Sì, secondo la CGUE. La possibilità di rifiutare l'esecuzione di un mandato d'arresto europeo affinché la pena sia eseguita nello Stato membro di residenza opera anche nel caso di cittadini di Paesi terzi.
- la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadina o vi risieda;
- lo Stato membro si impegni a eseguire esso stesso, conformemente al suo diritto interno, la pena per la quale il MAE è stato emesso.
CGUE, Grande Sezione, sentenza 6 giugno 2023, causa C -700/21
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), nonché dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento relativo all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di O.G. ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Decisione quadro 2002/584
3 Il considerando 6 della decisione quadro 2002/584 così recita:
«(6) Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria».
4 L’articolo 1 di tale decisione quadro, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione», così dispone:
«1. Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.
2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.
3. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».
5 L’articolo 4 di detta decisione quadro, intitolato «Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo», al punto 6 prevede quanto segue:
«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:
(...)
6) se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno».
Direttiva 2003/109/CE
6 Il considerando 12 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44) recita:
«Per costituire un autentico strumento di integrazione sociale, lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe valere al suo titolare la parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro in una vasta gamma di settori economici e sociali sulle pertinenti condizioni definite dalla presente direttiva».
7 L’articolo 12 di tale direttiva così dispone:
«1. Gli Stati membri possono decidere di allontanare il soggiornante di lungo periodo esclusivamente se egli costituisce una minaccia effettiva e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza.
2. La decisione di cui al paragrafo 1 non è motivata da ragioni economiche.
3. Prima di emanare un provvedimento di allontanamento nei confronti del soggiornante di lungo periodo, lo Stato membro considera i seguenti elementi:
a) la durata del soggiorno nel territorio;
b) l’età dell’interessato;
c) le conseguenze per l’interessato e per i suoi familiari;
d) i vincoli con il paese di soggiorno o l’assenza di vincoli con il paese d’origine.
(...)».
Decisione quadro 2008/909/GAI
8 Il considerando 9 della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27) così recita:
«L’esecuzione della pena nello Stato di esecuzione dovrebbe aumentare la possibilità di reinserimento sociale della persona condannata. Nell’accertarsi che l’esecuzione della pena da parte dello Stato di esecuzione abbia lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, l’autorità competente dello Stato di emissione dovrebbe tenere conto di elementi quali, per esempio, l’attaccamento della persona allo Stato di esecuzione e il fatto che questa consideri tale Stato il luogo in cui mantiene legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo».
9 L’articolo 3, paragrafi da 1 a 3, di tale decisione quadro così dispone:
«1. Scopo della presente decisione quadro è stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro, al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, debba riconoscere una sentenza ed eseguire la pena.
2. La presente decisione quadro si applica qualora la persona condannata si trovi nello Stato di emissione o nello Stato di esecuzione.
3. La presente decisione quadro si applica solo al riconoscimento delle sentenze e all’esecuzione delle pene ai sensi della presente decisione quadro. (...)».
10 Ai sensi dell’articolo 25 di detta decisione quadro, intitolato «Esecuzione delle pene a seguito di un mandato d’arresto europeo»:
«Fatta salva la decisione quadro [2002/584], le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di tale decisione quadro, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, paragrafo 6, della detta decisione quadro, o qualora, in virtù dell’articolo 5, paragrafo 3, della stessa decisione quadro, abbia posto la condizione che la persona sia rinviata per scontare la pena nello Stato membro interessato, in modo da evitare l’impunità della persona in questione».
Diritto italiano
11 La legge del 22 aprile 2005, n. 69 – Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GURI n. 98, del 29 aprile 2005), nella versione applicabile ai fatti di causa (in prosieguo: la «legge n. 69 del 2005»), all’articolo 18 bis, intitolato «Motivi di rifiuto facoltativo della consegna», prevede che la Corte d’appello (Italia) può rifiutare la consegna richiesta dall’autorità straniera, in particolare «se il mandato d’arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
12 Il 13 febbraio 2012 la Judecatoria Bra¿ov (Tribunale di primo grado di Bra¿ov, Romania) ha emesso nei confronti di O.G., cittadino moldavo, un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena privativa della libertà. Egli è stato condannato in Romania, con sentenza definitiva, a cinque anni di reclusione per i delitti di evasione fiscale e di appropriazione indebita delle somme dovute per il pagamento delle imposte sul reddito e dell’IVA, commessi in qualità di amministratore di una società a responsabilità limitata tra i mesi di settembre 2003 e aprile 2004.
13 Con una prima sentenza del 7 luglio 2020 la Corte d’appello di Bologna (Italia) ha disposto la consegna di O.G. all’autorità giudiziaria di emissione. O.G. ha proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), la quale ha annullato tale sentenza, rinviando la causa alla Corte d’appello di Bologna, invitandola a valutare l’opportunità di sollevare questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’articolo 18 bis della legge n. 69 del 2005.
14 Avendo constatato che la difesa di O.G. aveva adeguatamente fornito la prova di uno stabile radicamento familiare e lavorativo in Italia, quest’ultimo giudice ha adito la Corte costituzionale (Italia), giudice del rinvio nella presente causa, sollevando questioni di legittimità costituzionale di tale disposizione.
15 Tale giudice osserva che la Corte d’appello di Bologna ha in particolare rilevato che il motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 mirerebbe a garantire che la pena abbia un’effettiva funzione risocializzante. Quest’ultima presupporrebbe il mantenimento dei legami familiari e sociali del condannato, per favorirne un corretto reinserimento al termine dell’esecuzione della pena. Orbene, l’articolo 18 bis della legge n. 69 del 2005 avrebbe indebitamente ristretto l’ambito applicativo di tale articolo 4, punto 6, in quanto la facoltà di rifiutare la consegna, in caso di mandato d’arresto finalizzato all’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà, è limitata ai soli cittadini italiani o di altri Stati membri dell’Unione, ad esclusione dei cittadini di paesi terzi, e ciò anche qualora questi ultimi dimostrino di avere instaurato saldi legami di natura economica, professionale o affettiva in Italia. Imponendo la consegna di cittadini di paesi terzi che soggiornano in maniera permanente in Italia ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà all’estero, l’articolo 18 bis della legge n. 69 del 2005 si porrebbe in contrasto con la finalità rieducativa della pena, nonché con il diritto alla vita familiare dell’interessato, sancito dall’articolo 7 della Carta.
16 Il giudice del rinvio sottolinea inoltre che la Corte d’appello di Bologna ha considerato irragionevole la diversità di trattamento, prevista dalla normativa nazionale, tra, da un lato, il cittadino di un paese terzo, che soggiorni in maniera permanente in Italia e sia destinatario di un mandato d’arresto europeo rilasciato per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, il quale non può scontare tale pena in Italia, e, dall’altro, il cittadino di un paese terzo, che soggiorni parimenti in maniera permanente in Italia ma sia destinatario di un mandato d’arresto rilasciato ai fini dell’esercizio dell’azione penale, il quale invece potrebbe scontare in Italia la pena irrogata dallo Stato emittente all’esito del processo.
17 Dall’ordinanza di rinvio risulta che il Presidente del Consiglio dei ministri (Italia), rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato (Italia), è intervenuto nel procedimento principale per chiedere che le questioni di legittimità costituzionale relative all’articolo 18 bis della legge n. 69 del 2005 fossero dichiarate inammissibili, o che la legittimità di tale disposizione fosse confermata, sostenendo in particolare che l’obiettivo del reinserimento sociale dell’interessato non può limitare la portata del principio generale del riconoscimento reciproco delle decisioni, che impone che il rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo sia considerato un’eccezione alla regola generale dell’esecuzione di tale mandato e che detta disposizione non viola varie disposizioni di diritto primario dell’Unione a tutela dei cittadini dell’Unione contro le discriminazioni in base alla nazionalità. Esso ha peraltro rilevato che il reinserimento della persona condannata non costituisce lo scopo specificamente perseguito dalla decisione quadro 2002/584.
18 Nell’ordinanza di rinvio la Corte costituzionale ritiene che, prima di verificare la conformità alla Costituzione italiana della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principiale, occorra esaminare la conformità di tale normativa al diritto dell’Unione e, in particolare, all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, interpretato alla luce dell’articolo 7 della Carta. Essa osserva che la giurisprudenza della Corte ha già riconosciuto che talune limitazioni ai motivi di rifiuto apportate dalla normativa degli Stati membri sono giustificate ove contribuiscano a rafforzare il sistema di consegna istituito da tale decisione quadro a favore di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia.
19 Tuttavia, l’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro dovrebbe essere interpretato conformemente ai diritti fondamentali e ai principi fondamentali del diritto dell’Unione riconosciuti dall’articolo 6 TUE, il cui rispetto sarebbe condizione di validità di qualsiasi atto di diritto dell’Unione. Pertanto, l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo non potrebbe comportare una violazione dei diritti fondamentali dell’interessato.
20 La Corte costituzionale ricorda altresì che, secondo la giurisprudenza della Corte, gli Stati membri non possono condizionare l’attuazione del diritto dell’Unione, in settori oggetto di integrale armonizzazione, come il mandato d’arresto europeo istituito dalla decisione quadro 2002/584, al rispetto degli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, laddove ciò possa compromettere il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione. Essa sottolinea, tuttavia, che sussistono dubbi quanto alla facoltà per uno Stato membro di escludere in maniera assoluta e automatica dal beneficio di una disposizione volta a trasporre il motivo di non esecuzione facoltativa previsto dall’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro, il cittadino di un paese terzo che risiede o soggiorna legalmente ed effettivamente nel territorio italiano e che è destinatario di un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, dato che, alla luce della giurisprudenza della Corte, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità non potrebbe essere invocato da tale cittadino.
21 Infine, essa ricorda che l’interesse di un cittadino di un paese terzo legittimamente dimorante o residente in uno Stato membro a non essere sradicato dal suo ambiente familiare e sociale è tutelato dal diritto dell’Unione, nonché dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
22 In tale contesto la Corte costituzionale ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 4, punto 6, della [decisione quadro 2002/584], interpretato alla luce dell’articolo 1, paragrafo 3, della medesima decisione quadro e dell’articolo 7 [della Carta], osti a una normativa, come quella italiana, che – nel quadro di una procedura di mandato di arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza – precluda in maniera assoluta e automatica alle autorità giudiziarie di esecuzione di rifiutare la consegna di cittadini di paesi terzi che dimorino o risiedano sul suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo;
2) in caso di risposta affermativa alla prima questione, sulla base di quali criteri e presupposti tali legami debbano essere considerati tanto significativi da imporre all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare la consegna».
Sulla richiesta di procedimento accelerato
23 Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale sia sottoposto a procedimento accelerato, conformemente all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.
24 Pur riconoscendo che O.G., destinatario del mandato d’arresto di cui trattasi nel procedimento principale, non è sottoposto ad alcuna misura privativa della libertà, tale giudice osserva, in primo luogo, che la presente causa solleva questioni interpretative relative ad aspetti centrali del funzionamento del mandato d’arresto europeo e, in secondo luogo, che l’interpretazione richiesta è idonea a produrre conseguenze generali, tanto per le autorità chiamate a cooperare nell’ambito del mandato d’arresto europeo, quanto per i diritti delle persone ricercate.
25 L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato.
26 Nel caso di specie, il 20 dicembre 2021 il presidente della Corte, sentiti la giudice relatrice e l’avvocato generale, ha deciso di respingere la domanda del giudice del rinvio di cui al punto 23 della presente sentenza.
27 Infatti, secondo costante giurisprudenza, l’applicazione del procedimento accelerato non dipende dalla natura, in quanto tale, della controversia, bensì dalle circostanze eccezionali proprie del caso di specie, le quali devono dimostrare l’urgenza straordinaria di statuire su tali questioni (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C-158/21, EU:C:2023:57, punto 27).
28 Orbene, la circostanza che la causa verta su uno o più aspetti essenziali del meccanismo di consegna istituito dalla decisione quadro 2002/584 non costituisce una ragione che dimostra un’urgenza straordinaria, com’è invece necessario per giustificare un trattamento accelerato. Lo stesso dicasi per la circostanza che un numero rilevante di soggetti sia potenzialmente interessato dalle questioni sollevate (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C-497/20, EU:C:2021:1037, punto 39).
29 Ciò premesso, tenuto conto della natura e dell’importanza delle questioni sollevate, il presidente della Corte ha accordato alla presente causa un trattamento prioritario, conformemente all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
30 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro, volta a trasporre tale disposizione, che escluda in maniera assoluta e automatica dal beneficio del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da detta disposizione qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato membro.
31 In via preliminare, occorre ricordare che la decisione quadro 2002/584 è diretta, mediante l’istituzione di un sistema semplificato ed efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri [v., in tal senso, sentenza del 18 aprile 2023, E.D.L. (Motivo di rifiuto fondato sulla malattia), C-699/21, EU:C:2023:295, punto 32 e giurisprudenza citata].
32 Nel settore disciplinato da tale decisione quadro, il principio di riconoscimento reciproco, che costituisce, come risulta in particolare dal considerando 6 della stessa, il «fondamento» della cooperazione giudiziaria in materia penale, trova espressione all’articolo 1, paragrafo 2, di detta decisione quadro, il quale sancisce la regola secondo cui gli Stati membri devono dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della medesima decisione quadro [v., in tal senso, sentenza del 18 aprile 2023, E.D.L. (Motivo di rifiuto fondato sulla malattia), C-699/21, EU:C:2023:295, punto 33 e giurisprudenza citata].
33 Ne consegue, da un lato, che le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo soltanto per motivi fondati sulla decisione quadro 2002/584, così come interpretata dalla Corte. Dall’altro, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente [sentenza del 18 aprile 2023, E.D.L. (Motivo di rifiuto fondato sulla malattia), C-699/21, EU:C:2023:295, punto 34 e giurisprudenza citata].
34 Tale decisione quadro enuncia, al suo articolo 3, motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo e, ai suoi articoli 4 e 4 bis, motivi di non esecuzione facoltativa [sentenza del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem), C-665/20 PPU, EU:C:2021:339, punto 40 e giurisprudenza citata].
35 Per quanto riguarda i motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo elencati all’articolo 4 della decisione quadro 2002/584, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, nell’ambito della trasposizione di tale decisione quadro nel diritto interno, gli Stati membri dispongono di un margine discrezionale. Pertanto, questi ultimi sono liberi di trasporre o meno tali motivi nel loro diritto interno. Essi possono altresì scegliere di limitare le situazioni nelle quali l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo, agevolando così la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del riconoscimento reciproco sancito dall’articolo 1, paragrafo 2, di detta decisione quadro [sentenza del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem), C-665/20 PPU, EU:C:2021:339, punto 41 e giurisprudenza citata].
36 È quanto avviene, in particolare, nel caso dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, secondo il quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo se questo è stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda e tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno.
37 Alla luce del margine di discrezionalità ricordato al punto 35 della presente sentenza, gli Stati membri, in sede di attuazione dell’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro, possono limitare, nel senso indicato dalla regola fondamentale enunciata all’articolo 1, paragrafo 2, di detta decisione quadro, le situazioni in cui dovrebbe essere possibile rifiutare di consegnare una persona rientrante nella sfera di applicazione di detto articolo 4, punto 6 (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2009, Wolzenburg, C-123/08, EU:C:2009:616, punto 62 e giurisprudenza citata).
38 Tuttavia, il margine di discrezionalità di cui lo Stato membro dispone quando sceglie di trasporre il motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, non può essere illimitato.
39 In primo luogo, quando uno Stato membro sceglie di trasporre tale motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo, esso è tenuto, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro, al rispetto dei diritti e dei principi fondamentali di cui all’articolo 6 TUE.
40 Tra tali principi fondamentali figura il principio di uguaglianza davanti alla legge, garantito dall’articolo 20 della Carta. Il rispetto di quest’ultima disposizione si impone agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, il che avviene quando essi traspongono il motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato d’arresto europeo previsto all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584.
41 Orbene, contrariamente all’articolo 18, primo comma, TFUE, che non è destinato ad essere applicato nel caso di un’eventuale disparità di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e quelli dei paesi terzi, l’articolo 20 della Carta non prevede nessuna limitazione del suo campo d’applicazione e pertanto si applica a tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione [v., in tal senso, parere 1/17 (Accordo CETA UE-Canada), del 30 aprile 2019, EU:C:2019:341, punti 169 e 171 nonché giurisprudenza citata].
42 A tale proposito, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’uguaglianza davanti alla legge, sancita dall’articolo 20 della Carta, è un principio generale del diritto dell’Unione, il quale esige che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate allo stesso modo, a meno che un siffatto trattamento non sia obiettivamente giustificato [v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, État belge (Diritto di soggiorno in caso di violenza domestica), C-930/19, EU:C:2021:657, punto 57 e giurisprudenza citata].
43 Il requisito relativo alla comparabilità delle situazioni, al fine di determinare l’esistenza di una violazione del principio di parità di trattamento, deve esser valutato alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano e, in particolare, alla luce dell’oggetto e dello scopo perseguito dall’atto che istituisce la distinzione di cui trattasi, fermo restando che devono essere presi in considerazione, a tal fine, i principi e gli obiettivi del settore in cui rientra tale atto. Nei limiti in cui le situazioni non sono comparabili, una differenza di trattamento delle situazioni in questione non viola l’uguaglianza davanti alla legge sancita dall’articolo 20 della Carta [sentenza del 2 settembre 2021, État belge (Diritto di soggiorno in caso di violenza domestica), C-930/19, EU:C:2021:657, punto 58 e giurisprudenza citata].
44 A tale titolo, occorre valutare se, alla luce dell’oggetto e dello scopo perseguito da una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la situazione del cittadino di un paese terzo destinatario di un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà e che dimora o risiede nello Stato membro di esecuzione sia comparabile a quella del cittadino di tale Stato membro o a quella del cittadino di un altro Stato membro che dimori o risieda in detto Stato membro e che sia destinatario di un siffatto mandato.
45 Dall’ordinanza di rinvio risulta che la disparità di trattamento derivante dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale tra i cittadini italiani e quelli di altri Stati membri, da un lato, e i cittadini di paesi terzi, dall’altro, è stata istituita al fine di trasporre l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, avendo il legislatore italiano ritenuto che tale disposizione riguardi unicamente i cittadini dello Stato membro di esecuzione e i cittadini dell’Unione.
46 Orbene, a tale proposito, dal tenore letterale di tale disposizione emerge che essa non opera alcuna distinzione a seconda che la persona destinataria del mandato d’arresto europeo, qualora non sia cittadina dello Stato membro di esecuzione, sia o meno cittadina di un altro Stato membro. L’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto a detta disposizione è invece subordinata al verificarsi di due condizioni, ossia, da un lato, che la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadina o vi risieda, e, dall’altro, che tale Stato si impegni a eseguire esso stesso, conformemente al suo diritto interno, la pena o la misura di sicurezza per la quale il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato.
47 Per quanto riguarda la prima di tali condizioni, la Corte ha già dichiarato che una persona ricercata «risiede» nello Stato membro di esecuzione qualora abbia ivi stabilito la propria residenza effettiva, e «dimora» in tale Stato qualora, a seguito di un soggiorno stabile di una certa durata nel medesimo, abbia acquisito con tale Stato legami di intensità simile a quella dei legami che si instaurano in caso di residenza (v., in tal senso, sentenze del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge, C-42/11, EU:C:2012:517, punto 43 e giurisprudenza citata, nonché del 13 dicembre 2018, Sut, C-514/17, EU:C:2018:1016, punto 34 e giurisprudenza citata). Ne consegue che, sotto il profilo di tale prima condizione, il cittadino di un paese terzo che sia destinatario di un mandato d’arresto europeo e che dimori o risieda nello Stato membro di esecuzione si trova in una situazione comparabile a quella del cittadino di tale Stato membro o a quella del cittadino di un altro Stato membro che dimori o risieda in detto Stato membro e che sia destinatario di un siffatto mandato.
48 Per quanto riguarda la seconda di dette condizioni, dal tenore letterale dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 risulta che il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo presuppone un vero e proprio impegno da parte dello Stato membro di esecuzione ad eseguire la pena privativa della libertà irrogata nei confronti della persona ricercata (sentenza del 13 dicembre 2018, Sut, C-514/17, EU:C:2018:1016, punto 35 e giurisprudenza citata). Tale seconda condizione non contiene quindi alcun elemento idoneo a giustificare una distinzione tra la situazione del cittadino di un paese terzo e quella del cittadino dell’Unione che siano entrambi destinatari di un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà e dimorino o risiedano nel territorio di uno Stato membro.
49 Ove l’autorità giudiziaria dell’esecuzione constati che le due condizioni ricordate al punto 46 della presente sentenza sono soddisfatte, essa deve ancora valutare se esista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena inflitta nello Stato membro emittente venga eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione. Tale valutazione consente a detta autorità di tenere conto dell’obiettivo perseguito dall’articolo 4, paragrafo 6, della decisione quadro 2002/584, che consiste, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’aumentare le possibilità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta che quest’ultima ha scontato la pena a cui è stata condannata (sentenza del 13 dicembre 2018, Sut, C-514/17, EU:C:2018:1016, punti 33 e 36 nonché giurisprudenza citata). Orbene, i cittadini dell’Unione e i cittadini di paesi terzi che soddisfano la prima condizione esplicitata al punto 47 della presente sentenza potrebbero, fatte salve le verifiche che spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione effettuare, disporre di possibilità di reinserimento sociale comparabili se, quando sono destinatarie di un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, scontano la loro pena o misura di sicurezza nello Stato membro di esecuzione.
50 In tali circostanze, dalla lettera dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e dall’obiettivo perseguito da tale disposizione risulta che non si può presumere che il cittadino di un paese terzo, che sia destinatario di un mandato d’arresto europeo e dimori o risieda nello Stato membro di esecuzione, si trovi necessariamente in una situazione diversa da quella del cittadino di tale Stato membro o da quella del cittadino di un altro Stato membro che dimori o risieda in detto Stato membro e che sia destinatario di un siffatto mandato. Al contrario, si deve ritenere che, ai fini dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione, tali persone possano trovarsi in una situazione comparabile, qualora presentino un grado di integrazione certo nello Stato membro di esecuzione.
51 Ne consegue che una normativa nazionale volta a trasporre l’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro non può essere considerata conforme al principio di uguaglianza davanti alla legge sancito all’articolo 20 della Carta se tratta in maniera diversa, da un lato, i propri cittadini e gli altri cittadini dell’Unione e, dall’altro, i cittadini di paesi terzi, negando a questi ultimi, in maniera assoluta e automatica, il beneficio del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione, anche qualora essi dimorino o risiedano nel territorio di tale Stato membro e senza che si tenga conto del loro grado di integrazione nella società di detto Stato. Infatti, non si può ritenere che una tale differenza di trattamento possa essere obiettivamente giustificata, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 42 della presente sentenza.
52 Per contro, nulla osta a che, in sede di trasposizione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel diritto interno di uno Stato membro, quest’ultimo subordini, per i cittadini di paesi terzi destinatari di un mandato d’arresto europeo, il beneficio del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione al requisito che tale cittadino vi dimori o risieda in via continuativa da un periodo di tempo minimo (v., per analogia, sentenza del 6 ottobre 2009, Wolzenburg, C-123/08, EU:C:2009:616, punto 74), purché tale condizione non ecceda quanto necessario a garantire che la persona ricercata presenti un grado di integrazione certo nello Stato membro di esecuzione.
53 In secondo luogo, la trasposizione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non può avere l’effetto di privare l’autorità giudiziaria dell’esecuzione del margine di discrezionalità necessario affinché essa possa decidere se occorra o meno, alla luce dell’obiettivo di reinserimento sociale perseguito, menzionato al punto 49 della presente sentenza, rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo.
54 A tale proposito, come ricordato ai punti da 46 a 49 della presente sentenza, la Corte ha già dichiarato che, al fine di stabilire se, in una situazione concreta, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo, quest’ultima deve, in un primo momento, determinare se la persona ricercata, qualora non sia cittadina dello Stato membro di esecuzione, dimori o risieda in quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, come trasposto nel diritto nazionale, e rientri quindi nell’ambito di applicazione di quest’ultima. In un secondo momento, e unicamente qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione constati che detta persona rientra in tale ambito di applicazione, essa deve poter valutare se sussista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena o la misura di sicurezza inflitta nello Stato membro emittente sia eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, Kozlowski, C-66/08, EU:C:2008:437, punto 44).
55 Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che l’articolo 18 bis della legge n. 69 del 2005, volto a trasporre l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel diritto italiano, limita l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo, previsto da quest’ultima disposizione, soltanto ai cittadini italiani e ai cittadini di altri Stati membri. I cittadini di paesi terzi sono quindi esclusi in maniera assoluta e automatica dal beneficio di tale motivo, senza che a tale riguardo sia lasciato alcun margine di discrezionalità all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, sebbene detto articolo 4, punto 6, non circoscriva l’ambito di applicazione di detto motivo soltanto ai cittadini dell’Unione.
56 Pertanto, quando la persona destinataria del mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà è un cittadino di un paese terzo, una siffatta normativa nazionale priva l’autorità giudiziaria dell’esecuzione del potere di valutare, tenuto conto delle circostanze specifiche di ciascun caso, se i legami di tale persona con lo Stato membro di esecuzione siano sufficienti affinché l’obiettivo del reinserimento sociale perseguito da tale disposizione possa essere meglio raggiunto ove detta persona sconti la sua pena in tale Stato membro, pregiudicando in tal modo detto obiettivo.
57 Ne consegue che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 osta, anche per tale ragione, a una tale normativa nazionale diretta a trasporre tale disposizione.
58 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con il principio di uguaglianza davanti alla legge, sancito all’articolo 20 della Carta, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro, volta a trasporre tale articolo 4, punto 6, che esclude in maniera assoluta e automatica dal beneficio del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato membro.
Sulla seconda questione
59 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che, per valutare se occorra rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio dello Stato membro dell’esecuzione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve procedere a una valutazione degli elementi idonei a indicare se esistano, tra quest’ultimo e lo Stato membro dell’esecuzione, legami attestanti che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e, in caso affermativo, quali siano tali elementi.
60 Conformemente a quanto ricordato al punto 49 della presente sentenza, quando l’autorità giudiziaria dell’esecuzione constata che le due condizioni enunciate all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 sono soddisfatte, essa deve ancora valutare se sussista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena o la misura di sicurezza inflitta nello Stato membro emittente sia eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione.
61 Spetta quindi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione effettuare una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione della persona ricercata, idonei a indicare se esistano tra tale persona e lo Stato membro di esecuzione legami che consentano di constatare che detta persona è sufficientemente integrata in tale Stato e che, pertanto, l’esecuzione, nello Stato membro di esecuzione, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente contribuirà alla realizzazione dell’obiettivo di reinserimento sociale perseguito da tale articolo 4, punto 6 (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge, C-42/11, EU:C:2012:517, punto 43).
62 In tale contesto, come già dichiarato dalla Corte, occorre in particolare tenere conto della decisione quadro 2008/909 [v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione), C-314/18, EU:C:2020:191]. In particolare, il considerando 9 di tale decisione quadro fornisce un elenco esemplificativo di elementi che consentono all’autorità giudiziaria di acquisire la certezza che l’esecuzione della pena da parte dello Stato membro di esecuzione contribuirà a favorire il reinserimento sociale della persona condannata. Tra tali elementi figurano, in sostanza, l’attaccamento della persona allo Stato membro di esecuzione, nonché la circostanza che tale Stato membro costituisce il centro della sua vita familiare e dei suoi interessi, tenuto conto, in particolare, dei suoi legami familiari, linguistici, culturali, sociali o, ancora, economici con detto Stato.
63 Dal momento che l’obiettivo perseguito dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 è identico a quello menzionato in tale considerando e perseguito dall’articolo 25 della decisione quadro 2008/909, il quale fa riferimento al motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale articolo 4, punto 6, detti elementi sono pertinenti anche nell’ambito della valutazione complessiva che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve effettuare quando applica tale motivo.
64 In particolare, ove la persona ricercata abbia stabilito il centro della sua vita familiare e dei suoi interessi nello Stato membro di esecuzione, si deve tenere conto del fatto che il reinserimento sociale di tale persona dopo che essa vi ha scontato la sua pena è favorito dal fatto che essa può mantenere contatti regolari e frequenti con la famiglia e i congiunti.
65 Se la persona ricercata è un cittadino di un paese terzo, occorre tenere conto anche della natura, della durata e delle condizioni di soggiorno di tale persona nello Stato membro di esecuzione.
66 A tale proposito, la Corte ha dichiarato che tali elementi possono già essere presi in considerazione nella fase dell’esame della prima condizione posta all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, menzionata segnatamente al punto 47 della presente sentenza. Infatti, per determinare se, in una situazione concreta, tra la persona ricercata e lo Stato membro di esecuzione esistano legami che consentono di constatare che quest’ultima risiede o dimora in detto Stato, ai sensi di detto articolo 4, punto 6, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve effettuare una valutazione complessiva di un certo numero di elementi oggettivi caratterizzanti la situazione della persona in questione, tra i quali, segnatamente, la durata, la natura e le modalità del suo soggiorno, nonché i rapporti familiari ed economici che essa intrattiene con tale Stato (sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge, C-42/11, EU:C:2012:517, punto 43 e giurisprudenza citata).
67 Tali elementi fanno altresì parte di quelli idonei a dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse atto a giustificare che la pena o la misura di sicurezza inflitta nello Stato membro emittente sia eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione. Ne consegue che, in questa fase successiva dell’esame dell’eccezione alla consegna prevista all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può nuovamente tener conto di detti elementi, in particolare quando il soggiorno dell’interessato nello Stato membro di esecuzione derivi dallo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, previsto dalla direttiva 2003/109. Infatti, tale status rappresenta, secondo quanto enunciato dal considerando 12 di tale direttiva, un autentico strumento di integrazione sociale e costituisce quindi un forte indizio del fatto che i legami stabiliti dalla persona ricercata con lo Stato membro di esecuzione sono sufficienti a giustificare il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo.
68 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 dev’essere interpretato nel senso che, per valutare se occorra rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistano, tra quest’ultimo e lo Stato membro di esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e che, pertanto, l’esecuzione, in detto Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente contribuirà ad aumentare le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che tale pena o misura di sicurezza sia stata eseguita. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato membro.
Sulle spese
69 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) L’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, in combinato disposto con il principio di uguaglianza davanti alla legge sancito all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
dev’essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa di uno Stato membro volta a trasporre tale articolo 4, punto 6, che esclude in maniera assoluta e automatica dal beneficio del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato membro.
2) L’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584
dev’essere interpretato nel senso che:
per valutare se occorra rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistano, tra quest’ultimo e lo Stato membro di esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e che, pertanto, l’esecuzione, in detto Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente contribuirà ad aumentare le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che tale pena o misura di sicurezza sia stata eseguita. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato membro.