Svolgimento del processo
1. la minore S.I., legalmente rappresentata dalla madre H.R., esercente la responsabilità genitoriale, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (poi divenuto Ministero dell’Istruzione), nonché la Scuola Secondaria (omissis), da lei frequentata, domandandone la condanna al risarcimento dei danni subìti in conseguenza dell’incidente occorsole, all’interno dell’istituto scolastico, il 10 novembre 2008, quando aveva l’età di 12 anni, allorché ella, mentre tornava dal bagno verso l’aula, era caduta dalle scale, riportando la frattura della tibia;
il Tribunale, ammesse ed espletate una prova per testimoni e una consulenza medico-legale d’ufficio, rigettò la domanda;
2. la Corte di appello di Napoli, con sentenza 5 novembre 2021, n. 4110, ha rigettato l’appello proposto personalmente da S.I., nel frattempo divenuta maggiorenne;
la Corte territoriale ha anzitutto affermato, in termini generali, che, nell’ipotesi di danno cagionato dall’alunno a sé stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico ha natura contrattuale e trova fondamento nella violazione dell’obbligo di vigilanza sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo;
affermato questo principio di carattere generale, la Corte d’appello, quindi, ha condiviso il giudizio del primo giudice secondo cui, nella fattispecie – avuto riguardo alle incontroverse circostanze che la minore non soffriva di patologie che ne riducessero l’autonomia e la capacità di deambulazione e che non sussistevano situazioni obiettive idonee ad agevolare il prodursi dell’evento dannoso (come, ad es., la contemporanea presenza di più allievi), nonché al fatto che non erano state neppure evocate particolari condizioni di pericolosità dei luoghi (in ipotesi, l’usura dei gradini o la presenza di sostanze scivolose su di essi) –, da un lato, doveva escludersi la violazione, da parte dell’istituto, del suddetto dovere di vigilanza (non essendo esigibile dallo stesso una sorveglianza continua dell’allieva nel tratto che separava il bagno dall’aula di lezione), mentre, dall’altro lato, doveva ritenersi che l’evento dannoso fosse imputabile esclusivamente alla condotta disattenta della danneggiata;
3. avverso la sentenza della Corte partenopea ha proposto ricorso per cassazione S.I., sulla base di due motivi;
gli intimati non hanno risposto con controricorso, ma hanno depositato “atto di costituzione”, al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380-bis.1 cod. proc. civ.;
il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte; la ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. con il primo motivo viene denunciata la violazione degli artt.2697, 2727 ss., 1218 cod. civ., degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 24 Cost.;
il motivo si articola in due doglianze, connesse ma concettualmente distinte;
1.a. in primo luogo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere operato una indebita inversione dell’onere della prova, sul presupposto che, essendo stato da lei dimostrato il fatto costitutivo della pretesa risarcitoria (consistente nella circostanza di essere scivolata sulle scale di ritorno dal bagno, in orario scolastico, procurandosi la frattura della tibia), sarebbe spettato all’amministrazione convenuta, ai sensi degli artt. 1218 e 2697, secondo comma, cod. civ., dimostrare che aveva esattamente adempiuto all’obbligo di sorveglianza e che l’evento era stato quindi determinato da una causa ad essa non imputabile;
1.b. in secondo luogo, la S.I. deduce che l’amministrazione non avrebbe in concreto assolto l’onere di fornire la prova liberatoria posta a suo carico, poiché l’adempimento dell’obbligo di sorveglianza avrebbe potuto ritenersi dimostrato solo provando la presenza costante di personale ATA addetto alla vigilanza del bagno e delle scale, pronto a prevenire anche eventuali distrazioni degli alunni, nonché producendo fotografie dello stato dei luoghi idonee a dimostrare che la scala avesse una pavimentazione non scivolosa e fosse conforme alla normativa che prescrive il carattere antisdrucciolevole dei percorsi pedonali;
1.1. la prima doglianza è infondata mentre la seconda è inammissibile;
1.1.a. la Corte d’appello, qualificata la responsabilità dell’amministrazione scolastica come responsabilità contrattuale, ha correttamente individuato la regola di riparto dell’onere della prova, in quanto ha ritenuto che gravasse sull’attrice l’onere di provare la fonte del suo credito e il danno, nonché quello di allegare l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione di vigilanza gravante sulla convenuta, mentre spettasse a quest’ultima la prova, da offrirsi anche in via presuntiva, dell’esatto adempimento di tale obbligazione o della causa imprevedibile e inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione che ne forma oggetto (Cass.31/03/2021, n. 8849; Cass.17/02/2023, n. 5118; in generale, v. Cass., Sez. Un., 30/10/2001, n.13533);
1.1.b. movendo da tale corretta ripartizione dell’onere probatorio, la Corte territoriale ha poi ritenuto che quello, gravante sull’amministrazione convenuta, di dimostrare il regolare adempimento dell’obbligo di sorveglianza degli alunni, potesse ritenersi assolto, nel caso concreto, in seguito all’emersione della circostanza che tanto le condizioni oggettive dello stato dei luoghi (non essendo stata evocata l’usura dei gradini o la loro scivolosità, né essendo stata dedotta la contemporanea presenza di più alunni) quanto le condizioni subiettive dell’allieva (dotata di sufficiente grado di sviluppo psico-motorio e di piena autonomia e capacità di deambulazione) ne rendevano inesigibile una sorveglianza continua nel tratto che separava l’aula di lezione dai bagni;
l’accertamento, in concreto, dell’esatto adempimento del debitore, in base alle prove da esso fornite o comunque emerse in giudizio, costituisce – ove, come nella specie, debitamente motivato – l’oggetto di un giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità;
pertanto, mentre va ritenuta infondata la doglianza diretta a censurare la correttezza in iure della regola di riparto dell’onere probatorio applicata dalla Corte d’appello, deve invece dichiararsi inammissibile quella diretta a contestare il motivato giudizio da essa formulato sull’avvenuta assoluzione di tale onere da parte dell’amministrazione convenuta, non senza evidenziare che l’esigenza che l’onere probatorio della amministrazione ricomprendesse le specifiche circostanze indicate dalla ricorrente (sussistenza di pavimentazione antiscivolo, scalini antisdrucciolevoli, ecc.) avrebbe potuto ritenersi sussistente solo in presenza di precise allegazioni della danneggiata dirette ad individuare la causa dell’evento dannoso nella mancata osservanza di tali cautele o comunque nelle condizioni di potenziale pericolosità dello stato dei luoghi;
va infatti ricordato, al riguardo, che se il debitore è tenuto a provare l’esatto adempimento della propria obbligazione, il creditore è però onerato di allegare l’inadempimento, cosicché, nella fattispecie, in presenza dell’accertamento che «non risulta[va]no essere state invocate particolari condizioni di pericolosità dei luoghi» (p. 6 della sentenza impugnata), deve escludersi che gravasse sull’amministrazione convenuta l’onere di dimostrare, nello specifico, l’assenza di tale pericolosità;
2. con il secondo motivo viene denunciata la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., per manifesta contraddittorietà della motivazione;
la ricorrente, sviluppando ulteriormente le argomentazioni già poste a fondamento del precedente motivo, censura la sentenza impugnata perché, mentre, da un lato, avrebbe correttamente richiamato, in astratto, i principi che regolano il riparto dell’onere probatorio nella responsabilità contrattuale, dall’altro lato avrebbe illogicamente affermato che gravava sulla parte danneggiata la prova della ricostruzione della dinamica del sinistro;
2.1. anche questo motivo è infondato, dovendosi ribadire, per un verso, che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità contrattuale e, per l’altro, che il motivato giudizio circa l’esatto adempimento del proprio obbligo di sorveglianza dell’amministrazione convenuta, nel caso concreto, quale oggetto di un accertamento di merito, non è sindacabile in sede di legittimità;
3. in definitiva, il ricorso proposto da S.I. va rigettato;
4. non vi è luogo a provvedere sulle spese, attesa l’indefensio degli intimati;
5. avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.