Essa, infatti, necessita di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta.
Tizia conveniva dinanzi al Tribunale di Salerno la vicina Caia al fine di sentirla condannare alla rimozione delle installazioni realizzate, a distanza inferiore da quella legale dalla sua proprietà e, in ogni caso, lesive del suo preesistente diritto di veduta nonché al risarcimento danni.
Il Tribunale respingeva la...
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione notificato il 26 gennaio 2005, che faceva seguito all’esperimento di un procedimento di accertamento tecnico preventivo, C.R. conveniva, davanti al Tribunale di Salerno (Sezione distaccata di Amalfi), R.A., al fine di sentirla condannare alla rimozione delle installazioni realizzate, a distanza inferiore da quella legale dalla sua proprietà, nell’anno 2004 e, in ogni caso, lesive del suo preesistente diritto di veduta nonché al risarcimento dei danni subiti e subendi.
Si costituiva in giudizio R.A., la quale resisteva alla domanda avversaria, eccependone l’inammissibilità per violazione del principio del ne bis in idem, posto che la Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 234/1998, confermativa della sentenza n. 2459/1992 del Tribunale di Salerno, aveva già statuito, con efficacia di giudicato, sulla violazione delle distanze legali e sulla limitazione del diritto di veduta, come denunciate dalla C. con atto di citazione notificato il 12 ottobre 1977.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 114/2012, depositata il 28 settembre 2012, rigettava la domanda di riduzione in pristino e di risarcimento dei danni.
2. Con atto di citazione notificato il 30 gennaio 2013, proponeva appello C.R., la quale lamentava: che il Giudice di primo grado, nel ritenere che lo stato dei luoghi fosse rimasto sostanzialmente immutato sin dai primi anni ’70, aveva travisato le risultanze processuali, atteso che tra le abusive installazioni per le quali il proprio dante causa C. A. aveva promosso il precedente giudizio risarcitorio non sarebbero state comprese quelle oggetto della controversia instaurata con il nuovo atto di citazione; che, in ogni caso, il rigetto della tutela risarcitoria non aveva valenza di giudicato sulla riduzione in pristino delle omologhe opere; che l’accertamento dell’inesistenza di una servitù di veduta non precludeva la tutela specifica del diritto di godere del panorama dalla costiera amalfitana.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione R.A., la quale resisteva all’appello, deducendone l’infondatezza in fatto e in diritto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza di cui in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma della pronuncia impugnata, condannava R.A. ad eliminare le seguenti installazioni: a) i pannelli in lamiera con funzione di copertura dell’intercapedine tra il suo cucinino e il muro della C.; b) la scala amovibile in alluminio appoggiata nello spazio antistante al cucinino; c) la rete a maglie rettangolari e relativi tubolari metallici infissi nel vecchio muro di sostegno della proprietà C.; d) la pensilina in plastica collocata sul terzo livello della proprietà R., a copertura del sottostante balcone; quindi, compensava integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia il Giudice d’appello rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che, in ordine alla domanda proposta per ottenere la rimozione delle strutture realizzate dall’appellata in violazione delle distanze legali e comunque lesive del suo diritto alla vista del panorama, nonché il relativo risarcimento dei danni, l’azione era ammissibile solo con riferimento alle installazioni non coperte dal precedente giudicato;
b) che, come emergeva dalla relazione peritale, i pannelli in lamiera, la scala amovibile e la rete a maglie erano posti ad una distanza inferiore a ml. 3,00 dalla proprietà dell’appellante mentre la pensilina in plastica posta sul terzo livello del fabbricato R., a copertura del sottostante balcone, pregiudicava il suo diritto di fruire della vista del panorama di Positano; c) che la pensilina a protezione del balcone dell’appellata, posta ad una distanza di ml. 10,00 dal fabbricato della controparte, era inidonea, proprio in ragione di tale collocazione, a generare un pregiudizio suscettibile di ristoro monetario.
3. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per
cassazione, affidato a due motivi, R.A..
Ha resistito con controricorso l’intimata C.R..
4. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso in cassazione sollevata dalla controricorrente.
Detta parte sostiene che vi sarebbe difetto di interesse ad impugnare la pronuncia d’appello, poiché mai sarebbe stata proposta nei gradi di merito alcuna pretesa volta a far valere una servitù di panorama a vantaggio del fondo C..
Piuttosto, l’azione proposta si sarebbe limitata a far valere la pretesa di rimozione in taluni manufatti, in quanto installati dalla R. nel proprio fondo a distanza inferiore a quella legale, con conseguente richiesta di risarcimento dei danni, tra i quali quelli costituiti dalla preclusione della pregressa possibilità di godere appieno del panorama della costiera amalfitana, in quanto parzialmente ostacolato dai richiamati manufatti.
1.1. L’eccezione è infondata.
Ebbene, dalle risultanze in atti (e come espressamente riportato nel corpo della pronuncia impugnata) emerge che C.R., nell’atto introduttivo del giudizio di prime cure, ha espressamente richiesto la “rimozione di tutte quelle installazioni come in narrativa accertate dal predetto CTU realizzate a distanza non legale dalla proprietà della Sig.ra R.C. e che in ogni caso hanno ridotto il diritto di veduta che quest’ultima pregressamente esercitava dalla ripetuta proprietà”.
D’altronde, in ordine alla disposta rimozione della pensilina in plastica posta sul terzo livello del fabbricato R., a copertura del sottostante balcone, la Corte di merito ha giustificato l’accoglimento della domanda, non già in ragione della violazione delle distanze legali, bensì alla stregua del pregiudizio arrecato al diritto dell’istante di fruire della vista del panorama di Positano.
Ed ancora, nel rigettare la domanda risarcitoria con riferimento a tale opera, la Corte d’appello ha altresì precisato che essa non fosse idonea a generare un pregiudizio suscettibile di ristoro monetario, in quanto la pensilina era posta ad una distanza di ml. 10,00 dal fabbricato della controparte.
Sicché, essendo stata la rimozione di detta pensilina ordinata per il nocumento causato al diritto di godere del panorama (ossia della costituita servitù), i motivi di legittimità articolati contro tale statuizione (e la relativa causale) sono ammissibili.
2. Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza, in relazione all’art. 132, secondo comma,
n. 4, c.p.c., per avere la Corte di merito riconosciuto la tutela in forma specifica, in ordine alla rimozione della pensilina in plastica collocata sul terzo livello della proprietà R., a copertura del sottostante balcone, senza alcuna motivazione ovvero con motivazione solo apparente.
Ad avviso dell’istante, il Giudice del gravame non avrebbe minimamente indicato i presupposti in base ai quali avesse ritenuto che alla C. spettasse il diritto alla vista del panorama, in termini tali da comprimere addirittura la facoltà della R. di godere e utilizzare il proprio fondo, diritto peraltro non riconosciuto nel giudizio di primo grado.
2.1. Il motivo è infondato.
Ed infatti la sentenza d’appello ha dato atto che, alla luce del vantato diritto di veduta panoramica, la pensilina esattamente descritta ne pregiudicasse l’esercizio, sebbene non si sia interrogata sulla sussistenza di tale diritto (ritenendo acquisita la corrispondente servitù).
Rispetto al quadro così cristallizzato sussiste una lacuna motivazionale che non integra i presupposti della motivazione radicalmente assente o meramente apparente.
Infatti, la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione può ritenersi apparente solo allorché, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale”, richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020; Sez. 6- 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Condizioni che, per quanto anzidetto, non attengono al caso in esame.
3. Con il secondo motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione o falsa applicazione degli artt. 1058 e 1061 c.c. nonché dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto integrata la lesione di un non meglio specificato diritto alla vista del panorama – diritto di servitù ben distinto da quello di veduta –, pur essendo mancato, in entrambi i gradi di giudizio, qualsiasi accertamento in ordine ai fatti costitutivi di tale presunta servitù, sia quanto alla sua costituzione per contratto, sia quanto alla sua costituzione per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Obietta, ancora, l’istante che, a monte, non sarebbero stati mai nemmeno allegati i fatti costitutivi di tale servitù di panorama a cura della C., non esistendo alcun titolo, né negoziale né di altro tipo, da cui si potesse ricavare l’esistenza di una simile servitù.
D’altronde, secondo la ricorrente, l’esistenza della servitù di panorama non si sarebbe potuta desumere dalla particolare amenità del luogo in cui si trovava la proprietà C., ovvero Positano, una delle più belle e caratteristiche località della costiera amalfitana.
Osserva, in ultimo, l’istante che, in ordine al ben distinto diritto di veduta, sarebbe già passata in giudicato l’affermazione circa l’inesistenza della violazione di cui all’art. 907 c.c.
3.1. La doglianza è fondata.
Ora, la panoramicità del luogo consiste in una situazione di fatto derivante dalla bellezza dell’ambiente e dalla visuale che si gode da un certo posto, che può trovare tutela nella servitù altius non tollendi, non anche nella servitù di veduta, che garantisce il diritto affatto diverso di guardare e di affacciarsi sul fondo vicino (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12793 del 14/05/2019; Sez. 1, Sentenza n. 13368 del 26/05/2017; Sez. 2, Sentenza n. 8518 del 31/03/2017; Sez. 2, Sentenza n. 2973 del 27/02/2012; Sez. 2, Sentenza n. 8572 del 12/04/2006).
La servitù di veduta panoramica è configurata, pertanto, quale servitù volta ad assicurare la particolare amenità del fondo dominante per la visuale di cui esso gode, con impedimento della costruzione di opere in assoluto, o oltre determinate soglie, attraverso parte o tutto il fondo servente, in ciò differenziandosi dalla servitù di veduta, che invece è compatibile con la costruzione di opere a distanza legale.
Il diritto di veduta panoramica si risolve, dunque, – secondo la giurisprudenza – in una servitù, in ragione dei casi, non aedificandi o altius non tollendi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1206 del 13/02/1999; Sez. 2, Sentenza n. 10250 del 20/10/1997; Sez. 2, Sentenza n. 6683 del 13/06/1995).
Nondimeno, il diritto di veduta consistente nella fruizione di un piacevole panorama – che si pretende, nella fattispecie, leso dalla collocazione di una pensilina in plastica, posta sul terzo livello del fabbricato, a copertura di un sottostante balcone, con relativa turbativa del diritto di fruire della vista del panorama di Positano – esige che di esso sia previamente accertata l’esistenza.
Ebbene, la veduta panoramica può essere acquistata, oltre che in via negoziale (a titolo derivativo), anche per destinazione del padre di famiglia o per usucapione (a titolo originario), necessitando, tuttavia, tali modi di costituzione non solo, a seconda dei casi, della destinazione conferita dall’originario unico proprietario o dell’esercizio ultraventennale di attività corrispondenti alla servitù, ma anche di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta.
Nella fattispecie, di tali modi di acquisto la sentenza d’appello non dà atto, sicché essa deve essere cassata.
E ciò perché l’esistenza del diritto di veduta del panorama non può essere riconosciuta, indicandone la fonte nella mera preesistenza della visuale rispetto all’opera contestata.
Ove bastasse, ai fini di ritenere validamente costituita la servitù di veduta panoramica, la mera esistenza in fatto di detta veduta, prima che l’opera contestata ne compromettesse l’esercizio, sarebbe leso il principio della tipicità dei modi di acquisto dei diritti reali.
Dovrà essere il Giudice del rinvio a verificare se sia stato o meno dimostrata in atti la legittima costituzione di tale diritto di veduta panoramica.
4. Conseguentemente, il secondo motivo del ricorso deve trovare accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, mentre il primo motivo deve essere rigettato.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.