Risposta affermativa dal Consiglio di Stato, in quanto il ricorrente è portatore di un interesse diretto e concreto a conoscere la posizione reddituale della ex anche ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento.
L'attuale ricorrente chiedeva all'INPS una copia del documento riguardante la posizione contributiva della moglie, con la quale era in atto il giudizio di separazione legale, facendo particolare riferimento all'eventuale costituzione di un rapporto di lavoro subordinato tra lei e la collaboratrice familiare. Tali informazioni erano infatti preziose per il ricorrente perché la costituzione del rapporto di lavoro citato rappresenta una circostanza rilevante nell'ambito del giudizio di divorzio pendente, soprattutto ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento.
Dinanzi al diniego dell'INPS e alla declaratoria di inammissibilità del ricorso poi proposto dinanzi al TAR, motivata dalla carenza di un interesse tangibile ed effettivo del ricorrente, l'interessato si rivolge al Consiglio di Stato.
Con la sentenza n. 3451 del 4 aprile 2023, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso.
Il Collegio ha innanzitutto ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale in materia, ricordando tra le altre cose quanto segue:
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Alla luce di tali principi, il Consiglio di Stato afferma che nel caso di specie sussiste in capo al ricorrente l'interesse all'accesso agli atti richiesti poiché la richiesta è strettamente connessa alla necessità della difesa in giudizio di situazioni riconosciute dall'ordinamento come meritevoli di tutela.
Il ricorrente infatti mira sostanzialmente a conoscere la posizione reddituale della ex moglie per farla valere nella causa di divorzio e la relativa richiesta, ai sensi dell'
Da ciò si evince l'interesse concreto e attuale del ricorrente a conoscere esclusivamente della sussistenza di un eventuale rapporto di collaborazione con la domestica, poiché informazione utile per conoscere la reale situazione reddituale della consorte in regime si separazione.
Segue l'accoglimento del ricorso.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 9 marzo 2023) 4 aprile 2023, n. 3451
Svolgimento del processo
1.-L’appellante, in regime di separazione legale con la signora -OMISSIS-, ha chiesto all’I.N.P.S. (sede di Roma-Flaminio e sede di Napoli-Scampia),con comunicazione a mezzo pec del 16 maggio 2022, copia di ogni documento afferente la posizione contributiva della sig.ra -OMISSIS-, con particolare riferimento alla eventuale costituzione di un rapporto di lavoro subordinato di collaboratrice familiare tra la medesima e la signora -OMISSIS-.
2.-Con comunicazione a mezzo pec del 16 giugno 2022, l’I.N.P.S. ha formalizzato il proprio diniego all’accoglimento dell’istanza di accesso sul presupposto che “la richiesta non risulta caratterizzata, come risulta dalla normativa vigente, da un interesse diretto, concreto e attuale”.
3.-Avverso tale diniego l’interessato ha proposto ricorso al TAR per il Lazio sostenendo il proprio interesse diretto a conoscere la posizione contributiva della signora -OMISSIS- sotto diversi profili:
- sia sul piano sostanziale, in relazione ai diritti/doveri di genitore, connessi alla tutela dei propri figli minori;
- sia sul piano processuale, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa nel giudizio di divorzio pendente dinanzi al Tribunale di Roma.
4.-Il TAR per il Lazio, con la sentenza avversata, ha dichiarato inammissibile il ricorso per il difetto di “un interesse tangibile ed effettivo del ricorrente, nonché il nesso con la posizione soggettiva differenziata e tutelata alla protezione della quale la cognizione dei documenti rivendicati è strumentale”.
5.-Avverso tale sentenza l’interessato propone ricorso al Consiglio di Stato, deducendo:
I) violazione e falsa applicazione art. 22 e ss. della legge 241/1990. L’appellante ritiene di avere un interesse diretto concreto ed attuale alla conoscenza della posizione contributiva della signora -OMISSIS-al fine di conoscere le ragioni per le quali all’interno dell’immobile, peraltro di piccole dimensioni, sia ospitata una persona di 74 anni, con evidenti ricadute anche sulla vita quotidiana dei due minori. E sottolinea il proprio interesse a conoscere l’esistenza di un rapporto di collaborazione domestica in favore dell’ex coniuge, in quanto circostanza rilevante nell’ambito del giudizio di divorzio in essere tra lo stesso e la sig.ra -OMISSIS-, ove tra i vari elementi rileva la capacità reddituale delle parti ai fini della determinazione del contributo per il mantenimento dei figli minori, nonché un interesse indiretto afferente motivi di natura ereditaria e di danno poiché, nell’ipotesi si tratti di una domestica in nero da oltre 7/8 anni che avrebbe la possibilità di promuovere un giudizio per differenze retributive e contributi previdenziali non versati con richiesta, le cui conseguenze anche indirettamente ricadrebbero sui due figli minori.
II) violazione e falsa applicazione art. 3 l. n. 241/90.
L’interessato censura, altresì, il provvedimento avversato per carenza di motivazione del diniego.
6.-Le parti presentano memorie. In particolare la signora -OMISSIS- sottolinea la pretestuosità dell’istanza volta “... a verificare se l’ex coniuge possa disporre delle risorse economiche necessarie per avvalersi di una collaboratrice familiare... ai fini dell’esercizio dei propri diritti di difesa nell’ambito del giudizio di divorzio”., evidenziando che l’istanza proposta dall’appellante non potrebbe giammai essere funzionale all’attività istruttoria svolta o da svolgere nel giudizio divorzile.
7.-La signora -OMISSIS-, altresì, deposita comunicazione resa via e-mail il 18 gennaio 2023 al Commissariato di Roma – Prati, con la quale riferisce che, con decorrenza 18 dicembre 2022, la signora --OMISSIS- non è più ospite presso la propria abitazione.
8.-Alla data del 9 marzo 2023 la causa è stata tratta in decisione.
Motivi della decisione
1.- Il collegio ritiene in primis di richiamare i principi fissati dal Consiglio di Stato in subiecta materia ai quali si conforma:
a) la disciplina sull’accesso agli atti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce, ai sensi dell’art. 22, comma 2, l. n. 241/1990, «principio generale dell’attività amministrativa»;
b) la ratio dell’istituto può essere ravvisata nei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost. (Ad. plen. 18 aprile 2006, n. 6) e nell’esigenza di agevolare gli interessati nell’ottenere gli atti per valutare se sia il caso di agire in giudizio a tutela di una propria posizione giuridica (Cons. Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1455), non potendosi ravvisare ‘zone franche’ in cui non rilevino i principi sopra richiamati (Ad. plen., 24 giugno 1999, n. 16);
c) la legittimazione attiva all’accesso deve essere riconosciuta “a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica” (Cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 24 aprile 2012, n. 7);
d) per il legittimo esercizio del diritto di accesso è necessaria la sussistenza:
- di un interesse qualificato, specificamente inerente alla situazione da tutelare, che sia immediatamente riferibile al soggetto che pretende di conoscere i documenti;
-di un collegamento attuale tra situazione giuridica da tutelare e la documentazione di cui si richiede l’accesso, che sia tale da implicare l’incidenza, anche potenziale, dell’atto sull’interesse di cui il soggetto istante è portatore;
e) l’art. 22, comma 2, della l. 7 agosto 1990, n. 241, definisce l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, quale principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Il successivo comma 3 introduce il principio della massima ostensione dei documenti amministrativi, salve le limitazioni giustificate dalla necessità di contemperare il suddetto interesse con altri interessi meritevoli di tutela (art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6 della medesima legge). Pur prevedendo il diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione a chiunque vi abbia interesse, il legislatore non ha tuttavia voluto introdurre un’azione popolare volta a consentire un controllo generalizzato sull’attività amministrativa. A riprova di ciò la previsione, specifica, che l’interesse all’ostensione deve essere finalizzato alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti: a norma dell’art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990, infatti, vengono definiti “interessati” all’accesso non tutti i soggetti indiscriminatamente, ma soltanto i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 16 maggio 2016, n. 1978; sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2269; sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4209; sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 4838; sez. V, 21 agosto 2017, n. 4043).
Secondo il costante e indiscusso orientamento di questo Consiglio di Stato e, più in generale, della giustizia amministrativa, “Va accolta una nozione ampia di ‘strumentalità’ del diritto di accesso, nel senso della finalizzazione della domanda ostensiva alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale e non meramente emulativo o potenziale, connesso alla disponibilità dell’atto o del documento del quale si richiede l’accesso, non imponendosi che l’accesso al documento sia unicamente e necessariamente strumentale all’esercizio del diritto di difesa in giudizio, ma ammettendo che la richiamata ‘strumentalità’ va intesa in senso ampio in termini di utilità per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante” (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 16 maggio 2016, n. 1978; sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2269; sez. III n. 249 /2019).
f) il legame tra la finalità dichiarata e il documento richiesto è rimessa alla valutazione dell’ente, in sede di amministrazione attiva, e del giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, valutazione che va effettuata in astratto, senza apprezzamenti diretti (e indebiti) sulla documentazione richiesta;
g) la necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto di accedere, non implica nemmeno la riduzione dell’accesso ad una situazione meramente strumentale rispetto alla difesa in giudizio della situazione sottostante: “l’accesso, in tal senso, assume invece una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale, ma anche dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti in questione, potrebbe proporre; ed invero, il diritto di accesso ai documenti amministrativi, introdotto dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, a norma dell’art. 22 comma 2 della stessa legge, come sostituito dall’art. 15, l. 11 febbraio 2005 n. 15, costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, il quale si colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa con i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell’amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi. In quest’ottica, il collegamento tra l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso e la documentazione oggetto della relativa istanza, di cui al cit. art. 22, comma 1, lett. b), non può che essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse” (Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2012, n. 116);
h) l’affermazione del diritto di accesso è estrinsecazione, oltre che del principio di effettività della tutela giurisdizionale, anche della tutela dei diritti fondamentali dei familiari, in particolare dei figli minorenni, questi ultimi tutelati dall'art. 5 del settimo protocollo addizionale della CEDU e dagli artt. 29 e 30 della Costituzione;
i) Si tratta di principi irrinunciabili e fondanti, nell’ambito del moderno Stato di diritto, di un nuovo modo di concepire il rapporto tra cittadini e potere pubblico, improntato a trasparenza e accessibilità dei dati e delle informazioni, anche ove queste riguardino terzi soggetti, purché a soddisfazione di un interesse (come visto, nemmeno più strumentale alla mera difesa in giudizio delle proprie posizioni) giuridicamente rilevante e meritevole di tutela;
l) l’enucleazione di una nozione sempre più ampia del concetto della “strumentalità” del diritto di accesso, comunque non può obliterare il richiamo, positivamente stabilito, alla finalizzazione della domanda ostensiva alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale e non meramente emulativo o potenziale, connesso alla disponibilità dell’atto o del documento del quale si richiede l’accesso (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2269);
m) sono due le logiche all’interno delle quali opera l’istituto dell’accesso: la logica partecipativa e della trasparenza e quella difensiva.
Ad entrambe è preposto l’esercizio del potere amministrativo, secondo regole procedimentali nettamente differenziate.
La logica partecipativa è imperniata sul principio generale della massima trasparenza possibile, con il solo limite rappresentato dalle esclusioni elencate nei commi 1, 2, 3, 5 e 6 dell’art. 24 della medesima legge n. 241.
La logica difensiva è costruita intorno al principio dell’accessibilità dei documenti amministrativi per esigenze di tutela e si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che grava sulla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento al quale intende accedere è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi. L’accesso difensivo è costruito come una fattispecie ostensiva autonoma, caratterizzata (dal lato attivo) da una vis espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi; è connotata (sul piano degli oneri) da una stringente limitazione, ossia quella di dovere dimostrare la ‘necessità’ della conoscenza dell’atto o la sua ‘stretta indispensabilità’, nei casi in cui l’accesso riguarda dati sensibili o giudiziari.
In secondo luogo, la conoscenza dell’atto non è destinata a consentire al privato di partecipare all’esercizio del pubblico potere in senso ‘civilmente’ più responsabile, ossia per contribuire a rendere l’esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale, ma rappresenta il tramite per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici;
n) l’accesso pieno ed integrale alla condizione reddituale, patrimoniale ed economico-finanziaria delle parti processuali – siano essi coniugi o conviventi di fatto, anche rispetto ai figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente indipendenti – nelle cause divorzili è da considerare precondizione necessaria per l’uguale trattamento giuridico nell’ambito di tutti i procedimenti di famiglia;
3.-Facendo concreta applicazione dei suesposti principi, si osserva che nel caso di specie:
-sussiste una corrispondenza dell’interesse dell’appellante all’accesso agli atti ad una situazione giuridicamente tutelata, perché, nello specifico settore dei procedimenti in materia di famiglia, l’accesso di un privato agli atti reddituali, patrimoniali e latu sensu finanziari di un altro soggetto privato si rende possibile se strettamente ancorato alla necessità della difesa in giudizio di situazioni riconosciute dall’ordinamento come meritevoli di tutela;
-l’appellante, infatti, rivendica il suo diritto a una piena conoscenza della posizione reddituale della ex moglie da far valere nella causa di divorzio, e sono tutelate dall’ordinamento le questioni afferenti la tutela in materia di ‘famiglia’, tale da ricomprendere il momento della sua formazione, quello del suo svolgimento e quello, eventuale, della crisi e del suo scioglimento, in relazione ad esempio all’equità nella gestione dei rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi o i conviventi e rispetto ai figli;
- ai sensi dell’art. 25, comma 2, l. n. 241/1990, la richiesta di accesso ai documenti è sufficientemente motivata, in modo puntuale e specifico, nell’istanza di ostensione ed è suffragata da idonea documentazione onde permettere all’Amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione ‘finale’ controversa;
4.-Da quanto sopra si ricava che l’appellante risulta portatore di un interesse diretto e concreto a conoscere esclusivamente la sussistenza di un eventuale rapporto di collaborazione domestica della signora -OMISSIS- con la signora -OMISSIS-, in quanto si tratta di informazione utile ai fini della conoscenza della complessiva capacità reddituale della consorte in regime di separazione.
5.Ne segue che il ricorso è fondato limitatamente all’ammissione all’accesso documentale per acquisire la informazione relativa alla sussistenza presso l’INPS di una posizione contributiva in favore della signora -OMISSIS- in quanto collaboratrice domestica della signora -OMISSIS-.
6.-Pertanto, il ricorso deve essere accolto nei limiti e nei termini di cui sopra. 5.-Stante la peculiarità della questione posta sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese nei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, accoglie il ricorso di primo grado nei termini e nei limiti di cui sopra. Spese compensate nei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell’appellante e degli intimati nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarli.