Con ordinanza interlocutoria n. 10275 depositata il 18 aprile 2023, la Prima sezione Civile della Cassazione ha rimesso la questione alla pubblica udienza.
Svolgimento del processo
1. Il Ministero della giustizia ed il Ministero dell’economia e finanze ( d’ora in poi breviter MEF) impugnano per cassazione la sentenza del tribunale di Firenze che, quale giudice d’appello, ha respinto il gravame proposto dai medesimi odierni ricorrenti nei confronti della sentenza del giudice di pace di Firenze che li aveva condannati al pagamento in favore di A.P. di euro 3827,07 a titolo di doppia indennità per le udienze dall’11 gennaio 2005 al 18 settembre 2008, oltre interessi, rivalutazione e spese di lite.
2. Il giudizio era stato promosso da A.P., in qualità di “giudice onorario di tribunale” esercente detta funzione presso il tribunale di Firenze dall’11 gennaio 2005 al 16 settembre 2008.
3. A sostegno della richiesta di pagamento della doppia indennità dovuta ai sensi dell’art. 4 d. lgs. 273 del 1989 il giudice onorario deduceva l’illegittimità del provvedimento del tribunale di Firenze che, sulla base di un mero mutamento di indirizzo interpretativo dell’art. 4 cit. da parte del Ministero della giustizia, aveva disposto il recupero delle doppia indennità mediante compensazione con i crediti da lavoro successivamente maturati dalla A.P. per l’attività svolta.
4. Nel giudizio si costituivano il MEF e il Ministero della giustizia eccependo, in via preliminare, la carenza di legittimazione passiva del primo e nel merito la fondatezza delle recupero delle indennità pagate, sulla scorta della mutata interpretazione da parte del Ministero della giustizia della normativa in parola come operata con la circolare del 4 settembre 2008.
5. I convenuti sostenevano, inoltre, la legittimità delle modalità attuate per il recupero delle somme pagate mediante compensazione con i crediti da lavoro successivamente maturati dalla A.P. per l’attività svolta, evidenziando, peraltro, che l’interessata mai aveva richiesto la rateizzazione delle somme oggetto di ripetizione.
6. Istruita solo documentalmente la causa è stata definita dal giudice di pace con sentenza di accoglimento della domanda di parte attrice.
7. In particolare il giudice di prime cure ha ritenuto che ai sensi dell’art. 4 del d. lgs. 273/1989 ed alla luce delle circolari ministeriali del 15 marzo 2006 e del 10 marzo 2008, con il riferimento al termine di “udienza” , ai fini del pagamento dell’indennità prevista a favore del got, doveva intendersi ogni udienza dotata di autonomia e di proprie caratteristiche strutturali, dovendo così tenersi conto della diversità dei procedimenti descritti e del fatto che in ciascuno di tali procedimenti viene celebrata un’udienza dalle caratteristiche diverse dalle altre.
8. Avverso la pronuncia di prime cure il MEF ed il Ministero della giustizia hanno spiegato appello affidato a tre motivi : i) difetto di legittimazione passiva del MEF;ii) errata interpretazione del termine udienza come “unità quotidiana di lavoro svolto alla presenza delle parti nel singolo procedimento” anziché come ”spazio fisico e temporale dedicato dal giudice in un determinato giorno alla cognizione di una o più affari iscritti nel ruolo della stessa udienza, a prescindere dal rito applicato ”con conseguente non spettanza della doppia indennità al got nel caso, ad esempio, di celebrazione di udienza di convalida dell’arresto e contestuale giudizio direttissimo; iii) legittimità della modalità di recupero del credito attraverso la compensazione dei crediti maturati dalla A.P. per lo svolgimento delle successive funzione di got, non avendo la medesima mai chiesto la rateizzazione.
Il tribunale quale giudice d’appello ha respinto il primo motivo di gravame sull’assunto che dall’art. 4, comma 3, del d. lgs. n.273 del 1989 e dall’art. 20, comma 2, del medesimo decreto 273/1989,
emerge il ruolo attivo svolto dal MEF sia in fase di accertamento dei presupposti sia in sede di modifica degli importi spettanti a titolo di compenso dei got.
10. Il tribunale ha respinto anche il secondo motivo d’appello all’esito della ricostruzione dell’interpretazione dell’art. 4 d.lgs. 273/1989 come modificato dal comma 4 dell’art. 52 della legge 448/2001 ed applicabile ratione temporis, a tenore del quale “ Ai giudici onorari di tribunale dell’udienza, anche se tenuta in camera di consiglio, non possono essere corrisposte più di due indennità a turno .”
11. Tale disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 3 bis, comma 2 del d.l. 151/2008 convertito con legge 186/2008, ai sensi del quale “ ai giudici onorari di tribunale spetta un’indennità di euro 98,00 per le attività di udienza svolte nello stesso giorno. Ai giudici onorari di tribunale spetta un ulteriore indennità di euro 98,00 ove il complessivo impegno lavorativo per le attività di cui al comma 1 superi le 5 ore”.
12. Argomenta il tribunale quale giudice d’appello che si desume dalla nozione di udienza richiamata dall’articolo 343 cod. pen. che il termine udienza sta ad indicare il periodo di tempo durante il quale i giudici esercitano la loro attività, alla presenza effettiva o virtuale delle parti o dei loro difensori.
13. L’interpretazione dell’art. 4 è stata accompagnata dall’emanazione di circolari ministeriali che hanno propugnato un’interpretazione restrittiva del concetto di udienza, finendo con l’avallare il concetto della medesima come unità giornaliera di misura dell’attività giudiziaria intesa, ininterrottamente o meno alla celebrazione dei dibattimenti.
14. Conseguentemente è stato negato il diritto alla doppia indennità nel caso di udienza dibattimentale fissata nel cui ambito il giudice sia chiamato a provvedere con rito speciale (rito abbreviato o applicazione della pena su richiesta delle parti, convalida dell’arresto da parte del giudice del dibattimento, cui segue il giudizio direttissimo) in quanto si tratterebbe di episodi processuali all’interno di un’udienza unica.
15. Ciò posto, ritiene il giudice del gravame che il recupero coattivo delle doppie indennità già liquidate alla A.P. sia illegittimo in quanto fondato su interpretazioni contenute in circolari ministeriali alle quali non può annettersi di produrre diritto neppure a livello integrativo, dovendo avere riguardo all’esclusivo tenore letterale della norma primaria e cioè dell’art. 4 del decreto 273 del 1989.
16. Poiché la lettera della norma si limita a prevedere il diritto del got ad avere un’indennità per ogni udienza tenuta, anche se in camera di consiglio, con il limite massimo di due indennità al giorno, sostiene il giudice d’appello che non sia consentito sulla scorta del tenore letterale, ritenere vietata la corresponsione di una seconda indennità, nei casi in cui il got abbia trattato in udienza più procedimenti distinti, diversi per numero di iscrizione a ruolo, omogenei o meno che siano per tipologia.
17. Aggiunge il tribunale che il concetto di udienza non può essere inteso dal legislatore nel senso di ”giorno in cui si tiene udienza”, che altrimenti non avrebbe senso l’inciso previsto dall’articolo 4 del d.lgs. 273 del 1989 “anche se tenuta in camera di consiglio “.
18. La cassazione della pronuncia sin qui illustrata è chiesta dal MEF e dal Ministero della giustizia con ricorso affidato a due motivi, cui resiste con controricorso A.P., illustrato da memoria.
19. Il PM ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
20. Con il primo motivo (violazione e/o falsa applicazione degli articoli 4, comma 3, 20, comma 2 del d. lgs. 273/1989, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.) si censura il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva del MEF.
21. I ricorrenti contestano la motivazione della pronuncia impugnata per avere ritenuto che dal combinato disposto dell’articolo 4, comma 3, del d. lgs. 273/1989 e dell’art. 20 comma 2, del citato decreto, emerga il ruolo attivo svolto dal Mef sia in fase di accertamento dei presupposti che in sede di modifica degli importi.
22. Con il secondo motivo (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 d.lgs. 173/1989, nonchè degli art. 470-483 cod. proc. pen., art. 20-21 del regolamento per l’esecuzione del cod. proc. pen; art. 132, 132 bis e 160 delle norme di attuazione del cod. proc. pen., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.) si censura l’errata interpretazione dell’art. 4 del d.lgs. 273 del 1989 ai fini della corresponsione della doppia indennità al got.
23. Tanto premesso osserva il Collegio che la questione di diritto posta dal ricorso in esame, sulla quale non constano precedenti della Corte presenta valenza nomofilattica di particolare rilevanza per l’attitudine a riproporsi in relazione al compenso dei giudici onorari di tribunale e, pertanto, essa va rimessa alla pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte dispone la rimessione alla pubblica udienza.