Per la Cassazione è necessario rispettare le norme sulle distanze, poiché la disciplina sull'uso della cosa comune ex art. 1102 c.c. finirebbe per imporre di fatto una servitù.
Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda dell'attore condannando la controparte alla chiusura delle aperture del fabbricato di sua proprietà sul cortile comune non condominiale. Proposto gravame, la Corte d'Appello lo accoglieva sostenendo l'errata valutazione dell'illegittimità dell'apertura di veduta su cortile di...
Svolgimento del processo
1. S.G. interponeva appello innanzi alla Corte d’Appello di Salerno avverso la sentenza n. 701/2012 del locale Tribunale– Sez. di Mercato San Severino, con cui il giudice di prime cure – in parziale accoglimento della domanda contro di lui proposta dal vicino Pasquale S. – lo aveva condannato alla chiusura delle aperture al primo e secondo piano, lato ovest, del fabbricato di sua proprietà sito in (omissis).
2. La Corte salernitana, in parziale riforma della pronuncia impugnata, con sentenza n. 1463/2018, accoglieva il gravame e rigettava la domanda dell’attore. Per quel che ancora rileva in questa sede, osservava la Corte:
- che fondato era il vizio di ultrapetizione della sentenza del giudice di prime cure, in quanto l’attore in primo grado aveva dedotto la violazione delle distanze in relazione all’apertura di vedute dirette chiedendone la chiusura, ma non aveva fatto domanda per la regolarizzazione delle luci;
- che fondata era pure la doglianza relativa all’errata valutazione dell’illegittimità dell’apertura di veduta su cortile di proprietà comune non condominiale, dovendosi applicare la disciplina dell’uso delle cose comuni di cui all’art. 1102 cod. civ. e non quella sulle distanze.
3. Avverso la suddetta pronuncia ricorre per cassazione. il S., affidandolo a quattro motivi contrastati con controricorso dal G..
In prossimità dell’udienza le parti hanno presentato memorie
Motivi della decisione
1.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ.; motivazione apparente ma di fatto inesistente. Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello non ha indicato gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento sulla natura comune della zona su cui prospettano le aperture.
1.2 Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo, discusso fra le parti, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. rimproverandosi alla Corte d'Appello di avere omesso ogni accertamento sulla vicenda in fatto da cui emergeva la proprietà esclusiva dell’area interessata dall’apertura delle vedute.
1.3. Con il terzo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell'articolo 872 cod. civ. e falsa applicazione dell'art. 1102 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. per avere la Corte di merito ritenuto applicabili le norme sull’uso della cosa comune e non quelle sulle distanze in materia di vedute, contrariamente a quanto affermato dalla giurisprudenza maggioritaria.
1.4. Con il quarto motivo si deduce infine la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ.; motivazione apparente ma di fatto inesistente. Il ricorrente si duole del fatto che la decisione Corte d'Appello, che richiama unicamente l'istituto di cui all'art. 1102 cod. civ., trascurando ogni altra indagine sulla natura dell’area, risulta meramente apparente in quanto l'elemento dalla stessa indicato risulta privo di un'approfondita disamina logico-giuridica.
2. Preliminarmente, osserva la Corte che, contrariamente a quanto eccepito, il ricorso per cassazione rispetta il principio di autosufficienza perché consente di cogliere la vicenda nel suo nucleo essenziale, le parti della sentenza censurate e le doglianze proposte.
3. Tanto premesso, il primo e quarto motivo del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto denunziano il vizio di motivazione apparente. Essi sono fondati e il loro accoglimento assorbe logicamente l’esame del secondo motivo.
La costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, v. Sez. U - , Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023 in motivazione; v. anche Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145).
Nel caso in esame la Corte d’Appello ha letteralmente dato per scontato che la zona su cui prospettano le aperture sia comune ma non spiega in alcun modo da dove abbia tratto un tale convincimento (cfr. sentenza pag. 4): sussiste dunque il denunziato vizio.
4. È fondato anche il terzo motivo di gravame.
Nel caso di comunione di un cortile sito fra edifici appartenenti a proprietari diversi, l'apertura di una veduta da una parete di proprietà individuale verso lo spazio comune rimane soggetta alle prescrizioni contenute nell'art. 905 c.c., finendo altrimenti per imporre di fatto una servitù a carico della cosa comune, senza che operi, al riguardo, il principio di cui all'art. 1102 c.c., in quanto i rapporti tra proprietà individuali e beni comuni finitimi sono disciplinati dalle norme che regolano i rapporti tra proprietà contigue o asservite; né può invocarsi, al fine di escludere la configurabilità di una servitù di veduta sul cortile di proprietà comune, il principio "nemini res sua servit", il quale trova applicazione soltanto quando un unico soggetto è titolare del fondo servente e di quello dominante e non anche quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell'altro (cfr. Sez. 2 -, Sentenza n. 7971 del 11/03/2022 Rv. 664315; Sez. 2 - , Sentenza n. 26807 del 21/10/2019 Rv. 655658).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata avrebbe dovuto verificare anche la possibilità di applicare tale principio allo stato dei luoghi, previa esatta individuazione e descrizione delle rispettive proprietà, ma non lo ha fatto.
A tali carenze rimedierà il giudice di rinvio.
9. In conclusione, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte salernitana che, in diversa composizione, riesaminerà la vicenda sulla scorta dei citati principi e all’esito regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, terzo e quarto motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.