Diversamente, per escludere il comodato occorre dimostrare che non sia stato convenuto di concedere ad uno dei due il godimento esclusivo del bene attraverso un apposito contratto.
L'attore agiva in giudizio nei confronti del figlio, sostenendo di avere a lui concesso un immobile di sua proprietà in comodato del quale richiedeva la restituzione e il risarcimento da occupazione indebita, essendone venuto meno il titolo. Il figlio si costituiva in giudizio eccependo di avereusucapito il bene.
Il Tribunale di...
Svolgimento del processo
1.- A. L. S., qui ricorrente, ha agito in giudizio nei confronti di G. L. S., suo figlio, sostenendo di avere concesso a costui, in comodato, un immobile di sua proprietà, e pretendendone dunque la restituzione, oltre al risarcimento da occupazione indebita.
Ha sostenuto, in particolare, che l’occupazione del bene da parte del figlio, venuto meno il titolo, era da ritenersi priva di giustificazione.
Il figlio, nel costituirsi in giudizio e contestare la domanda, ha eccepito di avere usucapito il bene.
2.-Il Tribunale di Agrigento ha riconosciuto un rapporto di comodato, ha negato di conseguenza l’usucapione, ed ha disposto il rilascio trascorsi due mesi dalla notifica della sentenza.
La Corte di Appello di Palermo ha riformato questa decisione, accertando una comproprietà sull’immobile di entrambe le parti e, cosi, da un lato, ha negato l’usucapione, dall’altro, ha negato diritto all’attore di agire per la risoluzione del comodato.
3.-A. L. S. ricorre con cinque motivi, ed ulteriore memoria. V’è costituzione con controricorso di G. L. S.. Il PG ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
5.- La decisione impugnata, come si è accennato, ha accertato un rapporto di comproprietà sul bene, non contestato dallo stesso ricorrente, e ne ha dedotto che costui non aveva diritto ad agire in base ad un contratto di comodato, in quanto il figlio ha titolo di godimento proprio nella sua comproprietà. Ha altresì escluso, per contro, che il figlio possa avere usucapito anche la quota altrui, vale a dire quella del padre, in quanto non era emerso un possesso tale da rendere incompatibile il possesso altrui.
6.-Il primo motivo di ricorso denuncia sia l’omesso esame di un fatto rilevante che la violazione di legge – anche se non si specifica quale- per omessa considerazione dell’avvenuto decorso di un termine di decadenza.
La tesi del ricorrente è la seguente.
Il giudice di primo grado, nel disporre il rilascio del bene, aveva concesso due mesi di tempo dalla notifica della sentenza, e quei due mesi sono inutilmente decorsi.
Il giudice di appello avrebbe dovuto tenere conto di questa “decadenza” ed invece non lo ha fatto.
Il motivo, in questi termini, è inammissibile.
Non si comprende intanto da cosa sia decaduta la controparte: non ha eseguito la sentenza di primo grado, ma l’ha impugnata, ottenendone la riforma, e non eseguire una pronuncia di rilascio non comporta alcuna decadenza preclusiva dell’impugnazione.
7.-Il secondo motivo denuncia la violazione dell’articolo 345 c.p.c.. Il ricorrente sostiene che aveva eccepito l’improcedibilità dell’appello per difetto, parrebbe, di specificità di uno, o forse di ciascuno dei motivi che lo sostenevano, e ritiene che questa sua eccezione non sia stata accolta, né, nuovamente parrebbe, presa in considerazione.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente non dimostra che la questione era stata posta in appello ed in che termini, avendo egli l’onere di reiterare la domanda su cui v’è stata omissione (Sez. 3, 4388/ 2016; Sez. 1, 6529/ 2017).
Né, qualora il motivo sia da intendersi come di omessa motivazione”, viene riferito quale fosse la questione posta in appello, ossia quale fosse la questione di improcedibilità della impugnazione (rectius, avrebbe dovuto essere di inammissibilità), che sarebbe stata erroneamente decisa dal giudice di secondo grado: non si dice quale era il motivo di appello che difettava di specificità, quale ossia il suo esatto contenuto e tenore.
Con la conseguenza che il collegio non è posto in condizione di apprezzare la decisione censurata.
8.-Terzo e quarto motivo attengono alla medesima questione e possono valutarsi insieme: il ricorrente con il terzo motivo contesta ai giudici di appello sia motivazione contraddittoria che travisamento dei fatti. Con il quarto motivo, ulteriore travisamento dei fatti quanto alla quota di comproprietà.
In particolare, con il terzo motivo, il ricorrente assume un erroneo accertamento da parte della Corte di Appello della intervenuta interversione nel possesso. Meglio: ritiene che la Corte, da un lato, abbia escluso il possesso ad usucapionem, ma, per altro verso, avrebbe comunque ammesso una forma di possesso sul bene, e ciò contraddittoriamente in quanto, essendo il figlio detentore da comodato, poteva ritenersi possessore solo se avesse fatto una regolare interversione nel possesso, che però non v’è mai stata.
Mentre, con il quarto motivo, il ricorrente denuncia violazione della regola per cui tra padre e figlio non può aversi usucapione, ed altresì travisamento del fatto che non del 50%, bensì di una quota minore, il figlio dovesse ritenersi proprietario.
Meglio: secondo il ricorrente, la comproprietà attribuiva al figlio il godimento corrispondente, ma non quello esclusivo del bene, e che per avere quest’ultimo, il figlio aveva necessità di un titolo proveniente dall’altro comproprietario, titolo venuto meno.
Da questo errore di fatto (circa la quota di comproprietà) sarebbe derivato un errore di decisione: ossia la Corte avrebbe poi erroneamente ricavato che non poteva essere verosimile il comodato a favore di un comproprietario.
I motivi sono fondati nei termini che seguono.
La ratio della decisione impugnata è di desumere l’assenza di un qualche titolo di godimento in capo al figlio dalla circostanza che costui era comproprietario del bene, ed il comproprietario ha il godimento in quanto tale, senza bisogno di ulteriore titolo da parte altrui.
Ma questa deduzione è illegittima.
Infatti, il comproprietario può concedere l’esclusivo godimento del bene ad altro comproprietario nel senso che, poiché la comproprietà è caratterizzata dall’uso comune, per derogarvi, ossia per far si che uno dei comproprietari abbia invece il godimento esclusivo, o abbia un godimento diverso da quello spettante al comproprietario in quanto tale, l’altro o gli altri devono riconoscergli un titolo, che può anche consistere nel comodato.
Con la conseguenza che la decisione della Corte di dedurre l’assenza di comodato dal semplice e puro fatto che vi era comproprietà in modo apodittico, è errata, o, meglio, non è affatto motivata.
Non basta cioè premettere che entrambi sono comproprietari per escludere che conseguentemente uno dei due non può essere comodatario, dovendosi invece dimostrare che non è stato convenuto di concedere ad uno dei due il godimento esclusivo mediante un contratto apposito.
9-. L’ultimo motivo si duole delle spese compensate.
La Corte di Appello ha compensato entrambi i gradi di giudizio, e di tale decisione si lamenta il ricorrente che però non è chiaro che pronuncia vorrebbe, quale è il suo interesse ad impugnare una sentenza nella parte in cui, anziché condannarlo alle spese, come era conseguenza della sua soccombenza, le ha compensate.
Ma la questione è assorbita dalla cassazione con rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie terzo e quarto motivo, rigetta gli altri. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.