Essa assolve la finalità di dilazionare nel tempo una obbligazione già insorta, mentre la norma qualifica come rilevanti quelle azioni volte ad evitare l'insorgenza dell'obbligazione tributaria.
In un giudizio avente ad oggetto la condanna per il reato di omesso versamento dell'
Secondo il ricorrente, la Corte d'Appello non...
Svolgimento del processo
1. La Corte d'Appello di Messina, con sentenza del 19 settembre 2021 ha confermato la decisione con la quale, in data 15 dicembre 2020, il Tribunale della medesima città aveva affermato la responsabilità penale di C.G. in ordine al reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. 74 del 2000, perché, nella qualità di legale rappresentante della società "N. C.G.s.r.l.", ometteva di versare, entro il termine di legge, l'imposta sul valore aggiunto, dovuta per l'anno 2013, per un importo pari ad euro 721.409,00.
2. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Con un primo motivo di ricorso si censura la mancanza e l'illogicità dell I provvedimento di revoca dell'escussione dei testi indicati nella lista difensiva e già ammessi F.G. e T.S., assenti nell'udienza per la quale erano stati citati, sulla considerazione che le circostanze sulle quali avrebbero potuto deporre avrebbero potuto essere provate documentalmente e ritenendo che, in ogni caso, il processo poteva ritenersi già sufficientemente istruito alla luce delle attività svolte.
La decisione pertanto, ad avviso della difesa, aveva impedito che l'acquisizione al compendio probatorio di dichiarazioni che, vertendo sulla analisi profonda della crisi finanziaria, ed in particolare sulla dinamica dell'impresa societaria, sulle modalità di finanziamento dell'attività d'impresa e sul tempo degli incassi dei corrispettivi di vendita e sul passaggio improvviso e incontestabile ad una situazione di sofferenza, avrebbero potuto incidere in maniera dirimente sull'esito della decisione impugnata.
3. Con un secondo motivo 9i _ricorso si deduce che i giudici del gravame sarebbero incorsi nel violazione di legge e vizio di motivazione nel reputare sussistenti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato.
In particolare, la Corte non avrebbe adeguatamente illustrato le ragioni quali l'imprevedibile e imponderabile crisi strutturale sofferta dalla "N. C., non sia stata riconosciuta quale causa di forza maggiore, e perché la severa difficoltà dell'impresa non sia stata considerata fattore scriminante del comportamento omissivo dell'imputato pur avendo escluso la coscienza e volontarietà della condotta posta in essere.
Si censura, quindi la ritenuta ininfluenza delle plurime contingenze economiche e finanziarie, ovvero della crisi del mercato automobilistico e dell'improvvisa depressione dei ricavi, della contrazione del credito bancario e della chiusura del conto anticipo e delle iniziative poste in essere dalla "N. C.G.s.r.l." per fronteggiare la crisi economica, ovvero l'esperimento di giudizi risarcitori nei confronti degli istituti bancari e la ratizzazione del debito tributario.
3. Nel terzo motive di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 12-bis della legge n. 74 del 2000.
Premesso che, su richiesta avanzata dal Procuratore Generale, il collegio d'appello ha disposto la confisca nei confronti dell'imputato, anche per equivalente, della somma di euro 721.409, avendola omessa il giudice di prime cure, il ricorrente si duole della circostanza che la confisca sia stata disposta in carenza dei necessari presupposti giustificativi avendo la "N. C.G.s.r.l. "assunto l'impegno di versare ratealmente l'imposta non pagata".
Nella prospettazione difensiva tale circostanza avrebbe, dunque, escluso l'adempimento e avrebbe dovuto indurre il Collegio a disporre la confisca sottoponendola espressamente alla condizione sospensiva del mancato pagamento del debito rateizzato, in modo da sospenderne l'efficacia nelle more dell'estinzione del debito.
4. Nel quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione di legge in relazione all'art. 131-bis, cod. pen., ben potendo rientrare l'intera vicenda nell'ambito di operatività della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis, cod. pen/attesa l'impossibilità oggettiva di adempiere al debito tributario, l'avvenuta rateizzazione dello stesso e l'incensuratezza dell'imputato.
Con nota del 3 marzo 2023, depositata dagli avv. I.G. e A.L. nell'interesse del ricorrente si comunicava l'avvenuta proposizione dell'istanza di definizione agevolata della controversie tributarie ai sensi della legge 29 dicembre 2022, n. 197, con pagamento della prima rata.
Motivi della decisione
1.Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché generico.
La censura sulla revoca dei due testimoni precedentemente ammessi non supera le considerazioni dei giudici d'appello che, con motivazione congrua, hanno ritenuto superflua e non necessaria l'assunzione delle sopra indicate testimonianze perché non dirimenti rispetto a quanto già accertato dal cospicuo compendio probatorio posto a fondamento della decisione.
Al riguardo si deve ricordare che il rigetto dell'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità (Sez. 6, n.30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 257741).
Alla luce delle citate coordinate ermeneutiche va considerata esente da censure la motivazione con la quale il collegio d'appello, condividendo le valutazioni del giudice di prime cure, ha ritenuto superflue le testimonianze indicate posto che avrebbero avuto ad oggetto la crisi finanziaria dell'impresa ma non le iniziative adottate per far fronte al pagamento dei tributi.
A fronte di tale assetto argomentativo il ricorrente non ha indicato le ragioni per le quali la deposizione dei testi revocati dal Collegio sarebbe stata idonea a ribaltare il giudizio relativo alla sussistenza del reato contestato.
2.Il secondo motivo di ricorso, relativo alla dedotta insussistenza dell'elemento soggettivo del reato, è manifestamente infondato.
A proposito dell'elemento soggettivo del reato di omesso versamento di IVA, va ribadito che è sufficiente il dolo generico (Sez. 3, n. 3098 del 05/11/2015, dep. 2016, Vanni, Rv. 265939), configurabile anche nella forma del dolo eventuale (Sez. 3, n. 34927 del 24/06/2015, Alfieri, Rv. 264882), integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità, a nulla rilevando i motivi della scelta dell'agente di non versare il tributo (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, Schirosi, Rv. 263127), mentre l'inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all'imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352/2015 del 24/06/2014, Schirosi, Rv. 263128).
Quanto alla incidenza della situazione finanziaria dell'impresa ai fini dell'esclusione della colpevolezza si è affermato che è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo (Sez. 3, n. 2614 del 06/11/2013, dep. 2014, Rv. 258595), anche attingendo al patrimonio personale (Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, dep. 2014, Mercutello, Rv. 258055; Sez. 3, n. 43599 del 09/09/2015, in motivazione). Né la mancata riscossione di crediti costituisce circostanza idonea ad escludere il dolo, posto che si tratta di eventi che rientrano nel normale rischio di impresa (Sez. 3, n. 20266 del 08/04/2014, Zanchi, in motivazione).
In applicazione dei principi illustrati, non merita accoglimento il secondo motivo di ricorso posto che esso appare generico, nella parte in cui si limita a dedurre l'esistenza di azioni risarcitorie azionate nei confronti degli istituti bancari senza dettagliarne entità e utilità, e altresì manifestamente infondato poiché include tra le iniziative adottate per fronteggiare la crisi economica la rateizzazione del debito tributario.
In proposito va infatti enunciato il principio di diritto secondo cui ai fini della esclusione del dolo del reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, le azioni rilevanti ai fini dell'esclusione del dolo richiesto dalla norma sono esclusivamente quelle volte ad evitare l'insorgenza dell'obbligazione tributaria, tra le quali non è annoverabile la rateizzazione del debito tributario, avente la diversa finalità di dilazionare nel tempo una obbligazione già insorta.
La condotta evocata dal ricorrente può, al più rilevare sotto profili diversi, quali, ad esempio, quello della commisurazione della pena o del quantum della somma aggredibile in sede esecutiva.
3.Il terzo motivo in cui si contesta l'inosservanza dell'art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 è manifestamente infondato.
Come ricordato dallo stesso ricorrente, la disposizione in oggetto secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro, deve essere intesa nel senso che la confisca (così come il sequestro preventivo ad essa preordinato) può essere adottata anche a fronte dell'impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l'evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 33389 del 08/06/2018; Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Rv. 268384; Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Rv. 266038).
Ciò, tuttavia non comporta che il giudice che dispone la confisca in presenza di un impegno da parte del contribuente a versare la somma dovuta al fisco abbia l'obbligo di sottoporre l'efficacia del vincolo alla condizione sospensiva del mancato adempimento da parte del privato dell'obbligo assunto nei confronti dell'erario, con una esplicita previsione in tal senso, essendo questo un effetto automaticamente già discendente dal tenore della norma citata.
In maniera immune dalle censure denunciate, quindi, giudici d'appello, ravvisandone l'esistenza dei presupposti, accogliendo l'istanza del Procuratore della Repubblica, hanno ordinato la confisca anche per equivalente nei confronti dell'imputato per 721.409 euro pari al profitto del reato, senza sospenderne l'efficacia, anche in considerazione della circostanza che al momento della decisione, nonostante l'impegno alla rateizzazione del debito tributario "per espressa dichiarazione del difensore" non vi era stato alcun versamento delle cifre concordate.
Eventuali questioni successive, quali quella relative all'an ed al quantum della operatività del vincolo a seguito dell'avvenuta estinzione del debito tributario, anche in sede di definizione agevolata della controversia prospettata nella memoria difensiva del 17.02.2023, trovano, quindi, la loro naturale risoluzione in sede esecutiva.
4.Il quarto motivo inerente l'esclusione della causa speciale di particolare tenuità del fatto è manifestamente infondato.
La Corte d'appello in proposito, in maniera sintetica ma esaustiva, a pag. 4 della decisione impugnata, ha chiarito che la condotta ha dato origine ad una evasione tributaria non modesta e protratta a lungo nel tempo.
6. L'inammissibilità dei motivi proposti, escludendo costituzione di un valido rapporto processuale, preclude la dichiarazione della richiesta prescrizione.
Per queste ragioni il ricorso da dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.