La Cassazione afferma che ciò accade quando l'attività sindacale sia svolta esorbitando il limite dell'esercizio dell'attività scriminata a livello costituzionale. Inoltre, il raggiungimento della prova può risultare difficile quando il programma criminoso tende a confondersi con le finalità del sindacato.
Il Tribunale di Bologna accoglieva le richieste di riesame proposte dagli indagati, annullando l'ordinanza del GIP limitatamente al delitto di associazione a delinquere e revocando nei loro confronti la misura coercitiva degli arresti domiciliari. Con la stessa pronuncia, poi, il Tribunale disponeva verso i medesimi l'applicazione dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in relazione agli ulteriori delitti loro contestati.
Con riferimento, in particolare, al capo di imputazione relativo al delitto di associazione a delinquere, l'ipotesi dell'Accusa era che gli indagati, nel tentativo di fare proseliti tra i lavoratori, avrebbero dato inizio a un conflitto con un'altra sigla sindacale di base, provocando scontri con la parte datoriale e avviando un'attività di picchettaggio illegale e scontri con le forze dell'ordine, occupando la sede stradale e ponendo in essere attività di sabotaggio. Tutto ciò istigando i lavoratori a forme illecite di lotta sindacale per ottenere concessioni da parte del datore di lavoro.
Secondo il Tribunale del Riesame, invece, la sussistenza del delitto di associazione a delinquere sarebbe esclusa perché nel caso di specie quelli indicati come reati-fine sarebbero in realtà reati-mezzo. In altre parole, il fine dell'associazione a delinquere contestato dall'Accusa non sarebbe stato costituito dalla commissione dei reati di violenza privata, bensì dal conseguimento degli scopi che sono tipici di qualsivoglia associazione sindacale.
In aggiunta, non vi erano elementi sufficienti per dimostrare la ricorrenza degli elementi costitutivi del delitto
Il Procuratore impugna il provvedimento del Tribunale mediante ricorso in Cassazione, contestando il fatto che fosse stato confuso il fine dell'associazione a delinquere con i motivi a delinquere.
Con la sentenza n. 21400 del 18 maggio 2023, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, rilevando come il Tribunale avesse escluso la gravità indiziaria non solo per la difficoltà di configurare un'associazione a delinquere durante l'attività di un'associazione sindacale, ma anche per via dell'insufficienza di prove volte a dimostrare la sussistenza del delitto contestato a ciascun indagato. Così argomentando, il Procuratore ricorrente, prospettando la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, starebbe in realtà proponendo una lettura alternativa di ciascun elemento probatorio, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice del merito e sottratta alla Corte di legittimità.
Anche per questo motivo, gli Ermellini dichiarano il ricorso del Procuratore inammissibile.
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Bologna, accogliendo le richieste di riesame proposte da (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) ha annullato, limitatamente al delitto di associazione a delinquere contestato al capo 1), l'ordinanza emessa in data 11 luglio 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Piacenza, revocando nei loro confronti la misura coercitiva degli arresti domiciliari e disponendo, in relazioni agli ulteriori delitti ai medesimi contestati, l'applicazione della misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Al capo 1) dell'imputazione cautelare si contesta ad (omissis) (omissis) quale coordinatore nazionale dei (omissis)(omissis)quale membro del coordinamento nazionale del (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) quali membri del coordinamento provinciale del(omissis) (omissis) di essersi associati al fine di commettere più delitti di violenza privata, di resistenza a pubblico ufficiale, di interruzione di pubblico servizio e di sabotaggio.
Secondo l'ipotesi di accusa, i medesimi, nel tentativo di fare proseliti tra i lavoratori del settore della logistica di (omissis) avrebbero dato inizio ad un conflitto con altra sigla sindacale di base, (omissis), provocando scontri con la parte datoriale, avviando attività di picchettaggio illegale e scontri con le forze dell'ordine, avrebbero occupato la sede stradale, avrebbero posto in essere una sistematica attività di sabotaggio, istigando i lavoratori a forme illecite di lotta sindacale, al fine di ottenere concessioni dalla parte datoriale.
Il Tribunale del riesame ha escluso la sussistenza del delitto associativo contestato al capo 1), in quanto, pur essendo astrattamente ipotizzabile la creazione di un'associazione criminale all'interno di un'associazione illecita ad opera di alcuni soltanto dei suoi componenti, nel caso di specie i reati indicati come reati-fine sarebbero, in realtà, reati-mezzo.
Il fine dell'associazione per delinquere contestata dall'accusa non sarebbe stato costituito dalla commissione di reati di violenza privata, ma dal conseguimento degli scopi tipici di qualsiasi associazione sindacale.
Nel caso di specie, dunque, l'associazione per delinquere avrebbe le stesse finalità del sindacato; il Tribunale ha, inoltre, rilevato la sussistenza di difficoltà di raggiungere la prova nel caso concreto di una simile costruzione accusatoria, in quanto l'ipotizzato programma criminoso tende a confondersi con le specifiche finalità del sindacato, senza lasciar comprendere quando la condotta di ciascuno dei ricorrenti-associati sia finalizzata a interessi individuali di profitto e di potere e quando, invece, costituisca lotta, anche dura, per ottenere migliori condizioni di lavoro.
Il Tribunale del riesame, dunque, ha ritenuto l'insufficienza degli elementi probatori raccolti a dimostrare la ricorrenza degli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 416 cod. pen., in generale e con riferimento alle singole posizioni.
2. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Piacenza e l'avvocato E. L. nell'interesse del (omissis) hanno presentato ricorso avverso tale ordinanza, chiedendone l'annullamento
3. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Piacenza ricorre per cassazione avverso tale ordinanza limitatamente alle posizioni di (omissis) (omissis)(omissis)(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) con riferimento esclusivo al delitto di associazione a delinquere contestato al capo 1).
Il Pubblico Ministero ricorrente, con unico motivo, deduce la violazione dell'art. 416 cod. pen. con riferimento al delitto contestato al capo 1) e la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione sul punto.
La parte ricorrente contesta l'assunto dell'ordinanza impugnata secondo il quale non sarebbe possibile configurare il delitto di cui all'art. 416 cod. pen. nel caso in cui gli associati siano esponenti di un sindacato e commettano i delitti nel contesto dell'attività sindacale stessa.
Rileva il Pubblico Ministero che il Tribunale del riesame avrebbe, infatti, confuso il fine dell'associazione a delinquere con i motivi a delinquere e non vi sarebbe sovrapposizione tra associazione sindacale e associazione a delinquere, in quanto a solo quattro membri della prima, che avrebbero esorbitato il limite dell'agire scriminato, sarebbe stato contestato tale reato.
Il fine lecito perseguito, inoltre, non potrebbe scriminare il carattere illecito dell'attività posta in essere per perseguirlo.
Deduce, inoltre, il Pubblico Ministero ricorrente la sussistenza della gravità indiziaria sia quanto all'esistenza in concreto di tale associazione a delinquere, che alle condotte di partecipazione contestate ai singoli indagati e contesta l'illogicità della motivazione dell'ordinanza impugnata in relazione a ciascun indagato.
4. L'avvocato (omissis) difensore di (omissis)(omissis) con unico motivo di ricorso, deduce la mancanza di motivazione e la violazione dell'art. 309, comma 9, cod. proc. pen.
Premette il difensore che il Tribunale di Bologna, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, ha ritenuto sussistente la gravità indiziaria nei confronti dell'indagato solo in relazione ai delitti contestati ai capi 14) e 46) e ha disposto la sostituzione della misura coercitiva originariamente applicata del divieto di dimora nel Comune di (omissis) con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre giorni alla settimana.
Eccepisce, tuttavia, il difensore che l'art. 309, comma 9, cod. proc. pen., in caso di accoglimento della richiesta di riesame, consente al Tribunale di modificare l'ordinanza cautelare solo in senso favorevole all'indagato e nel caso di specie la modifica disposta, comportando la modifica da un obbligo di non fare a un obbligo di fare, avrebbe comportato una maggiore compressione della libertà personale del ricorrente.
Il divieto di dimora nel territorio di una provincia ove il(omissis) non risiede, né esercita attività lavorativa sarebbe, infatti, stato riformato nell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre volte a settimana.
Motivi della decisione
1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibile, in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati e, comunque, diversi da quelli consentiti dalla legge.
2. Con unico motivo il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza censura, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell'art. 416 cod. pen. con riferimento al delitto contestato al capo 1) e la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione sul punto.
3. Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale del riesame ha escluso la gravità indiziaria non solo in ragione della ritenuta difficoltà di configurare un'associazione a delinquere in costanza dell'attività di una associazione sindacale, ma anche in ragione della ritenuta insufficienza degli elementi indiziari acquisiti a dimostrare, nei limiti delibatori propri della sede cautelare, la sussistenza del delitto di associazione a delinquere contestata in relazione a ciascun indagato.
Il ricorso del Pubblico Ministero deduce la piena ammissibilità sul piano giuridico di un'associazione a delinquere tra soggetti che svolgono attività sindacale, esorbitando il limite dell'esercizio dell'attività scriminata a livello costituzionale, e propone una estesissima disamina degli elementi probatori raccolti nel corso delle indagini nei confronti dei ricorrenti.
La disamina di questi elementi indiziari, tuttavia, involge valutazioni di merito che non sono consentite nel giudizio di legittimità, in quanto si risolve in un esame diretto degli elementi di prova raccolti.
Il Procuratore ricorrente, dunque, nel prospettare la manifesta illogicità della motivazione dell'ordinanza impugnata, propone, in realtà, una lettura alternativa di ciascuno degli elementi probatori posti a fondamento della stessa.
Esula, tuttavia, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Sono, infatti, precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
4. Con unico motivo l'avvocato L., nell'interesse del (omissis) deduce la mancanza di motivazione e la violazione dell'art. 309, comma 9, cod. proc. pen.
5. Il motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale di Bologna, in accoglimento della richiesta di riesame proposta dal ha sostituito la misura coercitiva originariamente applicata del divieto di dimora nel Comune di Piacenza con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre giorni alla settimana.
Il divieto di dimora, nel disegno sistematico del codice di rito, che disciplina le singole misure coercitive agli artt. 281-285 cod. proc. pen. secondo una linea di crescente incidenza sulla libertà personale, è maggiormente afflittivo dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, del resto, limita la libertà personale del soggetto che vi è sottoposto l'indagato solo nel momento della sua esecuzione, mentre il divieto di dimora è permanentemente conformativo della libertà personale, per tutto il tempo della sua efficacia.
Nel caso di specie, peraltro, la deduzione che il (omissis) non risiede, né esercita attività lavorativa nella provincia di P. è una deduzione di fatto, che inammissibilmente è stata introdotta per la prima volta nel giudizio di legittimità.
6. Alla stregua di tali rilievi entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Il ricorrente(omissis)(omissis) deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna (omissis)(omissis) al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.