Per il TAR Lazio, l'istituto dell'accesso civico generalizzato deve mostrarsi in concreto funzionale al perseguimento delle finalità pubblicistiche ad esso sottese.
Un iscritto alla Cassa di previdenza degli avvocati formulava all'Ente domanda di accesso civico generalizzato, con richiesta di ostensione dell'elenco degli incarichi legali, sia giudiziali che stragiudiziali, conferiti nell'ultimo quinquennio, riportante i nominativi dei professionisti e l'importo dei relativi compensi.
L'Ente rigettava la domanda ritenendola «massiva, indeterminata, generica e carente di specificità, non avendo ad oggetto particolari atti o documenti».
La controversia giunge dinanzi al TAR, dove viene ribadita la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la quale ha sostenuto che:
|
|
Dello stesso avviso anche l'ANAC, la cui deliberazione ha chiarito che:
|
«nei casi particolari in cui venga presentata una domanda di accesso per un numero manifestamente irragionevole di documenti, imponendo così un carico di lavoro tale da paralizzare, in modo molto sostanziale, il buon funzionamento dell'amministrazione, la stessa può ponderare, da un lato, l'interesse dell'accesso del pubblico ai documenti e, dall'altro, il carico di lavoro che ne deriverebbe, al fine di salvaguardare, in questi casi particolari e di stretta interpretazione, l'interesse ad un buon andamento dell'amministrazione». |
Ne consegue che l'istituto dell'accesso civico generalizzato deve mostrarsi in concreto funzionale al perseguimento delle finalità pubblicistiche ad esso sottese, individuate in via normativa.
Per il TAR, posto che la richiesta di accesso riguarda un numero rilevante di incarichi conferiti (4701), considera applicabili al caso di specie le statuizioni del Consiglio di Stato e dell'ANAC sulla possibilità di respingere una richiesta di accesso poiché manifestamente onerose e sproporzionata.
Pertanto, conclude il Tribunale, «deve ritenersi concretamente sussistente l'esigenza - su cui era fondato il diniego assoluto in un primo tempo opposto dalla Cassa - di non compromettere il buon andamento della Cassa, per il carico di lavoro ragionevolmente ed ordinariamente esigibile dagli uffici; esigenza ribadita dalla difesa della Cassa in sede di discussione orale, ritenendo l'ente di avere in tal modo comunque soddisfatto la richiesta di accesso del ricorrente, pur non essendovi tenuta».
Con sentenza n. 5801 del 5 aprile 2023, il TAR rigetta il ricorso.
TAR Lazio, sez. V, sentenza (ud. 8 marzo 2023) 5 aprile 2023, n. 5801
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1.1. Con ricorso notificato a mezzo pec il 2 dicembre 2023 e depositato in pari data il ricorrente ha esposto che in data 11 ottobre 2022, nella sua qualità di iscritto ex lege alla Cassa di previdenza degli avvocati, formulava all’Ente Previdenziale domanda di accesso civico generalizzato ex d.lgs. n. 33/2013, con richiesta di ostensione dei seguenti documenti:
a) - “l'elenco degli incarichi legali, sia giudiziali che stragiudiziali, conferiti da Cassa forense nell'ultimo quinquennio, riportante i nominativi dei professionisti e l'importo dei relativi compensi professionali”;
b) - “i nominativi dei componenti della/e Commissione/i di studio appositamente costituita/e per la predisposizione della bozza di riforma del Regolamento previdenziale attualmente in votazione, e l'importo dei compensi previsti per la durata dell'incarico”.
Con nota prot. n. 281591 del 09.11.2022, l’ente dava parziale accoglimento alla richiesta:
- quanto alla richiesta sub a) l’Ente negava l’accesso civico relativamente alle informazioni richieste sugli incarichi legali conferiti dalla Cassa negli ultimi 5 anni, ritenendo la domanda sul punto “…massiva, indeterminata, generica e carente di specificità, non avendo ad oggetto particolari atti o documenti”;
- quanto alla richiesta sub b) l’ente comunicava soltanto i nominativi dei componenti interni della suddetta Commissione di studio istituita con delibera del Comitato dei Delegati del 24.04.2020, escludendo invece i nominativi dei consulenti esterni precisando nel provvedimento che: “sono riportati i nominativi di coloro che hanno prestato specifico consenso ai sensi del Regolamento UE 2016/679 GDPR in materia di protezione dei dati personali”.
In data 9/11/2022 il ricorrente formulava domanda di riesame alla Direzione Generale della Cassa di previdenza che tuttavia non riscontrava l’istanza nei termini.
1.2. Il gravame è affidato a tre distinti motivi di ricorso così rubricati:
I) Violazione e falsa interpretazione della legge: artt. 1, 3, 5 e 15, d.lgs. n.33/2013.
II) Violazione e falsa interpretazione dell’art. 5-bis, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 33/2013., alla luce della delib. 1309/2016 Anac-Garante per la protezione dei dati personali.
III) Difetto di motivazione del diniego opposto: motivazione apparente; mancata attivazione del procedimento endoprocedimentale di cui al punto 6.3, lett. d) della Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 2/2017.
1.3. In data 19/12/2022 si è costituita in giudizio la Cassa Forense depositando atto di costituzione di mera forma e documenti; successivamente l’ente di previdenza ha depositato una memoria difensiva instando per il rigetto del ricorso.
1.4. In vista dell’udienza camerale il ricorrente ha depositato una memoria di replica.
1.5. Infine, data 28 febbraio 2023, la Cassa resistente ha depositato in giudizio:
- l’elenco degli incarichi legali conferiti da Cassa Forense nel periodo 2017- 2022 (trasmesso al ricorrente in data 22.2.2023) con il quale l’ente ha dato riscontro alla richiesta di accesso sub a);
- la nota del Responsabile della Trasparenza di Cassa Forense (trasmessa al ricorrente in data 22.2.2023) con la quale l’ente ha dato integrale soddisfazione alla domanda di accesso con riferimento alla richiesta sub b),
fornendo i nominativi dei residui componenti della Commissione di Studio con i relativi compensi percepiti.
1.5. All’udienza camerale dell’8 marzo 2023 il ricorrente ha dichiarato essere intervenuta la cessazione della materia del contendere limitatamente all’istanza di accesso sub b), avente ad oggetto i nominativi dei componenti della Commissione di studio appositamente costituita per la predisposizione della bozza di riforma del Regolamento previdenziale attualmente in votazione, e l'importo dei compensi previsti per la durata dell'incarico.
Invece, relativamente all’istanza di accesso sub a,) parte ricorrente ha preso atto dell’ostensione dell’elenco predisposto dalla Cassa lamentando che su 4.071 incarichi conferiti nel quinquennio 2017-2022, risultano sì indicati tutti i nominativi dei professionisti incaricati (in numero di 119), ma soltanto per circa 1/3 degli incarichi sarebbe stato indicato il corrispettivo; e pertanto ha dichiarato di insistere per la condanna della Cassa all’ostensione dei dati mancanti.
Il ricorso è stato quindi trattenuto in decisione.
2. Come sopra riferito deve preliminarmente darsi atto che il difensore di parte ricorrente, con riferimento esclusivo alla richiesta di accesso sub b), ha dichiarato essere sopravvenuta la cessazione della materia del contendere.
Sicché non resta al Collegio che dichiarare, ex art. 34, co. 5, cod. proc. amm., l’improcedibilità del ricorso in parte qua per intervenuta cessazione della materia del contendere.
3. Ne consegue che l’interesse alla decisione è limitato alla richiesta integrazione della residua documentazione oggetto della domanda di accesso, in tesi soltanto parzialmente soddisfatta dalla Cassa, avente ad oggetto “l'elenco degli incarichi legali, sia giudiziali che stragiudiziali, conferiti da Cassa forense nell'ultimo quinquennio, riportante i nominativi dei professionisti e l'importo dei relativi compensi professionali”.
4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce che con la recente sentenza n.10 del 2 aprile 2020, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che l’accesso civico generalizzato “…non necessita di alcuna particolare motivazione e può essere esercitato da chiunque senza limitazione”; esso è “… dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale … l’interesse individuale alla conoscenza, è protetto in sé, se e in quanto non vi siano contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, ragioni espresse dalle cc.dd. eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 33 del 2013” (cfr. sent. n. 10/2020, cit., punto 22.3).
Si sostiene che il conferimento degli incarichi (attività strumentale al perseguimento della funzione pubblica) e la relativa spesa sostenuta, sottoposta anch’essa al controllo della Corte dei conti, ha un rilievo essenziale per il corretto svolgimento dell’attività di pubblico interesse della Cassa e, quindi, gli atti ad essa relativi sarebbero assoggettati alla disciplina sull’accesso, tanto civico quanto documentale.
Si deduce, inoltre che sarebbe lo stesso art. 15 del d.lgs. n. 33/2013 a prevedere a carico delle amministrazioni la pubblicazione dei dati relativi a tutti gli incarichi di collaborazione e di consulenza conferiti a soggetti esterni all’amministrazione a qualsiasi titolo, oneroso o gratuito.
Detta norma prevede che, per ciascun titolare di incarico di collaborazione e consulenza devono essere pubblicati i seguenti dati: 1. gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico; 2. il curriculum vitae; 3. i dati relativi allo svolgimento di incarichi o alla titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o allo svolgimento di attività professionali; 4. i compensi comunque denominati relativi al rapporto di consulenza o collaborazione con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione di risultato; 5. l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse. I dati di cui all’art. 15 d.lgs. 33/2013 devono essere pubblicati sul sito istituzionale all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”, sotto-sezione di primo livello “Consulenti e collaboratori”.
Si rileva che la ratio sottesa alla previsione dell’art. 15, co. 1, lett. c) del d.lgs. n. 33/2013 sarebbe, tra l’altro, il controllo sociale sulla spesa nell’attribuzione di incarichi (e si indica, ad esempio, quanto accaduto per la Cassa geometri, Fasc. Anac n. 1526/2022) e sulla presenza di eventuali conflitti di interesse; e, quindi, atteso che, ai sensi dell’art. 3, co. 1, d.lgs. n. 33/2013, “Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico, ivi compresi quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7”, non vi sarebbe alcun dubbio che l’istanza formulata dal ricorrente debba trovare accoglimento.
4.1. Il motivo di ricorso è infondato.
4.2. Sotto un primo profilo deve rilevarsi che l’istanza di accesso del ricorrente sul punto è stata inizialmente respinta dalla Cassa in quanto ritenuta “massiva, indeterminata, generica e carente di specificità, non avendo ad oggetto particolari atti o documenti".
Al riguardo, nella deliberazione ANAC n. 1309 del 28 dicembre 2016 (avente ad oggetto le "Linee Guida recanti indicazioni operative della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5 co. 2 del D. Lgs n. 33 del 2013") è stato chiarito che “… nei casi particolari in cui venga presentata una domanda di accesso per un numero manifestamente irragionevole di documenti, imponendo così un carico di lavoro tale da paralizzare, in modo molto sostanziale, il buon funzionamento dell’amministrazione, la stessa può ponderare, da un lato, l’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti e, dall’altro, il carico di lavoro che ne deriverebbe, al fine di salvaguardare, in questi casi particolari e di stretta interpretazione, l’interesse ad un buon andamento dell’amministrazione”.
4.3. Va ancora rilevato che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 2 aprile 2020, n. 10, invocata dal ricorrente, ha precisato che “Il diritto di accesso civico generalizzato … conserva una connotazione solidaristica, nel senso che l’apertura della pubblica amministrazione alla conoscenza collettiva è funzionale alla disponibilità di dati di affidabile provenienza pubblica per informare correttamente i cittadini …” (punto 36.5), con la conseguenza che il suddetto accesso, in quanto “… finalizzato a garantire, con il diritto all’informazione, il buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), non può finire per intralciare proprio il funzionamento della stessa, sicché il suo esercizio deve rispettare il canone della buona fede e il divieto di abuso del diritto, in nome, anzitutto, di un fondamentale principio solidaristico (art. 2 Cost.)” (rispettivamente punti 36.5 e 36.4).
Il ricorso all’istituto dell’accesso civico generalizzato deve, infatti, mostrarsi in concreto funzionale al perseguimento delle finalità pubblicistiche ad esso sottese, individuate in via normativa (art. 1, d.lgs. n. 33/2013 (sul punto cfr. Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2018, n. 5702).
L’Adunanza Plenaria ha pertanto puntualizzato che: “Sarà così possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche … contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi” (punto 36.6).
4.4. Alla luce di quanto fin qui rilevato deve rilevarsi che nelle more del giudizio, in data 28 febbraio 2022 la Cassa resistente ha comunque depositato in giudizio l’elenco degli incarichi legali conferiti da Cassa Forense nel periodo 2017-2022 (trasmesso al ricorrente in data 22 febbraio 2023) dando così riscontro alla richiesta di accesso sub a).
Il ricorrente, con memoria del 24 febbraio 2023, ha contestato però che la Cassa avrebbe soddisfatto soltanto parzialmente la richiesta di accesso, lamentando che su oltre 4.000 incarichi conferiti e indicati nell’elenco trasmesso dalla Cassa, risultano sì indicati tutti i nominativi dei professionisti incaricati (in numero di 119), ma soltanto per circa 1/3 degli incarichi è stato indicato il corrispettivo; e pertanto ha dichiarato di insistere per la condanna della Cassa all’ostensione dei dati mancanti, dovendosi questi intendere estesi “a tutte le informazioni di cui ai criteri di trasparenza prescritti dalla stessa normativa (anche se non specificatamente e puntualmente elencati nell’istanza di accesso civico), ovvero:
a) gli estremi dell’atto di conferimento dell'incarico, l’oggetto della prestazione, la ragione dell’incarico e la durata; b) il curriculum vitae; c) i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto; d) il tipo di procedura seguita per la selezione del contraente e il numero di partecipanti alla procedura”.
4.5. Rileva il Collegio, sotto un primo profilo, che il rilevante numero di incarichi conferiti (4.071) rende di palmare evidenza la particolare ampiezza del novero di informazioni, dati e documenti in concreto richiesti alla Cassa, il che rende cogenti le statuizioni di ANAC e del Consiglio di Stato sulla possibilità di respingere una tale richiesta in quanto manifestamente onerosa e sproporzionata (cfr. Ad Plen. n. 10/2020, punto 36.6), tanto più che essa non palesa gli scopi specifici sottesi alla richiesta di accesso.
Deve in altre parole ritenersi concretamente sussistente l’esigenza - su cui era fondato il diniego assoluto in un primo tempo opposto dalla Cassa - di non compromettere il buon andamento della Cassa, per il carico di lavoro ragionevolmente ed ordinariamente esigibile dagli uffici; esigenza ribadita dalla difesa della Cassa in sede di discussione orale, ritenendo l’ente di avere in tal modo comunque soddisfatto la richiesta di accesso del ricorrente, pur non essendovi tenuta.
Deve conseguente rigettarsi la domanda per come riformulata e integrata dal ricorrente con la memoria di replica e all’udienza camerale dell’8 marzo 2023.
4.6. Ritiene il Collegio, sulla scorta delle superiori considerazioni, che l’elenco fornito nelle more del giudizio dalla Cassa deve ritenersi satisfattivo della richiesta di accesso dell’11 ottobre 2022 per come formulata dal ricorrente che, appunto, era finalizzata esclusivamente a conoscere “l'elenco degli incarichi legali, sia giudiziali che stragiudiziali, conferiti da Cassa forense nell'ultimo quinquennio, riportante i nominativi dei professionisti e l'importo dei relativi compensi professionali”.
4.7. L’ulteriore richiesta del ricorrente di conoscere tutti gli ulteriori dati “anche se non specificatamente e puntualmente elencati nell’istanza di accesso civico”, formulata con la memoria di replica in pretesa ottemperanza ad un obbligo discendente in via diretta dall’art.15 d.lgs. n. 33/2013, implica la verifica dell’obbligo della Cassa di pubblicare i dati di cui al comma 1 ossia a) gli estremi dell’atto di conferimento dell'incarico, l’oggetto della prestazione, la ragione dell’incarico e la durata; b) il curriculum vitae; c) i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto; d) il tipo di procedura seguita per la selezione del contraente e il numero di partecipanti alla procedura”.
Sul punto deve rilevarsi che l’art. 3, comma 1-ter, del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che: “L’Autorità nazionale anticorruzione può, con il Piano nazionale anticorruzione, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, precisare gli obblighi di pubblicazione e le relative modalità di attuazione, in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione organizzativa e alle attività svolte, prevedendo in particolare modalità semplificate per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, per gli ordini e collegi professionali”.
La norma dunque ha demandato all’Anac di precisare e disciplinare gli obblighi di pubblicazione e le relative modalità di attuazione di cui al d.lgs. n. 33/2013 in ragione dell’ambito soggettivo di applicazione della normativa; ed è incontestato tra le parti che nella delibera n. 1134 del 2017 (pag. 41) l’Anac specifica che “Alle casse di previdenza si applica … il regime degli enti di diritto privato di cui al co. 3, secondo periodo, dell’art. 2-bis del d.lgs. n. 33 del 2013”.
Quest’ultima norma stabilisce che: “La medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 si applica, in quanto compatibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, () alle società in partecipazione pubblica come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell'articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici” (evidenziazioni dell’estensore).
Orbene dall’allegato alla delibera n. 1134/2017 (pag. 3 di 16) risulta che l’ANAC ha stabilito che i dati relativi ai “consulenti ed ai collaboratori” devono essere pubblicati (ai sensi dell’art.15 bis, comma 1, d.lgs. n. 33/2013) dalle Società in controllo pubblico, dalle Società in regime di amministrazione straordinaria, dagli Enti di diritto privato in controllo pubblico e dagli Enti pubblici economici; e tuttavia l’allegato non fa alcun espresso riferimento anche agli enti di diritto privato di cui all'art. 2-bis, co.3, d.lgs. n. 33/2013, nel novero dei quali va ricompresa, ai sensi della stessa delibera, la Cassa di Previdenza e Assistenza degli avvocati, ente per il quale - come sopra rilevato - la medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 si applica soltanto in quanto compatibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea.
Ne consegue conclusivamente l’infondatezza della tesi del ricorrente.
5. Può soprassedersi dall’esaminare il secondo motivo di ricorso, diretto a contestare il diniego parziale di accesso che la Cassa aveva opposto con riferimento alla richiesta sub b), essendo intervenuta sul punto la cessazione della materia del contendere.
6. Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso il ricorrente deduce infine che l’impugnato provvedimento di diniego sarebbe affetto dal vizio di difetto di motivazione, nonché lamenta la mancata attivazione del procedimento endoprocedimentale di cui al punto 6.3, lett. d) della circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 2/2017.
Sotto un primo profilo il ricorrente sostiene che il Responsabile del rigetto non avrebbe compiuto alcuna valutazione oggettiva della mole dei dati richiesta, né tantomeno si sarebbe preoccupato di rappresentare le “oggettive condizioni suscettibili di pregiudicare in modo serio ed immediato il buon funzionamento dell’amministrazione”, limitandosi a confidare nell’efficacia di sterili formule di stile.
Sotto altro profilo deduce la carenza del dialogo endoprocedimentale di cui al punto 6.3, lett. d) della circolare del Dipartimento della Funzione pubblica n. 2/2017 (Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato), che proprio per l’ipotesi di richieste “massive o manifestamente irragionevoli” stabilisce che “prima di decidere sulla domanda, [l’amministrazione] dovrebbe contattare il richiedente e assisterlo nel tentativo di ridefinire l’oggetto della richiesta entro limiti compatibili con i principi di buon andamento e di proporzionalità” (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 2129/2020).
6.1. Il motivo di ricorso può essere esaminato con riferimento alla ulteriore domanda proposta dal ricorrente con memoria di replica, dovendosene comunque rilevare l’infondatezza.
La motivazione adottata dalla Cassa per esprimere il diniego, non abbisognava di particolari approfondimenti, essendo in linea con quanto stabilito dall’Anac nei confronti delle Casse di Previdenza e, in linea generale, dal Consiglio di Stato.
Sotto altro profilo - come sopra rilevato - i dati richiesti non soggiacevano all’ “obbligo di pubblicazione” ex art. 15, d.lgs.n. 33/2013 sicché la Cassa non era tenuta ad attivare l’invocato dialogo endoprocedimentale.
7. Conclusivamente, per tutti i surriferiti motivi, il ricorso deve essere dichiarato in parte improcedibile per cessata materia del contendere, e per la restante parte va rigettato in quanto infondato.
8. Sussistono giustificati motivi, stante il complessivo esito del giudizio, per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo dichiara parzialmente improcedibile per cessazione della materia del contendere;
- lo rigetta per la restante parte.
- compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.