Quando uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione alla quota che sarebbe spettata a quest'ultimo.
L'attuale ricorrente agiva in giudizio esponendo di essere beneficiaria, insieme ad altri eredi, di quattro contratti di assicurazione sulla vita stipulati dalla sorella con un'assicurazione e che quest'ultima, a seguito del decesso dell'assicurata, aveva liquidato agli eredi sei quote uguali. La stessa chiedeva che venisse accertata che...
Svolgimento del processo
B.B., premesso di essere beneficiaria, insieme ad altri eredi, di quattro contratti di assicurazione sulla vita stipulati dalla sorella L.B. con Intesa Assicurazioni Vita s.p.a. e che quest’ultima, a seguito del decesso dell’assicurata, aveva liquidato agli eredi sei quote eguali, agì in giudizio per sentir accertare che l’indicazione dei beneficiari negli “eredi legittimi” comportava che dovesse farsi riferimento ai criteri dettati dal codice civile per la successione legittima non soltanto per l’individuazione dei beneficiari, ma anche per la quantificazione delle quote spettanti; sostenne che ad essa, in quanto concorrente con gli eredi del fratello D. premorto, spettava la metà dell’indennizzo e chiese la condanna della società assicuratrice a corrisponderle la differenza fra il dovuto e quanto erogato;
disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi dell’assicurata, il Tribunale rigettò la domanda, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello; la Corte, compiuti ampi richiami alla giurisprudenza di legittimità, ha affermato che «la mera individuazione dei beneficiari col ricorso alla qualità di eredi legittimi (naturalmente alla morte dell’assicurato) non consente, proprio per la natura autonoma del diritto, di interpretare la volontà del disponente fino a ricomprendere, in quella dizione, non solo il criterio di individuazione, ma anche di ripartizione dell’indennizzo»;
ha proposto ricorso per cassazione B.B., affidandosi ad un unico motivo;
ha resistito, con controricorso, Intesa Sanpaolo Vita s.p.a.;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1366 e 1920 c.c., assumendo che il provvedimento impugnato ha interpretato in modo contrario alle dette norme il significato da attribuire alla clausola di designazione dei beneficiari contenuta nei quattro contratti di assicurazione («beneficiari gli eredi testamentari e, in mancanza, gli eredi legittimi»), così giungendo a ripartire le indennità in modo non conforme alla volontà del defunto contraente;
la ricorrente premette, in fatto, che eredi legittimi dell’assicurata risultavano la sorella B. e il fratello D., deceduto circa un anno prima della contraente, al quale erano subentrati per rappresentazione i tre figli E., P. e L.B. e, essendo quest’ultima premorta al padre, i suoi tre figli D., L. e D.B.; indi, dato atto del contrasto giurisprudenziale esistente in materia, richiama e fa propri i principi espressi da Cass. n. 19210/2015, sostenendo che la stipulante ha «evidentemente inteso correlare l’attribuzione dell’indennizzo ai soggetti indicati come eredi in misura proporzionale alla quota ereditaria ad essi astrattamente spettante»;
lo scrutinio del motivo non può prescindere dall’applicazione di Cass., Sezioni Unite n. 11421/2021 -successiva alla proposizione del ricorso- che ha composto il contrasto giurisprudenziale fra l’anzidetta Cass. n. 19210/2015 e un filone maggioritario di segno contrario, affermando i seguenti principi di diritto:
«la designazione generica degli «eredi» come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dal secondo comma dell'art. 1920 c.c., comporta l'acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all'assicuratore per individuare i creditori della prestazione;
la designazione generica degli «eredi» come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell'indennizzo assicurativo;
allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo»;
le Sezioni Unite sono intervenute con riferimento ad un’ipotesi in cui l’assicuratore aveva ripartito l’indennizzo, in parti eguali, fra i cinque eredi dell’assicurato, ossia il fratello e i quattro nipoti (figli di una sorella già deceduta all’epoca in cui era stata stipulata la polizza assicurativa); nel caso, i giudici di merito avevano ritenuto che al fratello dell’assicurato spettasse la metà della somma assicurata e avevano pertanto condannato l’assicuratore a versare all’attore la differenza fra quanto già erogato e la metà dovutagli; la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’assicuratore affermando –come detto– che, nel caso in cui uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuoia al contraente, la prestazione da eseguire a favore degli eredi del premorto va commisurata alla quota che sarebbe spettata a quest'ultimo;
più precisamente, le Sezioni Unite hanno osservato che «l'attribuzione del diritto iure proprio al beneficiario per effetto della designazione giustifica […] l'applicabilità all'assicurazione sulla vita per il caso morte del secondo comma dell'art. 1412 c.c.»; «in tal caso, l'acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto rispetto allo stipulante opera, peraltro, iure hereditatis, e non iure proprio, e quindi in proporzione delle rispettive quote ereditarie, trattandosi di successione nel diritto contrattuale all'indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto, secondo la logica degli acquisti a titolo derivativo»; «dunque, con la regola che implica l'identificazione degli «eredi» designati con coloro che abbiano tale qualità al momento della morte del contraente coopera la regola della trasmissibilità del diritto ai vantaggi dell'assicurazione in favore degli eredi del beneficiario premorto, quale conseguenza dell'acquisto già avvenuto in capo a quest'ultimo»; «la premorienza di uno degli eredi del contraente, già designato tra i beneficiari dei vantaggi dell'assicurazione, comporta, quindi, non un effetto di accrescimento in favore dei restanti beneficiari, ma, stando l'assenza di una precisa disposizione sul punto ed in forza dell'assimilabilità dell'assicurazione a favore di terzo per il caso di morte alla categoria del contratto a favore di terzi, un subentro per "rappresentazione" in forza dell'art. 1412, secondo comma, c.c.»; tanto premesso e rilevato che, nel caso specifico, la sorella dell’assicurato era deceduta prima della stipula della polizza (e, quindi, prima che potesse essere designata fra i beneficiari della stessa), la Corte ha affermato che «non vi era spazio per applicare il secondo comma dell’art. 1412 c.c., ovvero per ravvisare una trasmissione per “rappresentazione” agli eredi [della sorella] dei vantaggi dell’assicurazione nella medesima quota che sarebbe spettata a quella»;
applicato il (terzo) principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite e tenuto conto delle ragioni poste a fondamento della decisione, il ricorso della B. merita accoglimento, poiché:
per quanto emerge dalla sentenza impugnata (a pag. 6) e dallo stesso ricorso (a pag. 4), al momento in cui L.B. stipulò le polizze assicurative (tra il 2003 e il 2007) erano in vita sia la sorella B. che il fratello D.; quest’ultimo morì un anno prima della stipulante, deceduta nel novembre 2015;
al momento della morte, L. B. lasciò come eredi legittimi la sorella B. nonché P. ed E.B. (figli del premorto D.) e D., L. e D.B., figli di L.B. (premorta al padre D.);
ricorrono pertanto le condizioni per applicare l’art. 1412, 2° co. c.c. –secondo la lettura datane dalle Sezioni Unite (e diversamente da quanto avvenuto nel caso da esse esaminato, in cui la sorella era premorta all’assicurato prima della stipula delle polizze)-, dovendosi ritenere che l'acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto allo stipulante operi iure hereditatis, e non iure proprio, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto («trattandosi di successione nel diritto contrattuale all'indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte»); atteso, infatti, che gli eredi legittimi di D.B. sono succeduti alla stipulante per rappresentazione del loro dante causa, la loro successione nei vantaggi dell’assicurazione non può che avvenire nella quota che sarebbe spettata a quello;
la sentenza va pertanto cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione;
la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione.