Sebbene privo di personalità giuridica, lo studio «rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, muniti di legale rappresentanza in conformità della disciplina dettata dall'art. 36 c.c.».
Il Tribunale di Torino respingeva le domande proposte da uno Studio Legale Associato nei confronti di un Condominio dirette ad ottenere la condanna del convenuto al pagamento di una somma a titolo di compensi professionali dovuti per l'assistenza prestata da un legale dello studio, poi andato via. A fondamento della sua decisione, il Tribunale...
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Torino, in composizione collegiale, con ordinanza, pubblicata il 30/11/2020, ha respinto le domande proposte, ex artt.14 d.lgs. 150/2011 e 702 bis c.p.c., dall (omissis) in proprio, nei confronti del Condominio (omissis) volte ad ottenere la condanna del convenuto al pagamento della somma di € 6.876,00, oltre rimborso forfettario spese generali e CPA, a titolo di compensi professionali dovuti per l'assistenza prestata dall'avvocato (omissis) legale rappresentante dello (omissis) che includeva, fino al suo recesso, anche l'avv (omissis) la quale pure aveva svolto attività difensive nell'interesse del Condominio) in un contenzioso, insorto a causa di danni da infiltrazioni ritenuti imputabili alla società costruttrice, tra il Condominio e la (omissis) spa, società che aveva provveduto, tra il 2010 ed il 2012, all'integrale ristrutturazione di un complesso edilizio nel centro storico di (omissis), con realizzazione di sette unità immobiliari poi costituite nel Condominio resistente.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto che: a) l'Associazione Professionale non è legittimata a chiedere il pagamento dei compensi professionali, sia in difetto di allegazione, ad opera dei ricorrenti, di un conferimento dell'incarico da parte del Condominio all'Associazione, la quale abbia poi delegato gli avvocati (omissis) e (omissis) perché non si evince, dallo statuto dell'Associazione, la richiamata possibilità dell'Ente di stipulare contratti e di acquisire la titolarità di rapporti poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati (essendo, peraltro, inopponibili al cliente i patti sociali che regolavano l'Associazione e i rapporti tra i soci, in particolare il patto che vincola ogni professionista aderente al conferimento dei proventi della propria attività, da compiersi a nome dell'Associazione, e difettando di sottoscrizione da parte dell'amministratore del Condominio, nonché essendo indeterminata, anche nell'oggetto, la «bozza di mandato» professionale prodotta in giudizio dai ricorrenti); b) la domanda proposta dall'avv.to (omissis) personalmente è infondata in quanto, a fronte della contestazione da parte del Condominio convenuto del conferimento del mandato anche all'avv.to (omissis) in proprio (anziché al solo avv.to (omissis) essendo la procura alle liti (nella specie rilasciata, per il giudizio di merito, sia all'avv.to (omissis) sia all'avv.to (omissis) solo «un indice presuntivo della sussistenza tra le parti dell'autonomo rapporto di patrocinio, che, se contestato, deve essere provato», risulta che, per il procedimento di accertamento tecnico preventivo, è stato conferito il mandato solo all'avv.to (omissis) che aveva instaurato e seguito il procedimento sino al termine, come pure per il successivo giudizio di merito (non essendo sufficiente l'indicazione del nominativo del ricorrente in calce agli scritti difensivi del predetto giudizio, considerata la corrispondenza intercorsa per anni solo tra la (omissis) il Condominio ed il fatto che ogni attività processuale è stata compiuta solo dalla (omissis)
Avverso la suddetta pronuncia, (omissis) (omissis) avvocato, nella qualità di legale rappresentante dell'Associazione (omissis), propone ricorso straordinario per cassazione, notificato il 31/5/2021, affidato a quattro motivi, nei confronti del Condominio(omissis)(omissis)(omissis)(che resiste con controricorso, notificato il 10/7/2021). Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell'art.36 c.c., in relazione agli artt.1321 e 1323 c.c., per avere il Tribunale negato la legittimazione attiva dell'Associazione professionale per la mancanza di una espressa previsione statutaria che attribuisse a quest'ultima il potere di concludere specificamente contratti di patrocinio; b) con il secondo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell'art.36 c.c., in relazione agli artt.38 e 19 c.c., per avere il Tribunale affermato l'inopponibilità ai terzi di tutte le previsioni contenute nei Patti associativi dell'Associazione; c) con il terzo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell'art.36 c.c., in relazione agli artt.1260 e 1264 c.c., in relazione alla previsione statutaria con cui i crediti derivanti dall'attività professionale degli associati devono ritenersi comunque ceduti all'Associazione; d) con il quarto motivo, l'omesso esame, ex art.360 n. 5 c.p.c., di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti rappresentato dai pagamenti effettuati dal Condomini intimato a favore dell'Associazione quale riconoscimento ex parte debitoris della legittimazione attiva di quest'ultima.
2. 1. Preliminarmente, il presente ricorso straordinario per cassazione, avverso ordinanza adottata, nell'ambito di procedimento sommario ex art.702 bis c.p.c., dal Tribunale in composizione collegiale, a conclusione del procedimento ex art. 14 d.lgs. 150/2011, è ammissibile in quanto, come chiarito da questa Corte (Cass. 12411/2017), in tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato in materia civile, l'ordinanza conclusiva del procedimento ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 non è appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il «quantum debeatur», sia che la stessa sia estesa all' «an» della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al citato art. 14.
2.2. Sempre preliminarmente, non opera la preclusione da giudicato esterno «riflesso» invocata dal controricorrente (all.ti B e C) in relazione alle statuizioni sull'esclusione della legittimazione attiva dello (omissis) (omissis) e sull'inopponibilità al cliente, soggetto terzo, dei patti associati, pronunciate dal Tribunale di Torino (e passate in giudicato) in altri giudizi promossi dalla stessa associazione professionale nei confronti di altri soggetti a favore dei quali l'avvocato (omissis) (associato receduto ) aveva prestato la sua attività professionale.
Ora, questa Corte (Cass. 8101/2020) ha chiarito che «il giudicato formatosi in un determinato giudizio può spiegare "efficacia riflessa" nei confronti di soggetti rimasti estranei al rapporto processuale a condizione che: a) i terzi non siano titolari di un diritto autonomo, scaturente da un distinto rapporto giuridico o costituito su un rapporto diverso da quello dedotto nel primo giudizio; b) i terzi non possano risentire un "pregiudizio giuridico" dalla precedente decisione; c) l'efficacia riflessa riguardi soltanto l'affermazione di una situazione giuridica che non ammette la possibilità di un diverso accertamento» (in applicazione del principio, questa Corte ha escluso l'efficacia riflessa del giudicato avente ad oggetto il «premio scudetto», riconosciuto ad altri giocatori della medesima squadra di calcio in distinti processi, essendo stato dedotto in giudizio un diritto fondato su un autonomo rapporto obbligatorio, di per sé non incompatibile con le diverse decisioni già divenute definitive).
Sempre questa Corte (Cass. 17931/2019) ha affermato che «Il giudicato formatosi in un determinato giudizio può spiegare efficacia riflessa nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al rapporto processuale, purché questi sia titolare di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo, o comunque a questa subordinato». Già in Cass. n. 541/2019 si era affermato che
«La sentenza passata in giudicato, quando contenga un'affermazione obiettiva di verità che non ammette la possibilità di un diverso accertamento, può avere efficacia riflessa nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al rapporto processuale, purché titolare di un diritto non autonomo, ma dipendente dalla situazione definita in quel processo o, comunque, di un diritto subordinato a questa. Tale efficacia può essere rimossa attraverso l'opposizione di terzo di cui all'art. 404» comma 2, c.p.c. (nella specie, questa Corte ha ritenuto che il giudicato formatosi in un precedente processo, ove era stata dichiarata l'indegnità a succedere dell'erede del debitore, avesse un'efficacia riflessa anche nei confronti del creditore del "de cuius" il quale, rimasto estraneo al primo giudizio, aveva convenuto, in seguito, il detto erede per ottenere il pagamento di quanto dovuto dal defunto).
Nella specie, vi è solo l'identità del soggetto che ha azionato la pretesa creditoria (l'Associazione professionale) e le posizioni dei vari soggetti evocati nei distinti giudizi quali asseriti debitori dal lato passivo sono del tutto autonome e non dipendenti, anche per la genericità sul punto dell'eccezione.
Peraltro, l’(omissis) ricorrente, in memoria, ha dedotto, in replica, esservi stati altri provvedimenti passati in giudicato a sé favorevoli relativi a compensi per l'attività professionale prestata, per conto dell'Associazione, dagli avvocati azionati nei confronti di altri soggetti.
3. Sempre in via preliminare, occorre osservare che il presente ricorso risulta promosso dal (omissis) non in proprio, ma quale legale rappresentante dell’(omissis) di conseguenza, si è formato il giudicato interno sulla statuizione di rigetto della pretesa creditoria azionata dallo stesso (omissis) in proprio.
Le prime tre censure, implicanti vizi di violazione di legge, attengono tutte alla statuizione di carenza di legittimazione attiva dell'Associazione professionale e possono essere quindi unitariamente trattate in quanto connesse.
3.1. Questa Corte sul tema della legittimazione o meno di uno studio professionale alla richiesta di pagamento, per le prestazioni svolte dai singoli professionisti in favore del cliente conferente l'incarico, in una prospettiva critica verso l'interpretazione riduttiva del fenomeno associativo fra professionisti, configurato, da un lato, come univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi e, dall'altro, come inidoneo ad attribuire all'associazione la titolarità di un rapporto professionale, ha affermato, già con la sentenza n. 15694/2011, che «L'art. 36 cod. civ. stabilisce che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati. Ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato - cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d'imputazione di rapporti giuridici - rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l'incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi».
Potendo quindi lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici (cfr. anche Cass. n. 17683 del 2010; conf., Cass. n. 22439 del 2009; Cass. n. 24410 del 2006; e, prima ancora, Cass. n. 4628 del 1997), è necessario che il giudice di merito provveda sia all'individuazione del soggetto cui è stato conferito l'incarico professionale (associazione o singolo professionista), sia alla verifica, sulla base del contenuto degli accordi intercorsi fra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, dell'eventuale attribuzione all'associazione di poteri rappresentativi dei singoli associati. In conformità si è espressa Cass. 15417/2016; nella sentenza Cass. n. 17718/2019, si è ribadito che «Il rispetto del principio di personalità della prestazione, che connota i rapporti di cui agli artt. 2229 e ss. c.c., ben può contemperarsi con l'autonomia riconosciuta allo studio professionale associato, al quale può essere attribuita la titolarità dei diritti di credito derivanti dallo svolgimento dell'attività professionale (nella specie, attività di difesa e assistenza in un contenzioso tributario) degli associati allo studio, non rientrando il diritto al compenso per l'attività svolta tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione» ; nell'ordinanza n. 14321/2019, poiché l'associazione professionale costituisce un centro di imputazione di situazioni giuridiche autonomo e distinto da quello del singolo associato, si è esclusa la legittimazione di quest'ultimo a proporre in proprio l'opposizione allo stato passivo contro l'esclusione di un credito di cui è titolare l'associazione.
Si è poi successivamente precisato (Cass. 2332/2022) che «lo studio professionale associato, ancorché privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, con la conseguenza che il giudice di merito, che sia chiamato a delibare in ordine alla legittimazione attiva dello studio professionale, ove accerti che gli accordi tra gli associati prevedono l'attribuibilità degli incarichi professionali anche all'associazione e la spettanza ad essa dei compensi per gli incarichi conferiti ai soci, è tenuto ad individuare il soggetto cui, a prescindere dalla procura "ad litem", sia stato conferito l'incarico professionale, oltre a verificare, sulla base del contenuto degli accordi tra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, l'eventuale attribuzione all'associazione del potere di rappresentanza del singolo associato cui l'incarico sia stato direttamente conferito».
Ancora, questa Corte (Cass. 22955/2022) ha, da ultimo, affermato che «lo studio professionale associato, ancorché privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, con la conseguenza che il giudice di merito, che sia chiamato a decidere in ordine alla legittimazione attiva dello studio professionale, ove accerti che gli accordi tra gli associati prevedono l'attribuibilità degli incarichi professionali anche all'associazione e la spettanza ad essa dei compensi per gli incarichi conferiti ai soci, è tenuto ad individuare il soggetto cui, a prescindere dalla procura ad litem, sia stato conferito l'incarico professionale, oltre a verificare, sulla base del contenuto degli accordi tra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, l'eventuale attribuzione all'associazione del potere di rappresentanza del singolo associato cui l'incarico sia stato direttamente conferito».
3.2. Il Tribunale, con l'ordinanza in epigrafe, resa ai sensi dell'art. 702 ter c.p.c. in composizione collegiale, in punto di an debeatur della pretesa creditoria, ha ritenuto, anzitutto, essere fondata l'eccezione di difetto di legittimazione attiva e di titolarità attiva del rapporto di credito in capo allo (omissis) istante.
Secondo il Tribunale, nella specie, doveva escludersi che gli accordi interni tra i soci (lo statuto dell'Associazione) consentissero di riferire alla associazione stessa la legittimazione della prestazione professionale (rientrante nei contratti di patrocinio) ed il diritto al compenso e comunque mancava anche l'allegazione, oltre che la prova, che l'incarico fosse stato conferito dal Condominio direttamente alla associazione la quale ne avesse poi delegato il compimento agli aderenti (omissis) e (omissis) cosicché le prestazioni, e i conseguenti compensi, dovevano riferirsi al singolo professionista socio officiato, nella specie l'avv.to (omissis)
Il ricorrente, nel primo motivo, deduce che il Tribunale avrebbe compiuto una violazione di legge (artt.36 c.c., 1321 e 1323), laddove il collegio ha ritenuto necessaria una espressa previsione statutaria che facoltizzasse l'Associazione alla stipula, in particolare, di contratti di patrocinio, trascurando il contenuto di specifiche clausole statutarie (artt.7.2 lett.c), 7.5, 8.2,10, 25.1), dalle quali si desumeva che i soci erano obbligati a svolgere qualsiasi attività professionale «in nome e per conto dell'Associazione», erano solidalmente e personalmente responsabili «delle obbligazioni contratte dall'Associazione», la quale instaurava direttamente i contratti con i collaboratori ed era titolare del patrimonio costituito anche dagli utili netti dell'attività professionale svolta dai singol associati, che le competenze dell'Associazione erano direttamente fatturate dalla stessa a proprio nome.
Con il secondo motivo, si lamenta altra violazione di legge posta in essere dal Tribunale (artt.38 e 19 c.c.) per avere negato, tout court, che tutte le previsioni statutarie (i patti tra gli associati aderenti) fossero opponibili a terzi, mentre questo giudice di legittimità ha ripetutamente affermato che il giudice di merito, in presenza di pretesa creditoria azionata dall'associazione professionale per il pagamento dei compensi relativi all'attività svolta dagli associati, deve proprio esaminare lo statuto.
Infine, con il terzo motivo, si denuncia altra violazione di legge, delle norme (art.1260 e 1264 c.c.) in materia di cessione dei crediti, in quanto il diritto al compenso professionale non rientra tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione, sempre che dagli accordi tra gli associati emerga la volontà di attribuire il diritto ad esigere il compenso allo studio associato; nella specie, una clausola specifica statutaria (art.25.1) prevedeva che i soci, in costanza di rapporto associativo, dovessero cedere tutti i crediti derivanti dall'attività svolta da loro all'Associazione, la quale doveva fatturare le competenze relative direttamente a proprio nome.
3.3. Le doglianze sono fondate.
Invero, il Tribunale - tenuto a verificare la legittimazione attiva dell'associazione, sulla base degli accordi degli associati, ex art. 36 c.c. - non ha rilevato che, dallo statuto, si desume che l'attività è svolta dagli associati «in nome e per conto dell'associazione», dal che deriva che l'associazione conclude i contratti di prestazione d'opera professionale mediante la rappresentanza dei soci, essendo, quindi, l'associazione il soggetto che gestisce sostanzialmente gli incarichi professionali. Inoltre, il Tribunale non ha considerato che l'art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 96 del 2001, disciplinando la legittimazione attiva per i crediti derivanti dall'attività professionale svolta dal singolo associato, ha stabilito - a conferma del fatto che l'attività fa capo sostanzialmente alla associazione - che i compensi derivanti dall'attività professionale dei soci costituiscono crediti della società e non ha considerato che, con lo Statuto, gli associati avevano previsto che, in ogni caso, i compensi relativi agli incarichi professionali, anche se conferiti singolarmente, spettano all'associazione, tanto che, ove l'incarico svolto dal singolo professionista sia fatturato dall'Associazione, si attua una cessione del credito dal professionista all'Associazione in forza degli accordi contrattuali oggetto dell'atto costitutivo. Peraltro, il conferimento dell'incarico per la difesa giudiziale ad un singolo associato e non all'associazione costituisce un obbligo di legge in quanto l'Associazione, quale ente giuridico, non può ricevere un mandato di difesa giudiziale che può essere conferito soltanto al singolo professionista abilitato.
Anche l'affermazione secondo la quale i patti tra gli associati (nella specie, in particolare gli artt.7 e 25) sarebbero inopponibili ai terzi, trascura di considerare che, poiché l'art. 36 c.c. stabilisce che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, il giudice del merito deve accertare tale circostanza, ai fini della verifica della legittimazione attiva dello studio professionale associato.
E', infatti, possibile, come risulta dalle clausole statutarie riprodotte in ricorso, che, nel caso in esame, l'associato avesse negozialmente attribuito all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati al singolo aderente e da esso, a seguito di procura ad litem, personalmente curati in giudizio, ed, in ogni caso, a riscuotere i crediti conseguenti pur a fronte di un incarico conferito al singolo associato.
Il ragionamento del Tribunale non è dunque in linea con i più recenti principi di diritto di questo giudice di legittimità, in quanto, nelle decisioni più recenti di questa Corte, si è affermato che lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, muniti di legale rappresentanza in conformità della disciplina dettata dall'art. 36 c.c. (Cass. 2232/22 e Cass. 22955/22).
Il Tribunale di Torino dovrà, pertanto, nuovamente deliberare in ordine alla legittimazione attiva dello studio professionale istante relativamente alla pretesa creditoria oggetto della presente controversia, procedendo, in particolare, sia all'individuazione del soggetto cui, a prescindere dal conferimento della procura ad litem, che riguarda solo i rapporti esterni, è stato conferito l'incarico professionale (associazione o singolo professionista), sia a verificare, sulla base del contenuto degli accordi intercorsi fra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, l'eventuale attribuzione all'associazione del potere di rappresentanza, e della conseguente legittimazione a far valere in giudizio il credito al compenso maturato dal singolo associato cui l'incarico sia stato direttamente conferito.
4. Il quarto motivo (vizio ex art.360 n. 5 c.p.c.) è assorbito.
5. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto, va cassata l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Torino in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto, cassa la ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Torino, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.