La mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina automaticamente la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, bensì va verificata in concreto la gravità dell'omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene.
Svolgimento del processo
1. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 6178/2018 resa pubblica il 3.10.2018, ha respinto il gravame proposto dai coniugi G. N. e A. P. avverso la sentenza di primo grado (Tribunale di Velletri n. 135/2012) che, per quanto interessa, in accoglimento della domanda contro di essi proposta dagli acquirenti A. S., coniugi G. e B. M. (in contraddittorio col progettista-direttore dei lavori geometra F. P.), aveva dichiarato la risoluzione di tre contratti di vendita immobiliare per inadempimento dei convenuti costruttori-venditori N.-P..
Per giungere a tale soluzione, la Corte d’Appello ha osservato:
- che la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina in via automatica la risoluzione del contratto di vendita, dovendo essere in concreto verificata la gravità dell’inadempimento;
- che nel caso in esame era pacifica la mancata consegna del certificato e la possibilità del suo rilascio solo in caso di realizzazione delle opere necessarie ad eliminare le difformità, come chiarito dal consulente tecnico di ufficio;
-che appariva evidente l’inadempimento dei venditori, l’insussistenza delle condizioni per il rilascio del certificato e l’inidoneità dei beni venduti ad assolvere alla loro tipica funzione economico-sociale, per cui correttamente è stata ritenuta sussistente l’ipotesi della vendita di aliud pro alio;
-che le sentenze versate in atti non mutavano le conclusioni raggiunte.
2. Contro tale sentenza i N.-P. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, contrastati con separati controricorsi dalla S., dai G. e dal M., mentre il P. è rimasto intimato.
Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’adunanza.
Motivi della decisione
1.1 Con il primo motivo, i ricorrenti denunziano il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione, rappresentato dalla valutazione dell’importanza dell’inadempimento derivante dalla mancata consegna, da parte dei venditori, del certificato di abitabilità. A sostegno della decisività del fatto richiamano la condotta degli stessi acquirenti che, prima di intraprendere il giudizio, si erano limitati a chiedere, tramite il loro legale, solo la restituzione di una parte del prezzo (€. 40.000,00), così dimostrando essi stessi l’inesistenza di una gravità tale da giustificare la risoluzione contrattuale. Altro elemento da valutare nel giudizio di importanza dell’inadempimento, è rappresentato, ad avviso dei ricorrenti, dalla relazione del consulente tecnico di ufficio geom. I., che aveva ritenuto possibile il rilascio a determinate condizioni, nonché dagli accertamenti compiuti davanti al giudice penale e amministrativo.
1.2 Con il secondo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 cc in tema di risoluzione per inadempimento e gravità dell’inadempimento richiamando nuovamente la richiesta risarcitoria avanzata dal difensore degli acquirenti, la consulenza tecnica del geom. I., gli accertamenti compiuti in sede penale e amministrativa.
1.3 Con il terzo motivo, si denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 cpc (sulla disponibilità delle prove), 116 cpc (sulla valutazione delle prove) e 2697 cc (sull’onere della prova) con riferimento alla CTU I., alle sentenze penali n. 315/2013 e n. 1849/2014 del Tribunale di Velletri e alla sentenza TAR Lazio n. 10200/2017, osservandosi che da nessun documento si evince come causa del diniego del certificato la difformità ascritta ai coniugi N.-P..
1.4 Con il quarto motivo, infine, i coniugi ricorrenti denunziano la violazione o falsa applicazione dell’art. 92 cpc dolendosi della conferma della condanna alle spese del giudizio di primo grado benché ricorresse il caso di reciproca soccombenza.
2 I primi due motivi di ricorso sono fondati ed il loro accoglimento assorbe l’esame degli altri.
In linea di principio, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l'importanza e la gravità dell'omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene (tra le tante, Sez. 2 - , Ordinanza n. 29090 del 05/12/2017 Rv. 646535; Sez. 2, Sentenza n. 13231 del 31/05/2010 Rv. 613155).
E ancora, in tema di compravendita immobiliare, il certificato di abitabilità integra un requisito giuridico essenziale ai fini non solo del legittimo godimento, ma anche della normale commerciabilità del bene: pertanto, mentre ove ricorrano le condizioni per il suo conseguimento ed esso non sia stato rilasciato, ciò non determina, di per sé, un inadempimento, né giustifica la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno, si è, al contrario, in presenza di un inadempimento idoneo alla risoluzione del contratto, siccome conseguente alla vendita di "aliud pro alio", se detto certificato sia stato formalmente rilasciato, ma l'immobile presenti insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche, non essendo il cespite oggettivamente in grado di soddisfare le esigenze concrete di sua utilizzazione, diretta o indiretta, ad opera del compratore (cfr. Sez. 2 - Ordinanza n. 30950 del 27/12/2017 Rv. 647654).
Nel caso in esame, la Corte d’Appello, dapprima ha dato atto della possibilità di ottenere l’abitabilità secondo le prescrizioni indicate dal CTU e poi, con un vero e proprio salto logico, ha affermato, a pagina 7 della sentenza, che “non sussistono” le condizioni per il rilascio del certificato e che quindi i beni venduti non assolvono alla loro funzione economico- sociale.
Così argomentando, la Corte territoriale ha di fatto omesso di valutare la gravità dell’inadempimento, alla luce non solo delle indicazioni del CTU sulle opere a farsi per eliminare e difformità, ma anche della stessa iniziale richiesta scritta dei compratori che, prima di intraprendere il giudizio, avevano domandato solo una riduzione del prezzo di 40.000 euro (v. lettera avv.to Z. che la CA tralascia completamente di esaminare).
In conclusione, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione che provvederà a nuovo esame sulla scorta dei principi citati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.