Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
30 maggio 2023
Se il lavoratore rifiuta la trasformazione del rapporto da full-time a part-time, il datore di lavoro può recedere per giustificato motivo oggettivo?

L'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 non preclude la facoltà di recesso da parte del datore di lavoro, ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell'onere della prova a suo carico.

di La Redazione

Il Tribunale di Vasto dichiarava illegittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice con condanna della società alla riassunzione ovvero alla corresponsione di un'indennità pari a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto. Lo stesso Tribunale poi respingeva l'opposizione principale della lavoratrice, la quale aveva chiesto di dichiarare nullo o inefficace il licenziamento, così come respingeva l'opposizione incidentale della società datrice di lavoro tesa all'accertamento della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
A seguito di impugnazione, la Corte d'Appello respingeva il reclamo della lavoratrice, il quale era volto a riconoscere la natura ritorsiva o, in subordine, l'inefficacia del licenziamento, oltre al diritto al risarcimento del danno.
Da qui, il ricorso per cassazione della lavoratrice.

Questi in sintesi i fatti, come ricostruiti dalla Corte territoriale: dopo la cessione di un ramo di azienda (trattasi di un supermercato), i tre soci della cessionaria avevano deciso di prestare attività lavorativa nello stesso punto vendita ove lavorava la ricorrente, con la conseguenza che la forza lavoro risultava sovradimensionata. Per far fronte a ciò, i soci avevano chiesto alla ricorrente e ad altri due dipendenti la disponibilità a ridurre l'orario di lavoro, passando quindi da full-time a part-time. Da ciò emergeva che, secondo i Giudici, il sacrificio della ricorrente non doveva essere letto come guidato da un intento ritorsivo, bensì da esigenze organizzative del datore.
Ma la ricorrente non ci sta, poiché le argomentazioni della Corte d'Appello violerebbero l'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, secondo il quale il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce un giustificato motivo di licenziamento.

Con l'ordinanza n. 12244 del 9 maggio 2023, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, rilevando come la previsione di cui all'art. 8 cit., se da un lato esclude che il rifiuto di trasformare il rapporto di lavoro in part-time possa costituire giustificato motivo di licenziamento, dall'altro non preclude la facoltà di recesso per motivo oggettivoin caso di rifiuto del part-time, comportando una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell'onere della prova posta a carico del datore di lavoro.
Per integrare il giustificato motivo oggettivo occorre infatti che il datore di lavoro dimostri le esigenze effettive sotto il profilo economico e organizzativo al punto da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo pieno ma solo con orario ridotto, l'avvenuta proposta al lavoratore di trasformazione del rapporto a tempo parziale e il suo rifiuto. Inoltre, è necessario dare prova anche del nesso causale tra le esigenze di riduzione dell'orario e il licenziamento.
Da ciò deriva che il licenziamento intimato non trova fondamento nel rifiuto del lavoratore ma nell'impossibilità di utilizzare la sua prestazione a tempo pieno e nel rifiuto di trasformazione in part-time. In ogni caso, ciò non esclude che il licenziamento possa costituire una ritorsione rispetto a detto rifiuto di trasformazione del rapporto di lavoro, ma affinché possa affermarsi la nullità del licenziamento per tale motivo occorre che l'intento ritorsivo abbia avuto efficacia determinante esclusiva con onere probatorio ricadente sul lavoratore.
Non va infine dimenticato che la valutazione circa la concretezza della vicenda storica dell'esistenza di un motivo ritorsivo unico e determinante alla base del licenziamento spetta all'apprezzamento del giudice del merito, non suscettibile di riesame dinanzi ai Giudici di legittimità.
Con riferimento al caso di specie, la Corte d'Appello ha escluso che il licenziamento fosse retto da motivo ritorsivo unico e determinante verso la ricorrente, tenuto conto che il Tribunale aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo per mancata prova delle ragioni addotte. Segue dunque il rigetto del ricorso.

Il tuo sistema integrato di aggiornamento professionale
Non sei ancora abbonato?
Non sei ancora abbonato?