Svolgimento del processo
1. Con sentenza del Tribunale di Fermo in composizione monocratica del 2/9/2019 N.A., all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava l'improcedibilità quanto al reato di lesioni personali imputatogli al capo b) per difetto di querela, e condannava l'imputato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi quattro di reclusione, oltre alla sanzione amministrativa accessoria, in quanto riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 189 co. 6 e 7 cod. strada (capo a) perché, alla guida dell'autoveicolo Fait Doblò tg. (Omissis), proveniente da Piazza (omissis) del centro abitato di Grottammare, giunto all'incrocio stradale con via (omissis), impegnava predetta arteria con direzione sud andando a collidere contro il motociclo Cagiva tg. (Omissis) condotto da P.M., che percorreva via (omissis) con direzione di marcia sud-nord, procurandogli lesioni personali: nell'occorso N.A. si allontanava senza prestare l'assistenza occorrente al medesimo P.M..
Con sentenza del 21/3/2022, pronunciando sull'appello proposto dall'imputato, la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva l'imputato dal delitto di cui all'art. 189 co. 7 cod. strada perché il fatto non costituisce reato, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
La Corte territoriale non modificava il trattamento sanzionatorio pur non essendovi stata in primo grado formale pronuncia di assoluzione in relazione all'ipotesi di cui all'articolo 189 co. 7 cod. strada, in quanto l'intervenuta assoluzione in relazione a tale fattispecie e l'avvenuta condanna unicamente in relazione alla di versa fattispecie di cui al sesto comma, correlata all'obbligo di fermarsi in caso di incidente con danni alle persone, veniva ritenuta coerente con la pena irrogata in primo grado e anche con la motivazione della sentenza impugnata.
3. Propone ricorso il N.A., a mezzo del proprio difensore di fiducia, lamentando con un primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall'articolo 131 bis invocata dall'imputato con i motivi di appello aggiunti ecco le conclusioni scritte rassegnate per l'udienza cartolare nei termini di legge.
Evidenzia il ricorrente che dalla sentenza impugnata non risulta neanche implicitamente l'esclusione della causa di non punibilità atteso che la Corte distrettuale ha omesso qualunque considerazione specifica in merito agli indici di gravità oggettiva del reato sì al grado di colpevolezza dell'imputato.
Viene altresì posto in rilievo che l'odierno ricorrente è un soggetto incensurato che spontaneamente ha confessato quanto accaduto agli agenti dichiarando di essersi allontanato in quanto in preda al panico e che il danno prodotto era esiguo avendo la parte offesa in seguito al fatto riportato solo lievi traumi contusivi con una prognosi di 7 giorni accertata dai medici del pronto soccorso dell'ospedale civile di San Benedetto del Tronto.
Con un secondo motivo si lamenta vizio motivazionale in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche che sarebbe avvenuto con l'utilizzo di mere clausole di stile.
Le parti hanno reso conclusioni scritte come riportato in epigrafe.
Motivi della decisione
1 Il primo motivo di ricorso sopra illustrato è fondato e pertanto la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Perugia (in quanto la Corte di appello di Ancona ha unica sezione) in relazione alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131bis cod. pen.
Infondato è, invece, il secondo motivo e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato nel resto.
2. Ed invero, coglie nel segno la doglianza in merito all'omessa motivazione in punto di diniego dell'applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p.
La richiesta in questione è scrutinabile in questa sede, seppure proposta nel precedente grado con i motivi aggiunti, depositati nei termini, e non in quelli di appello, in ragione dell'ampliamento di operatività della causa di non punibilità operato con la cd. Riforma Cartabia.
Com'è noto, la disposizione dettata dall'art. 131-bis cod. pen. è stata modi ficata dall'art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, che, al dichiarato scopo di ampliare la portata operativa di tale particolare causa di esclusione della punibilità - pur continuando a precluderne l'applicazione nei processi aventi ad oggetto una serie di reati disciplinati dal codice penale o da leggi speciali, di cui all'ampliato elenco contenuto nel nuovo secondo comma di quell'articolo - nel primo comma ha sostituto le parole «massimo a cinque anni» con le parole «minimo a due anni» e ha inserito, dopo le parole »primo comma» quelle «anche in considerazione della condotta susseguente».
L'effetto di tale riscrittura -come rilevato dalla recente Sez. 6 n. 7573 del 27/1/2023, N.A., - è evidente, in quanto si è notevolmente allargato lo spettro di applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., essendo oggi l'esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto riconoscibile anche nei processi relativi ad una serie di reati in precedenza esclusi, perché puniti con una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni, se sanzionati con una pena detentiva edittalmente stabilita in misura pari o inferiore a due anni. Ed essendo stato stabilito che, a fini della valutazione della particolare tenuità dell'offesa, il giudice debba considerare non solamente indicatori rivolti, per così dire, al 'passato' o al 'presente' rispetto al momento della commissione del reato, ma anche uno specifico indicatore concernente ciò che è accaduto dopo quel momento, costituito appunto dalla condotta che l'imputato ha tenuto in epoca posteriore alla realizzazione dell'illecito (condotta susseguente che, in precedenza, si era negato potesse es sere valorizzata ai fini che qui rilevano (cfr. Sez. 5, n. 660 del 02/12/2019, dep. 2020, P., Rv. 278555; Sez. 3, n. 893 del 28/06/2017, P.M. in proc. Gallorini, Rv. 272249).
La disposizione dettata dall'art. 131-bis cod. pen. in tale nuova versione è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, giusta la previsione dell'art. 6 del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, nel testo convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, sicché, in assenza di una disposizione transitoria, si è posto il problema dell'applicazione retroattiva di tali novità legislative a fatti di reato commessi in epoca anteriore a quella data: dunque, anche al delitto accertato a carico dell'odierno ricorrente, chiamato a rispondere del reato di calunnia punito con la pena della reclusione nel massimo superiore a cinque anni, ma nel minimo non superiore a due anni.
La risposta fornita sul punto dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità è stata sul punto condivisibilmente favorevole all'imputato, in ossequio al preciso indirizzo esegetico formulato dalle Sezioni Unite della Cassazione in occasione dell'entrata in vigore del nuovo istituto, quando la questione della deducibilità dell'istanza di applicazione dell'art. 131-bis cod. pen. per la prima volta in cassa zione venne definita in senso positivo, in quanto norma afferente ad un istituto di diritto penale sostanziale, dunque ai sensi dell'art. 2, quarto comma, cod. pen. (cfr. Sez. 4 n. 3290/2021; Sez 6 n. 7573/2023).
Ne consegue il riconoscimento dell'applicazione retroattiva dell'art. 131-bis cod. pen. alle nuove figure criminose desumibili quoad poenam anche nei giudici pendenti alla data di entrata in vigore della riforma aventi ad oggetto reati commessi prima di quella data (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594). Applicazione retroattiva che non vi è ragione di non riconoscere pure per la parte della nuova disposizione che prevede la possibilità per il giudice di tenere conto della condotta del reo susseguente al reato, in quanto concernente ad un presupposto per l'applicazione di quell'istituto di diritto penale sostanziale.
La sentenza impugnata va, dunque, annullata.
Reputa, tuttavia, il Collegio che necessiti un rinvio al giudice del merito, tenuto conto che, ai fini della verifica della operatività dell'istituto in parola nel caso di specie, occorrono ulteriori accertamenti in fatto inibiti a questa Corte di legittimità.
La sentenza impugnata, infatti, non consente di poter affermare che i giudici del merito abbiano già riconosciuto la sostanziale particolare tenuità del fatto, ma nemmeno di escluderla, alla luce del fatto che l'imputato è incensurato e che è reo confesso.
Il giudice del rinvio dovrà, in particolare, valutare il comportamento successivo al reato, non rilevante ai fini del disposto dell'art. 131 bis c.p. nella formula zione antecedente alla c.d. riforma Cartabia (cfr. Sez. 4 n. 28340/2020), che ap pare invece allo stato valutabile, essendo stato in tal senso ampliato l'ambito di operatività della fattispecie in ottica deflattiva.
Infine, quanto al proposto motivo in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche lo stesso va rigettato in quanto, come si evince dall'atto di appello del 8/1/2020 a firma dell'Avv, R.L., la questione non era stata devoluta al giudice del gravame del merito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione concernente l'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte d'Appello di Perugia.
Rigetta nel resto il ricorso.