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La società beta evocava in giudizio l'Ispettorato Territoriale del Lavoro, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza ingiunzione, eccependo, preliminarmente, l'invalidità del provvedimento, per nullità del sotteso verbale unico di accertamento e notificazione, in quanto gli scritti difensivi dovevano essere proposti dinanzi l'ITL di Teramo, dove ha sede la realtà datoriale, anziché quello di Chieti. Nel merito, contestava la tesi degli ispettori, secondo cui Tizio, rinvenuto presso il ristorante gestito dalla società opponente intento a svolgere attività lavorativa, in difetto di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro. Secondo l'opponente, invece, Tizio si era recato presso il ristorante ed era entrato nella cucina solo per salutare i suoi amici, i quali nell'occasione gli avevano offerto anche qualcosa da mangiare. Di conseguenza, nel momento dell'accesso degli ispettori, egli non stava svolgendo alcun tipo di attività lavorativa, né d'altronde lo stesso aveva mai svolto alcun tipo di attività lavorativa presso il ristorante. |
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L'ordinanza–ingiunzione è un atto della Pubblica Amministrazione con il quale si notifica al soggetto il tipo di violazione e l'ammontare di una sanzione pecuniaria per la stessa prevista. I procedimenti di opposizione a ordinanza-ingiunzione irrogativi delle sanzioni amministrative in materia di legislazione sociale e del lavoro hanno ad oggetto un accertamento negativo della pretesa sanzionatoria dell'Ispettorato del Lavoro e sono assoggettati alla normativa speciale prevista dalla |
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Una volta avvenuta l'ispezione del lavoro e notificato il relativo verbale di accertamento, se questo non viene ottemperato oppure viene opposto con ricorso ai sensi dell'art. 18, Legge n. 689/981 dal trasgressore e dall'azienda, spetterà all'Ufficio legale dell'Ispettorato Territoriale competente decidere se confermare il verbale e determinare l'importo delle sanzioni amministrativa da irrogare. L'opposizione atta a devolvere al giudice adito la piena cognizione circa la legittimità e fondatezza della pretesa, può esaurirsi anche nella sola contestazione della pretesa della P.A. fatta valere con l'ordinanza ingiunzione opposta (in questo senso si vedano: Cass. civ., sez. I, 26 maggio 1999 n. 5095; Cass. civ., sez. lav., 20 agosto 1997, n. 7779; Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 1996, n. 1531; Cass. civ., 15.5.1989, n. 2323; Cass. civ., 14.12.1987, n. 9262), gravando piuttosto sull'Amministrazione resistente, in applicazione del disposto generale dell' |
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A seguito dell'istruttoria di causa era emerso che Tizio effettivamente si trovava presso il ristorante gestito dalla società opponente intento a svolgere attività lavorativa. Ciò era quanto dichiarato dall'ispettore come fatto avvenuto in sua presenza in occasione dell'accesso ispettivo. Tale circostanza era stata in parte contestata dagli testi escussi nel corso del procedimento. Tuttavia, come è noto, ai sensi degli |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ricorso ritualmente depositato, la società T. S.r.l.s., come sopra rappresentata, evocava in giudizio l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Teramo, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione n. (omissis) emessa in data 3/11/2020 e notificata in data 8/11/2020, eccependo, preliminarmente, la nullità del provvedimento, per nullità del sotteso verbale unico di accertamento e notificazione, per mancata indicazione che gli scritti difensivi dovevano essere proposti dinanzi l’ITL di Teramo, dove ha sede la realtà datoriale, anziché quello di Chieti – Pescara.
Nel merito, contestava la tesi degli ispettori, secondo cui il sig. M. B., rinvenuto in data 2/08/2019 presso il ristorante gestito dalla società opponente intento a svolgere attività lavorativa, in difetto di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro, avrebbe lavorato anche in precedenza nella giornata del 27/07/2019.
La contestazione è priva di fondamento.
In primo luogo, va detto che nel periodo oggetto di accertamento il suddetto sig. M. B. prestava attività lavorativa a tempo pieno presso l’azienda O.S.r.l. di M. S.A. (TE), e già questo, pertanto, esclude che lo stesso possa avere svolto attività lavorativa di natura subordinata alle dipendenze della società ricorrente nel periodo medesimo e, segnatamente, in data 2.08.2019.
Replicava l’opponente che il giorno 2/08/2019, il sig. M. B. si era recato presso il ristorante T. ed era entrato nella cucina solo per salutare i suoi amici i quali nell’occasione gli avevano offerto anche qualcosa da mangiare. Di conseguenza, nel momento dell’accesso degli ispettori egli non stava svolgendo alcun tipo di attività lavorativa, né d’altronde lo stesso aveva mai svolto alcun tipo di attività lavorativa presso il ristorante T., neppure nella giornata (oggetto di ulteriore contestazione) del 27/07/2019. Peraltro, in merito alla contestazione inerente alla giornata del 27/07/2019, l’opponente eccepiva la nullità e illegittimità della contestazione, in quanto di essa non vi era traccia nel verbale unico di accertamento e notificazione ed era stata contestata soltanto nella ordinanza ingiunzione.
Si costituiva ritualmente l'ITL chiedendo il rigetto della domanda poiché infondata in fatto e in diritto. La causa veniva istruita mediante acquisizione documentale ed escussione testimoniale.
Conclusa la fase istruttoria, si perveniva all’udienza di discussione previa concessione del termine di gg. 10 per il deposito di note conclusionali, sostituita con lo scambio di note di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c.
Così fissato il thema decidendum, l’opposizione è infondata.
Prima di valutare nel merito la fondatezza o meno dei motivi di opposizione in questa sede proposta, giova in via preliminare premettere che (come è del resto noto) con l'opposizione all'ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa non viene impugnato un atto amministrativo - con la conseguenza che la cognizione del giudice sarebbe limitata alle dedotte ragioni d'illegittimità del medesimo - ma viene introdotto un ordinario giudizio di cognizione (analogo a quello che si instaura con l'opposizione avverso un decreto ingiuntivo) sul fondamento stesso della pretesa dell'autorità amministrativa, nel quale le vesti sostanziali di attore e convenuto sono pertanto assunte, anche ai fini dell'onere della prova, rispettivamente dalla P.A. e dall'opponente. Di conseguenza l’opposizione atta a devolvere al giudice adito la piena cognizione circa la legittimità e fondatezza della pretesa, può esaurirsi anche nella sola contestazione della pretesa della P.A. fatta valere con l'ordinanza ingiunzione opposta (in questo senso si vedano: Cass. civ., sez. I, 26 maggio 1999 n. 5095; Cass. civ., sez. lav., 20 agosto 1997, n. 7779; Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 1996, n. 1531; Cass. civ., 15.5.1989, n. 2323; Cass. civ., 14.12.1987, n. 9262), gravando piuttosto sull'Amministrazione resistente, in applicazione del disposto generale dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare la fondatezza delle contestazioni poste alla base dell'ordinanza ingiunzione opposta.
Ciò posto, l’ITL ha provato la fondatezza dell’ordinanza ingiunzione; in particolare, ha provato che effettivamente il sig. M. B. il giorno 2.08.2019 si trovava presso il ristorante gestito dalla società opponente intento a svolgere attività lavorativa.
Ciò è quanto ha dichiarato l’ispettore P. L. come fatto avvenuto in sua presenza in occasione dell’accesso ispettivo. L’ispettore, in particolare, ha confermato sia il capitolo 4 della memoria difensiva ITL (“B. il giorno dell’accesso ispettivo ha aiutato il cuoco in cucina tagliando la mozzarella oppure pulendo i calamari già dalle ore 19.00/19.30”), sia il capitolo 5 (“all’atto dell’accesso ispettivo, alle ore 21.30 il B. è stato rinvenuto in cucina a maneggiare alimenti”), sia il capitolo 6 (“alcuna visita medica preventiva o alcuna autorizzazione ad hoc aveva il B. per essere a contatto con gli alimenti”).
Come è noto, ai sensi degli artt. 2699-2700 c.c. i verbali fanno piena prova fino a querela di falso dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti alla sua presenza, nonché della provenienza del documento dal pubblico ufficiale e della provenienza delle dichiarazioni dalle parti.
Ma che il B. la sera del 2.08.2019 stesse lavorando presso il ristorante della ditta T. lo hanno dichiarato anche l’interessato e gli altri testi escussi.
M. B. ha dichiarato “ho prestato attività lavorativa presso codesto locale e pizzeria di F., per tre ore dalle ore 19.00 fino alle ore 22.00 sabato 27 luglio 2019, in qualità di aiuto in cucina, per la prima volta, senza firmare alcuna lettera di assunzione. Dal titolare F., mio amico, ho ricevuto in contanti, per la serata del 27.07.2019, € 30,00. Stasera, secondo giorno di lavoro, sono arrivato alle 19.00 per terminare alle 22.00 circa sempre in cucina, facendo l’aiuto agli altri colleghi presenti in cucina. Il compenso per questa sera non è ancora stato pattuito con il mio amico F. .. Sono dipendente in qualità di saldatore a tempo indeterminato c/o un cantiere di M., per quaranta ore alla settimana, per cinque giorni alla settimana dal lunedì al venerdì, per otto ore al giorno …”, sebbene tale dichiarazione sia stata in parte ritrattata in sede di deposizione testimoniale, dove il M. ha dichiarato di trovarsi in cucina per prendere del cibo che poi avrebbe consumato nella sala ristorante.
Il teste P. J. ha dichiarato: “Lavoro c/o il locale … dal giorno dell’apertura 12.06.2019, in qualità di pizzaiolo, per due ore di sera il sabato e la domenica dalle ore 20.00/ 20.30 fino alle 22.30 circa. Invece, oggi venerdì ho preso servizio alle ore 19.30, perché domenica non presterò servizio … Conosco B., stasera l’ho visto dalle ore 19.40 in cucina ….lui mi stava aiutando a tagliare la mozzarella per le pizze, al momento dell’accesso degli ispettori. Un altro giorno lavorativo di B., il senegalese, è stato sabato 27.07.2019 per due ore aiutando sempre me a tagliare la mozzarella. Oltre a tagliare la mozzarella B. si è occupato sia stasera che sabato scorso a pulire i calamari…”. Anche il P. in sede di deposizione testimoniale ha corretto il tiro della dichiarazione resa agli ispettori, dichiarando che il M. si recava nel ristorante prevalentemente per mangiare, salvo precisare, rispondendo al capitolo 3 del ricorso: “lui tagliava la mozzarella e mi aiutava in tale attività”.
D. M. A. ha dichiarato agli ispettori: “sono occupato ….. dal 12.06.2019 in qualità di cameriere di sala….io…ho visto per la prima volta questa sera il lavoratore senegalese che è addetto alla pulizia della cucina…”.
S. P. U. ha dichiarato agli ispettori “ho iniziato alla fine del mese di giugno 2019…..osservo il seguente orario di lavoro dalle ore 19.00 alle ore 23.00 circa dal lunedì alla domenica…il lavoratore di origini senegalese presente questa sera l’ho visto solo due volte occupato in cucina….”. Anch’egli in sede istruttoria ha in parte ritrattato la dichiarazione resa agli ispettori (“preciso che veniva in cucina ma non lavorava”).
Come si vede, si riscontra una singolare divergenza tra le dichiarazioni rese dai testi escussi in sede ispettiva e quelle rese in udienza. La Corte di Cassazione si è pronunciata in merito a tale possibilità, stabilendo che la Cassazione afferma il giudice può riconoscere valore probatorio alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di accertamento ispettivo, anche se le stesse risultano poi contraddette da quanto dai medesimi riferito nella deposizione in giudizio (ordinanza n. 24208 del 2.11.2020). Dunque, spetta al giudice, alla luce dell’intero compendio probatorio, riconoscere la prevalenza, ai fini probatori, delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva rispetto a quelle rese in udienza.
Facendo tesoro dell’insegnamento della Suprema Corte, reputa questo giudicante che proprio la divergenza tra le dichiarazioni rese dai testi escussi in sede ispettiva (dove tutti univocamente hanno dichiarato in maniera circostanziata che il M. la sera del 2.08.2019 stesse lavorando nella cucina del ristorante) e in udienza (dove, invece, gli stessi testi hanno dichiarato che lo stesso si trovava lì solo per consumare un pasto) fa propendere per la genuinità delle prime dichiarazioni e, quindi, per la legittimità dell’operato dell’Ispettorato.
Il ricorso va quindi rigettato, per le ragioni sopra indicate.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo, in applicazione delle tabelle allegate al DM n. 55/2014, così come aggiornato dal DM 147/2022.
P.Q.M.
Il Tribunale di Teramo, Sezione Lavoro, disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, definitivamente pronunciando:
- Rigetta l’opposizione;
- Condanna parte ricorrente alla rifusione, in favore dell’ITL, delle spese di lite; che liquida in complessivi euro 1.312,00 a titolo di compenso professionale, oltre spese forfettarie (15%), Iva e c.p.a. come per legge.