Per la Cassazione, la confisca urbanistica ha natura amministrativa.
La controversia trae origine dal ricorso proposto dal proprietario di un immobile abusivo costruito su un terreno soggetto a vincolo paesaggistico, condannato per i reati di cui agli artt. 44, c. 1, lett. c), D.P.R. n. 380/01 e 349, commi 1 e 2 c.p.
Tra i motivi di doglianza, il ricorrente deduce l'illegittimità della...
Svolgimento del processo
La corte di appello di Bari, con sentenza del 14 giugno 2022, confermava la sentenza del 13 ottobre 2021 del tribunale di Bari, con la quale LMF- era stata condannata in relazione ai reati di cui agli artt. 44 comma 1 lett. c) del DPR 380/01 e 349 commi 1 e 2 , 61 n. 2 del codice penale.
2. Avverso la predetta sentenza, LMF tramite Il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo tre motivi di impugnazione.
3. Rappresenta, con il primo, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., la violazione di legge e il difetto di motivazione per la mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, sebbene l'opera non sia stata realizzata con fini speculativi. La corte non avrebbe altresì considerato la sussistenza del medesimo disegno criminoso né il buon comportamento processuale, né la Intervenuta rinunzia al motivo di appello riguardante la responsabilità. Né, ancora, l'incensuratezza, l'avere l'imputata notiziato l'Autorità per l'inizio dell’attività edilizia né il ristretto arco di tempo intercorso tra I reati e la modesta incidenza sul carico urbanistico.
4. Con il secondo deduce la violazione del divieto di bis in idem, atteso che la condotta sarebbe stata accertata attraverso tre controlli ravvicinati, così comunque sussistendo, pur a fronte di un avanzamento di lavori, l'unicità del reato, per cui non poteva esserci condanna per quanto accertato ad ogni controllo: il fatto sarebbe stato identico vista la ristrettezza dei tempi.
5. Con il terzo motivo, deduce la mancanza di motivazione in ordine all'ordine di demolizione e circa la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'abuso edilizio. Nonché Il vizio di violazione di legge e di motivazione, circa l'applicabilità, al reato ex art. 349 cod. pen., della subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva.
6. Con memoria, la ricorrente ha dedotto l'illegittimità della disposta confisca e ha insisistito in ordine al rilievi già proposti in ricorso riguardo al secondo e terzo motivo.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è manifestamente Infondato. I giudici di merito con la prima e seconda sentenza hanno concesso te attenuanati generiche secondo un giudizio di equivalenza, operando espressamente una valutazione complessiva dei reati commessi, connotati da un particolare disvalore delle aggravanti, dalla pluralità dei fatti e dalla riottosità della donna nell'adeguarsi al compito di ripristinare lo stato dei luoghi, e quindi valorizzando, secondo un criterio che appare ragionevole, sia la gravità e pluralità del fatti, da una parte,( in uno con il mancato ripristino del luoghi) che, dall'altra, l'incensuratezza e parte dell'atteggiamento soggettivo dell'imputata, con riguardo all'avviso dato dalla stessa alla pubblica autorità, circa l'inizio dell'attività edilizia, quali profili afferenti entrambi all'art. 133 cod. pen. Si tratta, quindi, di un giudizio più che adeguato e ragionevole, e come tale insindacabile, alla luce del principio per cui, il giudizio di bilanciamento delle circostanze richiede per sua natura una valutazione di contrapposti elementi, frutto inevitabile di un potere discrezionale del giudice, che incontra limiti solo della ragionevolezza del percorso logico che porta all'esito finale (Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017 Rv. 270450 - 01).
2. Anche il secondo motivo è inammissibile, atteso che a fronte della stessa ammissione, da parte della ricorrente, della diversità dei fatti accertati In occasione dei diversi controlli, accompagnati da sequestro degli interventi edili rinvenuti, emerge la diversità dei fatti medesimi, non offuscata dalla riconduzione di ciascuno alla identica fattispecie criminosa. Come del resto ampiamente e correttamente illustrato nelle due sentenze conformi.
3. Quanto al terzo motivo, va premesso che non sussiste onere motivazionale nell'adottare l'ordine di demolizione correlato al manufatto abusivo, atteso che il giudice ha l'obbligo, sussistendone I presupposti, di disporre l'ordine di demolizione delle opere abusive previsto dall'art. 31, comma nono, d.P.R. 6 giugno 2001, n, 380, trattandosi di statuizione obbligatoria, priva di contenuto discrezionale, consequenziale alla sentenza di condanna o ad altra alla stessa equiparata, e pertanto sottratta alla disponibilità delle parti. (cfr. in tal senso Sez. 3, n. 6128 del 20/01/2016 Rv. 266285 - 01). Invero, sussiste un dovere, per il giudice, di emettere l'ordine di demolizione a norma dell'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di condanna per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001: questa previsione normativa, infatti, si limita a contemplare una misura amministrativa obbligatoria in caso di condanna (cfr. in motivazione Sez. 3 - , n. 38476 del 31/05/2019 Rv. 276889 - 01). Quanto poi, alla deduzione circa la non pertinenza della subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva, con riguardo anche al reato ex art. 349cod. pen., essa appare manifestamente infondata: questa corte ha più volte affermato che è illegittima la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo nel caso di condanna per il solo reato dì violazione di slqllll. atteso che la costruzione abusiva non può essere considerata quale conseguenza dannosa o pericolosa da eliminare in relazione al reato di cui al citato art. 349, e che inoltre l'ordine di demolizione è tipizzato normativamente dall'art. 31, comma nono, d.P.R. n. 380 del 2001 per ipotesi di reato diverse da quella In questione (Sez. 3, n. 27698 del 20/05/2010, Bianco, Rv. 247926; Sez. 3, n. 40438 del 28/09/2006, Andreonl, Rv. 235461; Sez. 3, n. 5061 del 05/07/2017, Raniolo, n.m.; Sez. 3, n. 4132 del 06/12/2017, dep. 2018, Di Paola, n.m.; Sez. 1, n. 26555 del 28/02/2017, Di Gennaro, n.m.; Sez. 3, n. 796 del 22/09/2016, dep. 2017, Vitiello, n.m.).
Diverso, tuttavia, è il caso in esame, in cui la condanna, come precisato dai giudici di merito, è intervenuta non solo in ordine alla fattispecie ex art. 349 cod. pen. ma "anche" in ordine a reati edilizi di cui l'opera abusiva costituisce certamente conseguenza, cosicchè, a fronte di una condanna per tutti questi reati, nel quadro della continuazione, appare legittima, come anche già statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte ( cfr. in proposito SS.UU. 714/1997), la subordinazione del beneficio della pena sospesa, in relazione al complessivo trattamento sanzionatorio disposto, alla demolizione dell'intervento edilizio abusivo. La mancata limitazione della subordinazione citata, alla pena stabilita per i soli reati edilizi, con esclusione di quelli di violazione di sigilli - come Invece invocato dalla ricorrente-, si spiega alla luce dei principi generali vigenti in tema di trattamento sanzionatorio relativo al reato continuato. Infatti, come si desume dall'art. 76 cod. pen., le pene concorrenti, a norma dell'art. 73 e seguenti cod. pen., si intendono come pena unica per ogni effetto giuridico, salvo che la legge disponga altrimenti (tra le altre, Sez. 1 , n. 6628 del 25/05/1976, dep. 29/05/1976, Chirlco, Rv. 133689; Sez. 3, n. 3260 del 14/01/1998, dep. 16/03/1998, Colucci M., Rv. 210292; Sez. 2, n. 34177 del 14/07/2009, dep. 04/09/2009, Mazzara e altro, Rv. 244998), e opera, al fini della concessione della sospensione condizionale, la fictio iuris che configura Il reato continuato come un unico reato ed assimila la pluralità di condanne a una condanna unica (tra le altre, Sez. 2, n. 1477 del 13/11/2000, dep. 10/01/2001, P.M. in proc. Panebianco, Rv. 217889); con la conseguenza che la sospensione condizionale non può, in ogni caso, essere limitata, nel caso di concorso di reati, a uno o ad alcuni del reati per i quali l'imputato è stato condannato (Sez. 3, n. 52644 del 25/10/2017 Rv. 272352 - 01; Sez. 1, n. 39217 del 12/02/2014 Rv. 260502 - 01 in motivazione; Sez. 5, n. 7958 del 02/07/1985, dep. 10/09/1985, Canclini, Rv. 170347).
4. Quanto alla disposta confisca, rappresentata come Illegale in memoria, va premesso che la illegalità della pena, dipendente da una statuizione "ab origine" contraria all'assetto normativo vigente al momento consumativo del reato, è rilevabile d'ufficio nel giudizio di legittimità anche in caso di inammissibilità del ricorso (Sez. 4 - , n. 17221 del 02/04/2019 Rv. 275714 - 01) e che spetta alla Corte di cassazione, in attuazione degli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost. il potere, esercitabile anche in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l'illegalità della pena determinata dall'applicazione di sanzione "ab origine" contraria all'assetto normativo vigente, perché di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale (Sez. U - , n. 38809 del 31/03/2022 Rv. 283689 - 01). Va aggiunto che Il principio di legalità della pena vieta che una pena che non trovi fondamento in una norma di legge, anche se inflitta con sentenza non più soggetta ad impugnazione ordinaria, possa avere esecuzione, essendo avulsa da una pretesa punitiva dello Stato. Come già precisato da questa Suprema Corte con decisione che si condivide (Sez. 3 - , n. 44461 del 19/10/2022 Rv. 283774 - 01), tale principio, che secondo le Sezioni Unite riguarda sia le pene detentive sia le pene pecuniarie, nonché le pene accessorie (Sez. U, n. 6240 del 27/11/2014, Basile, Rv. 262327), deve essere esteso anche ad una misura afflittiva come la confisca, per la sua incidenza sul patrimonio.
Nel caso di specie la disposta confisca urbanistica - che, va comunque ribadito, ha natura di sanzione amministrativa secondo la giurisprudenza di legittimità, e invece di pena secondo la Corte Edu - non era prevista per Il reato per cui si procedeva, sicché si verte in una ipotesi di misura afflittiva inflitta quale frutto di un errore macroscopico non giustificabile e non di una argomentata, pur discutibile, valutazione (cfr. con riguardo a tale ultimo profilo la sentenza Butera in motivazione), in grado di comportarne la sostanziale illegalità. Nello specifico, costituisce una misura afflittiva illegale perché, come risulta dal provvedimento Impugnato, si procedeva per il reato ex art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 ma non con riferimento all'ipotesi, ivi contemplata, di lottizzazione, che Invero contempla la misura della confisca, bensì con riguardo alla diversa fattispecie relativa ad " interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso", per la quale non può in alcun modo essere disposta la confisca.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza impugnata, avendo erroneamente applicato i principi sopra esposti, deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla disposta confisca che elimina. Con dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca, che elimina. Dichiara Inammissibile il ricorso nel resto.