Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della condanna di A.S. per i reati di cui agli artt. 610, 570, comma secondo, n.2 e 572, commi primo e secondo cod. pen., ha riconosciuto all'imputato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata aggravante e rideterminato la pena inflitta in anni due e mesi sei di reclusione.
2. Propone ricorso per cassazione il difensore di A.S. deducendo due motivi di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1 Violazione degli artt. 484, 491 e 79 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione concernente la legittimità dell'ordinanza del Tribunale che, all'udienza successiva a quella in cui erano stati svolti gli·incombenti di cui agli·artt. 484 e 491 cod. proc. pen., in accoglimento dell'istanza di restituzione in termini della persona offesa, ha consentito la costituzione di parte civile. Si richiama, al riguardo, l'orientamento di questa Corte che esclude la possibilità per la persona offesa di essere restituita nel termine, non essendo parte del processo in senso tecnico (Sez. 2, n. 20764/2022). Si aggiunge, inoltre, che, anche a voler ritenere ammissibile siffatta istanza, la stessa doveva essere respinta in quanto non supportata da alcun fondato elemento logico o documentale, non essendo stato allegato alcun documento attestante l'impedimento a comparire del difensore della persona offesa. In accoglimento di tale motivo, il ricorrente chiede l'annullamento del capo della sentenza relativo alla condanna al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile e della condanna alla rifusione delle processuali sostenute nei due gradi di giudizio.
2.2 Violazione di legge e mancanza di motivazione in merito alla omessa revoca della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per effetto dell'inflizione di una pena detentiva inferiore a tre anni di reclusione.
3. Il Sostituto Procuratore Generale, T.E., ha depositato requisitoria scritta deducendo l'infondatezza del primo motivo di ricorso alla luce dell'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata dell'art. 175 cod. proc. pen. adottata da Sez. 5, n. 34794 del 22/06/2022, Halimhamiti, Rv. 283673.
4. Il difensore ha depositato memoria di replica e, quanto al primo motivo di ricorso, ha rilevato che nel caso di specie non trova applicazione il principio richiamato dal Sostituto procuratore Generale atteso che la persona offesa era stata ritualmente e validamente citata davanti al Tribunale di Ivrea per la prima udienza dibattimentale, mentre la costituzione di parte civile è stata autorizzata alla successiva udienza del 15.4.2021, quando erano già state disposte l'apertura del dibattimento e l'ammissione delle prove. Ha, inoltre, dedotto, l'assenza di documentazione comprovante l'impedimento del legale della parte civile a presenziare alla prima udienza.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso pone due questioni: l'inapplicabilità del rimedio della restituzione nel termine alla persona offesa; l'assenza di documentazione comprovante l'impedimento assoluto del difensore della persona offesa.
Il primo profilo di doglianza è infondato.
Va, innanzitutto, considerato che sulla questione posta dal ricorrente sono emersi nella giurisprudenza di questa Corte due difformi indirizzi ermeneutici.
Secondo un primo orientamento, la persona offesa, non essendo "parte del processo", non può chiedere ed ottenere, ai sensi dell'art. 175 cod. proc. pen., di essere restituita nel termine per la costituzione di parte civile (Sez. 2, n. 20764 del 12/03/2019, Scarfiello, Rv. 276055 Sez. 5, n. 10111 del 25/11/2014, dep. 2015, Pulselli, Rv. 262747). Tale conclusione si fonda su un'interpretazione letterale e logica della norma la cui applicabilità, facendo riferimento alle "parti" del processo (imputato, pubblico ministero e parte civile) e ai termini processuali stabiliti loro favore, non può estendersi anche dalla persona offesa dal reato, che parte non è.
Un secondo più recente indirizzo ermeneutico ritiene, invece, che anche la persona offesa, pur non essendo parte del processo, può chiedere la restituzione nel termine per la costituzione di parte civile (Sez. 5, n. 34794 del 22/06/2022, Halimhamiti, Rv. 283673; Sez. 5, n. 8543 del 15/01/2021, Rv. 280537; Sez. 3, n. 18844 del 05/02/2019, Semeraro, Rv. 275742 - 02) con la precisazione che, pur avendo la persona offesa tale possibilità, ella non può, tuttavia, in presenza di una valida notificazione della "vacatio in ius" ai sensi dell'art. 154 cod. proc. pen., far valere a tal fine la mancata conoscenza del processo (Sez. 5, n. 8543 del 15/1/2021, A., Rv. 280537).
A sostegno di tale difforme conclusione, si rileva, in primo luogo, che l'art. 175 cod. proc. pen. si applica anche nella fase delle indagini preliminari in cui ancora non sono ravvisabili delle "parti" processuali, ma solo «soggetti del procedimento». Si osserva, inoltre, che il termine "parti" non è sempre impiegato dal codice di rito nel senso specifico di "parti del processo".
A sostegno di tali premesse ermeneutiche si richiamano le argomentazioni esposte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 559 del 1990 nell'escludere la fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 401 cod. proc. pen. sollevata in relazione alla ritenuta preclusione per la persona offesa di nominare un consulente tecnico che partecipi alla perizia disposta con incidente probatorio. In tale sentenza il Giudice delle Leggi, ha, innanzitutto, rilevato che la nuova disciplina processuale concernente la persona offesa si caratterizza, oltre che per un complessivo rafforzamento, rispetto al codice previgente, del suo ruolo, per il rapporto di complementarietà tra le garanzie per essa apprestate nella fase delle indagini preliminari e quelle riconosciute alla parte civile nella fase successiva all'esercizio dell'azione penale. Si afferma, infatti, che dal momento che la persona offesa può assumere, se danneggiata dal reato, il ruolo di parte civile, la sua partecipazione all'assunzione di prove nell'ambito della fase delle indagini preliminari va funzionalmente considerata come anticipazione di quanto ad essa spetterà una volta formalizzata la costituzione di parte civile. Tale collegamento funzionale e sistematico, aggiunge ancora la Corte costituzionale, sta a base della regola di cui all'art. 178, lettera c), e si esprime, tra l'altro, nella previsione secondo cui la sentenza pronunciata sulla base di una prova assunta con incidente probatorio può essere fatta valere nei confronti del danneggiato nel successivo giudizio di danno, in quanto costui sia stato posto in grado di partecipare all'incidente probatorio su cui essa sia fondata (art. 404 cod. proc. pen.). Si è, pertanto, reputata corretta l'adozione di un criterio interpretativo che faccia ricorso alla normativa in tema di parte civile ove la disciplina concernente la persona offesa non risulti compiutamente delineata.
Dai richiamati argomenti, l'orientamento in esame trae la conclusione che se poteri della persona offesa sono funzionali alla tutela anticipata dei diritti riconosciuti alla parte civile, allora una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 175 cod. proc. pen. impone una interpretazione del termine "parti" in senso ampio, tale cioè da ricomprendere anche la persona offesa dal reato (cfr., in particolare, la sentenza n. 4583 del 2021). E ciò a maggior ragione nell'ipotesi in cui la rimessione in termini sia finalizzata alla costituzione di parte civile, poiché in tal caso la diretta connessione tra esercizio del diritto e legittimazione della "futura" parte processuale è di immediata evidenza. Si è, inoltre, aggiunto che tale soluzione appare maggiormente aderente non solo al volto costituzionale della vittima del reato nel vigente sistema processuale, ma anche al ruolo processuale sempre più centrale conferitole nel diritto interno, in corrispondenza delle istanze del legislatore europeo che, con la Direttiva 2012/20/UE, ha aperto nuovi spazi di partecipazione e tutela alla persona offesa nel processo penale, pur nella consapevolezza di determinanti, innegabili diversità di diritti e facoltà tra le parti processuali necessarie e la parte civile, che "chiede" di partecipare al processo (così, testualmente, Sez. 5, n. 34794 del 2022).
1.2 Il Collegio intende ribadire il secondo orientamento, oramai divenuto decisamente maggioritario al punto che il primo non si è sostanzialmente più manifestato negli ultimi anni. La soluzione proposta appare, infatti, maggiormente rispondente ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle garanzie processuali della persona offesa e coerente con le indicazioni ermeneutiche della Corte EDU nella sentenza Arnoldi c. Italia del 7 dicembre 2017 in cui si è sottolineato che la questione dell'applicabilità dell'articolo 6, par. 1, CEDU non può dipendere dal riconoscimento dello status formale di «parte» ad opera del diritto nazionale, rilevando che nel diritto italiano la posizione della parte lesa che, in attesa di potersi costituire parte civile, ha esercitato almeno uno di tali diritti e facoltà nel procedimento penale, non differisce, in sostanza, per quanto riguarda l'applicabilità dell'articolo 6, da quella della parte civile.
Va, pertanto, ribadito il seguente principio di diritto: la persona offesa, pur non essendo "parte" nel processo in senso tecnico, può chiedere ed ottenere, ai sensi dell'art. 175 cod. proc. pen., di essere restituita nel termine per la costituzione di parte civile.
1.3 Il secondo profilo di doglianza prospettato dal ricorrente in ordine alla mancanza di documentazione a conforto dell'impedimento dedotto dal difensore è inammissibile in quanto omette di confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata che, pur in assenza di prova documentale, ha desunto la sussistenza della forza maggiore sulla base di argomentazioni che non appaiono manifestamente illogiche, basate sulla tempestività della comunicazione dell'impedimento, sulla natura di questo (un incidente stradale occorso sull'autostrada Torino-Ivrea) e sul tipo di percorso che dovevano seguire la persona offesa ed il suo difensore.
2. Il secondo motivo di ricorso è fondato atteso che, in violazione dell'art. 29 cod. pen., la Corte di appello, pur avendo inflitto una pena detentiva inferiore a tre anni di reclusione, ha omesso di revocare la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici.
3. Sulla base di quanto sopra esposto, va disposto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, di cui viene ordinata l'eliminazione, mentre, nel resto, il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.