CEDU, sez. I, sentenza 6 aprile 2023, n. 37894, caso Crestacci contro Italia
Oggetto della causa
La causa concerne l’esproprio di un terreno del ricorrente e la successiva attribuzione di un’indennità basata sul valore agricolo medio del suolo.
Il ricorrente era il proprietario di un appezzamento di terreno di superficie pari a 32.000 metri quadrati situato nel comune di Collesalvetti e censito al catasto dei terreni al foglio n. 27, particelle nn. 1135 e 1136. Secondo il piano regolatore generale del 1976, il terreno era destinato a uso agricolo, successivamente, in data imprecisata, la destinazione fu modificata e il terreno fu destinato a verde pubblico.
Il 14 novembre 1989, il comune approvò un progetto per la creazione di un’area di verde pubblico attrezzato. Il 29 novembre 1989 autorizzò l’occupazione urgente del terreno del ricorrente e successivamente gli offrì un’indennità pari a 31.200.000 lire (ITL), che il ricorrente rifiutò. In data 11 agosto 1993 il Comune emanò il decreto di esproprio.
Il ricorrente promosse un procedimento giudiziario affermando che l’indennità offerta dal comune era insufficiente e sostenendo che essa avrebbe dovuto essere basata sulla vocazione edificatoria de facto del terreno.
Il perito nominato dalla Corte di appello di Firenze ritenne, alla luce dell’utilizzo e delle caratteristiche delle aree circostanti, che il terreno del ricorrente avesse effettivamente una vocazione edificatoria, e su questa base quantificò il suo valore di mercato in ITL 2.036.000.000.
Con decisione in data 26 luglio 2000, la Corte di appello di Firenze affermò che la quantificazione del valore di mercato del terreno doveva essere basata sulle caratteristiche fattuali e giuridiche del suolo alla luce della sua destinazione prima dell’esproprio. La Corte di appello ritenne perciò che, in base al piano regolatore generale vigente prima dell’inizio della procedura di esproprio, il terreno fosse destinato a verde pubblico e fosse pertanto soggetto a un vincolo conformativo.
Per tale motivo, la Corte di appello stabilì, ai sensi dell’articolo 5 bis della legge n. 359/1992, che si applicavano i criteri previsti per i terreni agricoli, e quindi l’indennità di esproprio doveva essere basata sul valore agricolo medio. Conseguentemente confermò l’indennità di ITL 31.200.000 (circa EUR 16.100).
Il ricorrente propose ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale, in data 1° aprile 2004, lo rigettò.
Il ricorrente, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, ha lamentato l’ingerenza sproporzionata nei suoi diritti di proprietà dovuta all’asserita inadeguatezza dell’indennità ricevuta.
La valutazione della corte
La Corte osserva che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 lettera a) della Convenzione né non incorre in altri motivi di irricevibilità. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
La Corte rinvia alla sua sentenza relativa alla causa Preite c. Italia (n. 28976/05, §§ 18-29 e 42-53, 17 novembre 2015) per il riepilogo del diritto e della prassi interni pertinenti nonché dei pertinenti principi generali applicabili alla presente causa.
La Corte osserva che il ricorrente è stato privato della sua proprietà ai sensi del diritto nazionale e che l’esproprio perseguiva un fine legittimo di pubblica utilità. Il ricorso però concerne un particolare esproprio che non è stato effettuato nell’ambito di un processo di riforma economica, sociale o politica né era legato ad altre circostanze specifiche. Di conseguenza la Corte non ravvisa alcun fine legittimo di “pubblica utilità” in grado di giustificare il versamento di un’indennità inferiore al valore di mercato.
Nel caso di specie l’indennità di esproprio assegnata al ricorrente è stata calcolata sulla base dei criteri fissati dall’articolo 5 bis della legge n. 359/1992 per i suoli non edificabili, vale a dire in base al valore agricolo medio del terreno (si veda il paragrafo 7 supra).
Il ricorrente ha lamentato che l’indennità era stata calcolata senza tenere conto delle reali caratteristiche del terreno.
La Corte ribadisce che non è suo compito risolvere le controversie riguardanti la qualificazione giuridica del suolo o la stima del suo valore, a meno che non si dimostri che l’indennità di esproprio non presenta alcuna ragionevole corrispondenza con il valore di mercato di un terreno (si veda Preite, sopra citata, § 50).
A tale riguardo, la Corte è disposta ad accettare che la stima del valore di mercato tenga conto della qualificazione giuridica del terreno precedente all’esproprio. Essa, difatti, rammenta che l’indennità deve essere calcolata sulla base del valore del bene alla data in cui è stato espropriato, il quale è intrinsecamente collegato alla destinazione che aveva il terreno in quel momento, e non sulla base di una successiva destinazione. La Corte ha inoltre già ritenuto che, in assenza di prospettive concrete di sviluppo edilizio precedenti all’esproprio, non sia appropriato basarsi soltanto sull’idea del ricorrente che il terreno abbia potenzialità di sviluppo edilizio (si veda Maria Azzopardi c. Malta, n. 22008/20, §§ 62-63, 9 giugno 2022).
Nel caso di specie, prima che iniziasse la procedura di esproprio, il terreno era stato inizialmente destinato a uso agricolo e successivamente a verde pubblico (si veda il paragrafo 2 supra). Tale ultima destinazione poneva un vincolo conformativo e non già un vincolo espropriativo (si veda in proposito Campanile e altri c. Italia (dec.), n. 32635/05, § 29, 15 gennaio 2013). Inoltre, il ricorrente non nutriva legittime aspettative concrete sul fatto che, in assenza della procedura di esproprio, il terreno sarebbe divenuto edificabile. Secondo la Corte, pertanto, la valutazione che il terreno non fosse edificabile non era priva di ragionevole fondamento.
La Corte osserva tuttavia che nel caso di specie, le autorità nazionali non hanno effettuato una stima del valore di mercato del terreno tenendo conto delle caratteristiche specifiche del bene, ma hanno accordato un’indennità basata sul valore agricolo medio (si veda il paragrafo 7 supra).
In proposito il ricorrente ha sostenuto che il valore di mercato del terreno, anche ammettendo che non fosse edificabile, era significativamente più alto del valore agricolo medio e, secondo una stima peritale di parte, ammontava a EUR 446.218,76. Il Governo ha riconosciuto che, in linea di principio, l’indennità non avrebbe dovuto essere basata sul valore agricolo medio, ma ha sostenuto che nel caso di specie l’effettivo valore di mercato non era significativamente superiore. A tal fine ha invocato una relazione dell’autorità fiscale di Livorno che affermava che il terreno in questione era paludoso e necessitava di operazioni tecniche affinché potesse essere bonificato e reso utilizzabile e stabiliva quale indennità dovuta al ricorrente la somma di ITL 32.000.000 (circa EUR 16.500).
La tesi del Governo non persuade la Corte. Essa osserva che nella stima effettuata l’autorità fiscale livornese aveva applicato il valore agricolo medio in base alla legge in vigore all’epoca pertinente. Pur considerando che il terreno in questione era paludoso e non era coltivato, lo aveva fatto soltanto per riferirsi al valore medio delle colture prevalenti nella zona e non già delle colture effettivamente coltivate. L’autorità fiscale, pertanto, non aveva effettuato una stima del valore di mercato effettivo del terreno.
La Corte ha già ritenuto che un’indennità basata sul valore agricolo medio non abbia una ragionevole corrispondenza con il valore di mercato di un terreno giacché non tiene conto delle sue reali caratteristiche (Preite, sopra citata, § 51). Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte non vede motivo di discostarsi dalla sua precedente giurisprudenza.
Vi è stata, di conseguenza, violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
Sull’applicazione dell’articolo 41 della convenzione
Il ricorrente ha chiesto 1.401.044,27 euro (EUR), oltre agli interessi legali a decorrere da agosto 2003, per il danno patrimoniale. Ha chiesto inoltre circa 10.000 euro per le spese sostenute dinanzi ai tribunali interni e alla Corte.
Il Governo ha contestato le richieste ritenendole eccessive.
La Corte ha riscontrato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 a causa dell’inadeguatezza dell’indennità di esproprio del terreno del ricorrente stimata sulla base del valore agricolo medio invece che sul valore di mercato effettivo del terreno.
I pertinenti criteri per il calcolo del danno patrimoniale in simili casi sono stati indicati nelle cause Scordino (n. 1) ([GC], n. 36813/97, § 258, CEDU 2006-V) e Preite (sopra citata, §§ 68-72). In particolare la Corte si è basata sul valore di mercato del bene al momento dell’esproprio indicato dalle perizie dei consulenti tecnici nominati dal tribunale predisposte durante i procedimenti interni.
Nel caso di specie, però, la stima peritale è basata sulle potenzialità di sviluppo edilizio del terreno. Alla luce delle considerazioni sopra esposte (si vedano i paragrafi 16 e 17), la Corte non ritiene appropriato basarsi su tale perizia.
La Corte, tenendo conto dei calcoli forniti dal ricorrente e delle obiezioni del Governo e detraendo la somma accordata a livello interno, ritiene appropriato, deliberando in via equitativa, accordare EUR 150.000 per il danno patrimoniale.
Per quanto riguarda le spese del procedimento dinanzi alla Corte, il ricorrente non ha corroborato la sua richiesta con documenti giustificativi pertinenti, quindi, per tale motivo, la Corte la rigetta. Essa tuttavia accorda EUR 5.000 per le spese sostenute nel procedimento interno, oltre all’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta.
Per questi motivi, la Corte, all’unanimitá
Dichiara il ricorso ricevibile;
Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione;
Ritiene che lo Stato convenuto debba versare al ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme:
EUR 150.000 (centocinquantamila euro), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno patrimoniale;
EUR 5.000 (cinquemila euro), oltre all’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
che a decorrere da detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
Rigetta la domanda di equa soddisfazione del ricorrente per il resto.
Fatta in inglese e notificata per iscritto il 6 aprile 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.