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23 giugno 2023
Trattamento di fine servizio: le norme che ne prevedono il differimento sono incompatibili con la Costituzione

Per questo motivo, la Consulta esorta il Legislatore ad intervenire tempestivamente tenendo conto del rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta e degli impegni assunti dalla precedente programmazione economico-finanziaria.

La Redazione

Con la sentenza n. 130 del 23 giugno 2023, la Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, c. 2, del D.L. n. 79/1997, come convertito, e dell'art. 12, c.7, D.L. n. 78/2010, come convertito, che prevedono rispettivamente il differimentoe la rateizzazione del trattamento di fine servizio.

Si tratta di un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile periodo dell'esistenza umana: per questo motivo, spiega la Corte, «il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (T.F.S.) spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall'impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente». Infatti, tale principio si sostanzia non solo nella congruità dell'ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione.

Pertanto, la Consulta esorta il Legislatoread intervenire individuando mezzi e modalità che tengano conto sia del rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta sia degli impegni assunti nell'ambito della precedente programmazione economico-finanziaria.
Tuttavia, la discrezionalità del Legislatore al riguardo non è temporalmente illimitata: secondo la Corte, «non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame».

In merito al pagamento rateale dell'indennità di fine servizio, la Consulta rileva che la disciplina prevede temperamenti a favore dei beneficiari dei trattamenti meno elevati. Tuttavia, conclude la Corte, «tale normativa, che era connessa a esigenze contingenti di consolidamento dei conti pubblici, in quanto combinata con il differimento della prestazione, finisce per aggravare il rilevato vulnus».