La condotta addebitata al dipendente, sebbene estranea al rapporto di lavoro, è idonea a ledere il vincolo fiduciario a prescindere dal contesto e dal tempo in cui la stessa è stata commessa.
La Corte d'Appello di Ancona confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore e ne disponeva la reintegrazione nel posto di lavoro ritenendo insussistente il fatto contestato al medesimo.
A fondamento della sua decisione, il Giudice evidenziava che il fatto addebitato al...
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimato da Poste Italiane s.p.a. a R.C. il 7 agosto 2018 e ne aveva disposto la reintegrazione nel posto di lavoro ritenendo insussistente il fatto contestato al lavoratore.
1.1. A tal riguardo il giudice del reclamo ha evidenziato che la condotta contestata al C. (una condanna penale per violenza sessuale a carico di una minorenne) non era connotata da particolare gravità tenuto conto del tempo trascorso da quel fatto e della mancanza di altre violazioni di legge. Ha ritenuto che tali circostanze deponessero nel senso che si potesse prevedere che il lavoratore non si sarebbe reso nuovamente responsabile di azioni analoghe idonee a ledere il rapporto fiduciario.
1.2. Con riguardo alla denunciata violazione delle regole processuali previste dall’art. 1 comma 47 e ss. della legge n. 92 del 2012 la Corte di merito ha ritenuto che mancasse un interesse concreto ed attuale da parte della società ad ottenere tale accertamento.
1.3. Inoltre, il giudice del reclamo ha ritenuto che il fatto addebitato al lavoratore, risalente ad oltre tredici anni prima e rimasto isolato, si era realizzato al di fuori dell’attività lavorativa e dunque si poteva ritenere che non potesse avere rilievo nello svolgimento di mansioni a contatto con la clientela.
1.4. Quanto alla tutela riconosciuta ha confermato la reintegrazione nel posto di lavoro ritenendo che il fatto non avesse rilievo disciplinare e dunque dovesse essere ritenuto insussistente.
1.5. Infine, ha respinto la richiesta di ammissione di ulteriore istruttoria evidenziando che non era indispensabile tenuto conto del fatto che il lavoratore non aveva avanzato domande risarcitorie.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso Poste Italiane s.p.a. affidato a tre motivi ulteriormente illustrati da memoria. R.C. ha resistito con tempestivo controricorso.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione art. 100 c.p.c. e dell’art. 1 comma 47 e ss. della legge n. 92 del 28 giugno 2012. Ad avviso di Poste Italiane, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte del reclamo, vi era un interesse concreto ed attuale a denunciare la violazione delle norme indicate in rubrica che risiedeva proprio nell’accertamento del fatto che, solo in presenza di nuove prove acquisite nella fase di opposizione, sarebbe stata possibile la modifica dell’ordinanza resa dal Tribunale all’esito della fase sommaria. Sottolinea che il giudizio di opposizione costituisce la prosecuzione della fase sommaria e perciò una riforma del provvedimento sarebbe ammissibile
solo se ed in quanto in tale fase sia stata effettivamente condotta una attività istruttoria piena che legittimi tale riforma.
5. Il motivo non può essere accolto.
5.1. Osserva il Collegio che, sebbene la Corte territoriale abbia escluso l’esistenza di un interesse da parte della Società a coltivare la censura di violazione di legge, tuttavia il giudice del reclamo non si è sottratto dal rispondere comunque alla censura formulata evidenziando che non si poteva ravvisare una nullità nella scelta del giudice di modificare la decisione resa all’esito della fase sommaria sulla base dello stesso materiale probatorio già acquisito.
5.2. Premesso che tale statuizione non è stata specificatamente impugnata dall’odierna ricorrente corre tuttavia l’obbligo di ricordare che perché sia ravvisabile una nullità processuale è necessario che questa risulti espressamente comminata dalla legge. A ciò si aggiunga che nel rito c.d. Fornero l’opposizione ex art. 1, comma 51, della l. n. 92 del 2012 (…) costituisce una fase a cognizione piena nell'ambito dello stesso grado di giudizio. La pronuncia adottata all'esito della fase sommaria, infatti, è suscettibile di essere rivista nel giudizio di opposizione anche d'ufficio ed a prescindere da una censura della parte interessata (cfr. Cass. sez. un. 11/11/2022 n. 33362).
6. Il secondo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. e dell’art. 54 comma VI lett. h) e 80 lett. e) c.c.n.l. Poste Italiane è invece fondato.
6.1. Ritiene il Collegio che la Corte di merito sia incorsa nella violazione delle norme denunciate ed in particolare dell’art. 2119 c.c. nell’affermare che il reato accertato con sentenza passata in giudicato - una violenza perpetrata su una minore in una discoteca - per il contesto in cui il fatto si è svolto e per il tempo trascorso, non sia così grave da giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro.
6.2. Premesso che al signor C. fu contestato di aver “in modo insidioso e repentino nonché usando violenza, consistita nell'afferrare per un braccio (…), allora minorenne, e nel tirarla con forza verso di sé la costringeva a subire atti sessuali consistiti nel metterle una mano sotto la gonna e nel toccarle gli organi genitali” e che tale fatto era stato accertato in via definitiva con sentenza penale passata in giudicato, ritiene il Collegio che la Corte del reclamo nell’effettuare il giudizio di proporzionalità della condotta e nel valutarne la gravità ai fini della sussistenza o meno di una giusta causa di risoluzione del rapporto – sia ai sensi dell’art. 2119 c.c. e dell’art. 80 lett. h) del c.c.n.l. oltre che dell’art. 54 comma 6 lett. h) - abbia irragionevolmente ritenuto di non poter sussumere il fatto pacificamente accertato nella sua materialità nella norma generale con una valutazione non coerente rispetto a quelli che sono gli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale (cfr. tra le tante Cass. n. 13534 del 2019 e n. 7305 del 2018).
6.2. Non v’è dubbio che il comportamento per il quale il lavoratore è incorso in una condanna in sede penale, per quanto risalente nel tempo, rivesta un carattere di gravità che non può essere suscettibile di attenuazione solo per effetto del tempo trascorso, dato del tutto neutro. Né tale condotta può esser considerata meno grave, secondo il diffuso comune sentire, sol perché si è svolta in un luogo deputato al divertimento. Una violenza sessuale ai danni di una minore di età, in qualsiasi contesto sia commessa, è secondo uno standard socialmente condiviso una condotta che per quanto di per sé estranea al rapporto di lavoro è idonea a ledere il vincolo fiduciario a prescindere dal contesto in cui la stessa è stata commessa e dal tempo trascorso dal fatto, a maggior ragione ove l’attività lavorativa svolta ponga il lavoratore a diretto contatto col pubblico.
6.3. Nel valutare poi la distanza temporale tra il fatto e l’incidenza sul vincolo fiduciario la Corte di merito avrebbe dovuto tenere presente il momento in cui la società è venuta a conoscenza del fatto mai prima comunicatole. Si tratta di elemento che rileva non soltanto ai fini di una valutazione della tempestività della reazione datoriale, che nella specie non appare essere controversa, ma anche nella verifica della persistenza del rapporto fiduciario che deve sorreggere la relazione tra datore di lavoro e lavoratore.
6.4. Peraltro, la Corte di merito ha trascurato di considerare che a norma dell’art. 54 comma VI lett. h) del CCNL di Poste, la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso trova applicazione nel caso di “condanna passata in giudicato per condotta commessa non in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, quando i fatti costituenti reato possano comunque assumere rilievo ai fini della lesione del rapporto fiduciario”. In base a tale disposizione collettiva, richiamata nella lettera di licenziamento, il giudice è tenuto a valutare la gravità del fatto costituente reato per come accertato e valutato in sede penale e con efficacia di giudicato senza che a tal fine rilevino altri elementi di contorno esterni (quale ad esempio il tempo trascorso e l’unicità del fatto).
6.5. Alla luce delle esposte considerazioni la sentenza, in accoglimento del secondo motivo di ricorso deve essere cassata restando assorbito l’esame del terzo motivo con il quale, in via subordinata, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 commi 4 e 5 della legge n. 300 del 1970 e dell’ art. 54 comma 6 lett. h) ccnl e art. 14 preleggi con riguardo alla tutela applicata.
6.6. La Corte del rinvio, che si individua nella Corte di appello di Bologna , procederà ad un nuovo esame della fattispecie valutando nuovamente alla luce dei principi esposti la legittimità o meno del licenziamento intimato al signor C.. Alla Corte del rinvio è demandata infine la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Bologna anche per le spese del giudizio di legittimità.