L'art. 4, comma 1-bis, D.M. n. 55/2014 prevede infatti l'aumento del 30% del compenso “di regola” quando gli atti depositati in via telematica siano redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione, oltre a consentire la rapida ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati.
La vicenda ha ad oggetto la richiesta risarcitoria per l'irragionevole durata del processo presupposto avanzata dall'attuale ricorrente (un avvocato), tenuto conto che nel giudizio presupposto tale pretesa risarcitoria era stata respinta perché estinta per prescrizione.
Era poi accaduto che il Giudice monocratico aveva accolto il ricorso per equa riparazione proposto dal medesimo,...
Svolgimento del processo
1. In data 04.03.2021 il D’A. proponeva ricorso innanzi alla Corte d’Appello di Salerno per risarcimento del danno per irragionevole durata del processo presupposto. L’attuale ricorrente era stato precedentemente citato in giudizio dall’attore – unitamente ad altri due convenuti - per sentirlo condannare al risarcimento del danno (patrimoniale e non patrimoniale) derivato dall’asserita erroneità della perizia da egli svolta nella sua qualità di consulente del P.M. nel corso di un procedimento penale instaurato a carico dell’attore per omicidio colposo (l’attore, medico-chirurgo, era stato processato e poi assolto in sede penale per il decesso di una paziente). Nel giudizio presupposto, iniziato il 20.12.2007 e conclusosi il 1303.2020, la pretesa risarcitoria fu respinta in quanto estinta per prescrizione.
2. Il giudice monocratico, con decreto del 14.04.2021, accoglieva il ricorso per equa riparazione e condannava il Ministero al pagamento della somma di €2.400,00 a favore del D’A. a titolo di indennizzo; al pagamento di €42,73 per esborsi ed €580,00 per compensi.
3. Il decreto veniva impugnato dal D’A. innanzi alla Corte d’Appello di Salerno in composizione collegiale, che accoglieva parzialmente l’opposizione, condannando il Ministero al pagamento di €3.000,00 a favore dell’opponente, nonché alla rifusione delle spese di lite così quantificate: €69,73 per esborsi; €915,00 a titolo di compensi professionali della difesa, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15%, con attribuzione al procuratore anticipante.
4. Avverso il decreto collegiale ricorreva per cassazione il D’A., affidando il ricorso a sei motivi.
Rimaneva intimato il Ministero della Giustizia, che depositava atto di costituzione.
In prossimità dell’adunanza il ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità del decreto collegiale e del procedimento; anomalia motivazionale - in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del procedimento monitorio e del procedimento di opposizione - per mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). Lamenta il ricorrente che la Corte di Salerno in composizione collegiale non ha chiarito espressamente se ha liquidato i compensi di entrambi i procedimenti, monitorio e di opposizione, ovvero soltanto quello di opposizione; né ha spiegato i passaggi per ognuno dei due procedimenti, che avrebbero dovuto consentire di apprezzare se la liquidazione compiuta non sia avvenuta al di sotto degli importi minimi. Inoltre, il decreto della Corte d'appello di Salerno contrasta con l'orientamento della Suprema Corte di Cassazione in virtù del quale in presenza di un’analitica nota specifica presentata dal difensore il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei compensi per più fasi o gradi di giudizio in misura inferiore a quella esposta dal professionista senza fornire adeguata spiegazione delle ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate e richieste, ma ha l'obbligo di dare ragione delle voci che ritenga di eliminare o ridurre onde rendere possibile il controllo di legittimità sul suo operato rispetto ai parametri professionali forensi, in relazione ad ogni fase o grado del giudizio.
2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione - in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del procedimento monitorio e del procedimento di opposizione - delle norme ex artt. 10, 14, 91 cod. proc. civ., 2233, comma 2, cod. civ., 24, comma 1, legge 13/6/1942 n. 794, 13, comma 6, legge 31/12/2012 n. 247, 2, comma 1, 4, 5, commi 1 e 3, D.M. 10/3/2014 n. 55, tabelle 8 e 12 D.M. 10/3/2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Il giudice di merito non ha fatto corretta applicazione del D.M. n. 37/2018, delle indicate tabelle dei parametri professionali di cui al D.M. 10/3/2014 n. 55 (tabella 8 e tabella 12), degli scaglioni di valore in concreto applicabili, parametrati al valore della causa sulla scorta dei valori medi previsti da entrambe le Tabelle (da €0,01 a €5.200,00 per il procedimento monitorio e da €1.100,01 a € 5.200,00 per il procedimento di opposizione), delle fasi previste nelle tabelle (inclusa la fase di trattazione). Nella prospettazione del ricorrente, quindi, la Corte di Appello di Salerno, in composizione collegiale, avrebbe dovuto liquidare al ricorrente i compensi dei due procedimenti (monitorio e di opposizione) nella complessiva misura €3.225,00, di cui €450,00 per il procedimento monitorio ed € 2.775,00 per il procedimento di opposizione, oltre le maggiorazioni di legge (15% per spese generali, 4% per C.A., 22% per I.V.A.).
3. I primi due motivi possono essere esaminai congiuntamente, in quanto entrambi riguardano la liquidazione e quantificazione dei compensi dei due giudizi, monitori e di opposizione. Entrambi sono fondati. Deve premettersi che è consolidato l'orientamento di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. n. 26851/2016 e, da ultimo Cass. Sez. 2, n. 28081 del 2021) nel senso di ritenere che l'opposizione di cui all'art. 5-ter della legge 24 marzo 2001, n. 89 non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo, con la conseguenza che ove detta opposizione sia proposta dalla parte privata rimasta insoddisfatta dall'esito della fase monitoria e, dunque, abbia carattere pretensivo, le spese del giudizio vanno liquidate, in caso di accoglimento dell'opposizione, in base al criterio della soccombenza, a misura dell'intera vicenda processuale, conteggiando, a tal fine, sia l'entità degli esborsi dovuti per la fase sommaria che quella relativa alla fase inerente alla successiva opposizione avverso il decreto del giudice monocratico.
3.1. Con il percorso motivazionale dell'impugnato decreto la Corte d’Appello di Salerno, prendendo in considerazione il corretto scaglione di riferimento per la liquidazione dei compensi (compreso tra €1.100,01 ed €5.200,00), pur facendo riferimento alla fasi di studio, introduttiva e decisoria e ritenendo di operare la dimidiazione consentita dall'art. 4 del D.M. n. 55/2014, non consente di rilevare come sia pervenuta alla quantificazione dei complessivi compensi nella sola misura di €915,00, non risultando alcun riferimento alla distinzione tra quelli dovuti per la fase monitoria (con relativa applicabilità della tabella 8 del D.M. n. 55/2014) e quelli da applicare con riguardo alla fase di opposizione (nel rispetto dei parametri di cui alla tabella 12 del citato D.M.), né emergendo quale limite di valore di base sia stato tenuto presente, in relazione a ciascuna delle separate voci spettanti, per l'applicazione della riduzione dei compensi, secondo le percentuali al ribasso rispettivamente operanti, al fine di pervenire al riconoscimento dell'indicata misura dei compensi liquidati (cfr., ad es., Cass. n. 23187/2016 e Cass. n. 26110/2019). Non risultano, invero, specificamente spiegati i passaggi che - per ognuna delle due fasi - avrebbero dovuto consentire di apprezzare che la liquidazione compiuta non sia avvenuta al di sotto degli importi minimi che, ai sensi dell'art. 4, comma 1, terzo e quarto inciso, del D.M. n. 55/2013, corrispondono al 50% di quelli tabellati per le fasi di studio e di decisione ed al 70% per la fase istruttoria (cui è equiparata quella di trattazione), per legittimare la quantificazione nella predetta somma di soli €915,00 (oltretutto verosimilmente riferibile ad una sola fase), nel mentre - pur in applicazione del minimo tariffario con le anzidette decurtazioni per le distinte voci - sia per la fase monitoria che per quella contenziosa (conseguente alla proposizione dell'opposizione) – gli importi liquidabili avrebbero dovuto essere ben maggiori di quello, invece, in effetti riconosciuto dal giudice dell’opposizione. E', quindi, necessaria la rideterminazione dei compensi alla stregua dei criteri in concreto applicabili, pur volendosi tener conto dei minimi tariffari previsti e delle riduzioni percentuali precedentemente richiamate, e pur discostandosi dalla nota spese presentata dall’avvocato. Infatti: in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi. Deve ribadirsi, a tal proposito, che nei giudizi di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il giudice, purché non scenda al di sotto degli importi minimi, può ridurre il compenso del difensore, anche senza necessità di specifica motivazione, e senza che perciò operi il limite di cui all'art. 2233, comma 2, cod. civ. (arg. da Cass. Sez. 6 - 2, 05/08/2016, n. 16392, conf. da: Cass. Sez. 2, n. 15572 del 2022).
4. Con il terzo motivo si lamenta nullità del decreto e del procedimento; violazione - in relazione alla mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento monitorio per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione - del principio dell’effetto espansivo interno della decisione riformata e del divieto di reformatio in peius della decisione riformata; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 91, 112, 329, 333, 334, 336, 342 cod. proc. civ. e 3 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). La Corte di Appello di Salerno, in composizione collegiale, visto che ha pronunciato decreto più favorevole in favore del ricorrente (già parte vittoriosa), non poteva, come invece erroneamente ha fatto, riliquidare i compensi del procedimento monitorio in senso peggiorativo e più riduttivo per la mancata riliquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del 30% ex art. 4, comma 1-bis, D.M. 10/3/2014 n. 55, pur liquidata dal primo giudice e in mancanza di specifica opposizione incidentale del Ministero della Giustizia (parte soccombente) e/o di sua specifica domanda in tal sensi, se non in violazione del principio dell'effetto espansivo interno della decisione riformata e del divieto di reformatio in peius della decisione riformata .
5. Con il quarto motivo si lamenta nullità del decreto collegiale e del procedimento; violazione - in relazione alla domanda di liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento di opposizione per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione - del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato; violazione e/o falsa applicazione della norma ex art. 112 cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). Nella ricostruzione del ricorrente la Corte di appello di Salerno in composizione collegiale non avrebbe esaminato la domanda da questi formulata di liquidazione in suo favore anche della maggiorazione di legge del 30% sui compensi del procedimento di opposizione ex art. 4, comma 1-bis D.M. n. 55 del 2014, atteso che il rigetto contenuto nella parte motiva del decreto collegiale è relativo al solo procedimento monitorio per il richiamo espresso al solo ricorso per equa riparazione proposto e non anche al ricorso in opposizione. In altri termini, il giudice dell’opposizione non ha motivato la sua decisione di esclusione della maggiorazione del 30%. Nella prospettazione del ricorrente vi è un'anomalia motivazionale nella motivazione che ne determina la nullità, in quanto la Corte d'appello di Salerno in composizione collegiale ha inteso certamente riferirsi al solo ricorso ex art. 3 «legge Pinto», e in ogni caso anche se avesse fatto riferimento al ricorso in opposizione ex art. 5 la motivazione non consente di comprendere né quali siano i documenti allegati né quali siano quelli non navigabili del ricorso in opposizione, con ciò collocandosi al di sotto del minimo costituzionale che il giudice di merito deve rispettare.
6. Con il quinto motivo si lamenta nullità del decreto collegiale e del procedimento; anomalia motivazionale - in relazione alla mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento di opposizione per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione - per: a. mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico; b. motivazione apparente; c. motivazione perplessa; d. motivazione incomprensibile; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). Motivo proposto solo in via gradata e subordinata al mancato accoglimento del quarto motivo.
7. Con il sesto e ultimo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione - in relazione alla mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento di opposizione per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione - delle norme ex artt. 13, comma 6, legge 31/12/2012 n. 247 e 4, comma 1-bis, D.M. 10.3.2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). Erroneamente il giudice dell'opposizione ha ritenuto che la norma di cui all'art. 4, comma 1-bis D.M. n. 55 del 2014 si riferisse ad atti o documenti allegati all'atto processuale. Inoltre, la locuzione avverbiale «di regola» si riferisce inequivocabilmente alla corresponsione dell'aumento e non alla sua misura percentuale, che resta fissa al 30%.
8. I motivi dal terzo al sesto possono essere esaminati congiuntamente in quanto tutti attengono alla questione relativa alla maggiorazione di legge sui compensi del procedimento di opposizione per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche, idonea ad agevolarne la consultazione della fruizione. Essi sono tutti infondati.
8.1. In disparte il riferimento, nel quinto motivo, alla motivazione apparente, perplessa o incomprensibile: posto che, come si dirà appresso, il giudice ha offerto una motivazione esaustiva sul punto, così rispettando il minimo costituzionale, la censura si rivela inammissibile in quanto fa riferimento ad un paradigma censorio non più attuale.
8.2. Come ribadito supra, punto 3., secondo la giurisprudenza di questa Corte (peraltro richiamata dallo stesso ricorrente: p. 28 del ricorso), l'opposizione di cui all'art. 5-ter della l. n. 89 del 2001 non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo; nella specie, l’opposizione del ricorrente era stata accolta e, dunque, doveva procedersi ad una liquidazione unitaria, sebbene rispettando le due distinte fasi dei giudizi monitorio e di opposizione (v. supra sub. 3.1.). Pertanto, se ne deduce l’inapplicabilità del principio dell’effetto espansivo interno della decisione riformata e del divieto di reformatio in peius dedotti con il terzo mezzo.
8.3. Il giudice dell’opposizione ha esaurientemente motivato circa l’esclusione della maggiorazione del 30%. La Corte d’appello di Salerno ha affermato al riguardo che la maggiorazione del 30% per il deposito di atti con modalità telematica dovesse negarsi in quanto la tecnica informatica redazionale adottata dall’opponente consentiva la ricerca testuale all’interno del ricorso, ma non all’interno dei documenti allegati e che «il ricorso per equa riparazione proposto dal D'A. si limita a richiamare con i link i documenti allegati nel fascicolo telematico ma non consente invece anche di navigare all'interno degli stessi allegati» (p. 10 decreto impugnato). Inoltre, aggiunge la Corte d'appello in composizione collegiale, che non risulta navigabile «neppure il ricorso atteso che dopo la chiusura del link che rimanda al singolo documento allegato la schermata informatica riporta il lettore direttamente alla prima pagina dello stesso ricorso per equa riparazione così azzerando e vanificando la lettura già eseguita del ricorso e costringendo il rettore a ripercorrere nuovamente tutto l'atto per ritornare al punto di lettura a cui si è raggiunti prima di consultare l'allegato» (p. 11, righi 1-7). Orbene: premesso che l'art. 4, comma 1-bis di D.M. n. 55 del 2014 parla in generale di «atti depositati con modalità telematiche», dunque ivi inclusi gli allegati, in ogni caso la Corte d'appello nel decreto impugnato ha ritenuto che l'atto nel suo complesso non possieda i requisiti per realizzare la finalità perseguita dalla norma, cioè agevolare il lettore nell'esame del ricorso e altresì nella consultazione degli atti allegati mediante la cosiddetta navigabilità (p. 11, righi 10-13): è evidente dal tenore letterale che il giudice dell’opposizione si riferisse alla sua diretta esperienza di navigazione, non già a quella del giudice monocratico. Poiché l’art. 4, comma 1-bis, del D.M. n. 55 del 2014 prevede l’aumento del 30% del compenso «di regola» quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse effettivamente consentono la rapida ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all'interno di esso, appare evidente che tale aumento è rimesso all’esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, orientato da un apprezzamento di fatto sulle tecniche informatiche in concreto adoperate dal difensore nel deposito telematico e perciò sindacabile in sede di legittimità solo se non siano controllabili – come non accade nel decreto impugnato - le ragioni che abbiano giustificato tale esercizio.
9. In definitiva, sulla scorta delle ragioni complessivamente esposte, si deve concludere nel senso del rigetto degli ultimi quattro motivi del ricorso e dell'accoglimento dei primi due. Il decreto impugnato va pertanto cassato in relazione ai motivi accolti e, sussistendone le condizioni, la causa può essere decisa nel merito, liquidando le spese del giudizio di merito nella somma complessiva di euro 1.423,50 ( di cui euro 225,00per la fase monitoria ed euro 1198,5 per quella di opposizione ), oltre euro 69,73 per esborsi ed accessori di legge e spese generali.
Il solo parziale accoglimento dei motivi di ricorso giustifica la non ripetibilità delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, rigetta il terzo, quarto, quinto e sesto motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida in euro 1.423,50, oltre euro 69,73 per esborsi ed accessori di legge e spese generali.
Dichiara irripetibili le spese di legittimità.