Svolgimento del processo
1. Con decreto pubblicato il 25-6-2020 il Tribunale di Bari ha respinto il ricorso di O.P.O., cittadino della Nigeria, avente ad oggetto la domanda reiterata di protezione internazionale, per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della sua domanda reiterata da parte della competente Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero nuovi elementi tali da giustificare il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Nigeria, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza. In particolare il Tribunale ha ravvisato non credibile la nuova versione fornita dal richiedente secondo la quale egli sarebbe appartenente al movimento (omissis) e ha ritenuto che, pur avendo il ricorrente prodotto estratto di nascita di due bambini che ne attestavano la sua paternità, fosse inesistente effettivamente il nucleo familiare e la convivenza/coabitazione, e dunque non dimostrato che il ricorrente si occupasse della crescita dei figli e che la sua permanenza in Italia fosse necessaria per l’educazione e lo sviluppo affettivo dei minori, benché la causa fosse stata rimessa sul ruolo proprio per consentire al richiedente di dimostrare l’effettività del nucleo familiare.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell'Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
3. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ..
Motivi della decisione
4. I motivi di ricorso sono così rubricati: «I. Violazione ed errata applicazione di legge degli artt. 2 , 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, dell'art. 1 L. 4/5/1983 n. 184, dell'art. 337 ter c.c. dall'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, degli artt. 7 e 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, degli artt. 3 e 9 Convenzione di New York del 20 novembre 1989, per il rigetto del permesso di soggiorno per motivi umanitari in relazione alla allegata circostanza di fatto sopravvenuta della nascita dei figli in Italia, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.; II. violazione e mancata applicazione dell'art 5, comma 6; art. 19 comma 2 d.lgs. 286/98 e D. Lgs n. 251/2007 art. 32, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; III. Error in procedendo ex art.112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di asilo costituzionale ex art.10 Cost., ex art. 360 n.4 c.p.c.». Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione delle norme indicate in rubrica, per avere erroneamente il Tribunale valorizzato solo il fatto che non era stata provata la convivenza tra padre e figli in Italia, e denuncia l’evidente lesione del diritto all’unità familiare e dell’interesse superiore dei figli di crescere ed essere educati nell’ambito della propria famiglia. Con il secondo motivo deduce che il Tribunale ha omesso di effettuare la valutazione comparativa con il Paese d'origine ritenuta necessaria dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4455/2018), in quanto non ha in alcun modo comparato la situazione di privazione patita in Nigeria, considerato i molteplici fattori di vulnerabilità che contraddistinguono il richiedente, quali: a) la vicenda personale e il pericolo di vita che correrebbe in caso di rimpatrio; b) l'effettiva integrazione nel territorio dello Stato; c) la situazione di violenza generalizzata e diffusa in Nigeria e, soprattutto, nella sua zona di provenienza, che rendono il pericolo per la sua vita quanto mai attuale; d) le condizioni di povertà in cui era ridotto a causa della persecuzione subita; e) il lungo periodo di assenza dal Paese di origine che comporterebbe enormi difficoltà per un nuovo radicamento sociale e lavorativo; f) la nascita dei figli in Italia e la formazione di un nucleo familiare. Con il terzo motivo denuncia il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di asilo costituzionale ex art.10 Cost..
5. In via pregiudiziale, va dichiarata l'inammissibilità della costituzione dell'intimato Ministero dell'Interno, tardivamente effettuata con un atto denominato «atto di costituzione», non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio «con il presente atto al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione della causa ai sensi dell'art. 370 c.p.c., comma 1 c.p.c.». Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui agli artt. 370 cod. proc. civ. e 366 primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l'esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (tra le tante Cass.23921/2020).
6. Il primo motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di protezione umanitaria, la condizione di vulnerabilità derivante dalla lesione del diritto all'unità familiare, ex art. 8 CEDU. deve essere autonomamente valutata mediante l'accertamento del dedotto ed allegato intervenuto radicamento familiare in Italia, senza che sia necessaria anche l'allegazione dell'integrazione dovuta allo svolgimento di attività lavorativa (Cass. 467/2022). Significativa è anche l’affermazione secondo cui, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 286 dei 1998, la presenza di figli minori del richiedente rappresenta uno degli elementi che devono essere considerati nell'apprezzamento circa la sussistenza della vulnerabilità del genitore, atteso che la presenza della prole minore in Italia si risolve in una condizione familiare idonea a dimostrare da un lato una peculiare fragilità, tanto dei singoli componenti della famiglia che di quest'ultima nel suo complesso, e dall'altro lato uno specifico profilo di radicamento del nucleo sul territorio nazionale, in dipendenza dell'inserimento dei figli nei percorsi sociali e scolastici esistenti in Italia e, quindi, della loro naturale tendenza ad assimilare i valori ed i concetti fondativi della società italiana (Cass. 5506/2021). Con specifico riferimento alla convivenza, è stato, inoltre, precisato che, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, deve essere valutata la significativa relazione affettiva del richiedente con il figlio minore residente in Italia, ancorchè non convivente, restando escluso che tale situazione possa avere rilievo solo per l'ottenimento dell'autorizzazione a permanere nel territorio nazionale ex art. 31 d.lgs. n. 286 del 1998, poiché questa norma, posta a tutela dell'interesse del minore, non preclude la valorizzazione delle medesime circostanze in una prospettiva di tutela della condizione del genitore, alla luce degli artt. 2 e 3 Cost., in relazione al rischio di un danno attuale da perdita di relazioni affettive con il figlio (Cass. 467/2022). In altre parole, come ha dedotto dal ricorrente, la convivenza non rileva ai fini della significatività dei rapporti padre-figlio, ben potendo anche i genitori separati intrattenere rapporti costruttivi e significativi con i figli, seppure non conviventi. Del resto la significatività dei rapporti ¿ attesi il dovere di cooperazione incombente sul giudice in siffatta materia, in special modo in presenza di vincoli familiari, aventi un rilievo anche sovranazionale, e l’attenuazione dell’onere della prova ¿ ben può essere accertata dal giudice mediante i servizi sociali o con altri mezzi di indagine. Ed invero, in tema di protezione internazionale dello straniero, sia la Commissione territoriale, alla quale spetta la prima valutazione della domanda di protezione internazionale, sia gli organi di giurisdizione ordinaria sono tenuti a valutare l'esistenza delle condizioni poste a base delle misure tipiche e della misura residuale del permesso umanitario, utilizzando il potere-dovere d'indagine previsto dall'art. 8, terzo comma, del d.lgs. n. 25 del 2008 e quello relativo alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente, precisato dall'art. 3 del D.lgs n. 251 del 2007, con forte attenuazione del regime ordinario dell'onere della prova (Cass. 16221/2012).
7. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto, dichiarati assorbiti gli altri, il decreto impugnato va cassato e la causa va rinviata al Tribunale di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarati assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.