
Il fenomeno delittuoso, infatti, ha dei connotati collettivi che di per sé sono idonei a creare uno stato di soggezione nelle vittime che si concretizza in una richiesta minatoria effettuata in determinati territori.
In relazione ad uno solo dei capi provvisori di imputazione, il Tribunale del Riesame di Napoli annullava l'ordinanza del GIP, disponendo la scarcerazione dell'indagato e confermando nel resto.
Contro tale pronuncia propone ricorso in Cassazione la difesa dell'indagato, lamentando sostanzialmente che la motivazione non si confrontava con il contenuto della c.d. estorsione...
Svolgimento del processo
1.1 Il Tribunale del Riesame di Napoli, con ordinanza in data 29 novembre 2022 ha annullato, in relazione ad uno dei capi di imputazione provvisori, l'ordinanza emessa il 25 ottobre 2022 dal giudice per le indagini preliminari di Avellino disponendo di conseguenza la scarcerazione di Y. P. e confermando nel resto
1.2 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell'indagato deducendo, con tre motivi qui riassunti ex art. 173 bis disp.att. cod.proc.pen., la violazione dell'art.606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza di motivazione in relazione al capo M della provvisoria imputazione, la violazione dell'art.606 comma 1 lett.b) cod. proc. pen. per l'erronea applicazione dell'art.629 cod. pen. nonché, nuovamente, violazione dell'art.606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza di motivazione in relazione al capo P di imputazione.
Motivi della decisione
2. Il ricorso è inammissibile per diversi profili. La più efficace esposizione delle doglianze impone di raggruppare i temi comuni al primo ed al secondo motivo.
2.1 Infatti, con il primo ed il secondo motivo il difensore lamenta che la motivazione del provvedimento del giudice di riesame non si confronti con le ragioni dell'appello né con il contenuto della c.d. estorsione ambientale, come definita in via ermeneutica da questa Corte, e da questa stessa Sezione in una recente sentenza (la n. 18566 del 10 aprile 2020). La motivazione, si sostiene, è totalmente silente in ordine agli indizi che compongono il quadro a carico del P. in relazione ai singoli episodi descritti nel capo M di imputazione. Si aggiunge che l'istanza di riesame aveva dettagliato in riferimento a ciascuno dei setti episodi menzionati nel capo di imputazione provvisorio (oltre ad un ottavo citato nel corpo della motivazione) le lacune e le carenze investigative ma che da parte del tribunale non vi era stata risposta, essendosi limitato il tribunale adito a illustrare i principi della estorsione ambientale, senza curarsi di entrare in medias res.
La Corte rileva che il primo ed il secondo motivo di ricorso sono rispettivamente generico e manifestamente infondato.
In relazione al primo profilo, deve osservarsi che il tribunale del riesame ha adeguatamente motivato il provvedimento impugnato con una prospettiva che lo pone su un piano differente da quella adottata dalla difesa dell'imputato. Dal punto di vista concettuale, va infatti premesso che nel capo C dell'imputazione provvisoria non vi è alcuna elencazione di episodi estorsivi ma semplicemente l'indicazione di un certo numero di vittime delle minacce attuate in modalità tali da integrare la categoria della c.d. estorsione ambientale. Tranchant, in tal senso, il secondo paragrafo del capo provvisorio, ove si fa riferimento all'aggio tratto dalla consolidata fama criminale della banda giovanile capeggiata dal P.. Ciò si pone in linea con la giurisprudenza sopra citata, nel solco di un precedente ancor più risalente (Sez. 2, n. 53652 del 10/12/2014, Rv. 261632) che descrive il fenomeno delittuoso cogliendone i connotati collettivi di per sé idonei a creare uno stato di soggezione nelle vittime sostanziandosi in "una richiesta minatoria effettuata, con le modalità di cui si è detto, in determinati territori". Ovviamente non è sufficiente la presenza di un gruppo, né la creazione di un clima intimidatorio per dar luogo all'estorsione ambientale. Né, alla lettera della pronuncia ora trascritta ove si fa riferimento a "determinati territori", il concetto di estorsione ambientale può acriticamente essere esportato a contesti territoriali in cui gruppi malavitosi non abbiano tradizionale radicamento poiché ciò non consentirebbe la rapida creazione della consapevolezza, da parte delle potenziali vittime, dei pericoli impliciti nella 'gestione collettiva' della attività estorsiva e dell'esservene succubi.
Tuttavia, a differenza di quanto pare opinato dalla difesa del ricorrente, non è affatto necessario che l'estorsione si manifesti in epifenomeni quali incendi di autovetture, posizionamento di bottiglie di benzina o spari a vetrine dei locali od altre analoghe usuali estrinsecazioni di violenza che frequentemente (ma non necessariamente) si associano all'estorsione. Che ciò fosse avvenuto nel caso menzionato dal difensore (da cui è originata la giurisprudenza di legittimità sopra citata) è indubbio, lo dice la stessa sentenza claris verbis. Che ciò sia necessario, lo esclude, seppure in via di obiter dictum, la sentenza stessa. Ivi si ha la cura di precisare che l'espressione (<<il sintagma>>) 'estorsione ambientale' non allude ad un reato diverso dall'estorsione: << Trattasi, ..., pur sempre di un delitto di estorsione, sia pure connotato da gravità, in quanto le minacce provengono da gruppi organizzati, che, in quanto tali, destano particolare allarme sociale>>. Da ciò discende che esso non richiede necessariamente un atto di violenza né sistematiche azioni violente, essendo sufficiente la minaccia, come espressamente previsto nell'alternativa enuclea bile dall'art.629 cod. pen. ( <<Chiunque, mediante violenza o minaccia...>>). In definitiva, è proprio questo il tipo di condotta descritta nel capo di imputazione (<<mediante minacce, imponevano... Minacce, anche implicite, consistite...>>). Occorre peraltro aggiungere, al fine di precisare meglio alcune caratteristiche dell'accusa provvisoria, che non è nemmeno vero che in essa siano inclusi sette episodi specifici. Vi è in effetti un elenco tra parentesi ma esso è semplicemente un catalogo esemplificativo di persone offese, non di episodi specifici, cui farebbe difetto, all'evidenza, la struttura narrativa nonché la data di accadimento. Essi quindi non debbono essere oggetto di prova specifica, essendo sufficiente la prova delle minacce e del clima da esse generato. Che debba essere intesa così la struttura della contestazione e del reato, lo rivela in definitiva anche la condotta processuale della difesa che né in sede di riesame né ora, nel ricorso in cassazione, ha avanzato alcuna critica avverso le modalità redazionali del capo di imputazione, in termini di genericità o di incompletezza, con conseguente vulnus del diritto di difesa.
Sulla base di tale premessa concettuale, il tribunale del riesame correttamente ha ritenuto non necessaria la analisi puntuale con riferimento a ciascun esercente ed esercizio menzionato nel capo di imputazione. Alla luce di ciò, non vi era la necessità da parte del tribunale del riesame né tanto meno la possibilità, da parte di questa Corte, di procedere alla integrazione del contenuto descrittivo della imputazione o di andare alla ricerca dei relativi specifici elementi fattuali. A ciò si aggiunge che il tribunale, in maniera del tutto adeguata e congrua dal punto di vista motivazionale, ha supportato l'analisi della impugnata decisione con il riferimento a specifici atti di indagine in relazione a ciascun capo di imputazione. Quanto al capo di imputazione M, ora contestato, tale compendio si trova a pg.
11. Esso è incentrato, occorre ancora una volta evidenziare, proprio sulla descrizione del timore e della conseguente soggezione psicologica generati nell'area territoriale avellinese dalle gesta della banda giovanile <<di picchiatori professionisti>> riferita dalle persone informate dei fatti ivi menzionate. Ebbene, tale compendio probatorio è stato radicalmente ignorato nei motivi di ricorso. Ci si riferisce in particolare al primo motivo che tratta dell'argomento in maniera specifica ma che fa riferimento esclusivamente a pg. 13, dove tuttavia il tema probatorio trattato è differente ed afferisce alla modalità di lettura degli indizi piuttosto che al catalogo degli indizi in sé. Per tale ragione il motivo è aspecifico, non confrontandosi con la motivazione della decisione impugnata.
Quanto al secondo motivo, basato su una interpretazione errata del principio della giurisprudenza citata, esso è manifestamente infondato, per le ragioni sopra dette.
2.2. Manifestamente infondato è anche l'ultimo motivo di impugnazione, riferito a pretese carenze motivazionali in relazione all'imputazione del provvisorio capo P.
Si legge che < <in caso di accoglimento di uno dei precedenti motivi di ricorso ... la valutazione globale dovrà necessariamente essere soggetta ad una nuova valutazione...>>. Poiché l'evidenziata condizione non si è materializzata, non è necessario procedere ad una nuova valutazione, nemmeno in relazione al capo P di imputazione.
3. In conclusione, l'impugnazione è inammissibile a norma dell'art. 606 comma terzo cod. proc. pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.