; le une e le altre, indipendentemente dalla durata della malattia (quindi anche oltre i 20 giorni, ma fermo il limite di cui all'art. 583), oppure se l'art. 4, d. lgs. n. 274 del 2000 attribuisca tout court alla competenza del Giudice di pace le lesioni volontarie procedibili a querela.
6.3. La questione è stata già affrontata da questa stessa Quinta Sezione della Corte di cassazione, all'udienza del 10 gennaio 2023, che, per quanto si apprende dalla diffusione, in data 11/01/2023, della notizia di decisione n. 2/2023 ( resa in riferimento al proc. n. 38281/2022 - Presidente Sabeone, rei. Pezzullo) si è orientata nel senso che «A seguito della procedibilità a querela del reato di lesioni personali con malattia compresa tra ventuno e quaranta giorni, per effetto dell'art. 2 co. 1 lett. b) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in assenza delle previste eccezioni, deve ritenersi che la pena a tale reato applicabile, nei giudizi pendenti in sede di legittimità, sia quella del giudice di pace ex art. 52 del D. Lgvo 274/2000. Invero, l'evidente difetto di coordinamento dell'art. 4 co. 1 lett. a del d.lvo n. 274/2000 con il novellato art. 582 cod. pen. trova composizione sistematica attraverso la voluntas legis, attributiva della competenza penale al giudice di pace ( art. 15 della legge delega n. 468/99, secondo cui al giudice di pace è devoluta la competenza per il delitto di cui all'art.582 c.p. di lesione personale punibile a querela della persona offesa, in uno all'intento della cd. Riforma Cartabia, espresso nella relazione illustrativa, di determinare "un ampliamento della competenza del giudice di pace in virtù della disciplina dell'art. 4 lett.a) del d.lgvo n. 274/2000 che attribuisce allo stesso la competenza per le lesioni personali perseguibili a querela di parte».
6.4. Il Collegio condivide l'approdo ora richiamato, che appare coerente con l'intento deflattivo perseguito dalla riforma, particolarmente rilevante in relazione a una fattispecie, quale quella qui in rilievo, di frequente contestazione, per cui è agevole prevedere un effetto deflattivo sul carico giudiziario particolarmente significativo.
6.5. Se così è, alla vecchia competenza del Giudice di pace per lesioni semplici non superiori a 20 giorni e non aggravate ex 582 e 585, si è aggiunta la nuova competenza anche per lesioni semplici superiori a 20 giorni a condizione che:
- non siano c.d. familiari (aggravate ai sensi dell'art. 577 cod. pen.)
- non siano contro persona incapace o sanitario
- non siano aggravate ex art. 583, 585.
Nella nuova più estesa competenza del giudice di pace rientra, allora, anche H reato per cui si procede (lesioni semplici guaribili in giorni 33), con la conseguenza che - non essendovi questione di procedibilità in presenza della querela e della costituzione di parte civile ( Sez. Un. Salatino) - la pena irrogabile sarebbe - (nella formulazione antecedente alla legge n. 41/2016, ratione temporis vigente) - quella pecuniaria o le alternative (permanenza domiciliare o lavoro di pubblica utilità) espressamente previste dall'art. 52 co. 2 lett. b) del D. L.vo n. 274/2000.
6.6. Quanto ora detto comporterebbe la necessità di verificare la eventuale illegalità della pena detentiva, invece, inflitta, dai giudici di merito, nella misura di mesi sei di reclusione.
Tuttavia, nel caso di specie, in cui è stata disposta la sospensione condizionale della pena, il tema della rilevazione di ufficio della pena (in astratto) mutata non si pone, giacchè si perverrebbe a una non consentita reformatio in pejus. Sul punto può farsi riferimento a un risalente approdo avente a oggetto, come qui, un'ipotesi in cui era stata concessa la sospensione condizionale della pena in relazione al reato di lesioni personali lievissime, poi divenute di competenza del Giudice di pace, affermandosi che, in tal caso, non può più essere applicato il trattamento punitivo previsto dall'art. 52 del D.Lgs. n.274 del 2000, e in linea di principio più favorevole, atteso che il successivo art. 60, escludendo esplicitamente la concessione del beneficio della pena sospesa, rende in concreto le nuove disposizioni meno favorevoli all'imputato. Si è osservato, in particolare, che "al ricorrente è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena e quindi non può ritenersi che sarebbe più vantaggioso per lui il trattamento punitivo previsto dal d. lg. n. 274 del 2000. Infatti, se è vero che la pena stabilita dall'art. 52 d. lg. n. 274 del 2000 per le lesioni lievissime è più vantaggiosa, dal momento che in luogo della reclusione sono previste le pene della multa o della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità, è anche vero che l'art. 60 d. lg. n. 274 cit. esclude la sospensione condizionale e che quindi nei casi in cui può concedersi, o è stato concesso, questo beneficio non può in linea di principio affermarsi che la nuova legge risulta più favorevole della precedente." (Sez. 5, n. 46793 del 04/10/2004 Rv. 230286). In conformità si è pronunciata Sez. 5, n. 7215 del 26/01/2006, Rv. 233639, la quale ebbe ad annotare la mancata prospettazione, nel ricorso, di doglianza alcuna in punto di pena. E, in effetti, nel caso qui in esame, il ricorrente, con il ricorso in esame, ha già dimostrato il suo interesse a beneficiare della sospensione condizionale, che non è consentita per i reati di competenza del Giudice di pace.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto della non menzione della condanna, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Rigetta, nel resto, il ricorso.