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3 maggio 2023
Inadempiente il Comune che non adotta il regolamento dell’avvocatura comunale

A fronte dello specifico obbligo di legge di provvedere in tal senso, l'ente che rimane inerte si considera inadempiente e dunque legittima l'esercizio dell'azione contro il silenzio da parte dell'avvocato che vi ha prestato servizio e che pretende la liquidazione del compenso.

La Redazione

Protagonisti della vicenda sono un avvocato e il Comune presso il quale era stata assunta e ove aveva svolto la sua attività professionale fino a quando non era passata al servizio dell'ASL in qualità di Dirigente avvocato.
Ciò di cui si duole l'avvocato è il fatto che il Comune non avesse adottato alcunregolamentodisciplinante il funzionamento della neonata avvocatura comunale. Tale regolamento, infatti, era utile anche ai fini della determinazione dei criteri, dei tempi e delle modalità di pagamento dei suoi compensi professionali, compensi che non le erano mai stati liquidati.
Considerando il silenzio serbato dal Comune dinanzi all'invito ad adottare il citato regolamento sul funzionamento dell'avvocatura comunale, l'avvocato impugna tale silenzio dinanzi al TAR Campania.

Con la sentenza n. 1698 del 16 marzo 2023, il TAR accoglie il ricorso proposto dall'avvocato, ricordando che la fattispecie delsilenzio-inadempimento si configura dinanzi alla formale richiesta di un provvedimento da parte di un privato alla quale l'Amministrazione interessata ometta di provvedere entro i termini, assumendo tale omissione valore di silenzio-inadempimento quando sussiste un obbligo giuridico di provvedere. Dunque, presupposto per l'azione contro il silenzio è l'esistenza di un obbligo specifico di provvedere in capo all'Amministrazione, obbligo che incide in senso positivo o negativo sulla sfera giuridica del ricorrente.
Ciò posto, con riferimento al caso di specie, il TAR sostiene che il rimedio azionato dall'avvocato sia ammissibile, tenuto conto della natura “provvedimentale” del regolamento richiesto, che trova la fonte nell'art. 9 D.L. n. 90/2014. Il comma 5 della disposizione prevede, infatti, che detti regolamenti debbano stabilire i criteri di riparto delle somme in base a criteri oggettivamente misurabili che considerino anche la puntualità negli adempimenti processuali. È tale Decreto che collega all'emissione del regolamento da parte dell'ente l'effetto immediato e diretto della liquidabilità del compenso all'avvocato comunale, parificandolo direttamente ai contratti collettivi di lavoro. Una volta stabiliti criteri e modalità, infatti, la liquidazione del compenso altro non è che un mero adempimento contabile, privo di valore discrezionale in senso stretto, perché la volontà dell'Amministrazione è quella contenuta nel regolamento.
Del resto, la Corte di Cassazione aveva già provveduto a distinguere il regime dei legali interni da quello dei liberi professionisti destinatari di incarichi professionali: i primi sono inseriti nell'organizzazione amministrativa con vincolo di dipendenza e sono assoggettati alla normativa dell'ente di appartenenza, mentre i secondi restano assoggettati al contenuto del contratto di mandato anche per gli aspetti economici.
Ecco perché il regolamento comunale in questione può essere qualificato come regolamento “volizione-azione” che si caratterizza per il contenuto prescrittivo immediatamente lesivo, dunque è corretto ritenere che la sua mancata adozione a fronte di uno specifico obbligo previsto dalla legge costituisca un inadempimento colpevole di un obbligo di provvedere assoggettabile al regime dell'azione di cui all'art.31 e all'art. 117 c.p.a..
Alla luce di tali argomentazioni, il TAR Campania accoglie il ricorso dell'avvocato per via del mancato pagamento dei compensi professionali dovuti, riconducibili a colpevole inerzia del Comune.