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Con ricorso monitorio, Tizio e Caio chiedevano al Tribunale la somma a titolo di rate scadute relative al prezzo della cessione delle quote di partecipazione al capitale sociale della “Pasticceria beta” in virtù della quale la società alfa aveva rilevato la totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale. I ricorrenti contestavano il mancato integrale pagamento di alcune rate. Avverso tale decreto proponeva opposizione la società alfa, eccependo la compensazione con somme corrisposte per debiti dei cedenti e, in particolare, l'intervenuto pagamento dovuti dai signori Tizio e Caio per una fornitura di energia/gas, dandone debita preventiva comunicazione, nonché comunicando, con piena condivisione degli opposti, la successiva imputazione di quell'importo sulle rate prezzo di allora successiva scadenza, a concorrenza dello stesso; eccepivano altresì che era pervenuta, poi, alla società cessionaria una cartella di pagamento dall'Agenzia delle Entrate e che successivamente la società aveva appreso dell'esistenza di diverse cartelle esattoriali ancora pendenti ed a debito della società. |
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Il Legislatore con l' |
L'art. 1243 c.c. stabilisce i presupposti sostanziali ed oggettivi del credito opposto in compensazione, ossia la liquidità, inclusiva del requisito della certezza, e l'esigibilità. Nella loro ricorrenza, il giudice dichiara l'estinzione del credito principale per compensazione legale, a decorrere dalla sua coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda; mentre, se il credito opposto è certo ma non liquido, perché indeterminato nel suo ammontare, in tutto o in parte, egli può provvedere alla relativa liquidazione, se facile e pronta, e quindi può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale sino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido; oppure può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione. Pertanto, la compensazione, legale o giudiziale, rimane impedita tutte le volte in cui il credito opposto in compensazione sia stato ritualmente contestato in diverso giudizio non ancora definito, risultando a tal fine irrilevante l'eventuale sentenza di merito o provvedimento di condanna, anche se immediatamente esecutivi, emessi in quel giudizio, perché non consentono di ritenere integrato il requisito della definitività dell'accertamento, e dunque della certezza del controcredito (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2019, n. 4313). |
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A seguito dell'istruttoria di causa era emerso che la pretesa creditoria dei ricorrenti trovava fondamento nella scrittura privata, un atto di cessione del con cui gli odierni opposti, ciascuno per quanto di ragione, cedevano alla società alfa le loro quote di partecipazione al capitale sociale della Pasticceria beta. Premesso ciò, la società opponente non aveva contestato la sussistenza del credito azionato, limitandosi ad eccepire in compensazione l'intervenuto pagamento dell'importo dovuti da Tizio e Caio per una bolletta di fornitura, e l'avvenuta notifica delle cartelle di pagamento. Tuttavia, secondo il giudice, nel caso in esame, parte opponente non aveva offerto piena prova della certezza dei crediti eccepiti in compensazione. Infatti, quanto all'eccepito intervenuto pagamento dovuti dagli opposti per una bolletta di fornitura, il credito non poteva ritenersi certo, poiché contestato nell'an dagli opposti, che avevano sostenuto di aver già provveduto al pagamento di quanto dovuto per le forniture relative al periodo di cui alla fattura in questione. Le medesime considerazioni valgono anche per le cartelle esattoriali, per le quali, in primo luogo, da parte opponente, non è stata offerta prova dell'intervenuto pagamento, sicché, ai fini della compensazione, difettava il presupposto della coesistenza di due crediti tra i medesimi soggetti. |
Svolgimento del processo
Con ricorso monitorio i signori A.M. e R.B. chiedevano al Tribunale la somma di € Euro 22.036,56 oltre interessi e spese, a titolo di rate scadute relative al prezzo della cessione delle quote di partecipazione al capitale sociale della “Omissis” stipulata in data 14.3.2016, in virtù della quale la Omissis. s.r.l. aveva rilevato la totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale della “Omissis s.a.s. di A.M.”, di titolarità dei ricorrenti per il corrispettivo di euro 690.000,00, da corrispondersi parte contestualmente (Euro 390.000,00) e parte in n. 30 rate di Euro 10.000,00 ciascuna, a partire dal 30 marzo 2016, per finire al 30.11.2018. I ricorrenti contestavano il mancato integrale pagamento di alcune rate e precisamente della rata con scadenza il 30.04.17 non pagata, rata con scadenza al 30.11.17, decurtata di € 2.036,56 e, quindi, versata in misura di € 7.963,00, rata con scadenza al 30.11.18 non pagata.
Avverso tale decreto proponeva opposizione la omissis. s.r.l., eccependo la compensazione con somme corrisposte per debiti dei cedenti ed in particolare l’intervenuto pagamento di Euro 11.549,40 dovuti dai signori M. e B. per una fornitura ACEA (doc. n. 3), dandone debita preventiva comunicazione, nonché comunicando, con piena condivisione degli opposti, la successiva imputazione di quell’importo sulle rate prezzo di allora successiva scadenza, a concorrenza dello stesso; eccepivano altresì che era pervenuta, poi, alla Società cessionaria una cartella di pagamento datata 08.11.2017 dall’Agenzia delle Entrate per un importo pari ad Euro 2.036,56 e che successivamente la società aveva appreso dell’esistenza di diverse cartelle esattoriali per un importo complessivo di € Euro 19.985,29, ancora pendenti ed a debito della Società.
Rappresentava altresì l’opponente che nell’atto di cessione di quote del giorno 11 febbraio 2016, riproduttivo delle obbligazioni precise nella “Convenzione di cessione di quote” sottoscritta il precedente 3 febbraio 2016, era stato dalla parte cedente assunto specifico obbligo di garanzia in ordine alla insussistenza di passività qualsivoglia, antecedenti causalmente alla data stessa della cessione, ulteriori rispetto a quelle riportate nella “Relazione di stima” costituente allegato all’atto di trasformazione da Società in accomandita semplice a Società a responsabilità limitata, atto a rogito N. L. S., rep. 10579 del 3 febbraio 2016.
Deduceva che erano passività relative alla causale “imposta comunale pubblicità” relative agli anni 2006/2015, per un totale di Euro 19.985,29, ancora pendenti ed a debito della Società. Procedo di seguito al riepilogo delle dette pendenze con specifica del numero delle cartelle 1. cartella di pagamento n. 09720080295018146, contenente un’intimazione per l’importo di Euro 1.976,77, dovuto per mancato pagamento de “imposta comunale pubblicità” per il 2006, le sanzioni per il mancato/tardivo pagamento, i relativi interessi di mora, l’aggio da riscossione e ulteriori oneri;
Si costituivano in giudizio A.M. e R.B. deducendo l’insussistenza dei presupposti per la compensazione; in particolare, il difetto di prova dei pagamenti effettuati, la mancanza di prova dell’esito del giudizio intentato innanzi dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso le cartelle.
All’udienza di comparizione delle parti, ritenuto che l’opposizione non fosse fondata su prova scritta e che le allegazioni di parte opponente non trovassero riscontro documentale, veniva concessa la provvisoria esecuzione del decreto opposto.
La causa, ritenuta provata documentalmente e matura per la decisione, veniva riservata in decisione.
Motivi della decisione
1 – Delimitazione del thema decidendum e ripartizione dell’onere della prova:
Prima di procedere all’esame della fattispecie concreta, giova ricordare che il giudizio di cognizione, che si apre in conseguenza dell’opposizione ex artt. 645 e ss. c.p.c., è governato dalle ordinarie regole in tema di riparto dell’onere della prova, come enucleabili dal disposto dell’art. 2697 c.c. Pertanto, anche in seno a tale procedimento, il creditore è tenuto a provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l'esistenza ed il contenuto della fonte negoziale o legale del credito e, se previsto, il termine di scadenza -e non anche l'inadempimento, che deve essere semplicemente allegato- mentre il debitore ha l’onere di eccepire e dimostrare il fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento, ovvero ogni altra circostanza dedotta al fine di contestare il titolo posto a base dell’avversa pretesa o, infine, gli eventi modificativi del credito azionato in sede monitoria.
Invero, dall'art. 2697 c.c. -che richiede all'attore la prova del diritto fatto valere ed al convenuto la prova della modificazione o dell'estinzione dello stesso- si desume il principio della presunzione di persistenza del diritto: in forza di tale principio, pacificamente applicabile all'ipotesi della domanda di adempimento, ove il creditore dia la prova della fonte negoziale o legale della propria pretesa, la persistenza del credito si presume ed è, dunque, sul debitore che grava l’onere di provare di aver provveduto alla relativa estinzione ovvero di dimostrare gli altri atti o fatti allegati come eventi modificativi o estintivi del credito di parte avversa (in tal senso, Cass. Civ. Sezioni Unite, 30 ottobre 2001, n. 13533; conf., ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 13 giugno 2006, n. 13674; Cass. Civ., Sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615).
La pretesa creditoria dei ricorrenti trova fondamento nella scrittura privata del in data 14.3.2016, un atto di cessione del 14 Marzo 2016 con cui gli odierni opposti, ciascuno per quanto di ragione, cedevano alla Omissis Srl le loro quote di partecipazione al capitale sociale della Omissis Sas di A.M. & C.
Dalla lettura del contratto risulta che Il prezzo della cessione, come da art 3 dell’atto di cessione,
veniva così regolato:
a) € 100.000,00 versati al momento della sottoscrizione dell’atto
b) € 290.000,00 entro il 15 Marzo 2016
c) € 300.000,00 in 30 rate da € 10.000,00 cadauna con scadenze mensili dal 30.03.16 al 30.11.18 inclusi;
La società opponente non ha contestato la sussistenza del credito azionato, limitandosi ad eccepire in compensazione l’intervenuto pagamento dell’importo di euro 11.549,40 dovuti dai signori M. e B. per una bolletta ACEA (doc. n. 3), e l’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento.
Sul punto occorre premettere che l'art. 1243 c.c. stabilisce i presupposti sostanziali ed oggettivi del credito opposto in compensazione, ossia la liquidità, inclusiva del requisito della certezza, e l'esigibilità. Nella loro ricorrenza, il giudice dichiara l'estinzione del credito principale per compensazione legale, a decorrere dalla sua coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda, mentre, se il credito opposto è certo ma non liquido, perché indeterminato nel suo ammontare, in tutto o in parte, egli può provvedere alla relativa liquidazione, se facile e pronta, e quindi può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale sino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, oppure può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione.
Nel caso in esame, deve rilevarsi come parte opponente non abbia offerto piena prova della certezza dei crediti eccepiti in compensazione. Infatti, quanto all’eccepito intervenuto pagamento di Euro 11.549,40 dovuti dai signori M. e B. per una bolletta ACEA, il credito non può ritenersi certo, poiché contestato nell’an dagli opposti, che hanno sostenuto di aver già provveduto al pagamento di quanto dovuto per le forniture relative al periodo di cui alla fattura in questione.
Le medesime considerazioni valgono per le cartelle esattoriali, per le quali, in primo luogo, da parte opponente, non è stata offerta prova dell’intervenuto pagamento, sicchè, ai fini della compensazione, difetta il presupposto della coesistenza di due crediti tra i medesimi soggetti.
Infine parte opposta ha sostenuto di aver impugnato le cartelle innanzi alla Commissione Tributaria, allegando i relativi ricorsi, mentre gli opponenti non hanno dimostrato l’esistenza di un accertamento definitivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ai sensi del DM 55/2014, tenuto conto del valore medio dello scaglione di riferimento.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) Rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto n. omissis emesso dal Tribunale di Roma;
b) CONDANNA la Omissis S.r.l., alla rifusione, in favore di M. A. e B. R. delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.250,00 per compensi ex DM. 55/2014, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.