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1 giugno 2023
L'avvocato non può accedere agli atti riguardanti il procedimento disciplinare di un altro avvocato
In merito a provvedimenti disciplinari, come nel caso di specie, l'esistenza stessa e il contenuto di un esposto sono soggetti ad estrema riservatezza, pertanto, non possono in alcun modo essere divulgati a terzi, tranne nel caso in cui sia l'Autorità giudiziaria a richiederli con provvedimento motivato.
di La Redazione
Con ricorso cumulativo l'istante avvocato impugnava il provvedimento di diniego dell'accesso agli atti opposto dal CDD di Bari
L'istante si duole dell'illegittimità e del rifiuto a fornire informazioni inerenti a procedimenti disciplinari pendenti riguardanti un altro professionista avvocato e, infine, del diniego di accesso documentale.
 
Nel caso di specie, l'istante ricorre sia in merito a un presunto silenzio-rifiuto a fornire determinate informazioni richieste, sia contro il provvedimento di diniego di accesso agli atti
 
Si costituisce il CDD dinanzi al TAR di Bari, sostenendo di aver adottato un provvedimento espresso e motivato nel quale ha dedotto sia “la genericità ed il tenore esplorativo dell'istanza”, sia l'assenza di alcun “interesse diretto, concreto e attuale” e del “nesso di strumentalità” tra la documentazione richiesta e le esigenze difensive vantate. Pertanto, si è dovuto negare l'accesso agli atti richiesti.
 
Difatti, il ricorso inerente al silenzio-rifiuto è inammissibile, mentre quello avverso il diniego di accesso agli atti è infondato, poiché nel primo, ossia il silenzio-rifiuto (o inadempimento) non v'è stato alcun silenzio o inerzia dell'amministrazione, avendo la stessa adottato un provvedimento espresso nei termini previsti. Tuttavia, se l'amministrazione non fornisce i dati e le informazioni richieste, ossia non comunica il numero, lo stato di pendenza e il termine di conclusione previsto con riguardo ad alcuni procedimenti disciplinari, attivati a carico di un dato professionista, non si tratta di mero silenzio o inerzia impugnabile. Il silenzio-rifiuto, oggetto di impugnazione, è il silenzio mero, ossia l'inerzia dell'amministrazione a fare qualcosa, laddove una disposizione normativa preveda il dovere dell'amministrazione di attivarsi e di adottare un provvedimento espresso. Nel caso in esame, infatti, l'istante si duole nella sostanza del “contenuto”, ritenendolo non satisfattivo. Tuttavia, l'amministrazione ha emanato un provvedimento a fronte di una istanza di accesso agli atti e perciò anche se tale provvedimento non si è rivelato esaustivo per l'istante esso non costituisce comunque alcun silenzio.
Inoltre, si ricorda che nel caso di silenzio si forma un provvedimento di diniego tacito (c.d. silenzio-rigetto), impugnabile “Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta”. Anche per questa ragione, il ricorso proposto come silenzio-rifiuto (o inadempimento), su cui pure nel corso del processo la difesa di parte ricorrente ha insistito, è privo di alcuna base giuridica sostanziale e processuale. Pertanto, il ricorso avverso il silenzio-rifiuto (o inadempimento) emerge come inammissibile.
 
Quanto invece all'istanza di accesso agli atti, essa è da ritenere infondata in quanto esplorativa
Il TAR rammenta che l'istanza di accesso agli atti deve avere a oggetto una specifica documentazione in possesso dell'Amministrazione (indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto) e non può riguardare dati e informazioni generiche relative a un complesso non individuato di atti, di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza e il contenuto.
Quanto al c.d. accesso difensivo, «spetta alla parte interessata dimostrare in modo intelligibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e proprie esigenze di difesa e, in assenza di tale dimostrazione, circa l'indispensabilità della richiesta documentazione, la domanda di accesso rappresenta un tentativo meramente esplorativo di conoscere tutta la documentazione versata agli atti e, pertanto, va dichiarata inammissibile».
Pertanto, un eventuale accesso lederebbe il diritto alla riservatezza del terzo che ha presentato l'esposto; «Colui che presenti un esposto ad un'autorità amministrativa ha diritto che sullo stesso sia mantenuto il più stretto "riserbo", ossia la riservatezza (Reg. U.E. 2016/679 c.d. G.D.P.R.) e il segreto d'ufficio (art. 5 d.P.R. n. 3 del 1957; art. 326 c.p.), in quanto inerente le esclusive potestà pubbliche esercitabili dall'autorità al quale è stato presentato e riguarda un caso specifico. L'esposto dunque non è, per sua intrinseca natura, ostensibile a terzi in toto estranei». 
 
Per questi motivi, il TAR di Bari con la sentenza n. 824 del 29 maggio 2023 dichiara inammissibile la domanda giudiziale proposta nel ricorso avverso il silenzio-rifiuto e respinge la diversa istanza giudiziale proposta avverso il diniego di accesso agli atti.