
Per la Cassazione, il reato è consumato quando il bene «è stato privato dei dati identificativi che consentono un diretto ed immediato collegamento dello stesso con il proprietario, quali la rimozione delle targhe, l'alterazione del numero di telaio, l'asportazione del motore ovvero il completo smontaggio, che impedisce di avere contezza dei caratteri distintivi del mezzo».
Svolgimento del processo
1.Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Roma, per quanto in questa sede rileva, confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 13/2/2019, aveva riconosciuto il F. responsabile del delitto di riciclaggio di un'autovettura, condannandolo alla pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro 2mila di multa.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato, il quale ha dedotto:
2.1 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla mancata derubricazione del delitto contestato nella fattispecie di ricettazione. Secondo il difensore lo smontaggio dei pezzi di un'autovettura provento di furto, non contraddistinti da un numero di serie, non è attività tipica destinata a disperdere le tracce del bene ma strumento per la ricettazione dei singoli componenti. Si tratta, infatti, come segnalato dalla giurisprudenza di merito, di attività conseguente alla già perfezionata condotta di ricettazione, preordinata all'acquisizione dei componenti da commercializzare;
2.2 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della fattispecie tentata. Secondo il difensore, poiché gli imputati sono stati colti mentre era in corso lo smontaggio del veicolo e non vi è stata alcuna difficoltà ad identificare il mezzo, la Corte avrebbe dovuto riqualificare il fatto ex art. 56 cod.pen. Non appare, infatti, condivisibile il richiamo dei giudici d'appello alle pronunzie di legittimità che configurano il riciclaggio quale fattispecie a consumazione anticipata.
Motivi della decisione
1.11 primo motivo in ordine alla qualificazione del fatto alla stregua del delitto di ricettazione è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di legittimità è costante e consolidata nel ritenere che integra il delitto di riciclaggio lo smontaggio e la successiva vendita, o riutilizzo in altro modo, dei singoli pezzi di un'autovettura di provenienza delittuosa, pur se non muniti di codici identificativi suscettibili di alterazione, in ragione della idoneità dell'indicata condotta ad ottenere l'occultamento della provenienza del bene (Sez. 2, n. 15092 del 02/04/2007, Rv. 236354 - 01; n. 12766 del 11/03/2011, Rv. 249678-01; nello stesso senso successivamente anche Sez. 2, n. 11277 del 04/03/2022, Rv. 282820-01; n. 35439 del 15/06/2021, Rv. 281963 - 01, n. 37559 del 30/05/2019, Rv. 277080-01).
2. Il secondo motivo è fondato e merita accoglimento. La ricomprensione del delitto di riciclaggio nella categoria dei reati a consumazione anticipata affermata dalla Corte di merito sulla scorta di alcune pronunzie di legittimità e la conseguente esclusione della possibilità di configurare il tentativo non appare condivisibile. Questa Corte ha precisato in epoca risalente che il testo dell'art. 648 bis cod. pen., introdotto dall'art. 23 legge n. 55 del 1990, ha ridisegnato la fattispecie abbandonando la configurazione - tipica di reato a consumazione anticipata - della materialità del reato come fatti o atti diretti alla sostituzione di denaro o altre utilità provenienti da particolari, gravi delitti. La fattispecie in quella sede prevista, di cui l'attuale costituisce evoluzione normativa, infatti, si articolava in due ipotesi fattuali: la prima consistente nella sostituzione del denaro o delle altre utilità provenienti da specifici delitti; la seconda configurata come formula di chiusura, incriminando qualsiasi condotta - distinta dalla sostituzione - tale da frapporre ostacoli all'identificazione del denaro, dei valori o altro di provenienza illecita specifica (Sez. 1, n. 7558 del 29/03/1993, Rv. 194767; Sez. 5. n. 17694 del 14/1/2010, Rv. 247220).
2.1 Il reato di riciclaggio venne introdotto nel nostro ordinamento dal D.L. 21 marzo 1978, n. 59, conv. nella L. 18 maggio 1978, n. 191, che inseriva nel codice penale l'art. 648 bis con la rubrica "Sostituzione di denaro o di valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione". Si trattava, come osservato dalla dottrina, di una tipica figura di reato a consumazione anticipata, con il quale venivano puniti gli atti diretti a sostituire denaro proveniente da quegli unici tre delitti individuati dal legislatore, non essendo necessario, ai fini della consumazione del reato, l'avvenuta effettiva sostituzione del denaro e un simile assetto della fattispecie delittuosa precludeva all'evidenza la configurabilità del tentativo. La fattispecie venne, poi, completamente rimodulata con la L. 19 marzo 1990 n. 55, art. 23, con la specifica previsione ai fini della consumazione del reato dell'effettiva sostituzione del denaro, beni o altre utilità provenienti da un più ampio ma sempre predeterminato catalogo di delitti, e con l'inserimento tra le condotte sanzionate anche di quelle costituenti ostacolo all'identificazione della provenienza delittuosa del bene. Quindi, in adempimento agli obblighi derivanti per lo Stato italiano dall'adesione alla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, approvata nell'ambito del Consiglio d'Europa in data 8/11/1990, si perveniva con L. n. 328/1993 alla formulazione della norma attualmente vigente, caratterizzata dall'inserimento nel novero dei reati presupposto del riciclaggio di tutti i delitti non colposi e dal significativo ampliamento delle condotte concretamente sanzionabili, fino ad includervi tutte le operazioni volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità oggetto del reato. La giurisprudenza successiva alla cennata novella aveva precisato che con riguardo ad entrambe le ipotesi previste dalla disposizione incriminatrice è astrattamente configurabile il tentativo poiché il delitto previsto dall'art. 648 bis c.p. costituisce "una fattispecie di reato a forma libera attraverso la quale il legislatore intende perseguire un ampio spettro di condotte inclusivo di tutte quelle attività dirette a neutralizzare o comunque ad intralciare l'accertamento dell'origine illecita dei proventi ricavati dalle attività delittuose. Ciò vale, in particolare, con riguardo a tutte quelle fattispecie in cui sugli stessi beni vengano poste in essere molteplici e successive operazioni di sostituzione volte a fare disperdere l'origine illecita degli stessi; si tratta del cosiddetto riciclaggio indiretto che viene a costituire in concreto un ulteriore ostacolo alla tracciabilità della provenienza dei beni e quindi non può che integrare l'elemento materiale del delitto di cui all'art. 648 bis c.p. nella sua attuale formulazione anche sotto la forma del tentativo (Sez. 2, n. 1960 del 11/12/2014, dep. 2015, Rv. 262505 - 01).
2.1 In base all'attuale disciplina il riciclaggio è configurato dal legislatore come reato a più fattispecie, che si consuma con la sostituzione, il trasferimento o altre operazioni atte ad ostacolare l'identificazione dei proventi da reato. Si tratta in tutte le ipotesi di condotte positive, che postulano un tacere, le quali nell'architettura normativa devono essere idonee ad intralciare, seppure non ad impedire in modo definitivo, l'identificazione della provenienza illecita del bene.
L'uso della formula "in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza" di danaro e altri beni, che ha dato luogo a non pochi dubbi interpretativi, non pare univocamente indicativo di un arretramento della soglia di punibilità in quanto esprime una specifica e oggettiva connotazione qualitativa della condotta consistente nella concreta attitudine della stessa ad ostacolare l'individuazione della provenienza dei beni. In tal senso si giustifica l'ascrizione, propugnata da parte della dottrina, del delitto nella categoria dei reati di pura condotta, in cui le azioni astrattamente neutre della sostituzione, trasferimento o operazioni analoghe si espongono a sanzione in ragione dell'intrinseca e concreta capacità di dissimulare l'origine delittuosa del bene. La necessità che la qualità decettiva dell'azione sia parametrata in termini di idoneità causale rispetto al fine - che resta estraneo alla struttura di fattispecie impone di escludere che l'ostacolo all'individuazione della provenienza del bene costituisca l'evento ulteriore e naturalistico verso cui tende finalisticamente la volontà dell'agente, trattandosi in realtà di una connotazione modale che sottolinea la qualità dissimulatoria dell'azione e segnala la necessità di un'aggressione al bene tutelato in termini di pericolo concreto, secondo i parametri di offensività costituzionalmente predicati.
2.2 Deve ulteriormente osservarsi che, anche a voler accedere alla tesi accreditata dalla Corte di merito, se è pacifico che ogniqualvolta la fattispecie di reato sia costruita in termini che prescindono dalla lesione del bene giuridico protetto si assiste, in diversa e variegata misura, all'anticipazione della soglia di punibilità, non può con pari sicurezza e fondamento giuridico affermarsi che in ogni caso di arretramento della soglia di rilevanza penale della condotta risulti preclusa la configurabilità del tentativo. La fattispecie di riciclaggio presenta ipotesi criminose che la giurisprudenza di legittimità riconosce suscettibili di permanenza e di esecuzione con modalità frammentarie e progressive (Sez. 2, n. 29611 del 27/04/2016, Rv. 267511-01; n. 7257 del 13/11/2019, dep. 2020, Rv. 278374- 01; n. 38105 del 08/04/2021, Rv. 282019-01), valorizzando la possibilità naturalistica che le operazioni di trasformazione, sostituzione o d'altro genere abbiano uno sviluppo fattuale e temporale sicché risponde ad un criterio di ragionevolezza il riconoscimento della possibilità che, avuto riguardo al concreto atteggiarsi della fattispecie, l'azione, pur caratterizzata da idoneità ed univocità, non abbia attinto l'esito di un concreto ed effettivo intralcio all'identificazione della provenienza del bene.
3. L'analisi delle fattispecie analoghe a quella a giudizio mostra come la diversità di opinioni circa la natura giuridica della fattispecie non trovi corrispondenza nella specificità delle situazioni analizzate. Secondo le sentenze ritenute espressione dell'orientamento che nega la configurabilità del tentativo il delitto di riciclaggio, in quanto fattispecie a consumazione anticipata, si perfeziona con il mero compimento di attività volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e altre utilità sicché risponde del delitto consumato e non tentato di riciclaggio il soggetto sorpreso dalla polizia giudiziaria nell'atto di smontare un'autovettura rubata. Tuttavia la sentenza Sez. 2, n. 5505 del 22/10/2013, dep. 2014, Rv. 258340 - 01, che ha dato origine al filone interpretativo, aveva ad oggetto lo smontaggio di un'autovettura rubata della quale, al momento dell'intervento della polizia giudiziaria, l'imputato aveva già manomesso varie parti, tra cui le targhe,"condotta quest'ultima che, unitamente all'alterazione dei numeri di serie del telaio costituisce atto tipico di riciclaggio". Analogamente nell'ipotesi scrutinata da Sez. 2, n. 35439 del 15/06/2021, Rv. 281963 - 01 la consumazione della fattispecie è stata ritenuta in un caso in cui la P.g. era intervenuta mentre era in corso la cannibalizzazione di un veicolo rubato, cui era stata già asportata la targa anteriore. Vi si legge "dunque, gli imputati avevano già manomesso varie parti del veicolo rubato e la relativa targa, condotta quest'ultima che costituisce atto tipico di "riciclaggio" (nella forma consumata) essendo già intervenuta una separazione fisica tra il veicolo inteso nella sua completezza funzionale ed alcuni pezzi dello stesso (in particolare la targa) indubbiamente idonei ad identificarne la provenienza". La pronunzia di Sez. 2, n. 11277 del 04/03/2022, Rv. 282820 - 01 ha ad oggetto un caso nel quale la P.g aveva constatato il già avvenuto smontaggio di targhe e blocco motore, ovvero di elementi fondamentali per l'identificazione del bene con conseguente dimostrazione dell'avvenuta consumazione della fattispecie.
Di contro si è ritenuto, in fattispecie nella quale le operazioni di smontaggio delle diverse componenti del veicolo erano state interrotte prima che si determinasse la perdita della connessione con i dati identificativi del mezzo, che risponde del delitto tentato di riciclaggio il soggetto sorpreso dalla polizia giudiziaria nell'atto di smontare un motociclo, in quanto la fattispecie di cui all'art. 648-bis cod. pen., nella vigente formulazione, non è costruita come delitto a consumazione anticipata (Sez. 2 , n. 55416 del 30/10/2018, Rv. 274254-01; nello stesso senso Sez. 2 n. 46285/22 del 13/10/22 non mass.; n. 20979/21 del 28/4/21, non mass.; inoltre in tema di riciclaggio di valuta estera, Sez. 1, n. 22437 del 22/02/2022, Rv. 283183 - 01).
3.1 La giurisprudenza di questa Corte non ha mancato di sottolineare in molte delle pronunzie richiamate, che, al di là dell'astratta qualificazione della fattispecie, appare dirimente il concreto atteggiarsi della regiudicanda, dovendo aversi riguardo, al fine della consumazione del reato, in caso di destrutturazione di un autoveicolo al momento in cui il bene è stato privato dei dati identificativi che consentono un diretto ed immediato collegamento dello stesso con il proprietario, quali la rimozione delle targhe, l'alterazione del numero di telaio, l'asportazione del motore ovvero il completo smontaggio, che impedisce di avere contezza dei caratteri distintivi del mezzo (quali marca, modello, cilindrata). E', infatti, la dispersione delle informazioni che individualizzano il bene e lo rendono tracciabile quanto a costruzione, immatricolazione e proprietà che identifica la consumazione dell'illecito.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Roma che, facendo applicazione dei principi richiamati, dovrà nuovamente valutare le censure difensive in punto di configurabilità del delitto tentato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.