Nel caso di specie, il terzo aveva comunicato detta dichiarazione via telefax. La Cassazione ritiene pertanto che essa sia da considerarsi tamquam non esset.
Nell'ambito di un procedimento di pignoramento presso terzi, il g.e. presso il Tribunale di Larino assegnava a una società il credito dell'esecutato verso la banca fino alla concorrenza della somma detenuta, in quanto la banca, nelle vesti di terzo pignorato, non aveva reso la dichiarazione di quantità ai sensi dell'
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ordinanza del 25.11.2015, il g.e. presso il Tribunale di Larino, nell'ambito del pignoramento presso terzi in danno di B.B., assegnò ad A. XXX Spa (già (Omissis) Spa ) il credito dell'esecutato verso il Banco B. "fino a concorrenza della somma detenuta"; ciò in quanto il Banco, terzo pignorato, non aveva reso la dichiarazione di quantità ex art. 547 c.p.c., nonostante gli fosse stata notificata apposita ordinanza del g.e. emessa il 16.9.2015. Il Banco B. propose quindi opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, esponendo di aver reso la dichiarazione con atto comunicato alla pignorante via telefax in data 13.7.2015, regolarmente ricevuto. Revocata l'ordinanza di assegnazione dal g.e. con ordinanza del 2.3.2016, all'esito del giudizio di merito l'adito Tribunale accolse l'opposizione con sentenza del 23.3.2021, annullando definitivamente l'ordinanza opposta e rilevando che la comunicazione, benchè irrituale, era stata ricevuta dalla destinataria, non potendo dunque operare il meccanismo della ficta confessio, ex art. 548 c.p.c. A. XXX Spa ricorre ora per cassazione in forza di tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il Banco B. B.B. non ha svolto difese.
Ai sensi dell'art. 380-bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi all'odierna adunanza camerale.
1.1 - Con il primo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 547 c.p.c., per non aver il Tribunale rilevato che la dichiarazione del terzo debba essere inviata esclusivamente a mezzo lettera raccomandata o con posta elettronica certificata (PEC), e non già con lettera trasmessa a mezzo telefax. 1.2 - Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per non essere stata presa in considerazione la testimonianza resa dall'avv. D. V., asserito destinatario della comunicazione telefax, che però aveva affermato di non aver ricevuto la dichiarazione del terzo, neppure a mezzo telefax.
1.3 - Con il terzo motivo, infine, si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 548 c.p.c., per non aver tenuto conto il Tribunale della mancata dichiarazione da parte del terzo pignorato Banco B., con conseguente non contestazione del credito, per come pignorato.
2.1 - Il primo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente perchè connessi, sono fondati.
L'art. 547, comma 1, c.p.c., come da ultimo modificato dal D.L. n. 132-2014, conv. in L. n. 162 del 2014, e senz'altro applicabile nel caso che occupa, stabilisce che "Con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna".
A sua volta, l'art. 548, comma 2, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis, derivante dalla modifica apportata dal già citato D.L. n. 134 del 2014, atteso che il pignoramento è stato eseguito in data 26.6.2015, e dunque prima dell'ulteriore modifica operata dal D.L. n. 83 del 2015, conv. in L. n. 132 del 2015), stabilisce che "Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli artt. 552 o 553".
Pertanto, la dichiarazione di quantità del terzo, ex art. 547 c.p.c., che dapprima andava necessariamente resa nel corso dell'udienza di comparizione dinanzi al g.e., è oggi resa, in prima battuta, mediante comunicazione da inviarsi al creditore procedente, solo in caso di sua mancanza rendendosi necessaria la comparizione apud iudicem, ai sensi del successivo art. 548, comma 2, c.p.c.; in particolare, la cennata modifica normativa dell'art. 547 c.p.c. fa seguito ad un primo intervento riformatore operato dalla L. n. 52-2006, poi seguito dalla L. n. 228 del 2012 ed infine, appunto, dal D.L. n. 132-2014, nei termini poc'anzi riportati.
La circostanza che la dichiarazione di quantità debba essere resa dal terzo pignorato con le suddette modalità, però, non ne altera la funzione, che è pur sempre da rinvenirsi (a prescindere dalla querelle circa la natura della dichiarazione stessa: si tratti cioè di confessione giudiziale, di ricognizione del debito, di esibizione ideale, di mera dichiarazione di scienza, ecc.) nella individuazione della cosa oggetto del pignoramento, ossia della prestazione che il terzo deve eseguire in favore del debitore esecutato (Cass. n. 19059/2006; Cass. n. 5037/2017).
E' proprio per tale ragione che il legislatore, con le cennate riforme, ha via via disciplinato le modalità con cui il terzo deve rendere la dichiarazione di quantità, passando dalla sua raccolta a verbale d'udienza, a quella scritta, da far pervenire al creditore pignorante con comunicazione formale, a mezzo lettera raccomandata o PEC, e ciò allo scopo di snellire la fase procedurale e di manlevare il terzo dall'onere di presenziare all'udienza.
Tuttavia, proprio in considerazione della natura formale della dichiarazione di quantità (che, tra l'altro, deve provenire personalmente dal terzo, o da un suo procuratore speciale, munito di idonea procura), ritiene la Corte che le suddette modalità debbano essere esattamente osservate dallo stesso terzo, e non siano assolvibili con mezzi diversi da quelli esplicitamente considerati dal legislatore: al di là di intuitive ragioni ed esigenze di certezza delle comunicazioni, occorre infatti considerare che non viene in rilievo, in proposito, un mero rapporto epistolare tra il procedente ed il terzo pignorato, risolvibile alla stregua dei comuni canoni in ordine alla prova delle comunicazioni ex art. 1335 c.c., o anche ex art. 136 c.p.c. in ambito più strettamente processuale (sicchè anche la comunicazione via telefax, ricorrendo determinati presupposti, possa ritenersi suscettibile di produrre effetti - si vedano, per tutte, rispettivamente, Cass. n. 14251/2019 e Cass. n. 31894/2018), bensì un'attività effettuata da un soggetto, il terzo pignorato, che assume il ruolo di vero e proprio ausiliario del giudice (si veda, per tutte, Cass. n. 13143/2017, non massimata). La dichiarazione del terzo, insomma, concentrando l'azione esecutiva (qualora essa sia positiva) sul bene o sul credito che in essa viene indicato come di spettanza del debitore esecutato, non può essere considerata alla stregua di una qualsivoglia comunicazione comunque effettuata, come erroneamente ritenuto dal Tribunale di Larino, perchè sul punto l'alternativa è secca: o detta comunicazione viene effettuata a mezzo lettera raccomandata o a mezzo PEC, ed in tal guisa può considerarsi idonea a produrre l'effetto già descritto; oppure, qualora effettuata con mezzi diversi da quelli indicati dalla citata disposizione e comunque non idonei a dimostrare immediatamente ed incontestabilmente l'esistenza e il contenuto della dichiarazione stessa, essa è da considerarsi tamquam non esset, con conseguente necessità di procedere ai sensi dell'art. 548, comma 2, c.p.c.: in tal caso, occorre dunque che il g.e. fissi apposita udienza, e se il terzo non si presenta a rendere la dichiarazione, il credito pignorato si ha per non contestato, secondo il già descritto meccanismo della ficta confessio.
2.2 - Tale seconda ipotesi costituisce quanto esattamente avvenuto nella specie, giacchè il g.e., su istanza del creditore e prima di adottare l'ordinanza del 25.11.2015, aveva appunto fissato udienza dinanzi a sè con precedente ordinanza del 16.9.2015, perchè il Banco B. rendesse la dichiarazione in parola.
Di conseguenza, ha senz'altro errato il giudice del merito nel ritenere la fondatezza della spiegata opposizione agli atti proposta dal Banco B., giacchè da un lato la dichiarazione asseritamente resa via telefax era (ed è) da considerarsi tamquam non esset, e dall'altro la suddetta ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. era stata adottata una volta che il g.e. aveva preso atto della ulteriore mancata dichiarazione, da parte del Banco B., all'udienza del 20.11.2015, così correttamente ritenendo configurabile il già cennato meccanismo della ficta confessio.
3.1 - Il secondo motivo resta conseguentemente assorbito dall'accoglimento, in particolare, del primo mezzo, essendo a tal punto irrilevante ogni ulteriore considerazione circa l'avvenuta effettiva ricezione o meno del telefax in discorso. 4.1 - In definitiva, sono accolti il primo e il terzo motivo, mentre il secondo resta assorbito. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, c.p.c., con il rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi spiegata dal Banco B. con ricorso del 23.12.2015.
Può solo aggiungersi, in proposito, come la condotta del Banco B. sia stata nella specie gravemente negligente (parametro da valutarsi anche nella specifica accezione di cui all'art. 1176, comma 2, c.c., trattandosi di operatore qualificato), laddove esso ha ritenuto di non dover comunque comparire dinanzi al g.e., nonostante gli fosse stata regolarmente notificata l'ordinanza del 16.9.2015: ciò, in ipotesi, anche solo per evidenziare la regolarità della propria condotta.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo anche per l'unico grado di merito, seguono la soccombenza nei rapporti tra l'odierna ricorrente e il Banco B., mentre possono integralmente compensarsi nei rapporti con l'esecutato B.B., neppure risultando che egli abbia svolto difese nella controversia che occupa.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo e il terzo motivo e dichiara assorbito il secondo. Cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal Banco B. Spa con ricorso del 23.12.2015. Condanna il Banco B. alla rifusione delle spese processuali in favore della A. XXX Spa , che liquida per il giudizio di merito in Euro 4.835,00 per compensi, e per il giudizio di legittimità in Euro 3.500,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge. Compensa integralmente le spese nei rapporti con B.B..