Le indicazioni in essa riportate consentono di individuare, in modo univoco e certo, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo.
Il Tribunale di Brescia rigettava la domanda dell'attrice volta ad ottenere la condanna dei convenuti a consentirle l'esercizio del diritto di servitù di passaggio spettante alla medesima in virtù di un atto di divisione.
Proposto gravame, la Corte d'Appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado e accertava l'esistenza del...
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione del gennaio 2008, la sig.ra M.B. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, i sigg. A.B., D.M., D.R.M. e M.M., chiedendo la loro condanna a consentirle l’esercizio del diritto di servitù di passaggio (gravante sulle proprietà intestate in parte ad A.B., in parte a D.R. e M.M., precisamente identificate al NCEU al Comune di Manerbio al foglio (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) alla stessa spettante in virtù dell’atto di divisione del 21 gennaio 1975 (con cui ella e A.B. divisero il fondo originario a rogito del dott. R., n. (omissis)) per l’accesso alla sua proprietà esclusiva (immobile censito al NCT del predetto Comune alla pagina 46) tramite l’ingresso di (omissis), vicolo (omissis), e, per l’effetto, condannare i medesimi convenuti ad eliminare qualsiasi ostacolo al libero passaggio pedonale e carraio da parte di essa attrice e dei suoi eventuali aventi causa, per il tramite del detto passaggio in (omissis), lasciando, inoltre, sempre aperto il cancello posto al predetto ingresso, ovvero, in via subordinata, consegnarne le chiavi alla stessa, con risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, nella misura ritenuta equa.
Si costituivano in giudizio i citati convenuti che, oltre ad instare per il rigetto dell’avversa pretesa eccependo anche il difetto di legittimazione passiva (in riferimento all’actio confessioria servitutis) in capo ad A.B. e D.M., chiedevano di accertare l’estinzione del contestato diritto di servitù per prescrizione, con conseguente ordine al competente Conservatore dei RR.II. di procedere alla trascrizione della sentenza.
Riassunta la causa dagli eredi del deceduto D.M. ed istruitala anche tramite c.t.u. e l’assunzione di prova testimoniale, l’adìto Tribunale, con sentenza n. 820/2011, rigettava le domande principali e accoglieva l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di A.B. e D.M., ritenuta assorbita l’eccezione di prescrizione sollevata dalle parti convenute, ordinando, infine, al Conservatore dei Registri Immobiliari competente di procedere alla trascrizione della medesima sentenza.
2. Decidendo sul gravame interposto dalla sig.ra M.B. e nella resistenza delle appellate sig.re A.B., D.R.M. e M.M., la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 1401/2017 (pubblicata il 7 novembre 2017), dichiarato il difetto di legittimazione passiva in capo ad A.B. con riferimento alla domanda di servitù di passo carraio (per aver la stessa donato alle figlie D. R. e M.M. la proprietà, assegnatale in sede di divisione ed oggetto della costituzione volontaria di servitù, mediante atto pubblico n. 26385 del 13.4.2004 a rogito notaio E., trascritto il 26.4.2004), accoglieva in parte l’appello ed accertava l’esistenza della servitù dedotta in controversia insistente sul passaggio in (omissis), vicolo (omissis), in favore del fondo di M.B. e a carico dei fondi serventi divenuti poi di proprietà di D.R. e M.M., condannando le appellate alla rimozione degli ostacoli all’esercizio del libero passaggio carraio, oltre che al pagamento delle spese di c.t.u. e alla rifusione del 50% delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Ordinava, infine, al competente Conservatore dei RR.II. di procedere alla trascrizione della sentenza. In particolare, per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte territoriale, in riforma parziale della sentenza di primo grado, accertava l’esistenza del diritto di servitù di passaggio carraio sull’ingresso sito in (omissis), vicolo (omissis), in favore del fondo di parte appellante e gravante sulle proprietà intestate a D.R. e M.M., per essere tale diritto reale espressamente contemplato nel richiamato atto di divisione del 1975 insieme con la previsione del divieto di recinzione del cortile sulla linea di divisione (salvo il consenso delle parti) ed essendo rimasto, altresì, provato che il rogito con cui M.B. e A.B. divisero le loro proprietà venne integralmente trascritto, aggiungendo che le convenute – malgrado la nota di trascrizione dell’atto di divisione non risultasse essere stata prodotta in giudizio - non avevano mai contestato l’esistenza o la opponibilità a loro stesse o a terzi di tale atto, limitandosi ad affermare l’estinzione per prescrizione del controverso diritto di servitù (peraltro esclusa dalla Corte di appello, essendo stato provato, con le dichiarazioni testimoniali rese in primo grado dai testi di parte attrice/appellante, che quest’ultima aveva continuato ad usufruire del passaggio carraio insistente su via (omissis), transitando sullo stesso con la sua auto unitamente a quelle di altri soggetti, ma anche che – quantomeno fino al 2006 – il cancello apposto al predetto ingresso era risultato sempre aperto).
3. Avverso la menzionata sentenza di appello, hanno proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo, le sig.re D.R.M. e M.M., resistito con controricorso dal sig. M.R., nella sua qualità di erede della sig.ra M.B., nelle more deceduta.
A seguito del sopravvenuto decesso dell’Avv. G.B., difensore delle ricorrenti, si è costituito in sua sostituzione, unitamente al già nominato Avv. P.R., l’Avv. A.A..
La difesa delle ricorrenti ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-
bis.1. c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con un unico, complesso, motivo di ricorso, le ricorrenti denunciano:
- per un verso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2644 e 2659 c.c. e dell’art. 132 c.p.c., per aver la Corte di appello rilevato l’opponibilità del diritto di servitù previsto nell’atto divisionale presupposto (cui aveva partecipato la di loro genitrice, la quale aveva, poi, successivamente donato loro la quota assegnatale), malgrado la mancata produzione della relativa nota di trascrizione, pur non risultando contestata la circostanza che l’atto fosse stato trascritto;
- per altro verso, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omessa valutazione dei documenti prodotti a supporto dell’eccezione riconvenzionale di prescrizione per non uso della servitù carrabile (e segnatamente dell’atto di citazione del 22 marzo 1993, della raccomandata dell’11 gennaio 2006 e dell’atto notarile del 13 aprile 2004).
3. Rileva il collegio che il formulato motivo è fondato in relazione alla denunciata violazione di legge, con assorbimento dell’ulteriore censura sulla contestazione dell’esclusa prescrizione del diritto di servitù.
Si osserva che risulta pacifico – anche in base al contenuto della sentenza – che la nota di trascrizione dell’atto divisionale del 21 gennaio 1975, con il quale era stata prevista la costituzione della contestata servitù (atto, per l’appunto, soggetto a trascrizione ai sensi dell’art. 2643 n. 4), c.c.), non fu prodotta in giudizio, né diversamente acquisita agli atti dello stesso.
Nell’impugnata sentenza, la Corte di appello ha ritenuto di poter desumere tale opponibilità nei confronti delle due ricorrenti sulla base di due circostanze: - l’una secondo cui dall’attestazione sulla prima pagina della copia autentica dell’atto divisionale prodotta in giudizio era evincibile che quest’ultimo fosse stato trascritto (donde la produzione dell’effetto dell’opponibilità – ai sensi dell’art. 2644 c.c.
- nei riguardi della M.D.R. e M.M., malgrado le stesse avessero ricevuto in donazione, con atto pubblico del 13 aprile 2004, regolarmente trascritto il 26 aprile 2004, la quota di proprietà della loro genitrice, assegnatale in sede divisoria con il citato atto di divisione del 21 gennaio 1975); - l’altra in base alla quale le convenute-appellate non avevano mai contestato l’esistenza e l’opponibilità a loro stesse o a terzi dell’atto divisionale e delle pattuizioni con lo stesso concordate, essendosi limitate a rilevare che la servitù di passaggio carraio dovesse ritenersi estinta per prescrizione, desumendosi, quindi, da ciò il riconoscimento, da parte delle medesime, sia dell’effettiva esistenza delle stessa che della conoscenza integrale del suo contenuto.
Ritiene il collegio che tale motivazione non può essere condivisa in punto di diritto poiché, se è vero che l’opponibilità ai terzi discende quale effetto legale dell’eseguita trascrizione dell’atto, è altrettanto vero che il suo contenuto deve, tuttavia, considerarsi conoscibile, per sortire tale efficacia, esclusivamente attraverso la nota di trascrizione, precisandosi che tale conoscibilità legale non è surrogabile con il ricorso ad altre modalità.
Infatti, la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 18892/2009 e Cass. n. 4842/2019) ha univocamente affermato il principio (al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio), secondo il quale, per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, occorre aver riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni in essa riportate consentire di individuare, in modo univoco e certo, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo, che insieme con la nota, viene depositato presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.
In altri termini, ai fini dell’opponibilità di una servitù ai terzi, successivi acquirenti (a titolo gratuito od oneroso) del fondo servente, deve essere presa in considerazione – ai sensi dell’art. 2659, comma 1, n. 2) c.c. - soltanto la conoscibilità legale, desumibile dal contenuto della nota di trascrizione del contratto che della servitù integra il titolo (cfr. Cass. n. 8000/2018), dovendo dalla stessa risultare l'indicazione del fondo dominante e di quello servente, la manifestazione della volontà delle parti di gravare un fondo del diritto di servitù, nonché l'oggetto e la portata del diritto (v., da ultimo, anche Cass. n. 17026/2019); né tale conoscibilità – diversamente da quanto opinato dalla Corte bresciana nell’impugnata sentenza - può essere sostituita od integrata da una conoscenza desumibile "aliunde".
4. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere accolto in ragione della fondatezza della denunciata violazione di legge (assorbente della ulteriore questione dedotta con il proposto motivo), con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza ed il derivante rinvio della causa alla Corte di appello di Brescia che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto precedentemente enunciato, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.