Il proprietario non responsabile della violazione non si trova in alcun modo in una posizione assimilabile a quella dell'inquinatore, essendo tenuto a sostenere i costi connessi agli interventi di bonifica esclusivamente in ragione dell'esistenza dell'onere reale sul sito bonificato.
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione notificato in data 14 luglio 2007 il Comune di Castellalto convenne in giudizio davanti al Tribunale di Teramo la società D. s.n.c. (poi trasformata in s.r.l.) e I. C. chiedendone la condanna in solido, o in via subordinata soltanto di quest'ultimo, al pagamento della somma di € 32.732,89 oltre interessi e rivalutazione a titolo di rimborso delle spese sostenute in occasione dell'incendio, verificatosi nella notte tra il 17 e il 18 aprile 2006 della discarica insistente sul terreno di proprietà della prima e condotto in locazione dalla seconda: pretesa azionata nei confronti sia del C. ai sensi del comma 2 dell’art. 17 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi), quale responsabile della situazione di inquinamento; sia nei confronti della società D.ai sensi dei commi 10 e 11 della medesima disposizione, quale proprietaria del sito inquinato; in alternativa, era invocata nei confronti di entrambi la responsabilità per danni da cose in custodia ovvero da esercizio di attività pericolose, ai sensi degli artt. 2050 e 2051 cod. civ..
Instaurato il contraddittorio e per quanto in questa sede ancora interessa, con sentenza n. 651 del 2012 il Tribunale accolse la domanda nei soli confronti della società, ritenendo sussistere in capo ad essa tutti i presupposti dell’onere reale previsto dal comma 10 della citata disposizione, con conseguente addebitabilità ad essa, ex lege, dell’obbligazione di rimborso.
2. Pronunciando sui contrapposti gravami - proposti, rispettivamente, in via principale dalla società e in via incidentale dal Comune - la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1513/2018, resa pubblica il 1° agosto 2018, ha rigettato il primo ed accolto il secondo, conseguentemente estendendo la condanna della società anche, in via solidale, nei confronti del C., ritenuto responsabile ex art. 2051 cod. civ., sia in quanto conduttore del sito ove si era sviluppato l’incendio, sia in quanto custode dell’area medesima giusta incarico ad esso conferito con decreto di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. del 1° settembre 2005. Ha peraltro soggiunto che lo stesso fondamento normativo (art. 2051 cod. civ.) valeva a ulteriormente giustificare la condanna della società, in quanto proprietaria del bene locato.
4. Avverso tale sentenza la D. S.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste il Comune di Castellalto, depositando controricorso.
L’altro intimato è rimasto tale.
È stata fissata la trattazione per la odierna adunanza camerale con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., «errata interpretazione e falsa applicazione dell'artt. 2051 c.c. nonché errata interpretazione e falsa applicazione dell'art. 321 c.p.p.».
Lamenta che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto sussistere in capo ad essa ricorrente la qualità di custode dell’area ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2051 cod. civ., essendo pacifico in causa ed espressamente affermato anche in sentenza che l’area era oggetto di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. con la nomina a custode giudiziale del C..
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., «errata applicazione falsa interpretazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997».
Sostiene che, secondo il disposto dei commi 10 e 11 di detta disposizione, l’onere reale ivi previsto (e nella specie posto a fondamento dell’obbligo di rimborso delle spese di bonifica sostenute dal Comune) ricade esclusivamente sull’area che ha beneficiato degli interventi di bonifica e il privilegio speciale assiste il rimborso delle spese relative a tali aree, con la conseguenza che erroneamente i giudici di merito hanno fatto discendere da tali norme la responsabilità di essa ricorrente, dal momento che le spese riguardavano tutte attività di bonifica eseguite su aree diverse da quelle di sua proprietà.
Rileva inoltre che, erroneamente, su tale base, è stata affermato il carattere solidale del debito, atteso che mentre il soggetto inquinante è tenuto a risarcire il danno secondo le regole ordinarie in materia di responsabilità patrimoniale e quindi con l'intero patrimonio, nulla di tutto ciò è previsto a carico del proprietario dell'area che, solo ricorrendo detti presupposti inderogabili, può essere tenuto a subire l'escussione sul bene per consentire all'amministrazione il rimborso delle spese sostenute per bonificare il bene medesimo.
Soggiunge che la condanna solidale si pone anche in contrasto con la sentenza penale della Corte d’appello de l'Aquila del 19 novembre 2010 che, da una parte, ha condannato il C. per l'inquinamento cagionato e, dall'altra, ha previsto il risarcimento del danno in favore della D.per l'uso improprio del bene.
3. Devesi preliminarmente rilevare che non vi è prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso nei confronti di I. C..
Tuttavia, trattandosi di litisconsorte facoltatI. ed essendo applicabile, in conseguenza, l'art. 332 cod. proc. civ., non occorre far luogo all'ordine di notificazione dell'impugnazione ai sensi di tale norma, essendo ormai l'impugnazione per esso preclusa.
4. Il primo motivo è fondato.
Si dà atto in sentenza (v. pag. 11, secondo cpv.) che l’immobile di proprietà della D.S.r.l. si trovava al momento dell’evento dannoso, e già da diversi mesi prima, sottoposto a sequestro preventivo in relazione al quale l’incarico di custode era stato affidato allo stesso conduttore, I. C. (circostanza, questa, considerata dalla Corte d’appello ragione aggiuntiva per attribuire a quest’ultimo concorrente responsabilità risarcitoria ex art. 2051 cod. civ.).
Non può dubitarsi che, per converso, per effetto di tale misura cautelare reale, la società proprietaria del bene e locatrice fosse stata privata della disponibilità materiale effettiva dell’immobile.
Erroneamente dunque, in tale contesto, la Corte d’appello ha ritenuto potersi configurare anche nei confronti della società il presupposto per l’affermazione di una concorrente responsabilità extracontrattuale ex art. 2051 cod. civ., rappresentato per l’appunto dall’esistenza di una situazione di custodia, intesa - secondo pacifica acquisizione - come «effettivo potere di governo» della cosa, «effettiva e non occasionale disponibilità della cosa», «potere di controllare la cosa», «capacità di modificare la situazione di pericolo venutasi a creare», «potere di escludere qualsiasi terzo dall'ingerenza sulla cosa» (v. Cass. n. 1108 del 21/01/2021; n. 11016 del 19/05/2011; n. 5669 del 09/03/2010).
5. È fondato anche il secondo motivo.
5.1. A norma del comma 2 dell’art. 17 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22: «2. Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento.…»
Dispongono poi, per quanto qui rileva, i commi da 9 a 11 della medesima disposizione:
«9. Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri enti pubblici. …
«10. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L'onere reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell'articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
«11. Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3, sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare».
Emerge dunque la configurazione di due responsabilità, distinte per presupposti, soggetti e natura:
- da un lato, quella dell’autore dell’inquinamento (comma 2), la quale costituisce una vera e propria forma di responsabilità oggettiva per gli obblighi di bonifica, messa in sicurezza e rispristino ambientale conseguenti alla contaminazione delle aree inquinate: l'obbligo di effettuare gli interventi di legge sorge, in connessione con una condotta «anche accidentale», ossia a prescindere dall'esistenza di qualsiasi elemento soggettI. doloso o colposo in capo all'autore dell'inquinamento;
- dall’altro, sul presupposto (comma 9) che «i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili» e gli interventi siano stati di conseguenza realizzati, in via sussidiaria, dal Comune o dalla Regione, quella (comma 10) dei proprietari delle «aree inquinate», i quali sono tenuti al rimborso delle spese sostenute, non in via diretta perché siano responsabili dell’inquinamento (si presuppone anzi che non lo siano ché altrimenti per essi varrebbe già, in via assorbente, l’obbligo nascente dalla previsione di cui al comma 2) né perché ne siano obbligati ad altro titolo, ma solo per effetto dell’«onere reale» costituito sulle aree medesime (e da indicare nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell'articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47) in conseguenza degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale effettuati dall’ente pubblico; tanto ciò è vero che chi subentra nella proprietà o possesso del bene subentra anche negli obblighi connessi all'onere reale, indipendentemente dal fatto che ne abbia avuto preventiva conoscenza. È del tutto chiaro, dunque, che il proprietario non si trova in alcun modo in una posizione analoga od assimilabile a quella dell'inquinatore, essendo tenuto a sostenere i costi connessi agli interventi di bonifica esclusivamente in ragione dell'esistenza dell'onere reale sul sito bonificato.
«In sostanza, il soggetto su cui grava l'obbligo di procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale è prima di tutto il responsabile della situazione di inquinamento, in seconda battuta, qualora "i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili" (comma 9), gli interventi necessari vengono comunque realizzati d'ufficio dal Comune o, in subordine, dalla Regione con privilegio immobiliare sulle aree bonificate per il recupero delle spese, esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Per cui il proprietario, non responsabile della violazione, non ha l'obbligo di provvedere direttamente alla bonifica, ma solo l'onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare» (così Cass. n. 21887 del 21/10/2011).
5.2. Ciò premesso appare evidente che, secondo il chiaro tenore testuale della norma, l’onere reale ricade sulle «aree inquinate» e le spese per le quali l’ente può avvalersi del privilegio speciale immobiliare, ai sensi del comma 11, sono (solo) quelle «sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate».
Ciò risponde del resto alla ratio della norma che, escluso che possa ravvisarsi nell’attribuzione di una responsabilità diretta del proprietario per il fatto dell’inquinamento, sia pure oggettiva o “di posizione” come postulato in sentenza, è piuttosto quella di far ricadere (anche) sulla proprietà, oltre che sul responsabile, il costo di interventi che altrimenti, nel caso di insolvenza di quest’ultimo, resterebbero a carico della collettività.
Non appare dunque condivisibile l’affermazione contenuta in sentenza secondo «nulla rileva né il fatto che le spese sostenute dal Comune si riferissero ad operazioni eseguite all'esterno dell'area di proprietà della società D.ed a beneficio dell'intera collettività, né il fatto che la formazione del percolato fosse ricollegabile non allo stoccaggio di rifiuti operato dalla ditta C. ma piuttosto all'acqua utilizzata per lo spegnimento dell'incendio ed entrata in contatto coi detti rifiuti: ciò trattandosi, comunque, di operazioni resesi necessarie per arginare la situazione verificatasi nell'area medesima, in ordine alla quale sussisteva la detta responsabilità da posizione della società proprietaria».
Ben diversamente, infatti, solo se la bonifica ha avuto ad oggetto l’area di proprietà della società poteva sorgere la predicata e del tutto peculiare responsabilità da posizione.
Tanto non si desume con chiarezza dalla equI.ca motivazione sopra riportata.
In mancanza di un chiaro accertamento sul punto, la sentenza si espone dunque al denunciato vizio di violazione di legge, sub specie di errore di sussunzione e va dunque cassata anche in relazione al secondo motivo.
La causa va conseguentemente rinviata al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo, nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.