Il contribuente può utilizzare in sede contenziosa la documentazione che non ha prodotto all'atto di risposta al questionario se l'Amministrazione non prova di averlo avvertito dell'impossibilità di produrla comunque in caso di mancata risposta.
Gli attuali ricorrenti ricevevano notifica di distinti avvisi di accertamento relativi ad IRAP e IVA per la società e ad IRPEF per i soci. I Giudici di merito rigettavano i gravami da loro proposti, conseguendone il ricorso per cassazione.
In sede di legittimità, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui la CTR ha...
Svolgimento del processo
1. La società contribuente ed i soci, nel corso dell’anno 2012, a seguito di P.V.C. elevato dalla Guardia di Finanza – Tenenza di Suzzara, ricevevano notifica di distinti avvisi di accertamento, relativi ad IRAP e IVA per la società e ad IRPEF (recuperata per trasparenza) per i soci dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Mantova, per gli anni 2009, 2010, 2011 (tre avvisi per le dette annualità notificati alla società e sei avvisi notificati ai soci, in applicazione dell’art. 53, primo e quarto comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). In relazione all’anno di imposta 2009, si accertava l’omessa notazione e la discordanza tra quanto riportato nelle fatture di vendita e quanto annotato nei registri IVA, con conseguenti maggiori ricavi non dichiarati pari a € 117.709,00. Per l’anno 2010 si contestava l’omessa annotazione di fatture di vendita, e si accertavano maggiori ricavi per € 141.343,91; per l’anno di imposta 2011, invece, si contestavano omesse annotazioni delle fatture di vendita nonché una discordanza tra l’imponibile fatturato e quello annotato e, per l’effetto, maggiori ricavi non dichiarati per € 256.683,00. Infine, dal controllo del magazzino emergevano ammanchi ed eccedenze di merce presente rispetto a quella risultante dalle scritture contabili, rispettivamente per € 10.288,04 e € 4.816,35.
2. Avverso i detti avvisi di accertamento, i contribuenti proponevano distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di Mantova; l’Ufficio si costituiva, evidenziando l’infondatezza dei ricorsi.
3. La C.t.p., previa riunione di ricorsi, con sentenza n. 135/02/2014, li respingeva, contestando ai ricorrenti l’inammissibilità delle prove documentali ex art. 52, quinto comma, d.P.R. n. 633 del 1972.
4. Contro tale decisione proponevano appello i contribuenti dinanzi la C.t.r. della Lombardia; l’ufficio si costituiva contestando il gravame.
5. Tale Commissione, con sentenza n. 2226/2015, depositata in data 18 maggio 2015, respingeva il gravame, liquidando le spese di lite a carico dei soccombenti.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 26 aprile 2023 per la quale i contribuenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis. 1 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Violazione dell’art. 52, quinto comma,
d.P.R. n. 633 del 1972» i ricorrenti lamentano l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto non utilizzabile la documentazione versata in atti dai ricorrenti nel procedimento in prime cure, in ragione del rifiuto di esibizione in sede di contraddittorio endoprocedimentale con i verificatori.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. Nullità della sentenza per omessa motivazione, con violazione dell’art. 36, comma secondo, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., anche con riferimento agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché per omessa pronuncia ex art. 112 cod. proc. civ.» i ricorrenti lamentano l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., nel disconoscere l’utilizzabilità dei documenti prodotti in sede contenziosa dai ricorrenti, non ha indicato quali tra i detti documenti non sarebbero risultati disponibili ai verificatori in sede d’ispezione – e quindi, loro sottratti.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ossia la presunta sottrazione all’ispezione dei documenti prodotti in giudizio dai contribuenti con illegittima applicazione dell’art. 52, quinto comma, d.P.R. n. 633 del 1972» i ricorrenti propongono la medesima doglianza di cui ai precedenti motivi di ricorso, sotto il profilo del vizio di motivazione.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2729 cod. civ. e dell’art. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973 e dell’art. 54, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972» i ricorrenti lamentano l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha disconosciuto le argomentazioni in fatto e in diritto dei contribuenti, equiparando le fatture provvisorie oggetto di contestazione a documenti extracontabili, attestanti operazioni sfuggite alla contabilizzazione.
2. I primi tre motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione afferendo tutti alla utilizzabilità dei documenti prodotti in sede contenziosa dai ricorrenti, sono fondati. Come correttamente rilevato nella memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ., in tema di accertamento, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa, determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica (si veda Cass. 19/08/2020, n. 17364 che richiama a sua volta, Cass. 21/03/2018, n. 7011 e Cass 27/12/2016, n. 27069).
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico e reiterato quello secondo cui "l'invio del questionario da parte dell'Amministrazione finanziaria, previsto dall'art. 32, quarto comma, del d.P.R. settembre 1973, n. 600 (nonché, in materia di IVA, dall'omologa disposizione di cui all'art. 51, quinto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare - in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria - un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l'instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l'omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa. A tal fine, peraltro, è necessario che l'Amministrazione, con l'invio del questionario, fissi un termine minimo per l'adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall'inottemperanza alle stesse, senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale (la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull'Amministrazione), sia invocabile la sanzione dell'inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l'introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare - come si evince dagli artt. 6 e 10 dello Statuto del contribuente - l'azione dell’ufficio" (Cass. 27/09/2013, n. 22126).
2.1. Quindi, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate giustifica l'esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell'Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell'inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall'art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all'esibizione da parte dell'Amministrazione purché accompagnato dall'avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si _14giustifica - in deroga ai principi di cui agli arti. 24 e 53 Cost. - per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il Fisco.
Sotto questo profilo, la C.t.r. ha fatto malgoverno del pacifico principio giurisprudenziale richiamato e ciò perché, nella sentenza, si è limitata ad affermare l'inutilizzabilità della documentazione prodotta dal contribuente a sostegno della prova contraria sulla mera circostanza che si trattasse di documentazione non prodotta dal contribuente all'atto della risposta al questionario, nemmeno considerando che la prova dell'avvertimento, al fine di farne derivare l'inutilizzabilità della documentazione, spetta all'Ufficio.
3. Dall’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso discende l’assorbimento del quarto motivo.
4. In conclusione, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso e, assorbito il quarto motivo, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia – sezione staccata di Brescia affinchè, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame e provveda anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia – sezione staccata di Brescia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame e provveda anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.