Tale installazione aveva determinato una parziale privazione dell'esercizio della servitù. Irrilevante ai fini dell'esclusione dello spoglio l'offerta al titolare del fondo delle chiavi della catena collocata tra i paletti poiché valorizzava una circostanza dalla quale era desumibile l'animus spoliandi.
Il Tribunale accoglieva l'azione di spoglio parziale proposta dall'attuale ricorrente, il quale assumeva di essere proprietario e possessore di un fondo a cui si accedeva da una stradina, che dava sulla via pubblica, posto sul fondo confinante, di proprietà del convenuto. Quest'ultimo aveva collocato all'ingresso della stradina due...
Svolgimento del processo
1. il Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza n. 465/2012, ha accolto l’azione di spoglio parziale di una servitù di passaggio carrabile proposta da D.M. contro M.R.. Assumeva il ricorrente di essere proprietario e possessore di un fondo al quale si accedeva da una stradina, che dava sulla via pubblica, posta sul fondo confinante, di proprietà del sig. R.. Quest’ultimo, nell’ottobre-novembre 2003, aveva collocato all’ingresso della stradina due paletti in metallo, così impedendo al vicino l’esercizio della servitù;
2. la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento del gravame di M.R., ha rigettato la domanda possessoria di D.M., svolgendo, per quanto qui rileva, le seguenti considerazioni: (i) al proprietario del fondo gravato da una servitù di passaggio l’art. 841, cod. civ., riconosce la facoltà di chiudere il proprio fondo adottando mezzi idonei a consentire al titolare della servitù di esercitarla liberamente, salvo un minimo e trascurabile disagio; (ii) il Tribunale non si è attenuto a tale principio perché ha qualificato la fattispecie concreta come uno spoglio parziale, senza considerare che i testimoni hanno riferito che l’apposizione dei paletti non ha impedito il passaggio veicolare, ma lo ha soltanto reso meno agevole; (iii) non è provato l’animus spoliandi dato che il resistente ha apposto una catena sorretta dai paletti dopo avere consegnato le chiavi del lucchetto al vicino e si è reso disponibile a rimuovere i paletti nell’ipotesi di prospettati lavori di ristrutturazione dell’abitazione della controparte;
3. M.M., E.M. e A.M., eredi di D.M., hanno proposto ricorso, con atto notificato il 10/09/2019, sulla base di tre motivi, illustrati con una memoria, avverso la sentenza d’appello; M.R. ha resistito con controricorso;
Motivi della decisione
1. con il primo motivo di ricorso [«Violazione e falsa applicazione degli artt. 1168, 1170, 1064, 1066, 1067 c.c. e dell’art. 841 c.c. nonché degli artt. 115, 116 cpc e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3, 4 e 5 c.p.c. – Violazione falsa applicazione di norme di diritto. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione – Motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio»], si censura, in primo luogo, la violazione dell’art. 841, cod. civ., (denominato “chiusura del fondo”) in ragione del fatto che l’apposizione dei paletti non realizzava la chiusura del fondo altrui; il fondo del resistente, infatti, era già recintato prima dell’apposizione dei paletti all’ingresso della stradina di uso pubblico sulla quale insisteva la servitù di passaggio veicolare a favore del fondo confinante. In secondo luogo, si critica la decisione della Corte territoriale che, ravvisando un vizio nella motivazione della sentenza di primo grado, ha affermato che, al contrario di quanto stabilito dal Tribunale, i testimoni avevano dichiarato che l’apposizione dei paletti determinava un mero disagio rispetto al passaggio dei mezzi pesanti, ciò che era sufficiente ad escludere lo spoglio;
2. con il secondo motivo [«Contraddittorietà e insufficiente motivazione – Nullità della sentenza per contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili e per motivazione obiettivamente perplessa e incomprensibile – violazione falsa applicazione degli artt. 115, 116, c.p.c., 841, 1067 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma nn. 3, 4 e 5 c.p.c. – Violazione falsa applicazione di norme di diritto. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione – Motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio»], i ricorrenti censurano la sentenza impugnata che travisa la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva accertato (fondandosi sulle circostanze di fatto e per mezzo della prova testimoniale) che il transito dei mezzi pesanti non era soltanto reso meno agevole, ma era del tutto impedito dall’apposizione dei paletti; confonde il transito veicolare delle autovetture (tuttora possibile benché aggravato dai paletti) con il transito dei mezzi pesanti, completamente precluso; (iii) non esamina lo stato dei luoghi (ad esempio, l’apposizione dei paletti al centro dell’ingresso della stradina e non ai suoi margini; la distanza di 50-60 metri tra l’abitazione posta sul fondo dominante e i paletti) e non considera che proprio la posizione dei paletti rispetto alla strada pubblica aveva aggravato il restringimento della stradina, rispetto alle manovre dei veicoli, per essere i paletti collocati in posizione perpendicolare rispetto alla via pubblica;
3. con il terzo motivo [«assenza animus spoliandi – non contestazione – onere di contestazione – consegna delle chiavi – violazione e falsa applicazione artt. 1168 e 1170 c.c. – art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. – violazione art. 360 n. 3 e 5»], si censura la sentenza impugnata che ha negato l’elemento psicologico dello spoglio dando rilievo alla circostanza che il resistente, nel corso del giudizio di primo grado, aveva offerto alla controparte le chiavi del lucchetto di chiusura della catena sorretta dai due paletti, senza considerare che il profilo psicologico risiede nella coscienza e volontà dell’autore di compiere l’azione materiale nella quale si sostanzia la lesione del possesso, indipendentemente dalla convinzione dell’agente di operare secondo diritto;
4. il primo e il secondo motivo, articolati in varie censure, da esaminare insieme perché pongono analoghe questioni, sono parzialmente fondati nei termini di seguito indicati;
non è fondata la critica relativa al vizio di motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile; per giurisprudenza pacifica (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679), «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.»;
nella fattispecie concreta, la motivazione esiste e la Corte di Salerno illustra con chiarezza le ragioni a sostegno della decisione: in breve, l’azione di spoglio parziale è stata disattesa per mancanza di entrambi i profili della condotta illecita, quello oggettivo e quello soggettivo, poiché si è ritenuto che l’apposizione dei paletti all’ingresso della stradina da parte del sig. R., proprietario del fondo servente, rientrasse nei poteri del proprietario e che la modificazione dello stato dei luoghi avesse un modesto e trascurabile disagio al fondo dominante;
è inammissibile la censura di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”: la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 20/07/2018, sicché trova applicazione l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione novellata dal comma 1, lett. b), dell'art. 54, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate dall’11/09/2012. In base alla norma novellata ed attualmente vigente, non è più configurabile il vizio di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio dello sviluppo argomentativo sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4, del medesimo art. 360, cod. proc. civ. (Cass. 6/07/2015, n. 13928; 16/07/2014, n. 16300); va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione (Cass. 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità del principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, nella pronuncia sopra citata (punto 4.2.) (Cass. Sez. U. 8053/2014), secondo cui la richiamata riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione;
4. 4. sono fondate, invece, in relazione ad entrambi i mezzi di impugnazione, le censure concernenti la falsa applicazione di norme di diritto (segnatamente degli artt. 841, 1064, 1067, secondo comma, cod. civ.), e di omesso esame di fatti decisivi (ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ.);
4.5. sul piano normativo, il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo (art. 841, cod. civ.); in caso di servitù, il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo (art. 1067, cod. civ.); a norma del secondo comma dell’art. 1064, cod. civ., se il fondo viene chiuso, il proprietario deve lasciarne libero e comodo l’ingresso a chi ha un diritto di servitù che renda necessario il passaggio per il fondo stesso;
4.6. la giurisprudenza sezionale (Cass. 2/09/2019, n. 21928), intervenuta in fattispecie analoga a quella in esame, ha avuto modo di chiarire che «il proprietario del fondo ancorché gravato da servitù di passaggio, conserva sì il diritto di difenderlo dall’ingerenza di terzi, diritto del quale costituisce lecita esplicazione l’installazione di un cancello all’ingresso della strada su cui si esercita il passaggio, purché siano adottati gli accorgimenti idonei a consentire al titolare della relativa servitù il libero esercizio del suo diritto senza che ne risultino, al di là di trascurabili disagi, limitazioni al suo contenuto. Ne consegue che, pur potendo il proprietario del fondo installare un cancello, da questo dovranno derivare solo disagi minimi e trascurabili in relazione alle pregresse modalità di transito»;
4.7. nel nostro caso, l’apposizione dei paletti – per di più collocati a distanza di circa tre metri l’uno dall’altro anziché ai margini opposti dell’ingresso della stradina, in modo da lasciare più spazio per il passaggio veicolare – integra una violazione delle disposizioni sopra richiamate in quanto determina una parziale privazione dell’esercizio della servitù. Per un verso, trattandosi di paletti distanti tre metri tra loro, infissi in posizione ortogonale rispetto alla strada pubblica, è reso più difficoltoso il transito delle autovetture ed è completamente impedito quello dei mezzi pesanti. Per altro verso, a causa del tipo di chiusura – paletti, uniti da una catena, anziché, per esempio, un sistema elettronico di apertura con l’installazione di dispositivi idonei a garantire, ai sensi dell’art. 1064, comma 2, cod. civ., il diritto al libero e comodo passaggio del proprietario del fondo dominante e dei suoi ospiti -, e a causa della distanza tra tale installazione e l’abitazione del proprietario finitimo (50-60 metri in salita), l’esercizio della servitù di passo pedonale è divenuto problematico e assai scomodo;
4.8. è fondata anche la critica secondo cui la Corte territoriale sarebbe incorsa nell’omesso esame di fatti decisivi, allegati dai ricorrenti a dimostrazione del sofferto spoglio; si fa riferimento, a titolo esemplificativo: all’impedimento del transito dei mezzi pesanti; all’ostacolo alle manovre delle autovetture dovuto al posizionamento dei paletti in linea perpendicolare rispetto alla pubblica via; alla scomodità dell’uso della stradina da parte dei terzi ospiti del titolare del fondo dominante;
5. il terzo motivo è fondato;
5.1. come ricorda Cass. 28/07/2021, n. 21613, «è stato precisato che (Cass. n. 2667/2001) caratteristica necessaria e sufficiente per la configurabilità dell’”animus spoliandi” deve ritenersi la consapevolezza di sovvertire una situazione possessoria contro la volontà espressa o presunta del possessore, sì che esso non può dirsi escluso dal convincimento dello “spolians” di esercitare un proprio diritto, e ciò in quanto (Cass. n. 2525/2001) è legittimamente sostenibile la sussistenza dell’”animus spoliandi” nell’agente in conseguenza del solo fatto di aver privato del godimento della cosa il possessore contro la sua volontà (espressa o tacita), indipendentemente dalla convinzione dell’agente stesso di operare secondo diritto, ovvero con il proposito di ripristinare la corrispondenza tra situazione di fatto e situazione di diritto […] (conf. Cass. n. 2316/2011; Cass. n. 8059/2005)»;
5.2. nella fattispecie concreta, la Corte di Salerno, discostandosi da questo principio di diritto, ha erroneamente escluso l’animus spoliandi, valorizzando una circostanza - l’offerta al titolare del fondo dominante delle chiavi della catena collocata tra i paletti – dalla quale, semmai, ragionando in termini astratti e salvo l’apprezzamento di fatto devoluto al giudice del rinvio, era desumibile la consapevolezza dell’agente, al momento della collocazione dei paletti (ed è in quest’azione, e non nella successiva collocazione della catena, che si sostanzia il lamentato spoglio), di operare arbitrariamente contro la volontà (espressa o presunta) del possessore;
6. in conclusione, accolti i tre motivi di ricorso nei termini sopra indicati, la sentenza è cassata, con rinvio alla Corte di merito, anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.