Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Torino, decreto n. cronol. 866/21, pubblicato il 23/8/21, in controversia promossa ex art.337 bis c.c., ha, in parte, confermato la decisione di primo grado, che aveva disposto l’affidamento congiunto della figlia minore N., nata nel febbraio 2012 dall’unione tra M.O. e P.S., ad entrambi i genitori, con collocamento della stessa presso la madre, assegnazione della casa famigliare con gli arredi a quest’ultima, fissazione delle modalità di visita del padre e dei periodi di vacanza che la figlia avrebbe trascorso con i genitori secondo il principio dell’alternanza, nonché stabilito l’obbligo del padre di contribuire al mantenimento della figlia con il versamento di € 250,00 mensili, oltre il 50% delle spese mediche non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, scolastiche, sportive e ricreative In particolare, i giudici d’appello hanno: a) respinto il reclamo principale dell’M.O. in punto di assegnazione della casa coniugale (sostenendo il reclamante che durante la convivenza la famiglia abitava l’appartamento posto al piano terreno della villa, mentre dopo la fine della relazione, per espresso accordo delle parti, la P.S. si era trasferita al piano mansardato e l’M.O. aveva continuato ad abitare l’appartamento al piano terra, cosicché l’assegnazione alla P.S. avrebbe dovuto riguardare solo il piano mansardato dell’immobile da ultimo abitato dalla minore o, in subordine, il solo appartamento al piano terra), per difetto di prova del fatto che, durante la vita famigliare e prima della rottura del legame sentimentale, soltanto una parte della villa fosse destinata ad abitazione familiare; b) accolto, in parte, il reclamo incidentale della P.S., aumentando, a far data dalla domanda giudiziale, il contributo al mantenimento della figlia minore a carico dell’M.O. ad € 700,00 mensili, oltre il 50% delle spese straordinarie, considerato che, il M.O. di professione odontoiatra, è proprietario, oltre alla villa destinata ad abitazione famigliare, di altro immobile (gravato da mutuo), dove vive con la nuova compagna ed un figlio nato da una precedente unione, nonché dell’immobile dove svolge l’attività professionale, valutati i redditi da attività professionale, «elevati», mentre la P.S., come titolare di un negozio di abbigliamento, ha risentito sicuramente delle restrizioni a causa del Covid, è proprietaria di due immobili in Giaveno ma deve pagare le rate di mutuo gravante su uno dei due alloggi e dispone di redditi dichiarati nel 2019, sicuramente inferiori a quelli dell’ex compagno. Avverso la suddetta pronuncia, M.O. propone ricorso per cassazione, notificato il 27/10-3/11-2021, affidato a tre motivi, nei confronti di P.S. (che non svolge difese).
Motivi della decisione
1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione, ex art.360 n. 4 c.p.c., degli artt.132, comma 2, n. 4, 113, 115 c.p.c., 118 disp.att.c.p.c., 111, 6° comma, e 24 e 3 Cost., per carenza di motivazione sulle plurime richieste di concessione dei termini ex art.183 VI comma c.p.c. ed ex art.337 octies c.c., per formulazione di richieste istruttorie in merito all’effettivo utilizzo da parte del nucleo familiare delle unità immobiliari site al piano terreno ed al piano mansardato della villa unifamiliare ed alla loro autonomia ed indipendenza; b) con il secondo motivo, la violazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.337 sexies c.c., non avendo la Corte d’appello stabilito alternativa modalità di godimento frazionato della casa coniugale; c) con il terzo motivo, la violazione, ex art.360 nn. 3 e 5 c.p.c., degli artt. 148, 155, 316 bis , 1° comma, e 337 ter, IV comma, c.c., in relazione all’accoglimento parziale del reclamo incidentale della P.S., in punto di aumento dell’assegno di mantenimento della figlia minore a carico del padre, non avendo la Corte d’appello vagliato le effettive esigenze della figlia in rapporto al mantenimento del tenore di vita dalla stessa goduto in costanza di convivenza dei genitori nonché l’apporto dato dai singoli genitori al soddisfacimento delle esigenze della prole (considerato che era stato disposto, in primo grado, l’affidamento congiunto della minore, all’esito di consulenza tecnica d’ufficio, «con tempi paritari di permanenza della minore presso ciascun genitore»). 2. La prima censura è inammissibile. Il ricorrente si duole, in particolare, della mancata istruttoria in merito all’effettivo utilizzo da parte del nucleo familiare delle unità immobiliari site al piano terreno ed al piano mansardato della villa unifamiliare e della loro autonomia ed indipendenza (oltre che dell’utilizzo da parte della moglie e della figlia minore del solo locale mansardato per un periodo dopo la cessazione della convivenza con l’M.O.), deducendo che, avendo fatto richiesta dei termini di legge, egli era «legittimato ad articolare prove testimoniali ed a produrre idonea documentazione». Anzitutto è inammissibile la doglianza in ordine alla mancata concessione dei termini di cui all’art.183 VI comma c.p.c., ai sensi dell’art.360 bis, comma 1 n. 1, c.p.c.. Il procedimento in oggetto, concernente provvedimenti relativi a figli, si svolge secondo il rito in camera di consiglio di cui agli artt.737 e ss. c.p.c., cosicché, pur dovendo rispettare il principio del contraddittorio, si caratterizza per la particolare celerità e semplicità di forme; ne consegue che a tale giudizio non sono applicabili le disposizioni proprie del processo di cognizione ordinaria (cfr. con riferimento all’inapplicabilità dei termini previsti dall’art.190 c.p.c., Cass. 26200/2015; Cass. 33175/2021; Cass. 29865/2022) Questa Corte (Cass. 4412/2015), in ordine al rito camerale, ha già chiarito che «nel procedimento camerale, il giudice, al fine di garantire il contraddittorio, l'esercizio del diritto di difesa e l'effettività della tutela giurisdizionale, deve esercitare poteri ufficiosi anche mediante l'applicazione estensiva ed analogica delle disposizioni del processo di cognizione, sicché è tenuto a indicare alle parti le questioni rilevabili d'ufficio richiedendo i necessari chiarimenti (ex art. 183, quarto comma, cod. proc. civ.) e, se del caso, assumendo sommarie informazioni da soggetti terzi (ex art. 738, terzo comma, cod. proc. civ.), sempreché tale modalità di acquisizione di elementi di giudizio non sia impiegata per supplire all'onere probatorio o con finalità meramente esplorative». Peraltro, il ricorrente si limita a dolersi della mancata concessione di termini per articolare deduzioni istruttorie ed oltretutto non chiarisce ed indica le specifiche prove testimoniali o documentali che egli avrebbe articolato, in sede di atto introduttivo, né deduce quali elementi aveva offerto al giudice tali da giustificare l’attivazione del potere istruttorio officioso che caratterizza lo svolgimento dei procedimenti in camera di consiglio. E, nella specie, si trattava di reclamo e la Corte d’appello ha rilevato che il reclamante principale (che si doveva dell’assegnazione per intero della casa coniugale a madre e figlia ) non avesse «dimostrato in primo grado che soltanto una parte dell’abitazione famigliare costituita da una villa fosse destinata ad abitazione del nucleo famigliare», essendo, anzi, ammesso dallo stesso reclamante che l’alloggio a piano terreno «era sicuramente destinato ad abitazione della famiglia durante la convivenza», mentre non era rilevante la asserita decisione comune di destinare la sola mansarda a madre e figlia, in quanto successiva alla rottura del legame sentimentale della coppia. La censura è quindi anche carente di autosufficienza. 3. Il secondo motivo è, di conseguenza, assorbito, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto indimostrata la circostanza della destinazione a casa coniugale di solo una parte dell’unità immobiliare ed anche quindi dell’autonomia della mansarda rispetto alla villa. Questa Corte ha chiarito che « non può disporsi l'assegnazione parziale della casa familiare, a meno che l'unità immobiliare sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia, ovvero questa ecceda per estensione le esigenze della famiglia e sia agevolmente divisibile» (Cass. 23631/2011; Casss. 22266/2021). 4. Il terzo motivo, in punto di parziale accoglimento del reclamo incidentale e di aumento del contributo a carico del padre per il mantenimento della figlia, è inammissibile per assoluta genericità, avendo la Corte d’appello correttamente valutato le condizioni reddituali dei genitori e le complessive disponibilità economiche del nucleo famigliare ai fini della quantificazione del contributo al mantenimento a carico del genitore non collocatario della figlia minore. Peraltro, come chiarito da questa Corte (Cass. 18187/2006; Cass. 16736/2011; Cass. 26060/2014), « l'affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori - previsto dall'art. 6 della legge sul divorzio (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi - è istituto che, in quanto fondato sull'esclusivo interesse del minore, non fa venir meno l'obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l'istituto stesso implichi, come conseguenza "automatica", che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze». 3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.