Per la Cassazione, è errato prendere in considerazione solo due anni (2009 e 2011) per definire la situazione di ben quattro annualità (2007-2011) solo perché si tratta dello stesso contribuente che esercita la medesima attività.
Un avvocato impugnava il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso dell'IRAP da lui versata negli anni di imposta dal 2007 al 2011. A fondamento del gravame, il contribuente sosteneva l'inesistenza del presupposto impositivo, ossia la sussistenza di un'attività organizzata, atteso che egli svolgeva la sua professione...
Svolgimento del processo
Il contribuente esercita la professione di avvocato e ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso dell'Irap da lui versata negli anni di imposta dal 2007 al 2011. Nega infatti il contribuente l'esistenza del presupposto impositivo e cioè la sussistenza di un'attività organizzata, atteso che egli svolge la sua professione con prevalente lavoro personale di tipo intellettuale.
Il giudice di prossimità apprezzava le ragioni della parte contribuente, donde proponeva appello l'Agenzia delle entrate, che era però rigettato dalla CTR, avverso la cui sentenza l'Avvocatura generale dello Stato proponeva ricorso avanti questa Corte che pronunciava ordinanza di cassazione con rinvio per un nuovo giudizio in ordine agli elementi fattuali, rilevando che la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del fatto che nel 2009 nel 2011 il contribuente avesse sostenuto spese di rilievo per compensi a terzi senza precisare a quale tipo di prestazioni tali compensi si riferissero, sicché non poteva dirsi adeguatamente valutata sia l'occasionalità delle prestazioni sia la loro natura.
Il giudizio veniva riassunto davanti il collegio d'appello che ha accolto le ragioni dell'Ufficio e rigettato il ricorso introduttivo del contribuente. Nel particolare il collegio di secondo grado osserva che l'avvocato non ha mai fornito alcuna prova dell'occasionalità e soprattutto della natura delle prestazioni retribuite, mentre il fatto che risultino corrisposti i compensi a terzi nei soli anni 2009 e 2011 non è ritenuto argomento sufficiente a provarne la mera occasionalità.
Propone ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a quattro motivi, mentre l'Avvocatura generale dello Stato si è riservata la partecipazione in udienza. L'affare, originariamente assegnato alla Sesta sezione di questa Corte, è stato rinviato alla sezione ordinaria ritenendo insussistenti le evidenze decisorie proprie di quel rito camerale.
In prossimità dell'udienza, la parte privata ha depositato memoria e ha presentato istanza di discussione in udienza.
Motivi della decisione
Vengono proposti quattro articolati motivi.
Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 n. 4 c.p.c., per violazione del giudicato interno. In altri termini, il giudice del rinvio non avrebbe valorizzato la circostanza che la fase rescindente avrebbe limitato la cognizione del giudizio rescissorio ai soli anni di imposta 2009 e 2011, ritenendo quindi sufficientemente provate le buone ragioni del contribuente nell'esercizio pressoché individuale della propria professione. Solo per quei due anni avrebbe dovuto ritenersi demandato alla CTR un giudizio di fatto, scrutinando nello specifico i compensi nella loro occasionalità e in relazione con la professione, erogati dall'avvocato contribuente.
La censura, pure illustrata in memoria con stralci dell'ordinanza di rinvio di questa Corte, è fondata. Ed infatti, l'esame integrale della sentenza in scrutinio dimostra come il giudice del rinvio abbia richiamato larga parte della motivazione di questa Corte ove, richiamando a sua volta precedenti arresti delle Sezioni unite, indica gli elementi da cui desumere l'occasionalità o meno della prestazione ai fini dell'imposizione Irap. Il riferimento alle somme erogate nel 2009 e nel 2011 costituiva l'indicazione per il giudizio rescissorio del percorso da seguire, analizzando e verificando la coerenza dei compensi a terzi corrisposti in quei due periodi di imposta, ritenendo definiti gli altri. Non è stata quindi ordinata la rivalutazione dei presupposti impositivi per tutto il periodo preso in esame (2007-2011), bensì unicamente per i due anni dove erano presenti gli indici-spia secondo quanto elaborato dalla giurisprudenza in tema di Irap per i professionisti.
Il primo motivo è dunque fondato.
Con il secondo motivo, ed in via concorrente al primo, si prospetta censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione del principio dell'autonomia dell'anno di imposta, nella sostanza richiamando gli orientamenti consolidati di questa Corte per cui i presupposti dell'obbligazione tributaria relativi ad un anno di imposta sono irrilevanti per gli altri anni. Trattandosi di accertamento scaturente da studi di settore, è rafforzata l'autonomia fra gli anni di imposta, già riconosciuta come principio generale tributario (Cass. V, n. 27008/2007), come ribadito anche di recente (Cass. V, n. 30378/2019).
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Con il terzo motivo si prospetta ancora censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione del principio secondo il quale il pagamento di elevati compensi professionali a terzi può integrare, a certe condizioni non già in via di principio e come regola assoluta, il requisito dell'autonoma organizzazione ai sensi del d.lgs. n. 446/1997.
Il motivo resta assorbito dall'accoglimento del precedente.
Con il quarto motivo, infine si prospetta censura ex art. 360 n. 5 c.p.c., lamentando motivazione omessa oltre che contraddittoria sul punto decisivo della controversia rappresentato dal pagamento di compensi professionali a terzi. All'evidenza non si tratta di omesso esame di elemento di fatto, ma si critica la motivazione sul punto nodale della controversia, ovvero sul valore da accordare ai compensi corrisposti a terzi.
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846;
Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell'art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Il quarto motivo è pertanto inammissibile.
In conclusione, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal primo e dal secondo motivo e merita accoglimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria per il Molise, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.