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29 maggio 2023
L’avvocato può assumere un incarico contro un ex cliente solo se è trascorso un biennio dalla cessazione del rapporto

Il professionista tenta di difendersi evidenziando di aver rappresentato la ditta individuale, e non direttamente il suo ex cliente titolare, ma la Cassazione non è d'accordo: oggetto del precedente rapporto non è l'affare curato, bensì la persona fisica.

di La Redazione
Ad esito del procedimento disciplinare promosso, un avvocato veniva sanzionato dal CDD per aver, in violazione dell'art. 68, 1° comma, Codice Deontologico, assistito la moglie di un ex cliente nel procedimento penale a suo carico prima che fossero passati due anni dalla cessazione del rapporto. Proposta impugnazione, il CNF la respingeva.

legislazione

Art. 68 cit.: “L'avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale”.

L'avvocato adisce così la Suprema Corte lamentando, tra più motivi, che il rapporto professionale con l'ex cliente avrebbe avuto ad oggetto vicende relative all'impresa individuale dello stesso, sicché la “parte assistita” andrebbe individuata nella persona giuridica, in relazione ai beni ad essa correlati, e non nella persona fisica che ne è titolare.

Con sentenza n. 14933 del 29 maggio 2023, la Cassazione dichiara il motivi di ricorso infondato.
 
Il fatto che l'art. 18 cit. usi il termine “parte”, anziché quelli di “cliente” o “persona”, non significa che la norma «abbia alluso al soggetto non in quanto tale ma in relazione alle posizioni giuridiche coinvolte nell'affare affidato all'avvocato». Detta conclusione sarebbe in contrasto con la logica, non soltanto giuridica, poiché ai fini dell'illecito disciplinare rileva il danno d'immagine cagionato alla professione forense nel caso in cui l'avvocato, dopo aver assunto la difesa di un soggetto, diventi difensore di un suo avversario senza che sia trascorso un adeguato intervallo temporale. La tesi prospettata dal ricorrente determinerebbe, infatti, «l'effetto di sterilizzare il significato stesso della formula impiegata dal legislatore, per la necessità di discernere “il bene giuridico effettivamente difeso” al di là del soggetto che abbia postulato di esserne titolare». Affermare che oggetto del rapporto professionale non è la persona, bensì l'affare, che in concreto ha avuto a oggetto il recupero di crediti relativi alla ditta individuale, implica l'artificio di identificare il soggetto con l'affare in sé, in netta violazione del testo, oltre che della evidente ratio della disposizione evocata.
 
Né, tantomeno, la ditta individuale può ritenersi distinta dal soggetto titolare, in quanto essa è semplicemente il nome col quale l'imprenditore esercita la sua attività. Di conseguenza «non è possibile (..) attribuire soggettività giuridiche distinte alla ditta individuale e alla persona fisica che con tale denominazione si identifica nell'esercizio della sua attività d'impresa».