
Il nesso eziologico che lega la concausa all'evento lesivo può essere infatti escluso solo quando essa degradi a mera occasione per l'intervento di fattori estranei all'attività di lavoro di per sé assorbenti.
La Corte d'Appello di Messina negava all'attuale ricorrente la rendita ai superstiti legata alla morte del coniuge, il quale era già percettore di una rendita per silicosi polmonare. A fondamento della decisione, l'espletamento di una seconda CTU dalla quale era emerso che la morte del coniuge non fosse eziologicamente connessa alla malattia professionale, essendo egli già affetto da una broncopatia cronica ostruttiva. Inoltre, la seconda CTU aveva altresì escluso che la silicosi fosse causa o concausa determinante o preponderantedell'evento rispetto alle altre.
Contro il diniego, il ricorrente si rivolge alla Suprema Corte, lamentando il fatto che i Giudici avessero negato il nesso causale nonostante esso risultasse dagli elementi istruttori che erano emersi in giudizio. Il CTU infatti non aveva escluso un'incidenza della silicosi nella verificazione dell'evento.
Con l'ordinanza n. 11488 del 3 maggio 2023, la Suprema Corte dichiara fondato il motivo di ricorso, osservando come il CTU avesse negato il nesso causale poiché aveva escluso che la silicosi valesse come causa o concausa determinante o preponderante rispetto alle altre cause dell'evento mortale. Ma così facendo, la Corte ha negato che concause eziologicamente concorrenti ma non preponderanti e con modesta incidenza causale possano avere rilevanza per l'affermazione del giudizio di causalità e ciò contrasta con l'
Ciò detto, gli Ermellini ricordano che in materia di malattia professionale, sono gli
In ossequio a ciò, deve essere data importanza ad ogni concausa che abbia contribuito alla produzione dell'evento lesivo, anche quando la sua incidenza non sia stata preponderante ma abbia contributo in termini indiretti e remoti. In tale contesto, il Collegio precisa che il nesso eziologico che lega la concausa all'evento può essere escluso solo laddove essa degradi a mera occasione per l'intervento di fattori estranei all'attività di lavoro di per sé assorbenti.
Con riferimento al caso di specie, si rileva che rimane l'affermazione della silicosi quale concausa efficiente, anche se non preponderante, e dunque la Corte non avrebbe potuto escluderne il rilievo ai fini dell'affermazione del nesso di causalità.
Alla luce di ciò, la decisione impugnata viene cassata con rinvio alla Corte territoriale.
Svolgimento del processo
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d'appello di Messina negava a (omissis) (omissis) la rendita ai superstiti in dipendenza della morte del coniuge, già percettore di rendita per silicosi polmonare.
Riteneva la Corte, dopo aver rinnovato la consulenza tecnica disposta in primo grado, che il decesso non fosse legato eziologicamente alla malattia professionale (silicosi), essendo la vittima affetta da broncopatia cronica ostruttiva, verosimilmente dovuta al tabagismo, e avendo il nuovo consulente tecnico escluso che la silicosi fosse causa o concausa determinante o preponderante, rispetto ad altre, dell'evento.
Avverso la sentenza, illustrati da memoria (omissis) (omissis) ricorre per tre motivi.
L'Inail resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt.345, co. 1 e 437, co. 1 c.p.c., essendo stata rinnovata la consulenza tecnica in appello sulla base delle contestazioni mosse dall'Inail alla consulenza di primo grado, nonostante esse fossero tardive poiché proposte solo con l'atto d'appello e non nel giudizio di primo grado. Lamenta ancora la ricorrente che la Corte non avrebbe motivato sulla questione di tardività già sottoposta in appello.
Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt.345, co.3 c.p.c. e nullità della sentenza, in quanto in appello l'Inail aveva prodotto una consulenza tecnica di parte in violazione dell'art.345, co.3 c.p.c.
Con il terzo motivo di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione dell'art.145 d.P.R. n.1124/65, per avere la Corte negato il nesso causale, nonostante esso risultasse dagli elementi istruttori acquisiti in giudizio, non avendo escluso il consulente tecnico una incidenza della silicosi nella verificazione dell'evento.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza. Con esso si deduce la novità dell'eccezione (art.345 c.p.c.), proposta per la prima volta in atto d'appello, senza però trascrivere o indicare compiutamente le difese svolte dall'Inail in primo grado, affinché questa Corte possa apprezzare in modo immediato e sulla base del solo ricorso, la censura di novità della eccezione.
Si aggiunge che non incorre nel divieto di novum di cui all'art.345 c.p.c. la contestazione, svolta in appello, delle valutazioni tecniche del consulente e fatte proprie dal giudice di primo grado. Sul punto, questa Corte (Cass., S.U., n.5624/22; in precedenza v. anche Cass.4852/99) ha affermato che sono ammissibili in appello contestazioni alla consulenza che non implichino eccezioni di nullità o non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove.
Il motivo deduce altresì l'omesso esame della questione di tardività della contestazione, avanzata da (omissis) alla Corte territoriale. Ora, in caso di violazione dell'art.112 c.p.c., il giudice di legittimità diviene giudice del fatto processuale, potendo esaminare direttamente gli atti processuali, in questo caso al fine di apprezzare la dedotta novità, solo se il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all'onere di indicarli compiutamente, non essendo questa Corte legittimata a procedere ad un'autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (v. Cass.28072/2l). Il motivo non indica in quale atto processuale la (omissis) avrebbe fatto valere dinnanzi alla Corte d'appello la tardività della contestazione mossa dall'Inail alla consulenza tecnica di primo grado.
Il secondo motivo è manifestamente infondato. Esso richiama l'art.360, co. L. n.4 c.p.c., il quale richiede che la violazione di norme processuali abbia influito in modo determinante sul contenuto della decisione di merito, in quanto quest'ultima - in assenza della violazione - non sarebbe stata resa nel senso in cui lo è stata (Cass.22978/15). Nel caso di specie ciò non accade, poiché la sentenza non reca alcuna affermazione fondata sulla consulenza tecnica di parte prodotta dall'Inail in appello.
Il terzo motivo è manifestamente fondato.
La Corte, basandosi sulla consulenza, ha negato il nesso causale in quanto sarebbe escluso che la silicosi sia valsa come "causa o concausa determinante o preponderante rispetto alle altre cause dell'evento mortale". Così affermando, la Corte ha negato che concause eziologicamente concorrenti ma non preponderanti e con modesta incidenza causale, possono avere rilevanza ai fini dell'affermazione del giudizio di causalità. Tale assunto è in contrasto con l'art.145 d.P.R. n. 1124/65, che pone il requisito del nesso causale tra silicosi e morte dell'assicurato. Ora, le regole che governano il nesso causale in tema di malattie professionali si trovano negli artt.40 e 41 c.p.c. (Cass.27952/18, Cass.6/05/l5), norme cui aver riguardo nella corretta interpretazione dell'art.145 d.P.R. n.1124/65. In base all'art.41 c.p., va data rilevanza ad ogni concausa che abbia contribuito alla produzione dell'evento lesivo, quand'anche la sua incidenza in termini di efficienza eziologica non sia stata preponderante, ma abbia contribuito in maniera indiretta e remota (Cass.27952/l8, Cass.6l05/l5). Il nesso eziologico tra concausa ed evento è escluso solo quando questa degradi a mera occasione per l'intervento di fattori estranei all'attività lavorativa di per sé assorbenti (v. ancora Cass.27952/18).
Nel caso di specie, esclusa quest'ultima ipotesi che non risulta dalla sentenza, rimane l'affermazione della silicosi come concausa efficiente, sebbene non preponderante, cui dunque, in base all'art.41 c.p., la Corte non avrebbe potuto escludere rilievo ai fini dell'affermazione del nesso di causalità.
La sentenza va perciò cassata con rinvio alla Corte d'appello di Messina per le conseguenti determinazioni, nonché per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e, dichiarati inammissibili i primi due, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Messina anche per le spese del presente giudizio di legittimità.